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Pagheremo caro, pagheremo tutto.

  RIFIUTI: CONDANNA PECUNIARIA DALLA CORTE UE. Art. di  Monica Tommasi. Come molti giornali nei giorni scorsi hanno riportato, quasi tutti con grande evidenza, ancora una volta lo stato italiano ha subito dalla Corte dell’Unione Europea una forte sanzione per inadempienze nella gestione dei rifiuti. Per la precisione, la Corte ha

 

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RIFIUTI: CONDANNA PECUNIARIA DALLA CORTE UE. Art. di  Monica Tommasi.

Come molti giornali nei giorni scorsi hanno riportato, quasi tutti con grande evidenza, ancora una volta lo stato italiano ha subito dalla Corte dell’Unione Europea una forte sanzione per inadempienze nella gestione dei rifiuti. Per la precisione, la Corte ha inflitto una sanzione forfettaria di 40 milioni di Euro e una penalità di altri 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure di adeguamento alla sentenza del 2007. In quella sentenza, la Corte aveva dichiarato che l’Italia era “venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti”. Nel 2013, la Commissione ha ritenuto che l’Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie. In particolare  la sentenza del 2007 denunciava che:

  • – 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano state ritenute conformi alla Direttiva rifiuti, – 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della Direttiva rifiuti pericolosi, – per 5 discariche l’Italia non ha effettuato i richiesti interventi di riassetto o di chiusura in linea con la Direttiva discariche. Circa un anno fa la Commissione ha denunciato alla Corte che 198 discariche non erano ancora conformi alla Direttiva rifiuti; e di queste, 14 erano valutate come non conformi neanche alla Direttiva rifiuti pericolosi. Due non erano conformi alla Direttiva discariche di rifiuti. Secondo la Corte, “l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007” ed è quindi “venuta meno agli obblighi”. Di conseguenza, c’è stata la condanna a pagare la somma forfettaria sopra riportata e a versare una penalità semestrale a far data da oggi e fino all’esecuzione della sentenza del 2007 calcolata a partire da un importo iniziale di 42,8 milioni, da cui potranno essere detratti 400.000 Euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi e 200.000 nel caso che venga messa a norma. “Questo perché – rileva la Corte – l’inadempimento perdura da oltre 7 anni e le operazioni sono state compiute con grande lentezza» tanto che «un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”. In verità, questa ennesima condanna, assai pesante sul piano economico e sgradevole per la “reiterazione” del “crimine”, nonostante l’evidenza della notizia, non ha indotto troppe reazioni dei partiti e del governo, con l’eccezione – e ci mancherebbe altro – del Ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, che però, con le sue dichiarazioni avventate – che qui sotto riportiamo – ha dato nettissima l’impressione di non essere ben versato sull’argomento. Il ministro ha infatti dichiarato “Andremo in Europa con la forza delle cose fatte per chiudere i conti con la vecchia e pericolosa gestione: non pagheremo nemmeno un Euro di quella multa“. Il ministro sembra non capire che qui si tratta di una “multa” comminata da una Corte (la Corte Europea di Giustizia) che è un organo giuridico della UE, indipendente nella sua azione e nei suoi poteri, non un organo di governo da cui si può “andare” e politicamente trattare. L’espressione spaccona del ministro –  non pagheremo un Euro! – appare irricevibile anche sul piano politico; come era già successo qualche giorno fa con la dichiarazione “mai più abusivismo” onde evitare i danni del dissesto idrogeologico. Forse il ministro non sa che molte delle inadempienze italiane sono dovute a tentativi surrettizi di risolvere i problemi. La Commissione europea ha infatti denunciato alla Corte che le autorità italiane hanno consentito per anni lo stoccaggio di rifiuti nei siti “senza un’adeguata selezione né una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti”, come invece previsto da due direttive Ue, per “prevenire o ridurre i potenziali effetti negativi sull’ambiente nonché sulla salute umana”. Le ecoballe e i rifiuti trattati con sistemi meccanico-biologici sono rifiuti e rimangono tali. Fra le discariche prese in considerazione dalla sentenza ci sono 7 discariche del Lazio: 5 della provincia di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due di Latina situate a Borgo Montello. La sentenza di condanna si riferisce alla situazione all’inizio di agosto 2012: nel caso di Malagrotta, il trattamento biologico-meccanico dei rifiuti è iniziato solo nell’aprile del 2013 per terminare a settembre dello stesso anno, quando la discarica è stata chiusa. La Commissione Europea nota che “l’affermazione dell’Italia secondo cui l’utilizzo di altri impianti renderebbe l’intero bacino regionale del Lazio autonomo in materia di trattamento dei rifiuti è contraddetta, da un lato, dalla dichiarazione dell’Italia secondo cui sarebbero stati formalizzati accordi nel 2013 per portare i rifiuti fuori da tale regione e, d’altro lato, dagli articoli di stampa relativi a tali accordi”. Per la Corte, nel Lazio, è mancata “una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili”. La pretesa di eliminare i rifiuti senza applicare, insieme alla raccolta differenziata, trattamenti adeguati che permettano anche l’impiego di inceneritori,  favorendo l’illusione del rifiuto zero o pianificando l’esportazione dei rifiuti, non può che essere fallimentare. Il governo era peraltro al corrente che la condanna e la multa erano “in arrivo”, dato che in agosto l’avvocato generale della Corte Europea di Giustizia aveva reso nota ufficialmente la condanna richiesta; non si capisce quindi la sorpresa del ministro. Ancora una volta, la posizione degli Amici della Terra, riconfermata al recente convegno sui rifiuti a Milano, con la raccomandazione di superare i tabù e di evitare l’esportazione, appare fondata e urgente.


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