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Perché gli urbanisti dovrebbero prestare attenzione alla vita notturna

La nightlife definisce il carattere di una città in modo duplice: da un lato rivitalizza aree periferiche e dall’altro svaluta quelle centrali. La progettazione dovrebbe essere più attenta a questo aspetto. Parola di Jakob Schmid.

Pub, discoteche, bar aperti fino a tardi. Le città sono piene di locali notturni che le rendono vive ed attrattive ma che creano al contempo grandi disagi agli abitanti, sopratutto in termini di inquinamento acustico. La cosiddetta ‘nightlife’ definisce il carattere di strade e quartieri in modo duplice: da un lato ha il pregio di dare lustro e nuova vita ad aree periferiche degradate o poco considerate, dall’altro ha il difetto di ‘svalutare’ zone residenziali o centrali che da silenziose e decorose si trasformano in aree caotiche e chiassose.

La vita notturna, e il suo dispiegamento, dovrebbe essere considerata di più dalla pianificazione urbanistica e i progettisti dovrebbero prestarvi grande attenzione. Cosa che invece non fanno. Il monito arriva da Jakob F. Schmid (foto), giovane pianificatore urbano tedesco, che, per colmare questo gap, ha avviato un progetto di ricerca, “City After Eight – Management of the Urban Night Economy”, finanziato dal governo tedesco. Con l’obiettivo di offrire uno strumento utile ai progettisti e sopratutto di sviluppare un dibattito intorno a un tema a suo avviso importante e ingiustamente trascurato.

Mappare la nightlife per analizzarla
Lo studio, incentrato sul territorio tedesco, è partito dall’analisi preliminare svolta su 12 grandi città tedesche, prima fra tutte Berlino che, in termini di ‘nightlife’ la fa da padrona, per poi soffermarsi su tre casi studio approfonditi: Monaco, Colonia e Manheim. I dodici centri urbani sono stati mappati, in modo da evidenziare chiaramente le aree pullulanti di ‘vita notturna’, per poi incrociare i risultati con dati economici, di real estate e progettazione. L’evidenza, secondo Schmid, è che la ‘nightlife’ crea economia, basti pensare che secondo alcuni dati del 2009, sulle strade, o meglio nei locali, di Berlino ogni fine settimana si riversano 10mila visitatori, attirati non dalle bellezze architettoniche ma dallo svago offerto. Anche Amburgo ha un distretto di intrattenimento piuttosto conosciuto o ormai consolidato, il St. Pauli, preso di mira dai turisti.

Per quanto riguarda la distribuzione dei locali, a parte Berlino dove la vita notturna è dispiegata in diverse aree della città, generalmente i locali si concentrano nel centro città, e in particolare nelle varie strade che si estendono nei paraggi di quello che viene considerato il punto centrale. E il dato rilevante è che i prezzi di affitto in queste aree scende notevolmente. Insomma, la night life crea economia, ma danneggia il real estate. Ma, volente o nolente, le attrazioni notturne sono importanti e danno rilievo alle città.

Il buon esempio di Londra
Chi se ne è reso conto per primo, secondo Schmid, è il Regno Unito che alla fine degli anni ’80 ha sviluppato una serie di strategie incentrate sull’economia notturna. Quando iniziò a verificarsi, in quegli anni, un fenomeno di suburbanizzazione, tale per cui i centri urbani, al termine della giornata lavorativa, si svuotavano completamente, gli urbanisti inglesi si sono resi conto di dover creare spazi, luoghi e centri di interesse che potessero attirare persone anche nelle ore serali. Londra è il risultato perfetto di questa consapevolezza.

La pianificazione urbana dovrebbe essere in grado di promuovere o limitare la vita notturna
La vita notturna, insomma, dovrebbe essere controllata. E le politiche di sviluppo urbano orientate a prevenirla o promuoverla dovrebbero essere portate avanti con una grande consapevolezza dettata dalla capacità di analisi di dati e informazioni ma anche dalla profonda conoscenza del contesto. Il che vuol dire anche consapevolezza dei bisogni dei residenti. Assolutizzando per paradosso, afferma Schmid, non si può pensare di far nascere dei locali notturni in aree interamente residenziali così come in zone abitate prevalentemente da una popolazione anziana.

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