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Torpignattara compie 90 anni e festeggia con l’arte di strada

Il quartiere popolare più multietnico di Roma è al centro di una vera e propria rinascita artistico-culturale.
A Torpignattara, o meglio, a Torpigna, volendo usare lo slang romano, i rumori si confondono tra loro fino a diventare dei suoni, quelle che possono sembrare ombre sono spesso luci particolari, l’italiano si mescola con il cinese e il bengali, con il polacco e il rumeno, con il senegalese e il portoghese, creando una lingua che ha un ritmo a sé, unica come è unico questo posto della Capitale. Siamo nel quinto Municipio, in un’area popolare incastonata tra l’Acquedotto Alessandrino e la Prenestina sempre più vivace ed interessante (è attaccata al già “gentrificato” Pigneto), facilmente raggiungibile da piazza di Porta Maggiore con il pittoresco trenino bianco e giallo della linea Roma-Centocelle oppure percorrendo in auto la via Casilina.

Negli ultimi anni, la rinascita del quartiere è cominciata proprio in quelle sue vie principali dove, tra casette basse e palazzoni, il fischio del treno, i clacson delle auto e diverse insegne al neon, spesso color fluo, è facile trovare un negozio di frutta e verdura (con nomi come “Gram Bangla”, con la ‘m’ al posto della ‘n’), ristoranti etnici accanto a trattorie romane che sono qui più o meno da quando venne costruito (esattamente novant’anni fa), ma anche saloni di bellezza e subito dopo un tempio induista e una moschea, supermercati aperti ventiquattro ore su ventiquattro e persino un McDonald, uno dei più frequentati di Roma.

“Da quando è stato aperto, è diventato un ritrovo ‘elegante’ sui generis per tutte le comunità della zona”, ci spiega Simone Marchesi, bolognese di nascita, ma residente a Tor Pignattara da quasi quindici anni, esperto di Politiche Pubbliche d’investimento nonché vice presidente dell’Associazione culturale “Alice nel Paese della Marranella”. “La presenza di un Mc è di per sé banale, ma qui assume inattesi significati”, aggiunge. “Il quartiere cambia e migliora ogni giorno di più, sono tante le persone che decidono di venirci a vivere perché qui, in una maniera tutta speciale, si vive bene”.

È lui la nostra “guida speciale” per un giorno tra le strade di Torpigna, che inizia proprio da quella via della Marranella che sono in molti – da queste parti – a chiamare “la Banglanella”, la via che sabato prossimo, 20 maggio, si trasformerà, per il terzo anno consecutivo, in un grande spazio aperto dedicato alle arti figurative, performative e di strada. “Sarà un vero e proprio viaggio alla scoperta delle meraviglie di questo quartiere, per troppo tempo guardato con sospetto dai romani e ignorato dai non romani”, aggiunge Simone, dopo aver superato il Bar Latteria Italia, rimasto così come appariva negli anni Cinquanta. “La festa di Alice, che avrà come tema portante la bellezza della diversità, sarà anche stavolta un evento d’arte e di riqualificazione del tessuto urbano e sociale” e – tiene a precisarci – “rappresenta un’importante occasione per la valorizzazione del carattere multietnico e meticcio del quartiere”.

La valorizzazione e i cambiamenti sono evidenti in Largo Perestrello, la piazza del mercato, che per l’occasione si è rifatta il look proprio grazie ai membri di quell’associazione culturale (e a quelli di Retake Roma, specializzata nella riqualificazione e pulizia degli spazi pubblici cittadini) che, insieme, sono riusciti a darle una nuova bellezza ridipingendo le saracinesche dei chioschi dove, proprio nella giornata del 20 maggio, saranno montate le fotografie dell’artista Sara Camilli per una mostra en plein air promossa dal Goethe-Institut.

A proposito di pitture e quant’altro, vera attrattiva del posto, tra le tante altre cose, sono i meravigliosi murales di Torpignattara, tantissimi e spesso di grandi dimensioni, siti in ogni angolo o muro del quartiere. I primi vennero realizzati nel 2008, quando venne aperta la Wunderkammern Gallery (è al numero 124 di via Gabrio Serbelloni), un ex deposito di frutta, oggi punto di riferimento per street e urban art di alto livello (è diretta da Dorothy de Rubeis, Giuseppe Ottavianelli e Giuseppe Pizzuto) con sede anche a Milano.

I più belli sono sicuramente quelli di Nicola Verlato, pittore vicentino, che li ha realizzati in Via Galeazzo Alessi, al civico 215, un omaggio particolare al poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini che qui ambientò parte dei suoi romanzi. Pasolini lo ritroviamo anche in via dell’Acqua Bullicante, sulla facciata esterna dello Spazio Impero (l’ex Cinema Impero), oggi sede della STAP Brancaccio, la scuola di Teatro e di Arti Performative – accanto a quelli dedicati a Ettore Scola e Anna Magnani realizzati David Diavù Vecchiato, fondatore di MURo, il museo di Urban art del Quadraro. Degni di nota sono anche quelli del francese Jef Aérosol, quasi sempre in bianco e nero su sfondo colorato, dove figure umane si accompagnano a farfalle o ad altri animali fantastici.

“La scuola elementare Carlo Pisacane (sempre in via dell’Acqua Bullicante, ndr) è nota per essere una delle più multietniche d’Italia” ci ricorda Simone, “ed è un ottimo esempio di integrazione culturale”. Si deve proprio ai genitori di quella scuola e alla loro associazione, l’Associazione Pisacane 0-11, la seconda edizione di ‘Taste the World’ (in programma dal 2 giugno prossimo), un evento che esalta il gusto delle differenze e supera le barriere con dieci cucine da dieci diverse nazioni, con musica dai quattro angoli della terra, laboratori, mercatini e incontri. Dal 6 giugno, ci sarà poi la nuova edizione del Karawan Fest, un festival di cinema nomade che porterà lo schermo direttamente nei luoghi comuni dove i cittadini di Torpignattara intessono rapporti e relazioni per riaffermare l’esigenza dell’incontro e del superamento degli stereotipi.

Di recente, in quella che a tutti gli effetti è la micro area più suggestiva del quartiere, la Certosa, si è tenuta una grande festa in ricordo di Ciro Principessa, il giovane operaio che la sera del 19 aprile del 1979 venne accoltellato da un neofascista (Claudio Minetti, legato al famigerato Stefano Delle Chiaie), sui gradini della sezione del PCI in via Torpignattara. Tra gli organizzatori c’è Vincenzo Libonati, sceneggiatore e scrittore di origine lucane (il suo ultimo libro si intitola “Millemari” ed è pubblicato da Lepisma Edizioni), proprietario di un posto davvero speciale che non potete non visitare una volta che sarete da queste parti.

È il bar-libreria “Shakespeare and Co”, che proprio sull’esempio della storica ed omonima libreria parigina a due passi da Nôtre-Dame, riesce a coinvolgere persone appassionate di letture di qualità facendo sorseggiare un buon vino a prezzi accessibili, un tè o un caffè con un piacevole sottofondo musicale. La trovate in via dei Savorgnan, una via nascosta ai più e lontana dal traffico e dal caos della Casilina, un vero e proprio mondo a sé con case dai colori pastello, fiori e aiuole con quell’aria un po’ délabré che è tutto fuorché costruita, un villaggio dove tutti si conoscono e dove la gente ti saluta anche se non ti conosce, come se ti incontrasse in un ascensore o nella sala d’attesa di un medico.

“Questo locale, in realtà, è nato al Pigneto, ma tre anni fa ho deciso di spostarlo qui, ed è proprio qui che ho deciso anche di venire a vivere”, ci spiega Libonati davanti ad una birra ghiacciata, seduto sul piccolo tavolino in legno che è poi il suo “ufficio” speciale sul marciapiede. Dentro, clienti abituali bevono vino vicino ad un biliardino posizionato sotto due bici appese al soffitto, mentre nel piccolo ed incantevole giardino, sciarpe, magliette, cappelli e altri oggetti dimenticati da alcuni clienti sbadati (c’è persino un reggiseno!) vanno a formare un’installazione tra piante ad alto fusto.

Prima di andare via, andiamo da “Betto e Mary” (sempre in via dei Savorgnan, ma al numero 99), la storica trattoria romana che vanta tra le sue specialità, la coda alla vaccinara, la coda di vacca, la trippa, il cuore, gli intestini di agnello, le animelle e i testicoli di toro. Lì è impossibile spendere più di quindici euro e le cravatte sono da lasciare all’ingresso. Diverso ambiente, ma sempre molto accogliente, da “Fatti di Farina”, forno, bar e ristorante al numero 245 della vicinissima via Alessi, di proprietà del pugile-fornaio Emanuele Della Rosa e di suo fratello Enrico, in società con il giornalista sportivo Stefano Piccheri.

Sul far della sera, quando le luci e i rumori si confondono ancora con i suoni e le ombre non proprio in quest’ordine, notiamo un foglietto appeso a un albero per strada con la scritta “il meglio deve ancora venire”, una frase può che essere solo di buon auspicio per questi posti e per l’intero quartiere che è tutto da scoprire e da conoscere se non ci siete mai stati, uno di quelli dove la bellezza – citando Peppino Impastato – dimostra di poter essere un’arma perfetta contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

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A scuola di Resistenza, il fumetto è tutta un’altra storia

Evviva il 25 Aprile!

SPOT, la Scuola Popolare di Torpignattara presenta “La battaglia” di Nikolay Pavlyuchkov

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Da Torpigna con furore, per festeggiare i 90 anni del quartiere. La  Scuola popolare di Torpignattara, sorta due anni fa nel quartiere ha aperto le porte alla Storia attraverso il fumetto. L’indagine riguarda un personaggio noto ai residenti: un campo sportivo, in passato, ed un parco giochi, tutt’oggi, sono chiamati dedicati a Giordano Sangalli. Ed ha coinvolto i ragazzi che hanno partecipato al workshop Nuvole resistenti con il fumettista Alessio Spataro.

Il parco si trova in quella lingua di terra che collega Torpignattara con il Quadraro, che costeggia le Vigne Alessandrine, lungo l’Acquedotto alessandrino. Stefania Ficcacci è una storica che crede fermamente nella custodia della memoria e ribadisce: «Sapevamo molto poco. Il modo per immaginare questa storia, l’abbiamo affidato a chi poteva immaginare attraverso la matita. Abbiamo chiesto ad Alessio Spataro di coordinare un laboratorio che raccogliesse i giovani interessati. Abbiamo lasciato che l’arte interpretasse il canovaccio storico che avevamo».

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Parco Giordano Sangalli, nel quartiere Torpignattara, periferia est di Roma

Giordano Sangalli, nato il 7 gennaio 1927 è morto nel 1944, a soli 17 anni, durante la cosiddetta “Pasqua di sangue”. Le truppe nazifasciste rasero al suolo il Monte Tancia, un luogo che veniva considerato sicuro dai partigiani e dai civili, protetto perché era un comando importante della Resistenza italiana dove si erano rifugiati molti partigiani di Torpignattara e dei quartieri limitrifoli. Ma i partigiani, si sa, sono persone comuni, come tutti, prima di morire. Non hanno documenti o fotografie nelle loro schede anagrafiche. Ci si è chiesti, allora, che volto avesse questo ragazzo. Nessun documento ricordava la sua memoria da civile: era un ragazzo come un altro.

Nikolay Pavlyuchkov, 28 anni, è il ragazzo di origini russe che nel workshop Nuvole Resistenti ha avuto l’opportunità di creare Giordano Sangalli. Con la matita e i colori. Nikolay racconta:

«Ho iniziato a documentarmi su quel periodo, su alcuni libri di storia, così ho potuto capire come era la vita di chi combatteva il fascismo. Poi, mi sono soffermato sulle mode dei ragazzi e ho provato a creare un’immagine che perlomeno ricordasse un partigiano. Ho iniziato con piccoli particolari, poi i personaggi. Ho tratto ispirazione dalla foto di un partigiano e ho lavorato molto sulle divise dei militari».

Il fumetto rappresenta, quindi, un tentativo “cartaceo” di un recupero di memoria. Stefania ricorda l’altro tentativo, quello non cartaceo: la recente istallazione di alcune pietre d’inciampo, poste lungo via dell’Acqua Bullicante e via di Torpignattara, in onore di sei partigiani morti alle Fosse Ardeatine: «Un’altra forma d’arte come espressione della storia, sono delle vere pietre d’ottone con data di arresto e data di morte dei partigiani»  ribadisce Stefania Ficcacci.

«È un fumetto storico, comincia nel 1944 e finisce dopo due anni» afferma l’ideatore. «Gli sono stato molto dietro per poter realizzare un buon prodotto e la qualità era alta» afferma l’insegnante Spataro. Un modo per rievocare la memoria di un quartiere che rappresenta il cuore nevralgico di una città che ha portato le stigmate dei suoi morti per tanti anni e che non vuole dimenticare. Il fumetto si apre con una tavola che rappresenta un angolo di Torpignattara. Chi saprebbe riconoscerlo?

Un percorso che passa dalla ricerca alla carta, poi all’asfalto. A coronare l’evento, la presentazione degli altri lavori provenienti dal workshop Nuvole resistenti, prodotti dal gruppo delle giovanissime allieve del corso di fumetto curato da Alessio Spataro: Caterina Fatarella (12anni), Veronica Fazio (24anni), Alessia Maggiora Vergano (17 anni). Ovvio: l’angolo è quello che fa incontrare la via Casilina e via di Torpignattara, con il tram che va verso Porta Maggiore.

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L’impronta di Pasolini

Il 2 novembre 1975 veniva assassinato ad Ostia Pier Paolo Pasolini. Quella di Pasolini è una memoria ancora viva, lo è soprattutto nelle periferie romane dove è impossibile non incrociare i tanti murales dedicati a lui. L’artista Nicola Verlato qualche tempo fa ne ha realizzato uno bellissimo “Hostia”, ribattezzato la “Cappella Sistina di Torpignattara”. «Questo lavoro rappresenta la discesa del corpo di Pasolini al momento della sua morte», dice l’artista. «Con lui Petrarca, suo mentore ideale e il poeta controverso Ezra Pound»

Nella notte tra il 1º e il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini veniva ucciso. Il suo corpo è stato ritrovato sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia. Quella di Pasolini è una memoria – per fortuna – ancora viva. Lo è in modo particolare in quelle periferie romane, in quella terra della “subcultura”, di cui lui stesso aveva fatto il suo oggetto di studio, indagine e anche creazione poetica principale.
 Prima le ha amate, poi aspramente criticate quando le ha viste sempre più velocemente. omologarsi lasciando appiattire quel fermento vitale che le accendeva tutte.
La città pullula di murales dedicati a lui. Li troviamo ovunque. Pigneto, Torpignattara, Quadraro.

Torpignattara in maniera particolare è stata una delle borgate più amate dal poeta. Ed è qui che nell’aprile 2014 l’artista Nicola Verlato ha “dipinto” quella che poi è stata definita la “Cappella Sistina di Torpignattara”. Un murale “Hostia” sulla facciata di una palazzina, alta circa dieci metri per sei di lunghezza, in via Galeazzo Alessi. Realizzato con acrilico su intonaco, il murale rappresenta biblicamente la morte, la caduta di Pier Paolo Pasolini.

«Questo lavoro rappresenta la discesa del corpo di Pasolini al momento della sua morte. In alto si vede la figura del presunto assassino Pelosi e due giornalisti che lo intervistano. Pasolini precipita verso un luogo allegorico, una sorta di isoletta in cui trova se stesso bambino seduto sulle ginocchia della madre cui dedica i suoi primi versi, mentre si rivolge a Petrarca, suo mentore ideale a quel tempo. Vicino a lui c’è anche il poeta controverso Ezra Pound, che lo scrittore incontrò nel 1969 per un’intervista», racconta Nicola Verlato. «Credo che i due artisti siano accomunati dall’essere stati respinti dalla società, ma speravano entrambi di essere poeti formatori della società stessa».

Nell’opera Pasolini, appena ucciso, sprofonda sotto terra, attraversando un girone infernale, che ricorda le scene del suo Salò; dall’alto lo osserva il suo assassino, trattenuto da un carabiniere e circondato dalla stampa; nella parte inferiore un gruppo scultoreo ritrae Paso- lini bambino, vicino alla madre, a cui dedica i suoi primi versi, Francesco Petrarca, maestro e punto di riferimento fin dalla giovane età, ed Ezra Pound, grande esponente della poesia del Novecento: due uomini lontani, per storia politica e riferimenti ideologici, ma vicini per via di una certa sensibilità poetica, per l’attrazione verso il tema delle radici e della tradizione, per quell’esprit romanticamente rurale, declinato con la forza di outsider e di pionieri. Tutto questo rivive nel grande murale di Verlato. Un dipinto che assomiglia a un gigantesco lavoro a grafite, in cui si fondono cinema, teatro, poesia, ma anche pittura, scultura e architettura, evocando la forza primigenia del disegno.

Come nasce l’opera dedicata a Pier Paolo Pasolini a Tor Pignattara?
Il Murale a Torpignattara nasce come un tentativo di contenere in una unica immagine una serie di pensieri su Pasolini che facevo da molti anni.
Avevo ascoltato una serie di sue interviste su Radio Radicale qualche anno fa e mi avevano molto colpito alcuni aspetti, soprattutto quelli relativi all’infanzia nei quali mi sorpresi di quanto mi riuscisse facile identificarmi. In più, nello stesso programma radiofonico, ho avuto modo di conoscere le teorie (non necessariamente condivisibili) di Zigaina sulla sua morte.
Un documento che mi ha molto colpito poi è stata l’intervista per la Rai che Pasolini ha fatto a Pound nel 1967: il confronto fra i due, provenienti come si sa da fronti opposti, si risolve nel loro comune antagonismo al sistema sociale in cui erano venuti ad operare, entrambi accomunati da una fede nel potere dell’arte che la modernità ha rifiutato.

Perché proprio Pasolini?
Io sono sempre alla ricerca di mitologie che mi permettano di articolare la superficie della tela secondo quella che io ritengo sia una funzione sociale che l’artista deve svolgere, dare forma alla produzione mitologica del proprio tempo. Pasolini è l’unica figura italiana recente che secondo me ha il potere di vedersi protagonista delle mie composizioni, proprio per la complessità della sua figura, insieme di intellettuale e di corpo, e quindi di un mito in formazione di cui lui stesso ha avviato consapevolmente la creazione.

Secondo te, da artista, che rapporto esiste tra Pasolini e Roma, anche considerato che sono tantissimi i murales dedicati a lui in città.
Credo che il rapporto sia quello di una sorta di processo di beatificazione popolare in corso. Pasolini, credo consciamente, ha voluto creare di sé un’immagine che sgorgasse proprio dai ceti popolari della città; quelli che vivono il territorio nel modo più intenso, e credo che non sia un caso che proprio il territorio ora si trovi ad essere il luogo privilegiato della materializzazione in immagini dipinte e della moltiplicazione della sua immagine. Pasolini ha riattivato un processo di figurazione che si fonda sull’eccezionalità corporea del suo protagonista. L’intellettuale che si fa corpo, è come, nella modernità secolarizzata, il logos che si fa carne, riproponendo la possibilità, nel mondo deserto di significati del capitalismo, che le immagini ritornino a formare il territorio.

Secondo te è un “più” di vitalità che in qualche modo cerca di rispondere a quello che PPP aveva ipotizzato alla fine degli anni ’70 sulla fine delle periferie e sulla loro qualità identitaria?
Credo che Pasolini avesse perfettamente compreso cosa fosse la radice della cultura occidentale. Egli sapeva bene cosa il mercato stava costruendo nelle periferie delle città che, proprio per la sua radice nichilista se non contrastata dal suo opposto dialettico (l’arte), produce dei mostri urbani. Le immagini e l’arte in genere, soprattutto se radicate forte- mente nei luoghi e connessa con le narrative proprie delle comunità che li abitano, vanno considerati, secondo me, come lo strumento per l’inizio di un possibile riscatto.

Nicola Verlato è nato a Verona il 19 febbraio 1965. Ha iniziato a dipingere all’età di sette anni, e a vendere i suoi quadri a nove. La sua formazione artistica è stata poco ortodossa. Lui si considera quasi un autodidatta. La sua prima mostra importante è stata organizzata quando lui aveva quindici anni nel municipio di Lonigo. Ha inoltre studiato architettura presso l’Università di Venezia dove ha vissuto per quasi 13 anni realizzando quadri e ritratti con scene allegoriche per dell’aristocrazia locale e gli stranieri benestanti che vivono in quella città. Durante questo periodo a Venezia, ha lavorato su quasi tutto ciò che era collegato con il disegno: scenografia, decorazioni temporanee, illustrazioni, fumetti, storyboard. Intorno ai 28 anni ha iniziato ad interessarsi di arte contemporanea, e a fare mostre, personali e collettive, in numerose galleria sia italiane che estere. Dopo aver trascorso 7 anni a Milano, nel 2004 ha deciso di trasferirsi a New York. In questi ultimi anni ha fatto mostre a New York e in varie gallerie e musei di tutti gli Stati Uniti. I suoi lavori sono stati esposti anche in Italia e Norvegia, India, così come in Germania, in Olanda e in altri paesi euro- pei. Ha partecipato con un’installazione di dipinti e sculture come rappresentante del Padiglione italiano alla Biennale di Venezia del 2009.

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Periferie giovedì 26 maggio parliamo noi

Periferie: adesso parliamo noi

26 maggio 2016 – ore 16.00 Città dell’Altra Economia

Largo Dino Frisullo-Testaccio

PRESENTAZIONE
I Perché del Parliamo Noi: valutazioni e risposte Pino Galeota

INTRODUZIONE
Riconoscere le Comunità territoriali nella città policentrica Roberta Cipollini
Un Quadro di lavoro condiviso e vocazionale Francesco Truglia
La centralità dell’Animazione sociale e delle Comunità locali Eugenio De Crescenzo
CONTRIBUTI
Prima le Persone Pasquale De Muro
Riorganizzazione della Governance Alfredo Fioritto
Mettere mano all’organizzazione Comunale Luca Lo Bianco
Coesione sociale e comunità territoriale Carlo Cellammare
Le opportunità delle reti Stefano Panunzi & Federico Canoppia
Il verde urbano fattore di sviluppo e di inclusione Roberto Pallottini
Legalità e sicurezza: quale e come Maurizio Fiasco

Coordinamento Periferie: Corviale, Statuario Torbellamonaca, Torpignattara, Torrespaccata

“Le attivita dei diversi settori Istituzionali devono cooperare e promuovere partecipazione e socialità.

La legalità e la sicurezza urbana non si costruisce con l’intervento esclusivo della Magistratura e delle forze dell’ordine ma realizzando opere e progetti che aiutino a ridurre le situazioni di marginalità e disagio sui territori.

Si tratta in sostanza di costruire una migliore qualità della vita,

con migliori relazioni interpersonali e maggiore vivibilità dello spazio urbano.

Agli interventi assistenziali debbono essere affiancate attività sul territorio che riescono a realizzare migliori livelli di socialità, attuando politiche di prevenzione del disagio ed accompagnando i soggetti più deboli verso una piena inclusione della realtà che li circonda.

Per le istituzioni si apre così uno spazio inedito che mette i servizi sociali in relazione alla cultura,

all’urbanistica, alla difesa dell’ambiente, alla sicurezza….e alla legalità.”

Maurizio Bartolucci Roma Sicura 1998

Nel corso di questi anni, salvo rare e positive eccezioni, abbiamo assistito al connubio periferie uguale emergenze. La risposta è sempre stata, nel migliore dei casi, una mera amministrazione del problema. Spesso con interventi che avevano il solo scopo del ripristino di sicurezza e legalità e quindi senza nessuna capacità progettuale di indirizzo e di scelta che avesse l’orizzonte lungo e work in progress per la città del futuro. Le periferie, vecchie e nuove, in questi anni hanno subito mutazioni, cambiamenti, migrazioni che non conosciamo. Un fiato corto che relega il tema da affrontare al come “sedare” conflitti, esplosioni e violenze che di volta in volta si verificano. Una risposta emergenziale che non giunge mai al come intervenire. Programmazione, pianificazione, inchiesta, analisi dei territori sono concetti ormai, da tempo, non frequentati pur essendo essenziali per la rigenerazione urbana di cui tanti parlano. Noi ci siamo conosciuti sul campo nel marzo 2015 quando organizzammo 50 piazze contro le mafie, purtroppo unica e pubblica risposta a mafia capitale. E’ da questo rapporto che abbiamo condiviso la necessità di dire la nostra sul tema periferie. Nella nostra proposta quei concetti li abbiamo usati e declinati avendo ben presente che il cambio di paradigma che riteniamo necessario e urgente richiede disponibilità culturale, conoscenza delle situazioni, condivisioni e assunzioni di responsabilità. Nel nostro dna c’è la consapevolezza della necessità di collaborare insieme istituzioni, società civile e settori produttivi a forte valenza sociale. Concetti che ci hanno consentito di cooperare e di incontrare altre competenze e passioni che esistono e che ci hanno arricchito. Inviteremo i candidati sindaci a venire ad ascoltare perché le valutazioni e il “da fare” spetta a loro. Affermiamo che su questi contenuti c’è la nostra disponibilità alla collaborazione, con chiunque sarà eletto o sarà all’opposizione.

Il racconto delle periferie

Corviale, Statuario, Torbellamonaca, Torpignattara, TorreSpaccata




Esce il terzo disco dei ragazzi di Tor Pignattara

“Stop! In the name of love” è il nuovo album della Piccola Orchestra di Tor Pignattara composta da giovani talenti fra i 13 e i 18 anni: “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali”.
Un nuovo album con due tracce inedite: è la nuova avventura della Piccola Orchestra di Tor Pignattara, il gruppo di giovani talenti dai 13 ai 18 anni composto interamente da ragazzi e ragazze, figli di stranieri, che vivono nel nostro paese. Abitano tutti a Roma e ad unirli è l’amore per la musica e la voglia di suonare insieme: sotto la direzione artistica di Pino Pecorelli hanno presentato pochi giorni fa il loro nuovo disco: “Stop! In the name of love” .

Otto tracce per raccontare al meglio un sentimento universale: l’amore che in tutte le sue forme, come la musica, riscalda e unisce. Quello corrisposto e quello abbandonato, per un amico o per la terra natìa. E l’amore per il colore della propria pelle: quello che supera qualunque barriera culturale, politica e sociale. “Stop! In the name of love” si rivela, da subito, un album dalle atmosfere calde: ci sono i classici della Motown e i brani tradizionali di diverse parti del mondo, per finire con due tracce inedite. L’album si può ascoltare online (vai sul sito della Piccola Orchestra).

La Piccola Orchestra è un progetto musicale unico in Italia, che mette insieme ragazzi che vivono nel nostro Paese ma sono figli di stranieri. Piccoli musicisti dai tratti europei, asiatici, indiani o nordafricani, ma in fondo tutti romani di Roma. “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali” , dicono mentre, con occhi grandi e appassionati, raccontano il loro terzo album. Un lavoro che “ ci è costato impegno e fatica” . Ma dimostra anche “ quanto siamo cresciuti sia musicalmente che come gruppo. All’inizio fare musica insieme era un esperimento. Adesso ci sentiamo davvero un’orchestra” . Ognuno un cuore e uno strumento per fare un solo battito. Immagine evocata in copertina, nel loro ultimo lavoro che prende il nome da un classico delle Supremes.

“Stop! In the name of love” include generi diversi. Lingue diverse. Ritmi, suoni e colori dal mondo attraversando sonorità vicine e lontane. Da “El emigrante latino”, tradizionale del Sud America, si cambia atmosfera con “Is it because I’m black?” di Syl Johnson. Poi un salto nel mondo arabo con “Bekotb Ismak ya habibi”, passando per l’America Latina con “Ytal vez”. Immancabile l’omaggio alla canzone italiana con “Come stai” di Domenico Modugno. Ma il cuore dell’album è composto da due brani inediti, al centro del disco: “Treska”, un allegro ska strumentale, e “Le grande homme” , dalle atmosfere rarefatte. Un mix di musica, cultura, incontro e creatività: i pilastri di un progetto artistico-sociale, innovativo e ambizioso, ideato nel 2012 da Domenico Coduto per Musica e altre cose. E realizzato grazie al prezioso contributo della Fondazione Nando Peretti, Fondazione Alta Mane Italia, Open Society Foundations e S IAE. Un vero e proprio laboratorio musicale pensato per i ragazzi italiani e immigrati di seconda generazione, con il cuore dappertutto e le radici a Tor Pignattara, una delle zone più multietniche della Capitale. Un progetto e un album, potremo dire, figli dell’amore.

“Lo stesso amore che abbiamo deciso di raccontare in musica, in tutte le sue forme”, spiega Pino Pecorelli, direttore artistico della Piccola Orchestra. Un’orchestra composta da “ragazzi nati dall’incontro tra donne e uomini di culture molto diverse che si amano, decidono di vivere insieme e di mettere al mondo figli che portano sul viso i segni più rappresentativi e belli dell’immigrazione. Quelli del meticciato, di nuove razze che si formano e sono destinate a costituire la spina dorsale dell’Italia nei prossimi anni”.

La Piccola Orchestra di Tor Pignattara, nata nel 2012, ha prodotto tre dischi e un videoclip. Si è esibita al MAXXI d i Roma per la presenza del Ministro dell’Integrazione, al TedxRoma, al festival Arezzo Wave e al MACRO di Roma. Ha ricevuto il Premio Simpatia consegnato in Campidoglio ed il premio Cultura Contro le Mafie al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza. Ideatore e produttore: Domenico Coduto. Direttore artistico: Pino Pecorelli. Coordinamento socio-educativo: Daniele Cortese.

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A Tor Pignattara nasce il primo “Ecomuseo”

Walk-around, percorsi e app per scoprire la periferia.
Dal parco di Centocelle a villa Gordiani tra laboratori e passeggiate esplorative.
Una delle ultime tracce dell’Agro romano immerso nel contesto urbano. Un’area che si estende dal parco di Centocelle, sulla Casilina, fino a Villa Gordiani, sulla Prenestina, includendo le vie di Torpignattara, Acqua Bullicante e Tor de’ Schiavi. Qui nasce “l’Ecomuseo Casilino Ad duas Lauros”, un progetto che parte da lontano e che oggi prende forma e che si basa sull’idea della musealizzazione diffusa del territorio inteso non solo come paesaggio ma anche come tessuto di relazioni tra i suoi abitanti, cultura, memoria, eredità storica.

Dal 2009 antropologi, archeologi, storici, urbanisti e cittadini hanno studiato documenti, tragitti, strade e l’intero patrimonio di questo spicchio di V municipio. E attraverso dei laboratori partecipati delineeranno sei percorsi che verranno inaugurati a luglio con passeggiate esplorativi, tour e walk around insieme ai relativi hot spot, ovvero luoghi simbolo segnalati “on the road” attraverso totem e rappresentantivi non solo di un percorso ma dell’intero quartiere, spazi del sentimento e dell’immaginario condiviso: luoghi delle memoria, della storia, della cultura, dell’arte, delle identità.

In particolare, saranno realizzati un percorso antropologico (convivenza tra storie, nazioni, religioni diverse), quello archeologico (che spaziia dal mausoleo di Sant’Elena alle ville romane del Parco di Centocelle, dal Colombario di Largo Preneste al sepolcro dei Gordiani), il percorso culturale (dai murales alle librerie indipendenti, dagli spazi associativi ai co-working), quello sacro
(con luoghi di culto cattolici, musulmani, induisti), quello storico (dalla nascita dei quartieri al protagonismo durante la resistenza) e il percorso urbanistico e paesaggistico (per censire aree verdi e luoghi urbani “vuoti” salvaguardandoli da speculazioni future).

Inoltre, grazie ai fondi messi a disposizione dalla campagna di ascolto “Acea per Roma” di cui il progetto è risultato tra i vincitori, verranno creati una App e un portale web.

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Roma gentrificata: lungo la Casilina, tra la Certosa e Torpignattara

I-love-Torpigna-2Tor Pignattara, o Torpigna in slang neo-romanesco, è un quartiere popolarissimo sin dalle sue origini, lungamente guardato con sospetto dai romani e ignorato dai non romani. Fino a non molto tempo fa, anche a causa della sua rassegna stampa quasi del tutto presente in cronaca nera (omicidi, accoltellamenti, ritrovamenti di cadaveri e di serre di cannabis sui balconi), pochi si spingevano a esplorare questa zona incastonata tra l’Acquedotto Alessandrino e la Prenestina, confinante con il quartiere, spesso a sproposito definito “gentrificato”, del Pigneto.

Non sono moltissime le associazioni culturali, tra queste Ottavo Colle, che organizzano passeggiate alla scoperta del quartiere. Per arrivarci dobbiamo percorrere Via Prenestina e lo facciamo salendo da piazza di Porta Maggiore sul pittoresco trenino bianco e giallo della linea Roma Giardinetti – che ai semafori fischia e sembra un trenino dei bimbi. Prima, a piedi, potremmo percorrere Via del Pigneto fino in fondo per ritrovarsi in Via dell’Acqua Bullicante o fare tre fermate in più e scendere proprio a Tor Pignattara per scoprire un mondo vivace e variopinto, una mescolanza di popoli orientali (con netta predominanza di bengalesi), romani di Torpigna e alcuni lavoratori squattrinati afferenti alle cosiddette “professioni creative”, nobile stratagemma per dare una dignità a pluri-dottorati e idee per start up miseramente vanificate perché l’Italia non è certo gli USA.

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Il trenino bianco e giallo della linea Roma Giardinetti

Tor Pignattara è un quartiere popolare in attesa di una futura riqualificazione della qualità urbana che probabilmente, tra non meno di cinque anni, potrebbe portarlo a incamminarsi sulla strada della gentrification che lascerebbe sulla strada le vittime di chi non potrà più permettersi l’innalzamento degli affitti (soprattutto lavoratori stranieri). Nel frattempo è anche location di video musicali come questo dei Calcutta nell’album Mainstream, che provano a raccontare la multietnicità di una città in trasformazione, a partire dal cuore pulsante delle sue periferie, in un centro storico diventato da tempo un simulacro artefatto per turisti di bocca buona. Una multietnicità però che, ad esempio nella cucina, si coniuga bene con la persistenza di osterei di cucina romana ancora tradizionale, come nel caso dell’Osteria Bonelli, dove ordinando da una lavagna trasportabile, si possono mangiare filetti di baccalà, fiori di zucca, la gricia (per chi non la conoscesse è la carbonara senza uovo, solo con pancetta e pepe), e un buon bollito condito semplicemente. Nel raggio di poche centinaia di metri, si può mangiare vero cinese, vero bangla, vero peruviano, vero indiano, a prezzi davvero economici, e provare l’ebbrezza di essere gli unici italiani all’interno del locale.

Proprio a metà di Via Tor Pignattara c’è Spice of India, come recita l’insegna, un “bar ristorante pizzeria”, ma indiano. Il locale ha l’aspetto di un normalissimo bar-tabacchi, di indiano ci sono solo i dolci esposti nella vetrinetta del bancone, i video musicali in tv e, naturalmente, baristi e camerieri. È molto ampio, con circa venti coperti e offre a pranzo e a cena le tipiche specialità indiane: samosa, pollo tandoori, riso byriani e così via.

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Il palazzo di Via Galeazzo Alessi col murales dedicato a Pasolini

Nel mercato coperto di Via Laparelli c’è un ristorante peruviano. L’ambiente nei colori del verde e del giallo è molto gradevole, il menu è composto da piatti unici a base di carne o di pesce, con riso e patate. Sull’altro lato della Casilina, in Via Eratostene, ci sono le luci colorate e le vetrine del ristorante dal nome che è tutto un programma: Eurobangla. Un menu fotografico ci alletta con i suoi “Imboltini di carne, imboltini di verdure e imboltini di patate”.

In uno dei quartieri più pasoliniani di Roma, dove Pier Paolo Pasolini ambientò molte scene dei suoi film e racconti, non poteva mancare la street art, che sta facendo di Roma la capitale europea di questa forma d’arte urbana, con un murales dedicato proprio a lui. Ci ha pensato Nicola Verlato, pittore vicentino che lo ha realizzato in Via Galeazzo Alessi, al civico 215. Grande com’è, su un muro di un palazzo alto dodici metri e largo otto, è impossibile non notarlo. Quel muro l’ha individuato l’artista David Diavù Vecchiato, amico e collega di Nicola. David è il fondatore di MURo, il museo di Urban art del Quadraro. “Gli abitanti del quartiere – ha detto l’artista – mentre passavano e mi vedevano lavorare, hanno ribattezzato il muro la Cappella Sistina di Tor Pignattara”.

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Ma forse l’esempio che più viene citato come riqualificazione – e ripeto per chi ha letto i miei precedenti articoli o il volume Gentrification in parallelo. Quartieri tra Roma e New York, è la zona chiamata Certosa. Si trova in cima a una collinetta racchiusa tra la ferrovia Roma-Napoli, il nostro quartiere di Tor Pignattara e la Casilina. L zona rimane nascosta agli occhi dei più. Dal traffico caotico in basso, basta svoltare su Via dei Savorgnan per trovarsi in un altro mondo. L’atmosfera è quella di un paese il cui centro è Largo dei Savorgnan. Le case, in gran parte edificate in proprio dai primi abitanti, per lo più braccianti agricoli provenienti da altre regioni del Centro-Sud, in quello che era chiamato abusivismo di necessità, nascono alla spicciolata e senza servizi. Succede poi che a metà anni Novanta cinquecento famiglie ottennero case popolari in altri quartieri. Alcune delle case rimaste vuote o sfitte furono occupate da immigrati capoverdiani, altre acquistate da speculatori che creavano mini appartamenti da rivendere. Oggi gli abitanti, vecchi e nuovi, sono meno di duemila, alcuni hanno lasciato il Pigneto per sfuggire al chiasso notturno e allo spaccio. La Certosa è un set a cielo aperto: negli anni Cinquanta Luigi Zampa girò qui Ladro lui ladra lei con Alberto Sordi e Sylva Koscina; più recentemente Daniele Lucchetti ha ambientato qui La scuola e Francesca Archibugi Questione di cuore.

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Da Corviale a Torpignattara alla Caffarella, i nuovi corpi intermedi

L’Italia dei cento comuni e dei distretti industriali non può privarsi dei corpi intermedi.
Si tratta d’identificare chi oggi può rivestire la funzione prima svolta da partiti, sindacati, ordini professionali.
Dopo la non eccellente performance della società civile (da De Magistris a Marino) bisogna smettere di rivolgersi a un mondo delle professioni liberali coorporativo e chiuso al nuovo per guardare a chi nei territori quotidianamente dimostra di saper leggere la realtà con le lenti del tempo e soprattutto ne parla gli alfabeti.
Come ben sintetizzato da Francesco Bei in “Marino, le contromosse del Pd” (Repubblica dell’11/10/15) “via libera alle mobilitazioni tematiche su singole campagne, alle riunioni di abitanti di una stessa strada (le cosiddette “social street”), ai comitati di quartiere, a forme di mutualismo”. Come praticato dal Presidente Mattarella che ha premiato gli eroi della porta accanto e del lavoro sociale come il sociologo Maurizio Fiasco per le sue ricerche sui fenomeni del gioco d’azzardo e dell’usura.
Sono anni che sentiamo la litania “bisogna partire dai territori”, ma mai slogan fu più giubilato e non praticato.
E’ ora che chi da tempo, da Corviale a Torpignattara alla Caffarella, ha studiato discusso progettato e iniziato a realizzare in concreto nuovi modelli di partecipazione e di sviluppo abbia finalmente voce in capitolo e riconosciuto quel ruolo di nuovi corpi intermedi che nella realtà già svolge.




APPasseggio: sabato 11 e domenica 12 aprile

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Roma, domenica 12 aprile 2015, dalle 10,00 alle 13,00
Walkshop ecologico: Tra le erbe del Parco della Caffarella

Come ultimo appuntamento nell’ambito dell’iniziativa “Ecologicamente: passeggiate, pedalate e walkshops ecologici nel Municipio Roma VII”, proponiamo una passeggiata-laboratorio dove insieme agli alberi ed ai cespugli coltivati a scopo ornamentale, scopriremo le specie erbacee commestibili che crescono spontaneamente fra i prati o al bordo dei vialetti. Impareremo a riconoscerle e ad apprezzarne la variabilità dei colori e delle forme: gli strigoli, l’erba stella, le orecchie d’asino, gli ingrassaporci, la cicerbita, l’acetosella, il tarassaco, la bardana e molti altri.

Punto d’incontro: Largo Pietro Tacchi Venturi, all’ingresso del parco
Coordinate: 41.867269, 12.525675
N. max partecipanti: 30
Info: 3393585839
Costo: gratuito

CEDOLA DI PARTECIPAZIONE: http://www.appasseggio.it/index.php?it/253/modulo-ecologicamente-12-aprile-2015

Le successive informazioni sono corrette.

Roma, sabato 11 aprile 2015, dalle 10,00 alle 13,00
Il Borghetto del Pigneto
Accompagna: Chiara Morabito

Gli stili architettonici del Borghetto del Pigneto sono tra i più svariati e le tipologie edilizie eterogenee: dai villini della città giardino ai palazzetti di edilizia popolare, ai palazzi di stile umbertino, alle case di edilizia popolare intensiva. Oggi il Pigneto conta circa 60.000 abitanti con una grandissima concentrazione di anziani, gli abitanti storici che costituiscono l’anima popolare del borghetto e che ancora ricordano gli anni in cui il Pigneto era frequentato da Pasolini. Numerose comunità di immigrati provenienti per lo più dal sud-est asiatico e dall’Africa hanno aperto attività commerciali nel quartiere. Negli ultimi anni, il Pigneto è divenuto zona di “movida”, ricca di locali e ritrovi trendy. Un itinerario questo ricco di punti d’interesse storici, urbanistici, architettonici, cinematografici, artistici che includerà anche una breve visita alla Biblioteca Mameli con un’introduzione in anteprima alla mostra digitale “Lettori di strade: itinerari multimediali sui quartieri Pigneto e Tor Pignattara”, realizzata dalla nostra associazione.

Punto d’incontro: Via del Pigneto 22, di fronte alla Biblioteca comunale “Goffredo Mameli”
Coordinate:41.889572, 12.524018
Punto di arrivo: Ponte Casilino
Lunghezza: circa 3 km
Info: 339-3585839
Max 20 persone
Costo: offerta libera

CEDOLA DI PRENOTAZIONE: http://www.appasseggio.it/index.php?it/132/modulo-online-per-la-prenotazione-della-passeggiata-al-pigneto

Roma, sabato 11 aprile 2015, ore 11,00
Presentazione della Mostra digitale
“Lettori di strade: itinerari multimediali nei quartieri del Pigneto e di Tor Pignattara”

L’11 aprile alle 11:00 presso la Biblioteca Goffredo Mameli in via del Pigneto 22, si terrà l’evento conclusivo del Progetto “Lettori di Strade-Itinerari multimediali per raccontare la storia del tuo quartiere”, promosso dalla nostra associazione.
Con l’occasione sarà presentata ai cittadini del Pigneto e di Tor Pignattara, in un’atmosfera insolita di “porte aperte” in biblioteca, la mostra virtuale di Lettori di Strade, realizzata grazie ai materiali raccolti e digitalizzati dai ragazzi partecipanti ai 4 laboratori didattico-formativi, organizzati nel corso del progetto e a molti residenti che si sono offerti di arricchire il patrimonio raccolto.

Ingresso libero.

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Dal 9 maggio 2015:
Laboratorio creativo “Come diventare un buon narratore di storie”

a cura di Stefania Fabri e Maurizio Caminito

Partirà il prossimo 9 maggio, il Laboratorio creativo “Come diventare un buon narratore di storie” organizzato dalla nostra associazione presso la sede di Monteverde Living Lab (MOLL) in via Andrea Busiri Vici, 10.

Il laboratorio intende dare strumenti e conoscenze per diventare un buon narratore di storie che mirano a stupire l’uditore utilizzando luoghi particolari. Ed è molto utile per ogni tipo di storytelling, per i giovani che vogliano esprimersi in maniera più brillante, per tutti i  creativi di ogni età che vogliano sapersi far apprezzare.

Il laboratorio prevede una passeggiata con raccolta di documentazione nel quartiere Ostiense, 4 incontri nella sede di MOLL e l’ingresso finale al “Piccolo Festival dei Narratori” che si terrà nel mese di settembre 2015.

Sul sito di MOLL il programma dettagliato del laboratorio:http://www.monteverdelivinglab.it/index.php?it/173/come-diventare-un-buon-narratore-di-storie

Per far partire il laboratorio è necessario il raggiungimento minimo di 10 adesioni.

INFO: monteverdelivinglabcorsi@gmail.com – cell. 3393585839 (dal lunedì al venerdì: ore 10:00-18:00)

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ALTRE ATTIVITA’ presso la nostra sede a Monteverde Living Lab (MOLL), via Andrea Busiri Vici 10)

Il calendario degli incontri che proponiamo nei prossimi mesi è consultabile al link:http://www.monteverdelivinglab.it/index.php?it/159/corsi-seminari-incontri-professionali

Gruppi di conversazione in lingua inglese:
http://www.monteverdelivinglab.it/index.php?it/91/archivio-eventi/62/gruppi-di-conversazione-libera-in-inglese-e-francese

Laboratori di lettura gratuiti per bambini dai 5 agli 8 anni (ripartiranno l’11 aprile)
http://www.monteverdelivinglab.it/index.php?it/91/archivio-eventi/64/leggendo-si-diventa-grandi-letture-per-bambini-dai-5-agli-8-anni

Dal 13 marzo al 24 aprile 2015
Mostra: Storie di sarti, nasi lunghi e fantasmi benevoli
Fiabe illustrate da Rosalba Catamo, Orsola Damiani, Marilena Pasini, “L’ago” di Luigi Capuana, “Il compagno di viaggio” di Andersen, “Desiderio e Vezzosetta” di Madame de Beaumont

a cura di Stefania Fabri e Maurizio Caminito
presso Monteverde Living Lab (via Andrea Busiri Vici 10).
Apertura della mostra ogni sabato ore 11-12 e su appuntamento.

Maggiori informazioni sul sito di Monteverde Living Lab al link seguente:http://www.monteverdelivinglab.it/index.php?it/91/archivio-eventi/65/mostra-storie-di-sarti-nasi-lunghi-e-fantasmi-benevoli

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CONTATTI

Progetto APPasseggio
Associazione culturale GoTellGo
www.appasseggio.it
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appasseggio@gmail.com




La musica dei nuovi italiani suona a Tor Pignattara

E’ composta da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione.“Non è musica dal mondo ma la fotografia di un’Italia che esiste già”. Realizzato il primo cd, ora crowfunding in rete per realizzare il primo video.

Ci sono le sonorità africane del djambè di Shady, che si fondono al suono del basso synth di Simone e il darabouka di Jacopo. C’è poi il glokenspiel di Nazareno, la chitarra elettrica di Alessandro, il flauto traverso di Eleonora e le tastiere di Damian. Mentre alla voce si alternano Lorenzo, Francesca, Alif e Nives. È un mix di musicalità vicine e lontane quello incarnato dalla Piccola orchestra di Tor Pignattara, un ensemble musicale formato da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione e provenienti dal quartiere più multietnico della Capitale.

“Non è l’oriente che incontra l’occidente, non è la musica del mondo”, ma semplicemente la fotografia di un’Italia che esiste già, recita la copertina del primo cd di questa versione baby dell’ormai famosa Orchestra di Piazza Vittorio, non a caso diretta da uno dei suoi fondatori, il bassista Pino Pecorelli e da Livio Minafra. L’idea però è di Domenico Coduto, fondatore dell’associazione Musica e altre cose che circa un anno fa ha deciso di dare vita a questo esperimento musicale mettendo insieme ragazzi sotto i 18 anni con storie e percorsi diversi, in grado di suonare strumenti provenienti da ogni parte del mondo. “La nostra non è una scuola di musica – precisa – ma un’orchestra appunto. Fin dall’inizio abbiamo cercato ragazzi che già sapessero suonare uno strumento, possibilmente legato alle tradizioni della loro famiglia, per creare un mix tra musica pop e suoni tradizionali. Ho pensato di creare un gruppo multietnico guardando semplicemente la realtà dove vivo, e dove esiste già questo mescolarsi di culture”. Molti dei ragazzi sono figli di coppie miste, ci sono poi gli italiani e i figli di immigrati. “Sono ragazzi che dovranno aspettare 18 anni per essere riconosciuti come italiani,– aggiunge Coduto – noi non facciamo politica ma pensiamo che la nostra musica possa essere uno strumento per parlare e portare all’attenzione questi temi e valori come l’integrazione e il dialogo fra culture”. In un anno di vita l’orchestra ha già prodotto un primo cd composto da otto tracce che attingono al repertorio tradizionale e lo reinterpretano con brani che vengono dal Bangladesh (Ek Din Matin Vitore Hobe Gor), dall’Africa (Chaba Koria) da Cuba (El son te llama), dal mondo arabo (Sidi Mansour Ya Baba). Completano il disco due brani di Livio Minafra (Flying e Unique Sun Unique Blood).

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