1

Rigenerare le città. Periferie e non solo. Numeri, proposte e strumenti per intervenire nelle grandi aree urbane. Creando Comunità

Legacoop e Legambiente hanno avviato, da diverso tempo un percorso di collaborazione, grazie anche alla firma di un protocollo di intesa, per promuovere progetti d’impresa finalizzati allo sviluppo di una rete diffusa di cooperative di comunità, impegnate nella tutela dei beni pubblici e dei beni comuni, il recupero di luoghi abbandonati, la green economy e la valorizzazione delle comunità locali, stimolando l’autonomia e l’organizzazione dei cittadini.

Questa collaborazione ha portato, in particolare, alla realizzazione di una collana editoriale dedicata alle cooperative di comunità. Il prossimo 18 ottobre a Roma, presso lo “Spazio Diamante” in via Prenestina, con inizio dei lavori alle ore 10.30, verrà presentato il terzo quaderno (dopo quelli sui beni comuni e le aree interne) intitolato “Rigenerare le città. Periferie e non solo. Numeri, proposte e strumenti per intervenire nelle grandi aree urbane. Creando Comunità”.

Il Seminario di presentazione sarà incentrato sul tema della rigenerazione urbana, vista in un ottica di partecipazione, condivisione, trasparenza e protagonismo, che richiede un processo di strategie, politiche e azioni finalizzate alla realizzazione di uno sviluppo urbano sostenibile.

Oltre la partecipazione del Presidente Nazionale di Legacoop Mauro Lusetti e della Presidente di Legambiente Rossella Muroni, sono previsti gli interventi del direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, del Segretario Generale di CittadinanzaAttiva Antonio Gaudioso, del Responsabile Nazionale Cooperative di Comunità di Legacoop, Paolo Scaramuccia, e del Responsabile Nazionale Economia civile di Legambiente, Enrico Fontana. Verranno presentate alcune buone pratiche attraverso le quali si sta cercando di dare concretezza al tema della rigenerazione urbana: i progetti del bando Culturability, il Motovelodromo di Torino, il Cinema Postmodernissimo di Perugia, le esperienze di Corviale, il Progetto CantiereImpero e la rete di TorpignaLAB.

Per partecipare all’evento è indispensabile accreditarsi compilando la scheda di registrazione in allegato, rinviandola a cooperativecomunita@legacoop.coop.

Programma

Scheda-di-registrazione




Rigenerare le periferie: sei proposte ai candidati sindaco

Un coordinamento di quattro grandi periferie chiede un Accordo di programma. Che comincia con la riorganizzazione dell’Amministrazione.

Sei proposte per i candidati sindaco, perché finalmente anche a Roma si avviino percorsi per rigenerare le periferie, ridando ai cittadini quella qualità di vita di cui hanno bisogno, occorre avere un modello di sviluppo condiviso e partecipato, ma servono anche strumenti e strutture in grado in realizzare quanto serve per raggiungere gli obiettivi. Ieri, durante il convegno CANTIERE APERTO. Periferie: adesso parliamo noi, è stato presentato il documento che redatto dal Coordinamento Periferie di Corviale, Statuario Tobellamonaca, Torpignattara e Torrespaccata. Contiene sei proposte ai candidati sindaco, che sono state elaborate durante un lungo lavoro di incontri, ricerca, dibattito cui hanno partecipato associazioni, gruppi, singoli cittadini delle periferie citate.

Il coordinamento chiede di fare alcune scelte precise, perché il problema delle periferie non si affronta con le ruspe, ma appunto in una prospettiva di rigenerazione, che tra l’altro valorizzi le risorse – umane, culturali, ambientali – che in questi quartiere ci sono, anche se sottovalutate o trascurate.

Un’Amministrazione meno rigida e più efficace

Fra i primi punti è indicata la necessità di riformare l’organizzazione l’Amministrazione comunale, sostituendo l’Assessorato alle periferie con un Assessorato per la rigenerazione urbana e ridefinendo l’organigramma dando spazio a Dipartimenti trasversali. L’Amministrazione è infatti troppo rigida e settorializzata, tanto da apparire inadeguata a qualunque politica che voglia essere innovativa.

Il primo passo per definire un piano per rigenerare le periferie, secondo Pino Galeota, è di «mettere tutti attorno ad un tavolo, insieme all’Amministrazione, Asl, scuole, trasporti… L’obiettivo è arrivare ad un Accordo di programma, con un responsabile di progetto e uno stato di avanzamento dei lavori opportunamente monitorato». L’alibi per non intervenire seriamente sulle periferie è sempre la mancanza di fondi, ma «non è vero che non ci sono risorse. Bisogna imparare a usare meglio quelle europee, ma anche a coinvolgere le aziende e soprattutto il privato sociale. E poi c’è il ruolo delle municipalizzate, da mettere a punto e valorizzare».

Luca Lo Bianco ha indicato una serie di fattori che sono di ostacolo ad una strategia che punti a rigenerare le periferie: tra l’altro, il fatto che negli ultimi anni l’idea di un forte decentramento è stato accantonata e che si punta alla rivisitazione delle società di servizio pubblico con riforme che prevedono la dismissione, cosa poi nei fatti impossibile… «Se si realizzasse un vero decentramento sui Municipi, anche il dibattito sulle periferie si sposterebbe», perché «al cosiddetto centro rimangono alcune politiche, integrate tra loro, ma tutto il resto si fa sui territori». Ed è evidente che questo implica una ridefinizione della macchina comunale. Tra l’altro, occorre usare di più strumenti nuovi come gli Uffici di scopo, organizzati attorno ad obiettivi ben delineati, raggiunti i quali si sciolgono». Tutto questo implica anche un «ragionamento con i sindacati, che riguardi la ridefinizione del senso del lavoro pubblico e affronti i temi delle funzioni, ma anche quello, molto concreto, degli orari di lavoro, e quindi di apertura al pubblico».
Processi complessi, ma non impossibili. Che andrebbero sviluppati, secondo torrespaccataAlfredo Fioritto, creando le condizioni per una vera «partecipazione alle scelte, a qualunque livello». D’altra parte, i cambiamenti sono già in atto e incidono fortemente sulla governace. La legge del 2014 sulle città metropolitane ha abolito le provincie, sostituite dalla Conferenza metropolitana (quella di Roma comprende 120 comuni) e ha istituito un Consiglio metropolitano e un sindaco eletti dai cittadini. Se questa è la strada, secondo Fioritto, «è evidente che anche l’Assessorato alle Periferie non ha più senso» e che bisogna ragionare in termini completamente diversi, perché cambia l’idea stessa di centro e di periferia.

Sei proposte per rigenerare le periferie

Le sei richieste sono frutto di un lungo lavoro di dibattito e approfondimento, che ha coinvolto associazioni, movimenti, singoli cittadini, università e centri di ricerca. Ecco una sintesi delle richieste:

Promuovere un forum dedicato alle periferie e quindi alla Rigenerazione Urbana entro la seconda decade di luglio.

L’abolizione dell’Assessorato alle Periferie e la costituzione dell’Assessorato per la Rigenerazione Urbana, attraverso la realizzazione di una effettiva interdisciplinarietà, che abbia funzioni e poteri di riconosciuto coordinamento.

La definizione di un nuovo organigramma dell’Amministrazione, che dia funzioni e poteri a Dipartimenti responsabili, che dovranno collaborare con chi verrà incaricato di coordinare i progetti individuati.

L’attivazione di sperimentazioni nelle cinque Periferie, congiuntamente con tutti i soggetti pubblici e privati interessati, che entro un anno definiscano contenuti, scelte e procedure per avviare le attuazioni. Il cosiddetto stato avanzamento lavori dovrà avere tempi, modalità e responsabilità note e forme di comunicazione partecipate. Va individuato un Responsabile del progetto, che abbia le competenze per coordinarlo e per seguire il suo iter amministrativo e interistituzionale.

La definizione di un modello di sviluppo delle periferie, che renda protagonisti i cittadini, le presenze territoriali e che preveda le necessarie connessioni con l’Area metropolitana, con la Regione Lazio e la governance nazionale, oltre che con i settori produttivi pubblici e privati.

La sottoscrizione di un Accordo di Programma o altro atto similare, che renda procedibile il progetto condiviso tra tutti i soggetti pubblici e privati interessati.

Il coordinamento chiede inoltre che, nella fase di transizione, a fronte delle problematiche sulla sicurezza e la legalità nei grandi agglomerati periferici, si pensi ad una presenza continua di Ater-Regione e del Comune di Roma sui territori.

Link all’articolo




No alla fiscalità di vantaggio per incentivare gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate

DDL Consumo suolo, la commissione Bilancio: “Sopprimere il principio sulla fiscalità di vantaggio”.
La commissione Bilancio della Camera ha dato ieri un parere favorevole, con alcune condizioni, in merito al nuovo testo del progetto di legge recante “Contenimento del consumo e riuso del suolo edificato”.

Il parere recepisce le richieste di modifica formulate dal Governo a nome del viceministro Luigi Casero. Tra queste, “sopprimere il principio e criterio direttivo di cui alla lettera c-bis)” all’articolo 5, comma 1 (che prevede una delega legislativa in materia di interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate) volto ad introdurre misure tali da determinare per un congruo periodo una fiscalità di vantaggio per incentivare gli interventi di rigenerazione. La soppressione di tale principio si rende necessaria in quanto “l’attuazione di tale previsione potrebbe richiedere lo stanziamento di risorse con conseguente difficoltà o impossibilità, qualora esse non fossero preventivamente reperite, di esercitare la delega”.

Inoltre, il Governo chiede la soppressione del comma 3 all’articolo 5 “poiché tale disposizione, introducendo un obbligo per i comuni di deliberare, per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, costi di costruzione inferiori a quelli previsti per le nuove costruzioni laddove la normativa vigente prevede in tal senso una mera facoltà, appare suscettibile di determinare minori entrate per i medesimi comuni”.

Per quanto riguarda l’articolo 4, comma 3, che prevede un censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati esistenti e la pubblicazione delle relative informazioni in forma aggregata e costantemente aggiornate sui siti web istituzionali dei comuni interessati, “appare necessario inserire un’apposita clausola di invarianza finanziaria”.

Il Governo ha inoltre chiarito che l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e il Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l’analisi dell’economia agraria (CREA) “possono svolgere gli adempimenti di cui all’articolo 3, comma 7, relativi al monitoraggio sulla riduzione del consumo del suolo, con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

link all’articolo




Rigenerazione urbana e crescita economica: si può

L’incontro organizzato da Planimetrie culturali sul “Distetto popolare evoluto” (svoltosi a Bologna il 18 marzo) ha visto anche la partecipazione di Paolo Venturi, esperto di impresa sociale. A lui abbbiamo posto alcune domande sul valore economico della rigenerazione urbana.

Come può la rigenerazione urbana diventare anche un’occasione di sviluppo economico?

“Siamo in un momento storico in cui sono in crisi i tradizionali modelli di produrre valore. Le leve tradizionali in mano allo Stato e al Mercato (per come li abbiamo conosciuti negli ultimi 20 anni) usate per attivare nuovi percorsi di sviluppo non funzionano più e in molti casi non sono più attivabili ( basti pensare allo strutturale decremento della spesa pubblica e alla trasformazione di intere filiere produttive come l’edilizia). In questo contesto una visione duale, Stato- Mercato, non è più sufficiente ma occorre recuperare un ingrediente, fino ad oggi attivato solo in maniera residuale, ossia il ruolo della società e della comunità. La crisi (etimologicamente significa ‘passaggio’) ci consegna un’evidenza: lo sviluppo si costruisce ‘con’ la comunità non solo ‘per’ la comunità. Un esempio lampante ci viene dall’enorme quantità di beni immobili, di spazi, di quartieri, di borghi abbandonati. Prima l’opzione ‘urbanistica’ in quanto tale poteva essere perseguibile per i proprietari di immobili ( in gran parte privati ..) oggi questi beni se non incrociano una finalità sociale, culturale legata alla vocazione e ai bisogni della geo-comunità in cui sono inseriti, difficilmente possono essere ri-generati.

Sono spazi che posso diventare contenitori di nuove filiere di prodotti e di servizi rivolti alla comunità, luoghi di animazione sociale e di nuovo mutualismo ( prima avevamo le case popolo e i circoli..), asset da destinare alla sperimentazione e all’imprenditorialità. Ecco che quindi la rigenerazione non è più un atto speculativo (costruisco e rivendo)… ma un atto generativo.”

Come possono operare insieme soggetti pubblici come le amministrazioni, ed i privati?

“Per attivare questi nuovi processi di rigenerazione, che si tratti di una periferia, di un casa cantoniera, di una stazione abbandonata, di un ex-fabbrica dismessa, non basta il governo (ossia l’intervento della PA) occorrono policy di governance ossia processi di collaborazione fra una pluralità di soggetti che non sono solo portatori di interessi, ma di risorse e di istanze di cambiamento. In questo senso la PA diventa quel soggetto capace di abilitare, accompagnare e valutare processi che nascono dal basso e che hanno istanze e proposte concrete legate al diverso uso dei nuovi spazi.. Istanze ibride e plurali. Sono, infatti, fortemente eterogenee le soluzioni che spesso convivono dentro i nuovi spazi rigenerati dove il nuovo artigianato convive con la dimensione culturale e lo spazio associativo con quello imprenditoriale; però senza un comune “tèlos” ( fine comune) non si costruiscono governance. E’ quindi indispensabile alimentare, prima di qualsiasi intervento, processi di condivisione senza i quali è difficile generare valore.
Oltre alla governance, è indispensabile semplificare e allineare le normative ad un diverso uso degli spazi: la legislazione che abbiamo oggi(nonostante l’innovazione introdotta dal regolamento sui beni comuni del Comune di Bologna) sono pensate per un mondo che non c’è più. Oggi abbiamo beni immobili che non hanno praticamente più mercato e sono all’origine del degrado sociale di molte città, per non parlare di borghi abbandonati che vendono case a poche centinaia di euro e nello stesso tempo registriamo una crescente quantità di persone che non hanno accesso alla casa.. mi sembra un paradosso che non possiamo permetterci. La ri-generazione diventa quindi una grande occasione per dare vita a nuova era di distretti caratterizzati da un diverso modo d’intendere la produzione: “la produzione come fatto sociale”

link all’articolo




Urb-I svela le città prima e dopo la riqualificazione urbana

Un archivio di immagini sempre aggiornato, anche grazie all’aiuto di Google Street View, consente di tenere traccia dei cambiamenti urbani avvenuti negli anni in tutto il mondo.
Fornire più spazio pubblico per pedoni e biciclette è uno dei principali obiettivi dei progetti di rinnovamento urbano che si svolgono nelle città di tutto il mondo. Piantando più alberi, costruendo più marciapiedi, piste ciclabili e nuovi posti a sedere, è infatti possibile progettare luoghi più accoglienti e con meno traffico, promuovendo così metodi sostenibili di trasporto, come camminare o andare in bicicletta.

Con l’obiettivo di pubblicizzare progetti di rinnovo urbano che hanno reso le città più amichevoli per i pedoni, il gruppo brasiliano Urb-I ha lanciato un sito che raccoglie una serie di immagini provenienti da tutto il mondo che mostrano “il prima e il dopo” dei progetti di riqualificazione urbana. Il progetto è nato grazie alle potenzialità di Google Street View.

Il risultato è una gallery (vedi qui) tutta da scoprire e che porta i lettori a vedere come si è proceduto a riqualificare gli spazi comuni in tutte le città del mondo, nei quattro continenti.

link all’articolo




Un ecobonus ad hoc per quartieri e parti di città’

La proposta: individuare nuovi parametri, come la qualità dei suoli, la resilienza naturale e sociale, sui quali applicare gli incentivi fiscali.
Potenziare e calibrare gli strumenti tecnici, fiscali e normativi per fare salire “l’industria della rigenerazione urbana” dalla dimensione micro dove è attiva e produttiva, grazie agli ecobonus per le ristrutturazioni edilizie, a una scala più ampia, che guardi ai quartieri e alle aree urbane, e che si utile a rigenerare parti di città.

È questa la proposta che l’INU – Istituto Nazionale di Urbanistica ha presentato ieri nell’ambito della dodicesima edizione di Urbanpromo, alla Triennale di Milano.

Gli standard urbanistici
Il ragionamento parte dal DM 1444/1968 che fissa gli standard da applicare per la realizzazione di pezzi di città. Il provvedimento – ricorda l’INU – stabilisce che, al momento di costruire nuove parti di città, ogni nuovo abitante ha diritto a 18 metri quadri complessivi di parcheggi, verde pubblico, scuole e attrezzature collettive in generale. Si è trattato di una grande conquista per l’urbanistica, perché ha sancito l’ineludibilità della città pubblica.

Oggi, tuttavia – affermano gli urbanisti -, il mondo è cambiato, l’edilizia è in mutamento, è riconosciuto da più parti che occorre orientarsi verso la riqualificazione della città esistente piuttosto che sull’espansione. Occorrono – secondo l’INU – nuovi standard, che non cancellino quelli che conosciamo ma che ne costituiscano in qualche modo un perfezionamento alla luce delle nuove tendenze ma anche dei nuovi bisogni dei cittadini.

La proposta dell’INU
I nuovi standard – si legge nella proposta – dovrebbero quindi essere in grado di stabilire nuovi parametri e renderli misurabili: parametri come la qualità dei suoli, la resilienza naturale e sociale, il grado di innovazione tecnologica.

Una volta stabiliti questi parametri e i criteri di misurazione, si possono stabilire dei livelli minimi da conseguire, che i singoli Comuni possono adottare come riferimenti al momento di dare il via agli interventi. Sono i Comuni, quindi, in futuro attraverso piani urbanistici rinnovati e innovativi, ora con procedure che individuano e delimitano le aree degradate da riqualificare (anche attraverso le proposte di cittadini o gruppi di imprese disposte a intervenire) a dare il via alle operazioni di riqualificazione.

Nuovi incentivi fiscali
Su queste aree delimitate andrebbero applicati nuovi incentivi fiscali, una evoluzione degli ecobonus, da integrare quindi con le risorse dei cittadini e con fondi europei, che otterrebbero quindi il risultato di andare a beneficio di porzioni unitarie di città e che sarebbero più in grado di attrarre le risorse private delle imprese e delle Esco.

Incentivi – secondo l’INU – da modulare per interventi sulla base dei parametri dei nuovi standard, che quindi aiuterebbero a intervenire su fattori come la qualità dei suoli, sulla prevenzione del rischio idrogeologico, sulla qualità della rete Internet, sulla mitigazione dei rischi ambientali, sull’inclusione sociale.

La proposta è parte del ‘Progetto Paese’ che l’INU presenterà a Cagliari al suo XXIX Congresso, il 29 e il 30 aprile 2016.

link all’articolo




Rigenerazione urbana e innovazione sociale

Un ossimoro?
Negli ultimi anni in Italia e più in generale in Europa si è assistito ad un proliferare di iniziative dal basso che si descrivono e vengono descritte come motori di rigenerazione urbana. Esperienze di autorganizzazione, forme di impresa sociale, professionalità ancora non ancora “codificate” e competenze variegate che si mettono in gioco come agenti di sviluppo territoriale. In molti casi c’è uno spazio fisico da rigenerare che fa da “innesco”, in altre situazioni parliamo di riattivazione di spazi già in uso ma che necessitano di nuova linfa per diventare sostenibili (pensiamo ad alcuni comuni in spopolamento o ai centri storici in crisi).

Progetti che interessano un quartiere, parti di città, ma allo stesso tempo le città nel loro complesso.
In Italia proliferano esperienze di questo genere. A Milano possiamo prendere ad esempio KCity, società che “riunisce competenze multidisciplinari per l’innovazione urbana e lo sviluppo integrato del territorio” oppure il caso di Ex Ansaldo che ha visto la collaborazione tra soggetti privati e not for profit e l’amministrazione comunale per l’avvio di uno spazio creativo nel cuore della città. A Torino pensiamo allo sviluppo della rete delle Case di Quartiere come esito di un processo di policy di lungo periodo e che ha visto una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato not for profit. In Puglia l’esperienza Bollenti Spiriti che sembra aver lasciato sul territorio e all’interno delle istituzioni competenze inedite e capacità di cambiamento.

Tali progettualità si sviluppano in un contesto sociale e urbano in profondo mutamento: in Europa assistiamo oggi ad un rapido aumento della polarizzazione sociale e spaziale (Marcuse; van Kempen, 2000; Van Haam, 2015). In quartieri sempre più caratterizzati da diversità (culturali, sociali, di classe, di atteggiamenti) si sovrappongono complesse questioni sociali come povertà ed esclusione sociale o concentrazione delle provenienze nazionali. Allo stesso modo, complice soprattutto la crisi ma non solo, la capacità dello Stato di rispondere a bisogni emergenti è fortemente limitata. È sicuramente in crisi il sistema di welfare ma lo è anche la capacità del pubblico di attivare processi virtuosi che sappiano riprendere in carico e quindi rigenerare spazi fisici e sociali in disuso, senza identità, in degrado.

È in questo contesto che pratiche professionali e forme di rivendicazione sociale entrano in sinergia, nella maggior parte dei casi a partire da una conoscenza diretta del luogo e mettendo al centro una dimensione operativa, più che analitica, dell’agire professionale. Sono regimi di azione che vedono la partecipazione di soggetti eterogenei e dove l’iniziativa privata trova spazio in particolare in un momento di crisi di ogni forma di investimento pubblico.

Alcune questioni rimangono aperte e sono in continuo dibattito quando ci occupiamo di rigenerazione urbana e innovazione sociale. Quali sono le ricadute socio-spaziali di tali azioni di rigenerazione dal basso? Cosa significa, associata a tali pratiche, il termine innovazione sociale? Quale la relazione tra iniziative dal basso e istituzioni? Quando parliamo di soggetti privati, a che tipo di privato ci stiamo riferendo? Questo breve articolo propone alcune riflessioni su questi temi.

Mi soffermerò in particolare sulla relazione tra pratiche dal basso e istituzioni. La letteratura sull’innovazione sociale che trovo più interessante sostiene che tali spinte siano socialmente innovative se dirette a modificare sia l’agire dei soggetti che si muovono dal basso sia delle istituzioni. Il rapporto di mutuo apprendimento tra “basso” e “alto” può infatti da un lato riconoscere l’emergere di nuovi arrangiamenti istituzionali, formali e informali, dall’altro generare processi di upscaling per ampliare progressivamente in senso universalista le richieste e i riconoscimenti (Boltanski, Thévenot, 1991).

Senza rapporto, non per forza pacificato, con le istituzioni a mio parere tali pratiche dal basso rischiano di mancare di sostenibilità e di peccare di “privatismo”.

Un recente contributo di Paola Savoldi entra nello specifico di questo punto problematico: l’autrice sostiene che una pratica è pubblica se promuove l’accessibilità di pubblici diversi, se le sperimentazioni (spaziali e sociali) si aprono ad usi e fruibilità esterne e non della sola comunità che le ha prodotte. Una pratica è pubblica se è capace di produrre beni e servizi anche per chi non ha direttamente attivato tale sperimentazione (Ostanel, Iannuzzi, 2015).

Alcune città, dopo l’esempio di Bologna, hanno approvato il “Regolamento per la gestione dei beni comuni”, patti di collaborazione che regolano gli interventi di cura occasionale da parte dei cittadini, di gestione condivisa di spazi pubblici o di spazi privati ad uso pubblico, interventi di rigenerazione di spazi collettivi (ivi, 2015). Possono questi momenti di produzione normativa essere momenti di apprendimento collettivo? Quando invece hanno l’effetto di delegare al privato la risoluzione di problemi sociali complessi e che necessiterebbero di un nuovo sistema di welfare?

Se pensiamo che il rapporto di apprendimento per e con le istituzioni sia importante ci troviamo quindi a dibattere sul tipo di figura professionale che solitamente facilita processi di rigenerazione urbana dal basso. È questa figura un tecnico? Ha invece una responsabilità politica nel fare città dal basso in particolare in città sempre più caratterizzate da polarizzazione sociale?

Il tema di cui stiamo trattando ha rilevanza anche per l’agibilità in termini di risorse e finanziamenti. Pensiamo ad esempio all’ultimo bando culturability promosso dalla Fondazione Unipolis che ha finanziato “proposte innovative con l’obiettivo di riqualificare spazi urbani abbandonati o degradati, creando occasioni di rigenerazione urbana e di sviluppo a vocazione culturale”.

Uscendo dal contesto nazionale, nella nuova programmazione Europea 2014-2020 si assiste in generale ad un rafforzamento dell’approccio place-based e di sviluppo urbano integrato che chiede di agire simultaneamente in settori di intervento trasversali (es. capitale umano, inclusione sociale, innovazione, politiche energetiche, ambiente e smart building).

La città, affrontata e letta secondo un approccio integrato, ha un ruolo centrale nella nuova Politica di Coesione. Pensiamo che le città italiane potranno accedere, tra il 2014 e il 2020, a fondi europei per la rigenerazione urbana per almeno 1,05 miliardi cui si andrà ad aggiungere una quota di cofinanziamento nazionale (fonte AUDIS).

Una rinnovata attenzione al tema della rigenerazione urbana quindi, ma in un contesto sociale in profondo cambiamento e all’interno di una mappa degli attori sempre più complessa. Quali competenze devono essere mobilitate affinché tali spinte dal basso siano motori di sviluppo territoriale sostenibile? Come favorire la coesione sociale di territori in crisi senza generare fenomeni di esclusione? Quali sono gli inneschi da mobilitare per riattivare uno spazio pubblico in disuso? E quali le professionalità/sensibilità da coinvolgere? Quale la capacità mobilitante dello spazio e dei suoi abitanti?

link all’articolo




Com’è bella la città

Durante il dibattito si è discusso delle nuove sfide poste dalle necessità di un’integrazione tra spazi rurali e spazi urbani, di centro e periferia, di sharing economy, di rigenerazione urbana, di bellezza come emozione sensibile legata al piacere, e di come l’architettura possa rispondere alle nuove sfide poste dalla globalizzazione e dai flussi migratori.

Il lavoro dell’architetto è quello di immaginare il futuro degli spazi, e far sì che cambino nel modo in cui si sono immaginati.E’ un lavoro affascinante, di apertura al mondo, ma nello stesso tempo selettivo perché l’architetto deve arrivare a produrre un’unica forma.Pe quanto riguarda il rapporto tra dimensione locale e globale, viene sottolineato dagli ospiti come la dimensione locale sia fondamentale. Locale e globale sono in un rapporto dialettico. A livello locale si risolvono questioni che possono risolvere problemi nazionali.

Nella città contemporanea, cosa è centro e cosa periferia? Secondo la filosofa Chris Younès, “la città storica ha dei limiti. Ha abbattuto i muri e si è sviluppata nelle campagne, per cui la separazione oggi non è più valida.” Centro e periferia sono parole dure del nostro linguaggio, non più adeguate a descrivere la realtà. Le periferie sono l’ultima forma di presenza della città verso la campagna. “Oggi la complessità della città deriva da un uso errato del termine periferia, intesa come disagio e marginalità. L’immagine che meglio descrive la periferia oggi è il caleidoscopio. Napoli, Genova, Milano, sono città con la periferia nel centro”, spiega Stefano Boeri. L’idea di rigenerazione urbana è il grande cantiere urbano contemporaneo, intendendo per rigenerazione una rinascita.Da circa dieci,quindici anni si assiste ad un mutamento nella concezione del rapporto centro-periferia. Oggi c’è l’idea che le campagne abbiano un’ esistenza radicata, forte, conservata anche nella memoria. E’ importante anche investire nei piccoli centri,che in Italia rappresentano l’80% del paesaggio.I centri rurali hanno grandi potenzialità, e sono un forte motore di sviluppo, anche turistico.Valorizzare i piccoli centri significa tutelare il paesaggio.

link all’articolo




Street art in 3d, la prima opera al mondo presentata ad Ostia

Le figure umane sembrano volteggiare nel vuoto, gli schizzi di pittura provano a colpire il passante distratto che, incuriosito, indossa gli appositi occhiali e resta a bocca aperta, per poi cercare qualcosa dietro il muro, una profondità che è solo illusione ottica. La street art conquista la terza dimensione nelle opere dell’artista Alice Pasquini e del fotografo Stefano Montesi, apparse nelle ultime ore sul Lungomare Paolo Toscanelli di Ostia (altezza civico 186), dove i bagnanti si sono già lasciati affascinare da “Under Layers”, il progetto che da qui ad ottobre vedrà altri tre interventi a Ostia e una grande opera in 3D sulla via Ostiense. “Per la prima volta delle opere murali sono fruibili in tre dimensioni”, spiega Pasquini, che ha scelto un soggetto ricorrente nella sua produzione: “Gli abitanti di un’ipotetica città volante, su cui le nicchie di questo muro sono delle finestre aperte per l’immaginazione dei passanti”. Quattro mesi di lavoro per realizzare un’idea del tutto inedita, in cui l’arte di Pasquini ha incontrato la tecnica di Montesi, da anni al lavoro sulla fotografia in tre dimensioni: “Alice ha dipinto lo stesso soggetto quattro volte – spiega il fotografo – su dei vetri di piccole dimensioni”. Fotografati da più punti, i vetri sovrapposti sono poi diventati i poster ora visibili sul lungomare, e in autunno i bozzetti saranno anche parte di una mostra al Teatro del Lido di Ostia, struttura adiacente all’intervento, dove sono disponibili gli occhialetti per fruire dell’opera. “Ostia riparte dalla bellezza, dalla cultura e dalla street art – commentano in una nota congiunta gli assessori Marinelli (Cultura) e Sabella (Legalità) – siamo convinti che anche attraverso l’arte e la bellezza si possa risanare un territorio dalla corruzione”. (di Stefano Petrella)

vai all’articolo originale

3d




Rassegna Stampa – Bando internazionale “Rigenerare Corviale” e telegramma della comunità di Corviale al Presidente Zingaretti

Un nuovo volto per il Corviale: scopri il bando internazionale

La lotta al degrado e alla criminalità passa anche attraverso la riqualificazione. Chiamiamo i migliori architetti internazionali. Il bando riguarda la rigenerazione e riqualificazione degli spazi comuni del corpo centrale dell’edificio, per rendere questa struttura più confortevole e vivibile

Da quando siamo arrivati uno degli impegni che avevamo preso e che abbiamo voluto mantenere fortemente è quello per far rinascere e dare un volto nuovo a Corviale, un posto alla periferia di Roma che fino a qualche anno fa era abbandonato e fatiscente. Siamo già intervenuti con tanti progetti per rigenerare questa struttura, dal campo di calcio sociale  realizzato con materiali naturali anche grazie all’aiuto di cittadini, giovani e volontari fino alla  mensa della legalità e della sostenibilità, per dare un’opportunità e un sostegno a chi vive in situazioni di difficoltà.
Un bando internazionale per rigenerare Corviale. Chiamiamo i migliori architetti internazionali alla sfida di regalare un futuro diverso e migliore per Corviale, perché siamo convinti di una cosa, e cioè che la lotta al degrado e alla criminalità passa anche attraverso la riqualificazione.
9,5 milioni di euro per essere vicini alle periferie. In particolare il bando riguarda la rigenerazione e riqualificazione degli spazi comuni del corpo centrale dell’edificio: l’obiettivo è proprio quello di aumentare la qualità della vita degli abitanti con spazi più confortevoli e vivibili. Nicola Zingaretti

Vai qui per tutte le info sul bando.

Testo del telegramma:

A Zingaretti Nicola
Presidente della Regione Lazio
Via Rosa Raimondi Garibaldi 7
00145 Roma

Vogliamo ringraziarla per avere iniziato a mantenere gli impegni assunti promulgando il bando internazionale  per il Corviale aspettiamo a breve e con ansia quello per la ristrutturazione del quarto piano che dara un segno concreto che a Corviale si e’ voltata pagina ancora grazie  e buon lavoro

La comunita’ di Corviale

ANSA.it

Zingaretti: 9,5 milioni a Corviale

“Segno tangibile del rilancio delle periferie”

ROMA, 31 LUG – “Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del Bando internazionale ‘Rigenerare Corviale’ si volta finalmente pagina. Un finanziamento regionale di 9,5 milioni di euro segno tangibile dell’attenzione alle periferie. Corviale finalmente cambierà volto, era un impegno preso che abbiamo voluto fortemente mantenere”. Così il presidente della Regione Lazio Zingaretti sulla riqualificazione di Corviale.

Link all’articolo

Fabio Grilli da Roma Today.it

Corviale saluta Le Corbusier: con 9,5 milioni il Serpentone cambia look

Stanziati 9,5 milioni di euro dalla Regione Lazio, per il rilancio di Corviale. Attraverso un bando internazionale gli architetti dovranno ripensare i 980 metri del Serpentone, nei suoi spazi interni ed esterni

“Rigenerare Corviale”. E’ questo il nome del bando internazionale, che la Regione Lazio ha promosso per la nuova veste del Serpentone. Stanziati 9,5 milioni di euro, per consentire una trasformazione radicale degli spazi interni, ma anche di quelli esterni.

LE CORBUSIER IN SALSA ROMANA – Addio all’approccio razionalista dell’architetto svizzero Le Corbusier. La sua idea, quella dell’ “unità di abitazione” in via Mazzacurati, nel mezzo della campagna romana, fu portata alle estreme conseguenze. E generò, sotto la guida dell’architetto Fiorentini, un palazzo che fosse anche un quartiere. Un luogo in grado di ospitare 6mila persone. Tanti infatti erano gli abitanti inizialmente previsti nei 980 metri di cemento armato e pareti a vetri. Rapidamente divennero molti di più, perchè i centri commerciali progettati al suo interno, finirono per l’essere occupati e trasformati in abitazioni.

L’IMPEGNO PRESO – Ora il Serpentone cambierà look, e lo farà grazie ad un bando che l’Ordine degli Architetti promette sarà aperto anche ai giovani professionisti. E che sarà in grado di raccogliere proposte, arrivate dagli studi di tutto il mondo. “Corviale finalmente cambierà volto – annuncia soddisfatto il Governatore Zingaretti – era un impegno preso che abbiamo voluto fortemente mantenere. La lotta al degrado e alla criminalità passa anche attraverso la riqualificazione. I migliori architetti internazionali sono ora chiamati alla sfida di regalare un futuro diverso e migliore per Corviale. Parte sostanziale del bando internazionale – ha poi aggiunto il Presidente della Regione – sarà non solo la riqualificazione del nucleo centrale di Corviale, ma anche quella delle aree esterne e degli spazi comuni”.

LA SCOMMESSA – Soddisfatto è anche il Presidente del Municipio XI Maurizio Veloccia. “Questo intervento, insieme a quello per la riqualificazione del quarto piano iniziato con lo sblocco dei finanziamenti, rappresentano i segni concreti di come si vuole agire per avviare una nuova stagione per Corviale, unendo alla riqualificazione delle aree esterne del palazzo che ha caratterizzato gli ultimi anni anche quella delle aree interne – osserva Veloccia  – La volontà è costruire un nuovo patto tra Istituzioni e cittadini che faccia perno sulla responsabilità e sul reciproco interesse, al contrario di quanto è invece avvenuto fino a poco tempo fa. In questo percorso  il Municipio farà la sua parte e continuerà nell’opera di risanamento e lotta all’illegalità perché il futuro si costruisce con gli investimenti pubblici ma anche con interventi civici condivisi e con una forte attenzione al ripristino della legalità”. Dunque un investimento dalla duplice prospettiva. Estetico-funzionale e legalitaria. Una scommessa importante.

IL NUOVO LOOK – In concreto la “Rinascita di Corviale” prevede un ripensamento complessivo delle funzioni presenti nella struttura. Il quarto dei nove piani presenti, non sarà più il fulcro che, trent’anni fa, l’architetto Fiorentini aveva pensato. Si punterà molto di più a trasformare il piano terra come spazio comune. Il luogo della socialità, con aree verdi e spazi collettivi, in grado di dialogare con lo spazio interno e quello esterno, sarà proprio quello. E poi, bisognerà prendere in considerazione l’ubicazione. Sotto Corviale c’è una bellissima vallata , dove oggi pascolano capre e bruca l’erba qualche asinello. Un motivo in più per scommettere, come Regione e Ater hanno fatto col nuovo bando, su un look che fosse anche ecosostenibile. E funzionale. Insomma su tutto quello che, finora, il Serpentone non è riuscito ad essere.

Link all’articolo

Iltempo.it

Ecco il bando per la rinascita del Serpentone di Corviale

È pubblico sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana il bando dell’Ater Roma per il Concorso Internazionale di Progettazione «Rigenerare Corviale», promosso e finanziato dalla Regione Lazio con la consulenza scientifica e l’assistenza alla procedura concorsuale dell’Area Concorsi dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia. La Regione Lazio ha stanziato 9,5 milioni di euro per la realizzazione del progetto vincitore.
Al centro della rinascita di Corviale la conversione del piano terra del complesso edilizio a «strada urbana»: superata nei fatti l’idea progettuale della rue interieur, prevista in origine al quarto piano, si dovrà progettare un masterplan generale che ripensi percorsi interni ed esterni, aree verdi e spazi comuni con la massima attenzione al contesto ed al territorio circostante. Non sarà trascurato l’aspetto ecologico: il bando prevede, infatti, studi di ecosostenibilità e bioarchitettura. È inoltre previsto il coinvolgimento degli abitanti nelle fasi progettuali successive per renderli partecipi del progetto di rigenerazione, che ha tra le finalità quella di migliorare la qualità di vita dei residenti e garantire loro maggiore sicurezza. Per l’architetto Paola Rossi, Responsabile dell’Area Concorsi dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia: «L’Ordine degli Architetti di Roma ha fortemente voluto un concorso aperto a tutti per permettere la partecipazione anche di gruppi nuovi e giovani, possibili portatori di pensieri e immagini innovative: proposta immediatamente condivisa da Ater Roma». Il concorso richiede un gruppo interdisciplinare di progettazione al cui interno siano previsti anche la figura di un sociologo ed un artista che possa integrare e ripensare anche il sistema di orientamento all’interno del complesso, risolto in origine con una apposita segnaletica.

Link all’articolo

Altre fonti:

AbitareaRoma.net

AgenziaGiornalisticaGlobalpress

Libero.it

 MunicipioRoma.it

Professionearchitetto.it

Regioni.it

YahooNotizie.it