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La rabbia dell’Italia senza casa

Riaccesa dalla crisi e dal mancato rinnovo del blocco degli sfratti da parte del governo, la tensione cresce soprattutto nelle città. Colpa anche della grande contraddizione tra le tante famiglie che si trovano prive di un tetto e le decine di migliaia di appartamenti pubblici non ancora assegnati ai quali si aggiungono quelli privati rimasti vuoti o invenduti. Da qui la ripresa delle occupazioni e delle proteste

Edifici sfitti e occupazioni, il paradosso italianodi LUISA GRION

ROMA – Un paese di case in proprietà, ma anche di sfratti e occupazioni abusive. L’80 per cento degli italiani è padrone delle quattro mura in cui abita, ma per chi un tetto non ce l’ha trovarne uno può diventare un incubo. La crisi economica ha visto esplodere l’emergenza abitativa, aggravata dalla mancanza decennale di una politica dell’abitare. L’ultimo corposo intervento pubblico è stato quello avviato nel dopoguerra e arrivato fino agli anni Sessanta: le cosiddette “case Fanfani”, costruite per dare una abitazione alle famiglie a basso reddito. Poi dagli anni del boom dell’edilizia privata e dei piani regolatori spregiudicati si è arrivati a quelli, attuali, dell’invenduto. Da una parte sono crollate le compravendite, dall’altra la perdita di redditi ha fatto lievitare il tasso di morosità degli inquilini.
Niente blocco. Oggi un pezzo del Paese è a rischio: per la prima volta dopo oltre trent’anni la legge di Stabilità varata a fine dicembre non ha rinnovato il blocco degli sfratti per finita locazione. Un diritto riconosciuto ai nuclei familiari con determinati limiti di reddito (27mila euro lordi l’anno) e con a carico persone malate, minori o anziani. L’ultima proroga è scaduta a fine anno, fra l’esultanza di Confedilizia – l’associazione dei proprietari che chiede al governo di non scaricare sui privati il problema abitativo – e la disperazione dei sindacati degli inquilini, secondo i quali ci sono fra le 30 e le 50mila famiglie a rischio. Non esistono cifre ufficiali invece per l’altro tragico effetto dell’emergenza abitativa: quella degli immobili violati e occupati. Fenomeno che riguarda soprattutto le case popolari (stime parziali parlano di 15mila illeciti solo fra Roma e Milano), dove si entra abusivamente approfittando di una momentanea assenza del legittino inquilino o per le quali si punta ad una sanatoria (o al comodato, come avvenuto a Parma tra mille polemiche), contando sulle lentezze dei bandi comunali che ne determineranno le assegnazioni e la vendita.

I dati sugli sfratti. Sugli sfratti il Codacons tiene i conti aggiornati: “Nel 2013 sono stati 31.399, con un incremento del 7,7 per cento rispetto all’anno precedente. Negli ultimi 5 anni il totale ha raggiunto quota 332.169, di cui 288.934 per morosità. E nel 2014 il ritmo è proseguito a circa 150 sfratti al giorno”. La mancata proroga rischia devastanti effetti sociali, annunciano le associazioni degli inquilini e i comuni sono d’accordo. Ma il governo assicura di non voler tornare indietro. Palazzo Chigi snocciola gli investimenti stanziati nell’ultimo anno sul settore e messi in fila in quel Piano Casa operativo, sulla carta, dal maggio scorso, ma di fatto lì rimasto in buona parte. Si tratta di 200 milioni per un fondo di sostegno alla locazione e 266 per la morosità incolpevole destinati a chi, per via della crisi, si trova in difficoltà economiche temporanee. Più 400 milioni volti alle ristrutturazione delle case popolari. Il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini parla di “19 provvedimenti per un totale di 2,3 miliardi” e assicura che ciò permetterà ai Comuni di cavarsela senza ricorrere al blocco.

Sfratti richiesti (*) Sfratti eseguiti (**)
Totale Variaz.% Totale Variaz.%
2007 109.446 8,55 22.468 0,85
2008 139.193 27,18 25.108 11,75
2009 116.573 -16,25 27.584 9,86
2010 111.260 -4,56 29.889 8,36
2011 123.914 11,37 28.641 -4,18
2012 126.852 2,37 29.154 1,79
2013 129.577 2,15 31.399 7,70
(*) Domande presentate all’Ufficiale Giudiziario
(**) Con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario

fonte: Ministero Interni

Pubblico e privato poca chiarezza. Il fatto è che, sempre ammesso che i soldi entrino in tempo nelle loro casse, ed emergenza sfratti a parte, il problema abitativo resta tutto da risolvere: sia nel settore privato, dove le case restano vuote e gli affitti languono, che nel settore pubblico, dove i meccanismi di assegnazione sono poco chiari. Per Guido Piran, segretario generale del Sicet, sindacato degli inquilini, l’emergenza attuale si risolve solo rilanciando l’edilizia pubblica e ristrutturando in primis il patrimionio esistente. “Ma l’edilizia pubblica, come la sanità, costa”. La gravità attuale, assicura, “nasce dal fatto che gli affitti privati sono troppo alti e la locazione concordata non esiste più. Puntare sul taglio delle tasse a carico del locatore, la famosa cedolare secca, è stato un errore. Quella misura non ha funzionato, non ha prodotto una riduzione degli affitti”. Quanto all’edilizia pubblica, per Piran è essenziale “ridefinire la norma di alloggio sociale: oggi è equivoca. Serve una legge quadro sull’edilizia pubblica che chiarisca chi ha diritto ad usufruirne e in base a quali criteri: ora ogni Regione va per proprio conto, decide da sola anche i limiti di reddito e le iniquità sono evidenti”. E soprattutto servono più risorse: “Vanno coinvolti i privati, va studiata una politica fiscale d’appoggio, ma le cifre di cui parla il governo arrivano tardi e coprono più anni. In Europa si fa molto di più, il solo Regno Unito spende 2 miliardi di sterline l’anno”.

A Roma a caccia di morosi con un softwaredi MARIO REGGIO

ROMA – Più di 71mila appartamenti. Oltre 220mila abitanti, più dei 200mila residenti a Trieste. Quarantasettemila gestiti dall’Ater, l’ex Istituto autonomo case popolari, 23mila direttamente dal Campidoglio che ha anche il compito di esaminare le domande di assegnazione di una casa popolare ed autorizzarne l’assegnazione. Una lista d’attesa che ha raggiunto quota 30mila. Ma non basta. Tremila e 500 famiglie sono parcheggiate nei residence, con grande soddisfazione economica per i proprietari privati. Intanto, sui residence, sta indagando la Procura di Roma perché sugli appalti aveva messo le mani l’allegra compagnia di Buzzi e compagni.
E all’assessorato alle Politiche abitative del Comune di Roma, dopo le dimissioni di Daniele Ozzimo, indagato nell’inchiesta Mafia Capitale, non c’è alcuna voglia di parlare. Ma qualcosa riesce a filtrare lo stesso: “Il governo non ha ripresentato il decreto di blocco degli sfratti – dice un dirigente che chiede di restare anonimo – ma la questione riguarda solo i contratti scaduti per fine locazione, ergo sono esclusi quelli di morosità e non sono ovviamente coinvolti gli enti che gestiscono le case popolari. Per Roma parliamo di alcune migliaia di famiglie che si aggiungeranno a quelle già in lista attesa. Al momento il Comune di Roma non è in grado di gestire questa situazione drammatica. Un esempio concreto: su 10 casi segnalati dagli assistenti sociali, che riguardano soprattutto i “nuovi poveri”, solo uno viene risolto. Senza contare le famiglie che vivono nei residence, una scelta che dovrebbe essere provvisoria e che invece è diventata endemica con costi di milioni di euro per Roma Capitale”.
Come uscire dall’emergenza. “L’emergenza abitativa è una condizione strutturale dal dopoguerra – rispone Daniel Modigliani, commissario straordinario dell’Ater – ma sono contrario al suo uso strumentale, mantenere l’emergenza fa comodo sia alla politica che agli utenti. Manca e servirebbe una ricognizione puntuale dei numeri e delle emergenze, per programmare una concreta politica abitativa. Faccio un esempio. La domanda di alloggi è cambiata: servono tipologie di immobili più piccole rispetto al passato, mentre sono cambiati i nuclei familiari che sono aumentati ed hanno meno componenti”.
E con l’emergenza non si ferma il mercato clandestino. Nel 2013 ottocento persone sono state denunciate per occupazione abusiva di alloggio. E ogni anno centinaia di case passano di mano in maniera abusiva, subaffittate o vendute. Negli anni passati andava di moda il passaparola, oggi con internet è cambiato tutto. È cresciuto e si è consolidato un racket che entra in azione quando una famiglia si assenta per qualche settimana. Basta un click e la casa viene venduta dopo aver sostituito la serratura. Sono lontani i tempi di Cristiana Petriacci, alias “la padrona di Testaccio”, finita poi in carcere con l’accusa di estorsione e truffa per aver gestito la compravendita di immobili dell’Ater. La signora si avvaleva di un esperto del settore, più noto come “Er tapparella”, in grado di entrare negli appartamenti vuoti passando dalla finestra o dal balcone.
I numeri dell’Ater. Un po’ di storia. L’Istituto Case Popolari nasce nel 1903, sindaco di Roma il principe Prospero Colonna. Nel 1928 diventa Istituto Autonomo Case Popolari. Nel 2002 si trasforma nell’azienda territoriale edilizia residenziale pubblica del comune di Roma. La proprietà è della regione Lazio. Il suo patrimonio è valutato attorno a 10 miliardi di euro e comprende: 47.674 alloggi, 3.126 locali, 27.905 cantine, 147 terreni e 159 cartelloni. I dipendenti sono 482. Nel 2013 ha incassato 23 milioni di euro dagli affitti, mentre il 24,2 per cento degli inquilini risulta moroso. Mancano all’appello 7 milioni e 386 mila euro. Malgrado tutto, i conti dell’Ater non vanno poi così male. Dopo anni di perenne deficit, nel 2013 il conto economico ha registrato un avanzo di oltre 7 milioni di euro. “Abbiamo scoperto che i bilanci degli ultimi anni non erano mai stati approvati – afferma Claudio Rosi, direttore generale dall’ottobre del 2013 – dopo un lungo periodo di sonno profondo, l’Ater comincia a marciare”. E snocciola una serie di progetti.

L’azienda ha presentato alla Regione Lazio un programma quadriennale per la costruzione di 651 nuovi alloggi con un costo complessivo di 84 milioni di euro. E sulla manutenzione ci sono 18 gare d’appalto per 40 milioni di euro. Ma l’asso nella manica dell’Ater è la nuova piattaforma informatica per la gestione del patrimonio immobiliare che è collegata con la Guardia di Finanza. Il programma è stato “girato” a Roma Capitale, l’azienda casa della Provincia di Torino, di Trieste e Bologna. “Grazie alla piattaforma informatica – conclude Rosi – stiamo recuperando la morosità e siamo arrivati a incassare, assieme ai proventi che derivano dagli affitti e dai servizi, circa 130 milioni di euro”. E dopo anni di vacche magre sono in arrivo dalla Regione Lazio 19 milioni di euro per la manutenzione di Corviale, il serpentone sulla via Portuense.

Tor Sapienza e San Basilio. L’anello stradale che circonda Tor Sapienza si chiama via Giorgio Morandi. All’intero, il grande quadrilatero delle case popolari. Nei 504 appartamenti abitano quasi duemila persone. Poi ci sono gli abusivi, cioè gli occupanti. Lungo il cortile interno un serpente ad un piano di quelli che avrebbero dovuto essere i negozi. Ci hanno provato, ma poi Auchan e Carrefour, che sorgono a poca distanza, hanno massacrato qualsiasi attività. Ergo, i locali sono stati occupati da famiglie al limite della povertà ed immigrati e rom. Impossibile entrare in questo girone infernale. A parte il buio la risposta è sempre la stessa: “Niente domande, andate via…..”. Altro caso esemplare è quello di San Basilio. Qui la storia è diversa dalle altre. Primi anni 70. Il governo Fanfani decide di varare un robusto piano di edilizia popolare. E proprio a San Basilio sorgono come funghi i quadrilateri delle case popolari. Partono le occupazioni. Nel settembre del ’74 la questura decide lo sgombero di 150 famiglie. Un gigantesco spiegamento di poliziotti inizia le operazioni. Il quartiere scende in piazza. La polizia si ritira. L’8 settembre torna in forze. Fabrizio Ceruso, 18 anni, perde la vita colpito da un proiettile di pistola. Da tutta la città arrivano migliaia di manifestanti, la polizia ingaggia una battaglia senza esclusione di colpi, ma San Basilio non cede. Oggi è tutta un’altra storia. A San Basilio vivono 3 mila e 400 famiglie nelle case popolari più le 700 che hanno occupato gli alloggi ma hanno beneficiato della sanatoria. Oggi il verde è aumentato, campeggiano quattro murales uno dei quali dedicato a San Basilio e a Fabrizio Ceruso. Per il resto si tira avanti. “Gli spacciatori ci sono anche ai Parioli…. ognuno di noi ha i suoi problemi, come tutti…”

Alloggi occupati sul totale degli alloggi gestiti (percentuale)
2001 2003 2004 2006 2008 2011
Nord 1.4 0.4 0.9 1.5 1.8 1.3
Centro 5.1 6.0 5.1 5.5 8.3 9.7
Sud 11.0 10.0 9.9 7.4 8.6 10.4
Italia 5.5 4.9 5.0 4.4 5.5 5.9
fonte: Ufficio studi e statistica Federcasa

L’esistenza stravolta di chi subisce lo sfrattodi MARIA ELENA SCANDALIATO

MILANO – “Bisogna viverlo, per capire”. È questa la premessa che fa ogni famiglia sfrattata, prima di iniziare a raccontare la sua esperienza. Perché essere sbattuti fuori casa è anzitutto un trauma. Soprattutto per i bambini, le cui certezze – scuola, amici, quartiere  – vengono polverizzate in pochi istanti da uno sconosciuto ufficiale giudiziario.
Siamo andati nel residence sociale “Aldo dice 26×1”, a Sesto San Giovanni; un enorme stabile dell’Alitalia occupato da diversi comitati per la casa, dove trovano alloggio quasi cento inquilini, di cui una trentina bambini. Si tratta di famiglie in emergenza abitativa, che hanno subito uno sfratto e che magari sono da anni nelle liste dell’Aler, in attesa di ricevere una casa popolare. Le loro storie si assomigliano molto: iniziano tutte con un affitto di sei-settecento euro al mese e un lavoro a basso reddito che all’improvviso viene meno. A quel punto diventa impossibile continuare a pagare e i debiti si accumulano per mesi. Fino all’arrivo dello sfratto, che tutti pensano di procrastinare, ma che alla fine bussa puntuale alla porta di casa, costringendo gli inquilini a prendere quel che possono e a lasciare l’alloggio immediatamente.  

Nel 2014 Milano ha registrato oltre 13mila richieste di sfratto esecutivo: 4mila per finita locazione, il resto per morosità. A pagarne le spese sono soprattutto i bambini, i cui bisogni vengono pressoché ignorati. Ahmed è stato sfrattato a marzo e si è rivolto subito al Comune di Milano in cerca di una soluzione d’emergenza. Non tanto per sé e sua moglie, quanto per i suoi figli di nove e undici anni che il giorno dopo dovevano andare a scuola: “Mi hanno detto di arrangiarmi. Sono riuscito a pagare un albergo per una settimana, e poi sono andato alla Caritas. Alla fine un consigliere di zona mi ha suggerito di venire qui, in questo residence. È un posto occupato, ma almeno i miei figli hanno un tetto sulla testa”.
Senza Caritas e comitati i figli di Ahmed, come quelli di molte altre famiglie, sarebbero rimasti in mezzo alla strada. Non solo a marzo, ma anche nel freddo invernale. “Alle famiglie con minori vengono offerte quasi sempre delle soluzioni alternative – afferma Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali del comune di Milano – sono pochissimi i casi di persone che dormono in macchina”. In effetti, una donna cui è stata proposta una soluzione alternativa l’abbiamo incontrata: si chiama Francesca e ha tre figli di sette, quattordici e sedici anni. Quando è stata sfrattata il Comune ha offerto a lei e alla sua bambina più piccola un posto in una comunità protetta, dove sono ospitate madri con minori vittime di violenza. Purtroppo, però, questa comunità si trova in un paesino della provincia di Asti, decisamente lontano da Milano. I due figli più grandi, che il comune avrebbe destinato a una struttura per adolescenti chissà dove, alla fine sono andati a stare con la nonna, a Monza. La famiglia, quindi, è divisa da più di un anno e lo resterà finché a Francesca non sarà assegnato un alloggio Aler. “È un’esperienza dura, perché gli altri bambini della comunità hanno dei problemi molto seri e mia figlia non c’entra niente con loro”, racconta Francesca. “Mangiamo solo pollo e riso, tutti i giorni. E in quel paesino non posso certo cercare lavoro. Per guadagnare qualche soldo e dare a mia figlia del cibo diverso faccio dei lavoretti per le educatrici della comunità. Stiro i loro abiti, lavo la loro auto… Cose così, per avere qualche soldo in tasca”.

Anno Provvedimenti di sfratto emessi
Necessità locatore Finita locazione Morosità / Altra causa Totale Variaz.%
2007 674 9.236 33.959 43.869 -3,64
2008 539 10.549 41.203 52.291 19,20
2009 700 9.208 51.576 61.484 17,58
2010 900 8.495 56.269 65.664 6,80
2011 832 7.471 55.543 63.846 -2,77
2012 1.174 6.640 62.501 70.315 10,13
2013 2.659 5.424 65.302 73.385 4,37
fonte: Ministero Interni

Senza contare la distanza dagli altri figli. “Se penso che il Comune di Milano spende 4500 euro al mese per tenerci lì, mi viene da piangere. Se avessero dato a me quei soldi, avrei risolto tutti i miei problemi”. E qui scopriamo i “numeri” di questo sistema emergenziale, poco efficiente ma costosissimo. Il Comune di Milano, nel 2012, ha inserito in comunità 404 minori accompagnati dalle madri, e 844 minori soli; per farlo, ha speso ben 30 milioni e 661mila euro. Cifra che nel 2013 è salita a 32 milioni. Somme da capogiro, con le quali si sarebbe potuto fare ben altro, soprattutto per le famiglie sfrattate. Un budget che, d’altronde, lo stesso Majorino intende ridimensionare: “Abbiamo avviato il progetto della residenzialità sociale temporanea, con cui daremo a mille persone, ogni anno, uno sfogo abitativo di emergenza”. Il progetto dovrebbe partire nel 2015. Ad oggi, però, il Comune continua a spendere tra i 70 e i 90 euro al giorno solo per collocare in comunità un minore sfrattato. Cifra che raddoppia in presenza della madre.

Il flop dei centri d’emergenza di Milanodi MARIA ELENA SCANDALIATO

MILANO – L’emergenza abitativa, però, non riguarda solo gli sfrattati, ma anche i Rom sgomberati dai campi e gli occupanti colti in flagranza di reato. Lo scorso novembre, infatti, Comune e Prefettura hanno siglato un patto contro le occupazioni abusive da cui è nata una task force di pronto intervento. Tutto parte dalle segnalazioni dei cittadini, che possono chiamare il 112 per denunciare ogni tentativo di occupazione. Ricevuta la segnalazione, vengono allertate le forze dell’ordine, l’operatore sociale e l’ispettore di Aler o di MM, che sono i due enti gestori delle case popolari. Una volta sul posto, bloccati gli occupanti “in flagranza”, l’operatore sociale valuta la loro condizione: se ci sono minori o c’è una situazione di fragilità, viene offerta accoglienza presso uno dei centri di emergenza sociale del Comune. In realtà, come ammesso dagli stessi operatori sociali, sono pochissimi gli occupanti che accettano questa soluzione; la stragrande maggioranza, alla fine, si arrangia da parenti e amici, o in altro modo, perdendo ogni possibilità di avere un alloggio popolare (chi occupa, infatti, viene cancellato dalle liste per cinque anni).

I centri di emergenza sociale a Milano sono due e godono di una pessima fama: uno si trova in via Barzaghi, l’altro in via Lombroso. Si tratta di strutture della Protezione Civile adattate, con grande difficoltà, a ospitare delle famiglie che possono restare al massimo 40 giorni (prorogabili in condizioni particolari), ricevendo una branda per ogni membro di più di tre anni, l’uso di cucine comuni e l’uso di bagni comuni.

La struttura di via Barzaghi, che abbiamo visitato, può ospitare un centinaio di persone dislocate in quattro camerate. Uomini, donne e bambini dormono negli stessi ambienti, separati da “capannine” costruite dagli ospiti incastrando manici di scopa e tende da doccia, per garantire almeno un minimo di privacy. La gestione del centro è affidata alla Fondazione Progetto Arca, che nel 2013 ha stipulato una convenzione con il Comune di Milano. Nonostante la struttura si mostri già in pessime condizioni, la situazione potrebbe essere peggiore di quanto sembri. “È un luogo terribile, dov’è impossibile lavorare”, racconta uno degli operatori del centro, che ci ha contattati dopo la nostra visita.
Stando alla testimonianza in via Barzaghi gli educatori si trovano costretti a gestire non solo le decine di ospiti presenti, ma anche la portineria (il portone è rotto), i macchinari (dalle lavatrici ai forni delle cucine) e l’ingresso dei mezzi della Protezione civile, parcheggiati nel cortile della struttura. Senza contare la presenza di infiltrazioni di acqua e i servizi igienici di difficile utilizzo: “Il bagno degli uomini sarebbe privo di acqua calda, mentre le turche (non ci sono water) sono inutilizzabili per i bambini più piccoli”.
Ecco perché nessuno accetta l’alternativa dei centri di emergenza, dove si dovrebbero costruire dei percorsi di “autonomia abitativa”. Gli unici a essersi adattati sono i Rom, che pure abituati a condizioni di vita pessime non meritano certo di abitare in un luogo simile. Un luogo subìto soprattutto dai bambini, che non vengono neppure accettati nelle scuole di prossimità. Racconta ancora l’operatore che ci ha chiesto di rimanere anonimo: “Li rifiutano perché gli altri genitori non li vogliono. L’anno scorso a dicembre sono arrivati dei piccoli che sono riuscita a iscrivere a scuola solo a marzo. A novembre è arrivata una famiglia con 5 figli. Nonostante le mille telefonate e le lettere ai dirigenti scolastici, ancora non hanno un posto in nessun istituto. E pensare che ci sarebbe l’obbligo scolastico”.

Tra affitto e proprietà, il progetto Abita Giovani di EDOARDO BIANCHI

MILANO – Nella Milano delle occupazioni e delle polemiche per le politiche di Aler, la società Aler che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico in Lombardia, c’è anche un’esperienza positiva di cui si parla poco. Grazie ad un’idea del membro della Fondazione Cariplo, don Gino Rigoldi, da oltre due anni è nato un progetto denominato Abita Giovani che ha il fine di allocare ragazzi Under 35 in abitazioni popolari ristrutturate, di proprietà Aler. Lo scopo, è quello di rendere nuovamente abitabili residenze sfitte e in decadimento, ricreando un concetto di: vivere il quartiere sociale, intessendo una stretta connessione tra le persone che ne fanno parte.

Deguene, ingegnere civile e mamma di due bambini, racconta con entusiasmo la sua esperienza in questo progetto. Ci descrive l’iniziativa del gruppo su Facebook che le ha dato l’opportunità di ottimizzare le spese per l’appartamento. Grazie al gruppo social, ha avuto modo di chiedere suggerimenti a chi facesse già parte del programma e quindi con più esperienza in merito. La pagina web rappresenta un modo per avvicinare le persone attraverso interazioni telematiche che rendano partecipi tutti coloro che hanno aderito al progetto Abita Giovani.

Alice ci racconta come l’iniziativa funzioni e che oggi giorno, secondo la ventottenne studente di veterinaria, è uno dei programmi più interessanti per i giovani in cerca di un’appartamento. Si sofferma inoltre sui costi relativamente bassi d’affitto e come a quel prezzo sia difficile trovare un’offerta migliore nel panorama milanese. Dario, impiegato in una banca, ci spiega come l’acquisto di una casa oggi sia estremamente difficoltoso per un giovane con un reddito di fascia media, anche con possibilità di accesso a mutui agevolati. Nello specifico, sostiene che senza aiuti da parte del nucleo familiare l’investimento in immobili sia possibile solo grazie al sostegno di realtà quali quella di Abita Giovani.

Caterina, insegnante in un sobborgo di San Siro, nonostante abbia trovato attraverso questo programma una soluzione abitativa, si sofferma sulla svendita del patrimonio pubblico immobiliare in Lombardia. A tal proposito, si chiede come mai non vengano più costruiti alloggi popolari e perché quelli esistenti vengano dismessi. Ritiene inoltre i criteri di selezione dell’Housing Sociale buoni per le persone di ceto medio, ma non idonei per le famiglie meno abbienti.

I programmi per agevolare l’acquisto immobiliare sono in costante aumento a seguito del positivo esito dei programmi come Abita Giovani e di altri progetti che stanno prendendo piede a Milano. Oggi le persone in possesso di un lavoro a tempo indeterminato e con meno di 35 anni possono permettersi attraverso un contratto d’affitto con futura vendita una casa di proprietà. Resta da capire se l’organizzazione sia volta a far ripartire una città immobilizzata che presto ospiterà una manifestazione di livello mondiale come l’Expo, o se sia l’ennesimo bacino che verrà sfruttato per interessi e ritorni economici.

A Napoli fallisce uno sgombero su duedi TIZIANA COZZI

NAPOLI – Sono 2.300 gli sfratti che avrebbero diritto alla sospensiva tra Napoli e provincia. E sono ben 4 mila le occupazioni abusive in corso tra Napoli (con 1.500 alloggi di proprietà comunale) e provincia (con 2.200 alloggi dell’Istituto autonomo case popolari). Il problema casa nel capoluogo campano va avanti da sempre, ma la crisi degli ultimi anni e il conseguente impoverimento delle famiglie ha trasformato un fenomeno in un’emergenza continua. Anche il patrimonio storico napoletano paga il prezzo all’illegalità. Ci sono circa 800 posizioni irregolari nei palazzi storici. E sugli sgomberi il bilancio è cosa da poco: 60-70 all’anno nella città di Napoli sono quelli andati a buon fine su 130 tentativi finiti nel nulla. Un numero veramente esiguo rispetto al numero reale degli immobili occupati. Anche a Napoli, come a Milano, ci si può ritrovare con la casa occupata dopo un lungo periodo di assenza. Ad un’anziana signora del rione Rossetti di Fuorigrotta, quartiere periferico della città, ci sono voluti 2 anni per rientrare nella sua casa occupata da una famiglia con bambini. Ogni volta lo sgombero era impossibile per motivi di salute di uno dei componenti o perché l’occupante era incinta. La dinamica degli abusivi di rado è violenta. Chi occupa subentra illegalmente a chi va via e spesso dietro c’è un traffico di denaro. Nemmeno la camorra può dirsi estranea al fenomeno: in più di un’occasione si è adombrata la regia dei clan.
I grandi numeri, anche se inferiori a Milano, riguardano anche gli sfratti che hanno diritto alla sospensiva. Ma se nella città del Duomo si è provveduto in altri modi all’assegnazione di nuovi alloggi, all’ombra del Vesuvio il provvedimento ora negato dal governo resta l’unica speranza. “A Napoli c’è esigenza della sospensiva – spiega Gaetano Oliva, Cgil Casa Napoli – perché non c’è nient’altro che abbia messo in moto nuove assegnazioni. L’ultimo bando è del 2010 e in 4 anni hanno esaminato solo 8 mila pratiche, non si riesce nemmeno a pubblicare la graduatoria provvisoria”. L’ultima risale a 20 anni fa e su 20 mila aventi diritto, in 15 anni è stata data sistemazione a 1.500 famiglie. “Questo vuol dire che un’intera generazione è tagliata fuori – sottolinea Oliva – non avrà diritto a un bel niente. La nostra preoccupazione è che torneranno gli ufficiali giudiziari a bussare alle case, come accadde nel 2010, con il governo Berlusconi, quando in un mese si contavano a Napoli 6-7 esecuzioni di sfratto. Si buttava fuori gente che non sapeva dove andare. Il ministro Lupi risponda sui fatti e intervenga concretamente sulla nostra emergenza”.
Anche le agevolazioni per morosità incolpevole non hanno sortito grandi effetti. Su un fondo di 1 milione e 400 mila euro assegnato alla Campania, a Napoli sono ben poche le domande arrivate al Comune, per questo l’avviso pubblico è stato  prorogato fino al 15 febbraio. Eppure si contano circa 2.400 morosi incolpevoli tra Napoli e provincia.
Nel 2013 sono 3.320 gli sfratti emessi di cui 1.505 a Napoli e 1.815 in provincia. L’80 per cento sono sgomberi per morosità, si tratta appunto di inquilini che non ce la fanno più a pagare, un fenomeno sempre più frequente in provincia. La crisi corrode le possibilità economiche anche dei proprietari. Accade sempre più spesso che chi possiede un solo immobile non abbia la forza economica per fare causa al suo inquilino moroso. Non tutti gli sfratti emessi nel 2014 sono stati eseguiti proprio perché il proprietario non poteva rivolgersi ad un avvocato per aprire la procedura. Così gli inquilini morosi continuano a restare in casa. Sono stati 2.684 gli sfratti esecutivi per morosità (1.382 in provincia e 1.302 in città). Quasi seimila (5.849) invece le richieste di esecuzione di sfratto, cioè quelle in cui la procedura è stata avviata e si attende solo l’arrivo degli ufficiali giudiziari.

Edifici in comodato, polemiche a Parmadi MARIA CHIARA PERRI

PARMA – La lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio popolare è lunga e difficile da scalare, con patrimonio di edilizia residenziale pubblica vecchio di decenni o bloccato in cantieri in costruzione. In piena emergenza abitativa: nel 2013, tra Parma e provincia, sono stati emessi dal tribunale 726 provvedimenti di sfratto, di cui 363 in città. Sono state 489 le richieste di esecuzione per morosità di affitto e spese condominiali. Più di una al giorno. D’altro canto, abbondano gli immobili privati lasciati sfitti per la crisi del mercato immobiliare. Ed ecco che anche a Parma negli ultimi anni si sono moltiplicate le occupazioni. Edifici vuoti in pieno centro storico si sono riempiti di famiglie straniere con bambini, in situazioni di estrema indigenza, supportate dai movimenti autonomi che da anni si battono per il diritto alla casa.

Proprio nelle ultime settimane la giunta 5 Stelle ha deciso di risolvere il problema di due occupazioni, in un ex cinema e in uno stabile privato, scendendo a patti con gli occupanti e con i loro sostenitori. Come? Concedendo alle famiglie uno spazio pubblico in comodato d’uso. Una soluzione che ha scatenato una marea di polemiche.

L’assessore ai Servizi sociali Laura Rossi difende la scelta, spiegando che si tratta di una soluzione temporanea d’emergenza, per fare uscire dall’illegalità famiglie disperate che solo così potranno essere prese in carico dai servizi sociali. Dall’altra, l’opposizione politica parla di “premio all’illegalità”. Una scorciatoia concessa a chi commette reati rispetto ai tanti che rispettano la legge. Il dito è puntato non tanto contro l’accoglienza ai senzatetto, ma contro la decisione di concedere parte dello stabile anche alle attività di un centro sociale pur di mettere fine all’occupazione, mentre tante altre associazioni aspettano in fila il benché minimo contributo.

Ragioni contrapposte su un problema delicato, destinato a ripresentarsi presto: altri due condomini in centro sono occupati da 13 famiglie con otto bambini, tra cui due gemelline neonate. I tecnici si sono già presentati per staccare il gas.

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News: le notizie dal Municipio Arvalia Portuense

 

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Con il nuovo anno è entrato in vigore il nuovo orario degli Uffici anagrafici di Roma Capitale. Questo è un grande passo in avanti verso una città più moderna ed un’Amministrazione sempre più al servizio dei cittadini. Con i nuovi orari si potrà, infatti, chiedere e avere un certificato, una carta d’identità senza dover prendere un giorno di ferie o di permesso.

In particolare nel nostro Municipio XI a partire dal 7 gennaio 2015 gli sportelli anagrafici osservano i seguenti orari:

Sede centrale in via Portuense 579 orario 8.00 – 18.30, con prenotazione “TuPassi“. Per gli sportelli anagrafici, invece, gli orari restano invariati.

Tutte le info sono disponibili sul sito del Municipio

 SENTENZA SU MONTI ORTACCIO

Il 29 dicembre scorso una sentenza del Tar del Lazio ha, finalmente, messo la parola fine all’annosa vicenda della discarica di Monti dell’Ortaccio, respingendo l’impugnazione della Colari, la società di Manlio Cerroni. Questa decisione costituisce un’altra vittoria per tutto il nostro territorio e va ad aggiungersi a quella del 30 settembre 2013, data in cui il sindaco Marino ha sancito la definitiva chiusura della discarica di Malagrotta. La vicenda di Monti dell’Ortaccio nasce nel 2012, con le operazioni di scavo per preparare un sito alternativo a Malagrotta, all’epoca già riempita oltre il limite. Grazie alle segnalazioni e alle denunce dei cittadini e del Municipio, la Polizia di Roma Capitale aveva provveduto al sequestro dell’area, bloccando le operazioni di scavo, risultate poi illecite, e denunciando il tutto alla Magistratura. Nonostante i pareri tecnici contrari del Municipio, dell’Assemblea Capitolina e del Consiglio Regionale del Lazio, a dicembre del 2012, il sito di Monti dell’Ortaccio aveva ottenuto l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per la realizzazione di una discarica provvisoria, dall’allora Commissario all’emergenza rifiuti romana, Sottile, autorizzazione poi revocata dalla Regione Lazio. Cerroni ha impugnato la decisione della Regione, presentando un ricorso che, lo scorso 29 dicembre, è stato rigettato dal Tribunale Amministrativo del Lazio. Speriamo che questa sia l’ultima pagina di una storia nata diversi anni fa con l’idea di realizzare una nuova discarica a Monti dell’Ortaccio, una storia che ci ha visto da sempre in prima linea nella battaglia al fianco dei residenti della Valle Galeria, contro questa scellerata ipotesi. La Valle Galeria merita di conoscere ed iniziare a vivere, finalmente, un nuovo futuro, per il quale il Municipio continuerà a lavorare.

 VIABILITA’ VIA DELLA MURATELLA

A dicembre sono iniziate le operazioni di ripristino della viabilità in via della Muratella, all’altezza della gincana: un tratto di strada da troppi anni assolutamente insicuro, teatro di decine e decine di incidenti, soprattutto nei giorni di pioggia. I lavori consentiranno anche il ripristino di due fermate autobus sulla stessa via della Muratella. Dopo tanti anni e numerose richieste il Municipio, pur non avendo competenza in merito alla sistemazione di questa strada, è riuscito ad ottenere la messa in sicurezza di questo tratto di viabilità, fondamentale anche per il collegamento tra la Magliana e la zona più esterna del nostro territorio, fino a Piana del Sole. Grazie alla nostra insistenza ed alla collaborazione dei nostri uffici, in particolare dell’Ufficio Tecnico, e della Polizia Locale di Roma Capitale, siamo riusciti ad imporre questo ripristino che, finalmente, dopo anni riesce a sbloccare una situazione ormai incancrenita, che metteva a repentaglio la sicurezza dei migliaia di automobilisti che transitano su questa strada quotidianamente.

 LAVORI SCUOLA CUOCO

Sono iniziati i lavori alla Scuola “Vincenzo Cuoco”, nel quartiere Marconi. L’edificio scolastico, che accoglie una Scuola elementare, una Scuola dell’Infanzia comunale e una Scuola dell’infanzia statale, presentava ormai da tempo segni di importanti infiltrazioni di acqua provenienti dalla copertura, soprattutto nei prospetti esterni, con porzioni di copriferro distaccato o in fase di distacco. Gli eccezionali eventi meteorologici dei mesi scorsi hanno accentuato lo stato di degrado degli ambienti scolastici e dei prospetti esterni, al punto da rendere necessario interdire all’uso un’aula della scuola, una porzione del refettorio e l’uso di alcune uscite di sicurezza soggette a pericolo di caduta intonaci. Per questa ragione, su segnalazione del Municipio, l’Assessorato ai Lavori Pubblici di Roma Capitale, ha attivato da metà dicembre scorso un intervento di impermeabilizzazione delle coperture, di messa in sicurezza delle porzioni di intonaco in fase di distacco e di trattamento protettivo dei ferri di armatura di travi e pilastri. I lavori avranno una durata di circa 180 giorni.

 POLIAMBULATORIO PONTE GALERIA

Lunedì 12 gennaio ha ripreso a funzionare il poliambulatorio di Ponte Galeria, in via Portuense 1397. La struttura sanitaria era stata trasferita, nel 2008, all’interno di Commercity lasciando scoperto un importante quadrante del territorio. Il Poliambulatorio dal momento della sua riapertura effettuerà i seguenti orari: dal Lunedì al Venerdì dalle 8 alle 17,30 ed il sabato dalle 8 alle 12,30 ma è stato inserito, dal Presidente della Regione Lazio, nella nuova Rete della Salute di Roma, che prevede una serie di ambulatori aperti in tutti i municipi dalle 10 alle 20 di sabato, domenica e festivi inclusi. L’anno nuovo porta, quindi, una importante novità per lo sviluppo del quadrate: con la riapertura del Poliambulatorio, la Valle Galeria si riappropria di un importante servizio che, grazie alla prossima estensione degli orari anche al sabato e festivi, costituirà un presidio sanitario che permetterà di ridurre notevolmente gli accessi ospedalieri al Pronto Soccorso. In più il Municipio sta lavorando per inserire all’interno della struttura una sede decentrata dei servizi anagrafici del Municipio. Tale ipotesi è condizionata ad un rafforzamento della pianta organica dei dipendenti dei servizi anagrafici, cosa, questa, non certo semplice da realizzare, ma siamo ottimisti anche su questo fronte. Dopo l’apertura della scuola dell’infanzia di via Allievi, questa notizia è un’ulteriore conferma di come tutto il quadrante della Valle Galeria, stia acquisendo un nuovo volto, abbandonando la percezione di essere una delle tante borgate di Roma e divenendo, sempre a maggior diritto, parte integrante della città.

 MUNICIPI SENZA MAFIE

Passato un anno dalla sottoscrizione del Protocollo “Municipi senza mafie” l’Associazione DaSud, promotrice del manifesto, indica il nostro Municipio tra quelli più virtuosi, riconoscendo il lavoro che abbiamo fatto in questi 12 mesi. Ovviamente continueremo su questa strada: crediamo infatti che i Municipi, in quanto enti di prossimità, possano e debbano costituire un argine importante e fondamentale contro le derive criminali nell’ambito pubblico. Il nostro obiettivo è arrivare ad applicare tutti i punti contenuti nel protocollo entro i tre anni previsti. In questo senso, già nei prossimi mesi, rilanceremo l’attività del nostro sportello Antiusura e sperimenteremo il “sistema unico per le segnalazioni”, un sistema informatizzato che consentirà di attribuire le priorità agli interventi da segnalare in base a criteri oggettivi e misurabili, togliendo margini di discrezionalità.

 SCUOLA VIA PENSUTI

Quando, all’inizio 2014, il Municipio ha ottenuto da parte di Roma Capitale lo sblocco delle risorse dal Patto di Stabilità per il completamento del nuovo complesso scolastico a Muratella, sapevamo che sarebbe stato complesso riattivare il cantiere, fermo dal 2008. Dopo il fallimento della prima ditta che si era aggiudicata l’appalto nel 2007 e per la complessità realizzativa dell’opera, lo stato di abbandono in cui è rimasto il cantiere per 5 lunghi anni, e il difficoltoso iter di affidamento lavori tramite una gara con un fortissimo ribasso, a metà di febbraio 2014, il Direttore dei Lavori del Dipartimento Lavori Pubblici, verificati seri problemi di carattere strutturale, ha deciso di sospendere lavori per consentire indagini più puntuali da parte di un ingegnere esperto strutturista, sui terreni e sulle strutture già elevate. A fine settembre, inoltre, i sondaggi sui terreni di fondazione e sul sottosuolo, hanno fatto riscontrare che lo spessore di terreno al di sotto delle fondazioni dei fabbricati ha caratteristiche di resistenza scadenti ed inaccettabili, per cui si renderà probabilmente necessario rivedere le prime ipotesi di consolidamento sugli edifici e procedere con interventi di demolizione e ricostruzione anche solo parziali. Il Dipartimento ha predisposto la nuova progettazione delle strutture da demolire, ma quello che ci preoccupa di più sono le evidenti ripercussioni sui tempi di realizzazione previsti per una scuola che avrebbe dovuto già essere a disposizione di un quartiere di recente costruzione e già carente di servizi. In questi mesi il nostro Municipio, in collaborazione con gli uffici del Dipartimento, ha intrapreso una profonda azione di trasparenza e di controllo di quanto avvenuto negli anni di abbandono del cantiere (dal 2008 al 2013) che ha prodotto una dettagliata relazione tecnica conclusiva, dalla quale si evidenziano pesantissime carenze e superficialità nella gestione del vecchio cantiere. A questo punto, oltre ad una celere ripresa dei lavori, chiederemo al Dipartimento Lavori Pubblici di Roma Capitale di procedere contro i responsabili di questo stato di cose nel rispetto dell’interesse generale dei cittadini del nostro Municipio, attraverso l’interessamento di tutti gli organi competenti.

 BEFANA DI SOLIDARIETA’ A CORVIALE

È stata un’Epifania all’insegna della solidarietà quella del Municipio Roma XI. Per il secondo anno, infatti, al Centro Polivalente “Nicoletta Campanella” di via M. Mazzacurati 76 a Corviale, abbiamo promosso un pranzo di solidarietà per le persone in difficoltà. Il nostro Municipio è impegnato quotidianamente nella tutela delle persone più fragili: penso ai nostri interventi per garantire l’attività nei Centri di Aggregazione Giovanile, agli interventi di assistenza per gli anziani e per i senza fissa dimora, ma almeno un giorno all’anno, è importante incontrare ed ascoltare direttamente queste persone. Il Municipio, infatti, non è solo un erogatore di servizi ma è, soprattutto, una comunità che si conosce e che si ritrova, anche per festeggiare insieme, soprattutto con chi quella giornata l’avrebbe passata in solitudine. Questo è il senso ultimo con il quale abbiamo voluto, anche quest’anno, promuovere questa festa che auspichiamo possa diventare una tradizione di inclusione del nostro Municipio. Il pranzo è stato preceduto da spettacoli dedicati ai più piccoli, mentre alle 17 nell’Aula del Consiglio municipale si è tenuto un concerto gratuito di musiche curde e mediterranee, organizzato sempre dal Municipio in collaborazione con la “Casa del Sole”, casa di accoglienza per malati dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo – Forlanini.




INVITO > Percorso della memoria in Municipio

PERCORSO DELLA MEMORIA, INCONTRO CON PIERO TERRACINA

Il 27 gennaio prossimo ricorrerà il 70° anniversario del giorno in cui le truppe alleate aprirono i cancelli di Auschwitz, mostrando al mondo l’orrore dell’Olocausto. Non possiamo permettere che la barbarie e la disumanità di quanto accaduto cada nella dimenticanza, dobbiamo fare in modo che si continui a parlare ed a ricordare quelle terribili atrocità, soprattutto con il passare degli anni e la progressiva scomparsa dei testimoni diretti di quella tragedia. Per questo, anche quest’anno, abbiamo organizzato un incontro, che si terrà venerdì 16 gennaio alle 10 al Teatro India (locandina allegata), tra gli studenti delle nostre scuole e Piero Terracina, sopravvissuto ad Auschwitz dove era stato deportato dopo il rastrellamento del Ghetto di Roma. “La memoria non è il ricordo. Il ricordo si esaurisce con la persona che lo conserva. La memoria, invece, è un filo rosso che unisce il passato con il futuro. La memoria proietta il passato nel futuro, per mantenerlo vivo” ha detto Terracina ai ragazzi presenti lo scorso anno. Con l’incontro del 16 gennaio vogliamo contribuire a rendere forte e saldo quel filo rosso.

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Il Mitreo Iside partner dell’evento “Nea Life”

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Venerdì 16 gennaio il MitreoIside è partner dell’evento  “NEA LIFE”  presso il Macro Factory in Piazza Oreste Giustiniani 4, Testaccio. L’Associazione neaPOLIS, attiva da vari anni nel mondo della cultura a Roma, organizza l’evento per celebrare il 5° anno di attività e presentare il progetto  “Una rivista di giovani per i giovani”.

Programma
18.00 – Apertura del MACRO Factory al pubblico
19.30 – Finissage opere in mostra pittori e fotografi con aperitivo a buffet
21.00 – Presentazione delle attività di neaPOLIS per il progetto IDEE CREATIVE
21.15 – Sfilata di moda stilista Marina Mucci
21.45 – Premiazione delle opere in mostra
21.55 – Estrazione premi
22.00 – Ringraziamento sponsor
22.30 – DJ Set 01.00 – Conclusione
Nel corso della serata opere pittoriche e fotografiche di numerosi talenti emergenti del panorama romano ed italiano si avvicenderanno misurandosi sul tema “RIGENERAZIONE” e “ROMA NASCOSTA”, a cura del critico d’arte Viviana Vannucci. In mostra anche opere e la performance di Pittura Energetica Metodo MelAjna®, dell’artista e direttrice artistica del Mitreo Arte Contemporanea, Monica Melani.  https://www.facebook.com/events/690598944383579/?fref=ts

Oltre ai finissages delle mostre di pittura e fotografia avrà luogo anche la sfilata di un’artista unica nel suo genere: Marina Mucci dell’Ass. cult. “BDC” che presenterà i suoi abiti, creati esclusivamente con materiali riciclati.
La partecipazione prevede un contributo di 10€ che servirà a cofinanziare il progetto “Una rivista di giovani per i giovani”.

INVITO RETRO

La festa continuerà a ritmo di musica fino a notte inoltrata.
Per i più piccoli, è previsto un servizio di mini club curato dal Girotondo di Nene.
Non è obbligatoria la prenotazione, ma si consiglia di prenotare in lista al 320 22 84 368 o di inviare una email a: associazione@neapolisroma.it
Evento sponsorizzato da Banca Mediolanum
Partners: A.N.L.E.P. , Assoc. YES COM, Ass. spazioALLarte, Ass. BDC, Ass. culturale Il Tenzoniere, Jeam Pierre & CoInvestment, Studio 13, Associazione Culturale MitreoIside.
MOSTRA ARTE “RIGENERAZIONE” a cura di Viviana Vannucci
Claudio Burei, Andrea Zauli, Mario Corinthios, Maria Pia Saccinto, PierAngelo Tieri, Andrea Pacini, Mario Crinthios, Raffaella Capannolo, Bella Dora, Valerio Scapazzi, Monica Melani, Maria D’Allora, Santo Caglioti, Luigi B. Gregorio, Franco Pirzio, Enrique Hernandez, Sara Lafigliola, Manfred Zylla
MOSTRA “ROMA NASCOSTA”: Ezio Nocera, Michela Petti, Cristina Giorgio, Francesca Raineri.




Radio-walkshow “Corviale United Roofs. Un ecosistema urbano glocal” x #romacreativa

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Nell’ambito di Piedi per Terra e Testa nel Cloud. Esplorazioni urbane per una mappa attiva della memoria partecipata, progetto x #romacreativa realizzato con il sostegno di Roma Capitale- Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Dipartimento Cultura

Radio-walkshow “Corviale United Roofs. Un ecosistema urbano glocal”

con Laboratorio Progettazione Architettonica-Università del Molise, CarteInRegola

partenza dalla Biblioteca Renato Nicolini (Via Marino Mazzacurati, 76)

Si tratta di un’esplorazione all’interno di uno dei condomini più
lunghi d’Europa: Corviale. La conversazione nomade avrà come voci
quelle delle associazioni, delle comunità territoriali e in
particolare di Stefano Panunzi, con cui avevamo curato anni fa una
visione strategica di Corviale, “PalindRoma”. Con questo docente del
Laboratorio di Progettazione Architettonica dell’Università del Molise
si parlerà del ROOF Top FARM: un progetto di rigenerazione delle
superfici di copertura con verde pensile per produzione alimentare con
terra (orti) e senza terra (serra idroponica), per assorbimento
calore, polveri sottili e acque piovane (giardino pensile).

Lungo l’itinerario saranno utilizzati dei mobtag, codici digitali che
permetteranno agli smartphone di linkare a repertori multimediali
inseriti nel geoblog delle “microstorie” di Corviale: un’esperienza
già avviata da Urban Experience nel 2011, con un’attività di
animazione multimediale che ha coinvolto i bambini delle scuole
elementari di Corviale.

Tra i repertori tratti dal cloud sarà messo in ascolto, attraverso le radio-cuffie, anche il report video del walkshow realizzato nella mezzanotte del gennaio 2012, con il CorvialeUrbanLab e MarteLive, che ha rappresentato uno dei momenti più creativi e partecipati di quel condominio-monstrum che da criticità urbanistica si sta rivelando in questi ultimi anni come uno degli esempi più emblematici di rigenerazione urbana.

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Non solo sfratti

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I sindaci delle grandi città invocano il blocco di 50 mila sfratti esecutivi in metropoli con appartamenti vuoti. Il caso Roma. L’abusivismo edilizio diffuso e legalizzato senza una idea di città a misura di persona. Analisi per una via di uscita nell’intervista a Carlo Cellamare. Prima della prossima rivolta

Passate le feste, le grandi città si ritrovano con l’emergenza sfratti da affrontare visto che il governo Renzi ha scelto di non procedere all’ennesimo blocco ma l’emergenza abitativa in metropoli piene di case disabitate resta una grave anomalia da analizzare in maniera adeguata per trovare una soluzione. Ne abbiamo iniziato a parlare il 2 gennaio con l’urbanista Carlo Cellamare, docente alla facoltà di ingegneria presso l’università La Sapienza di Roma, con una panoramica delle periferie estese che, tolto il centro storico e alcuni quartieri privilegiati, sono, di fatto, la città di Roma oggi. Un problema incancrenito che è destinato ad emergere solo davanti alle improvvise reazioni rabbiose come quella scatenatasi a Tor Sapienza nel novembre del 2014, poco prima dell’affiorare, con le inchieste della magistratura, del sistema criminale diffuso nella Capitale. Torniamo al dialogo aperto con il professor Cellamare.

Il caos quotidiano delle periferie non sembra frutto del caso. Quale modello di sviluppo si è affermato, di fatto, a Roma?

«Siamo davanti ad uno sviluppo insediativo storicamente caratterizzato dalla speculazione edilizia e che non ha guardato in faccia a niente e a nessuno, né ai territori né alle persone che vi vivono. Si tratta di una espansione che non ha attrezzato le nuove aree insediate dei livelli adeguati di servizi e di urbanità, e quindi di qualità della vita. Per questo, molta parte della città si è dovuta autorganizzare per sopperire alle carenze delle politiche pubbliche. Valga da esempio, emblematico di questo sviluppo sconsiderato, l’enorme fenomeno dell’abusivismo edilizio, tra i più imponenti d’Italia, assolutamente incredibile se si considera Roma come la capitale di uno dei Paesi occidentali più ricchi al mondo; un fenomeno in calo ma mai cessato».

Si può quantificare questo abusivismo?

«Ben il 37 per cento del tessuto urbano residenziale è di origine abusiva e ben il 40 per cento della popolazione vive in aree nate come abusive! Aree “di origine abusiva” e “nate come abusive” perché i tre condoni edilizi le hanno rese ora tutte le legali (o in via di legalizzazione). Si tratta di aree legalizzate, ma che sono ben lontane da standard accettabili di urbanità; e che forse non li raggiungeranno mai perché – per come sono nate – è proprio difficile trovare il modo di inserire i servizi, le aree verdi, gli spazi pubblici, le aree commerciali, anche solo i parcheggi e i marciapiedi. Senza contare i costi esorbitanti di un loro recupero che non sono proprio disponibili alle casse pubbliche. Anche solo pensare all’organizzazione di un servizio di trasporto pubblico, in aree a così bassa densità, appare allo stesso tempo totalmente inefficiente e totalmente in perdita. Il risultato è una città col consumo di suolo tra i più alti d’Italia, ma anche – cosa ancor più grave – col consumo di suolo pro-capite tra i più alti d’Italia».

Cosa dire riguardi alle ultime amministrazioni cittadine?

«Gli anni veltroniani, come noto, e come denunciammo, da urbanisti e non solo, discutendo il cosiddetto “modello Roma”, piuttosto che recuperare le periferie, hanno acuito i problemi. Il tentativo di realizzare grandi opere attraverso la svendita di pezzi della città è stato avviato in quegli anni ed è stato fallimentare. L’amministrazione Alemanno si è poi inserita in quella strada aperta, e ha fatto precipitare la situazione, soltanto arginata in alcuni limitati casi dalle molte mobilitazioni locali. Abbiamo assistito (in linea peraltro con il mainstream mondiale di questa fase del neoliberismo avanzato) alla totale mercificazione della città, di cui è difficile recuperare le macerie che ne sono derivate e che ha approfondito il solco tra le diverse parti della città e la distanza tra le aree disagiate ed il resto della capitale».

Quali conseguenze da questa frattura della città?

«La politica delle centralità non ha riqualificato le periferie e ha favorito un orientamento alla commercializzazione. Anche dal punto di vista produttivo e del lavoro è un continuo orientamento su economie “avventizie” e non strutturali, che depredano risorse e non attivano processi socio-economici strutturali che abbiano una solida prospettiva. Analogamente il centro è diventato un distretto del turismo e del commercio dove la residenzialità è ridotta sempre più ai margini».

Con quali conseguenze per la popolazione?

«Quello che è cambiato in questi ultimi anni è proprio l’ulteriore spostamento della popolazione sia a livello territoriale (oltre Roma – ndr -vedi prima parte dell’intervista), ma anche dentro il comune di Roma. Più del 20 per cento della popolazione romana vive oggi fuori del Grande Raccordo Anulare, che inanella ormai le centralità e le polarità di riferimento a Roma. E mentre la popolazione dentro il GRA si assesta o diminuisce, aumenta quella oltre il GRA di oltre il 23 per cento negli ultimi dieci anni.

Ma quello che cambia maggiormente è il progressivo vuoto non solo politico, ma anche istituzionale che caratterizza le periferie e le aree del maggior disagio. È venuta meno la mediazione politica, ma anche la presenza istituzionale proprio nei luoghi più difficili, che non hanno più un interlocutore e si devono “barcamenare” dentro le sacche di disagio, generando quello stato di rabbia che si scarica sui capri espiatori degli immigrati o dei rom e su cui soffiano colpevolmente gli interessi politici di parte.

L’assenza delle istituzioni in queste realtà pone un serio problema strutturale, un problema di cittadinanza. L’interrogativo è, cioè, se gli abitanti di queste aree e di queste periferie possono ancora considerarsi cittadini».

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Spazi vuoti rianimati dalle startup sociali

Erano le ciminiere a delineare, nell’Ottocento, il profilo delle città. Oggi sono i palazzi e i capannoni, simboli del mix tra terziario e manifatturiero. Nell’economia della conoscenza quali saranno i luoghi che disegneranno il profilo del futuro? Per scoprirlo basta seguire le tracce dei luoghi dell’innovazione e della creatività, come i fablab, i coworking, gli incubatori, i luoghi culturali come le esposizioni d’arte, co-housing, nuove residenze d’artista, luoghi di nuovo welfare. Queste attività stanno trovando una nuova casa nei tanti luoghi abbandonati disseminati per l’Italia. All’insegna della sostenibilità.

Il paese dispone di un patrimonio di oltre sei milioni di beni inutilizzati o sottoutilizzati (significa più di due volte la città di Roma) tra abitazioni ed altri immobili pubblici, parapubblici e privati, come ex fabbriche e capannoni industriali dismessi, ex-scuole, asili, oratori e opere ecclesiastiche chiuse, cinema e teatri dismessi, monasteri abbandonati, spazi di proprietà delle società di Mutuo Soccorso e delle Cooperative Case del Popolo, Cantine Sociali, colonie, spazi comunali chiusi (sedi di quartiere ed altri spazi di proprietà quali lasciti), beni confiscati alla mafia, “paesi fantasma”. E la lista dell’Italia lasciata andare a se stessa è lunghissima.

È proprio in questi luoghi marginali, in questi residui della storia che si stanno scrivendo pezzetti di futuro, fatto di innovazioni, micro-impresa e talenti creativi, accompagnata sempre dall’entusiasmo delle comunità. «Non è la grande industria, l’infrastruttura che in altre epoche cambiava i destini di un paese. Si tratta di nuove nicchie di mercato, magari piccole e locali, ma che funzionano» spiega Giovanni Campagnoli, che ha raccolto le migliori best practice sul sito www.riusiamolitalia.it. Ne emerge un’Italia in fermento, con luoghi marginali che tornano a rinascere grazie soprattutto alla spinta di giovani. Non si tratta solo di presidi sociali sul territorio ma di vere e proprie attività economiche nell’ambito del welfare, dell’educazione, del turismo, della green economy. «I giovani mettono in campo piani di sostenibilità economica con startup sociali e culturali – aggiunge Campagnoli, autore del libro Riusiamo l’Italia (edito da Il Sole 24 Ore) –. Puntano alla diversificazione delle entrate, dipendono sempre meno da enti pubblici e sono più autonomi, grazie alla raccolta fondi, alle fondazioni ex bancarie, alla partecipazione a bandi». Così ad esempio a Rovereto lo spazio giovani Smart Lab, gestito da un’associazione di promozione sociale, nei primi sei mesi di avvio ha oltre 3.200 soci, l’80% under 35, occupandosi di programmazione musicale, artistica, incubatore di imprese, spazi co-working, sale prove, culture giovanili (generando un fatturato previsto, per questo primo anno, di circa 250mila euro).

«Questi spazi sono veri e propri “beni comuni” – scrive Campagnoli nel libro – che possono rappresentare una piccola, ma significativa misura “anticiclica”, perché producono occupazione giovanile, risorse economiche, socialità, cultura, aggregazione, sviluppo locale». Campagnoli, che lavora da anni nel sociale ed è di formazione bocconiana, ha anche calcolato l’impatto sull’occupazione: l’intervento anche solo sull’1 per mille degli immobili indurrebbe la creazione di 73mila posti di lavoro, con un contributo al calo dell’occupazione del 4,8 per cento. La stima potrebbe certamente crescere laddove il pubblico agisca da facilitatore. E proprio con questa consapevolezza il Comune di Bologna ha approvato a febbraio di quest’anno il «Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani». Altri 15 Comuni lo hanno adottato e un’altra cinquantina ci stanno lavorando. Perché il problema maggiore è come risolvere alcuni ostacoli, anche burocratici, come per esempio l’assunzione di responsabilità.

Cosa succede se qualche genitore si fa male mentre sistema la scuola del figlio il sabato? Il regolamento scioglie questo e altri nodi riuscendo così a dare applicazione concreta al principio di sussidiarietà. «Di fatto il regolamento libera risorse – spiega Gregorio Arena, docente di Diritto amministrativo all’Università di Trento e presidente di Labsus, che ha lavorato due anni col Comune per il regolamento –. E permette un salto culturale per cui agli occhi dello Stato i cittadini diventano portatori di capacità, di risorse, non più oggetto di bisogni da soddisfare». E a Bologna da due anni il Comune offre gratis gli spazi abbandonati nei quartieri. Sono un centinaio di palazzi e 1.200 aree di edilizia pubblica concessi a costo zero o a bassi canoni per far ripartire l’aggregazione e l’economia.

Anche lo Stato, a livello centrale, si muove. L’anno scorso il ministero della Difesa ha annunciato la concessione gratuita di 700 tra caserme, depositi, fortificazioni, bunker, terreni e rifugi alpini. La formula prescelta dovrebbe essere la valorizzazione d’onore con una concessione gratuita per dieci anni a chi presenterà un adeguato progetto. Il ministero conferma l’intenzione di dare seguito all’annuncio, con iniziative nei primi mesi del 2015.

 

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Newslettere Biblioteca Renato Nicolini: gli appuntamenti 2015

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Lunedì 12 gennaio   ore 18.00 
Invito all’opera

 “La Boheme” di G. Puccini  a cura di M. Laurenza

Mercoledì 14 gennaio   ore 17 / 18.30
POESIA A CORVIALE

I poeti scrittori MARCO BELOCCHI e CINZIA MARULLI
in dialogo con Carla De Angelis e Angelo Filippo Jannoni Sebastianini parleranno delle loro opere.

Venerdì 16 gennaio ore 17.00
Escher tra Matematica e Magia

In occasione della mostra “Escher” al Chiostro del Bramante qualche considerazione sulle relazioni tra Matematica e Arte  in collaborazione con la Banca del tempo di Corviale

Martedì  20 gennaio ore 17.00
Nati per leggere

Proseguono gli incontri di letture ad alta voce nell’ambito del progetto Nati per leggere grazie alla collaborazione di lettrici e  lettori volontari   fascia di età  3 – 6 anni. E’ indispensabile la prenotazione al numero 0645460421