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Torpignattara compie 90 anni e festeggia con l’arte di strada

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Il quartiere popolare più multietnico di Roma è al centro di una vera e propria rinascita artistico-culturale.
A Torpignattara, o meglio, a Torpigna, volendo usare lo slang romano, i rumori si confondono tra loro fino a diventare dei suoni, quelle che possono sembrare ombre sono spesso luci particolari, l’italiano si mescola con il cinese e il bengali, con il polacco e il rumeno, con il senegalese e il portoghese, creando una lingua che ha un ritmo a sé, unica come è unico questo posto della Capitale. Siamo nel quinto Municipio, in un’area popolare incastonata tra l’Acquedotto Alessandrino e la Prenestina sempre più vivace ed interessante (è attaccata al già “gentrificato” Pigneto), facilmente raggiungibile da piazza di Porta Maggiore con il pittoresco trenino bianco e giallo della linea Roma-Centocelle oppure percorrendo in auto la via Casilina.

Negli ultimi anni, la rinascita del quartiere è cominciata proprio in quelle sue vie principali dove, tra casette basse e palazzoni, il fischio del treno, i clacson delle auto e diverse insegne al neon, spesso color fluo, è facile trovare un negozio di frutta e verdura (con nomi come “Gram Bangla”, con la ‘m’ al posto della ‘n’), ristoranti etnici accanto a trattorie romane che sono qui più o meno da quando venne costruito (esattamente novant’anni fa), ma anche saloni di bellezza e subito dopo un tempio induista e una moschea, supermercati aperti ventiquattro ore su ventiquattro e persino un McDonald, uno dei più frequentati di Roma.

“Da quando è stato aperto, è diventato un ritrovo ‘elegante’ sui generis per tutte le comunità della zona”, ci spiega Simone Marchesi, bolognese di nascita, ma residente a Tor Pignattara da quasi quindici anni, esperto di Politiche Pubbliche d’investimento nonché vice presidente dell’Associazione culturale “Alice nel Paese della Marranella”. “La presenza di un Mc è di per sé banale, ma qui assume inattesi significati”, aggiunge. “Il quartiere cambia e migliora ogni giorno di più, sono tante le persone che decidono di venirci a vivere perché qui, in una maniera tutta speciale, si vive bene”.

È lui la nostra “guida speciale” per un giorno tra le strade di Torpigna, che inizia proprio da quella via della Marranella che sono in molti – da queste parti – a chiamare “la Banglanella”, la via che sabato prossimo, 20 maggio, si trasformerà, per il terzo anno consecutivo, in un grande spazio aperto dedicato alle arti figurative, performative e di strada. “Sarà un vero e proprio viaggio alla scoperta delle meraviglie di questo quartiere, per troppo tempo guardato con sospetto dai romani e ignorato dai non romani”, aggiunge Simone, dopo aver superato il Bar Latteria Italia, rimasto così come appariva negli anni Cinquanta. “La festa di Alice, che avrà come tema portante la bellezza della diversità, sarà anche stavolta un evento d’arte e di riqualificazione del tessuto urbano e sociale” e – tiene a precisarci – “rappresenta un’importante occasione per la valorizzazione del carattere multietnico e meticcio del quartiere”.

La valorizzazione e i cambiamenti sono evidenti in Largo Perestrello, la piazza del mercato, che per l’occasione si è rifatta il look proprio grazie ai membri di quell’associazione culturale (e a quelli di Retake Roma, specializzata nella riqualificazione e pulizia degli spazi pubblici cittadini) che, insieme, sono riusciti a darle una nuova bellezza ridipingendo le saracinesche dei chioschi dove, proprio nella giornata del 20 maggio, saranno montate le fotografie dell’artista Sara Camilli per una mostra en plein air promossa dal Goethe-Institut.

A proposito di pitture e quant’altro, vera attrattiva del posto, tra le tante altre cose, sono i meravigliosi murales di Torpignattara, tantissimi e spesso di grandi dimensioni, siti in ogni angolo o muro del quartiere. I primi vennero realizzati nel 2008, quando venne aperta la Wunderkammern Gallery (è al numero 124 di via Gabrio Serbelloni), un ex deposito di frutta, oggi punto di riferimento per street e urban art di alto livello (è diretta da Dorothy de Rubeis, Giuseppe Ottavianelli e Giuseppe Pizzuto) con sede anche a Milano.

I più belli sono sicuramente quelli di Nicola Verlato, pittore vicentino, che li ha realizzati in Via Galeazzo Alessi, al civico 215, un omaggio particolare al poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini che qui ambientò parte dei suoi romanzi. Pasolini lo ritroviamo anche in via dell’Acqua Bullicante, sulla facciata esterna dello Spazio Impero (l’ex Cinema Impero), oggi sede della STAP Brancaccio, la scuola di Teatro e di Arti Performative – accanto a quelli dedicati a Ettore Scola e Anna Magnani realizzati David Diavù Vecchiato, fondatore di MURo, il museo di Urban art del Quadraro. Degni di nota sono anche quelli del francese Jef Aérosol, quasi sempre in bianco e nero su sfondo colorato, dove figure umane si accompagnano a farfalle o ad altri animali fantastici.

“La scuola elementare Carlo Pisacane (sempre in via dell’Acqua Bullicante, ndr) è nota per essere una delle più multietniche d’Italia” ci ricorda Simone, “ed è un ottimo esempio di integrazione culturale”. Si deve proprio ai genitori di quella scuola e alla loro associazione, l’Associazione Pisacane 0-11, la seconda edizione di ‘Taste the World’ (in programma dal 2 giugno prossimo), un evento che esalta il gusto delle differenze e supera le barriere con dieci cucine da dieci diverse nazioni, con musica dai quattro angoli della terra, laboratori, mercatini e incontri. Dal 6 giugno, ci sarà poi la nuova edizione del Karawan Fest, un festival di cinema nomade che porterà lo schermo direttamente nei luoghi comuni dove i cittadini di Torpignattara intessono rapporti e relazioni per riaffermare l’esigenza dell’incontro e del superamento degli stereotipi.

Di recente, in quella che a tutti gli effetti è la micro area più suggestiva del quartiere, la Certosa, si è tenuta una grande festa in ricordo di Ciro Principessa, il giovane operaio che la sera del 19 aprile del 1979 venne accoltellato da un neofascista (Claudio Minetti, legato al famigerato Stefano Delle Chiaie), sui gradini della sezione del PCI in via Torpignattara. Tra gli organizzatori c’è Vincenzo Libonati, sceneggiatore e scrittore di origine lucane (il suo ultimo libro si intitola “Millemari” ed è pubblicato da Lepisma Edizioni), proprietario di un posto davvero speciale che non potete non visitare una volta che sarete da queste parti.

È il bar-libreria “Shakespeare and Co”, che proprio sull’esempio della storica ed omonima libreria parigina a due passi da Nôtre-Dame, riesce a coinvolgere persone appassionate di letture di qualità facendo sorseggiare un buon vino a prezzi accessibili, un tè o un caffè con un piacevole sottofondo musicale. La trovate in via dei Savorgnan, una via nascosta ai più e lontana dal traffico e dal caos della Casilina, un vero e proprio mondo a sé con case dai colori pastello, fiori e aiuole con quell’aria un po’ délabré che è tutto fuorché costruita, un villaggio dove tutti si conoscono e dove la gente ti saluta anche se non ti conosce, come se ti incontrasse in un ascensore o nella sala d’attesa di un medico.

“Questo locale, in realtà, è nato al Pigneto, ma tre anni fa ho deciso di spostarlo qui, ed è proprio qui che ho deciso anche di venire a vivere”, ci spiega Libonati davanti ad una birra ghiacciata, seduto sul piccolo tavolino in legno che è poi il suo “ufficio” speciale sul marciapiede. Dentro, clienti abituali bevono vino vicino ad un biliardino posizionato sotto due bici appese al soffitto, mentre nel piccolo ed incantevole giardino, sciarpe, magliette, cappelli e altri oggetti dimenticati da alcuni clienti sbadati (c’è persino un reggiseno!) vanno a formare un’installazione tra piante ad alto fusto.

Prima di andare via, andiamo da “Betto e Mary” (sempre in via dei Savorgnan, ma al numero 99), la storica trattoria romana che vanta tra le sue specialità, la coda alla vaccinara, la coda di vacca, la trippa, il cuore, gli intestini di agnello, le animelle e i testicoli di toro. Lì è impossibile spendere più di quindici euro e le cravatte sono da lasciare all’ingresso. Diverso ambiente, ma sempre molto accogliente, da “Fatti di Farina”, forno, bar e ristorante al numero 245 della vicinissima via Alessi, di proprietà del pugile-fornaio Emanuele Della Rosa e di suo fratello Enrico, in società con il giornalista sportivo Stefano Piccheri.

Sul far della sera, quando le luci e i rumori si confondono ancora con i suoni e le ombre non proprio in quest’ordine, notiamo un foglietto appeso a un albero per strada con la scritta “il meglio deve ancora venire”, una frase può che essere solo di buon auspicio per questi posti e per l’intero quartiere che è tutto da scoprire e da conoscere se non ci siete mai stati, uno di quelli dove la bellezza – citando Peppino Impastato – dimostra di poter essere un’arma perfetta contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

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#quellidishakespeare

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