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Immigrati: oltre 2, 7 mln iscritti all’Inps, lavorano in regola e resistono alla crisi

dal sito di Labitalia/Adnkronos Roma, 9 giu. (Labitalia) - Sono muratori, operai agricoli, colf. Lavorano in modo regolare nel nostro Paese, hanno resistito con difficoltà alla crisi, godono di meno tutele rispetto ai loro colleghi italiani. E sono più vulnerabili in caso di disoccupazione. Sono gli oltre due milioni e 700mila

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dal sito di Labitalia/Adnkronos

Roma, 9 giu. (Labitalia) – Sono muratori, operai agricoli, colf. Lavorano in modo regolare nel nostro Paese, hanno resistito con difficoltà alla crisi, godono di meno tutele rispetto ai loro colleghi italiani. E sono più vulnerabili in caso di disoccupazione. Sono gli oltre due milioni e 700mila cittadini immigrati iscritti all’Inps al 2007, come emerge dal ‘IV Rapporto sui lavoratori di origine immigrata negli archivi Inps – La regolarità del lavoro come fattore di integrazione’, realizzato dall’Inps in collaborazione con il Centro studi e ricerche Idos – Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes, e presentato oggi a Roma.

Secondo il rapporto, sono infatti 2.727.254 i lavoratori di origine neo-comunitaria e non assicurati all’Inps nel 2007, pari a oltre un ottavo (12,9%) di tutti gli assicurati presso l’Istituto (21.108.368). Numeri che non sono distribuiti in modo omogeneo in tutto il Paese, visto che quasi i due terzi degli immigrati iscritti negli archivi Inps sono attivi nelle regioni settentrionali (1.695.084, il 62,2% del totale: il 32,2% nel Nord-Ovest e il 30,0% nel Nord-Est), quasi un quarto nel Centro (650.432, 23,8%) e poco più di un ottavo nel Mezzogiorno (380.460, 13,9%).

E, tra le regioni, la Lombardia da sola accoglie più di un quinto degli iscritti all’Inps (21,2%), una quota quasi doppia rispetto all’intero Mezzogiorno. Seguono, in ordine di importanza, il Veneto (12,2% degli assicurati), l’Emilia Romagna (11,6%) e il Lazio (10,8%). La prima regione del Sud è la Campania, con una quota di assicurati del 3,5%, seguita dalla Sicilia (2,8%).

Ma quali lavori svolgono gli immigrati? Secondo il Rapporto, “mentre gli italiani si indirizzano verso i lavori di più alto profilo, gli immigrati sono canalizzati verso i settori deficitari di manodopera per svolgere quelle mansioni che risultano meno appetibili (agricoltura, lavoro domestico, edilizia), al Nord come nel Meridione”.

In particolare, come emerge dal Rapporto, sono 1.722.634 i lavoratori dipendenti da aziende (63,2%); 479.133 i lavoratori domestici (17,6%); 231.663 gli operai agricoli (8,5%); 293.824 i lavoratori autonomi (10,8%). Quindi, secondo i dati dell’Inps, ogni 10 lavoratori immigrati 9 sono attivi nel mondo del lavoro dipendente (con riferimento alle aziende, agli imprenditori agricoli e alle famiglie: 89,2%) e 1 svolge un’attività autonoma (10,8%).

In crescita negli ultimi anni in particolare la presenza degli immigrati nel settore agricolo, in particolare per quanto riguarda gli operai agricoli, in larga maggioranza a tempo determinato: erano 84.770 nel 2000, ovvero neanche un decimo del totale (9,1%), nel 2004 erano quasi raddoppiati (145.746), arrivando a rappresentare un settimo del totale (14,9%), e nel 2007, con 231.663 assicurati (per il 68,8% uomini), la loro incidenza ha superato un quinto (22,4%; 2000-2007: +173,3%). Nell’insieme, considerando tanto gli operai agricoli che gli autonomi, nonché i dipendenti del settore dediti ad attività diverse dal lavoro nei campi (3.859 nel 2007, il 7,1% del totale), l’agricoltura assorbe quasi un nono di tutti gli immigrati assicurati all’Inps (8,6%).

La crisi economica comunque non ha risparmiato, come spiega il Rapporto, gli immigrati, con un significativo e rapido peggioramento delle condizioni occupazionali (diminuzione del tasso di occupazione e aumento delle persone disoccupate e in cerca d’impiego). In Italia, nel 2009, secondo l’indagine, il tasso di disoccupazione è passato dal 9,8% all’11,2% (per gli italiani dal 6,5% al 7,5%). Il tasso di occupazione è sceso dal 77,7% al 64,5% (per gli italiani dal 67,9% al 56,9%).

La congiuntura economica, però, non ha interrotto del tutto la crescita dei lavoratori immigrati, ma l’ha frenata, aumentando, secondo il Rapporto, la tendenza all’inserimento al lavoro nei profili bassi. A svolgere un lavoro non qualificato prima della crisi, infatti, era il 40% degli stranieri laureati, una quota passata al 46% dopo la crisi; prima era sottoinquadrato il 39,4% degli occupati stranieri, dopo il 41,7%; è aumentata anche la percentuale dei non qualificati (35,9% nel 2009).

La dequalificazione più accentuata riguarda le lavoratrici donne, concentrate per la metà in sole cinque professioni: collaboratrici familiari, addette alle imprese di pulizia, cameriere, inservienti in ospedale, commesse.

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