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Cambiamenti climatici: per combatterli serve rinuncia a fonti fossili

Già da tempo si parla della necessità di non superare la soglia dell’aumento di 2° Celsius rispetto al periodo pre-industriale, per non raggiungere livelli di incremento delle temperature in grado di sconvolgere i sistemi naturali attuali e dai quali poi non si possa più tornare indietro. È necessario per riuscire a stabilizzare questo andamento almeno entro il 2100.
Per farlo condizione essenziale è però che una grandissima parte delle fonti fossili al momento utilizzate vengano lasciate dove sono. Un gruppo di ricercatori dello University College London (UCL), in uno studio pubblicato sulla rivista Nature , ha calcolato le quantità di combustibili fossili che possono ancora essere utilizzate entro il 2050 per riuscire a rientrare in questa soglia. I dati non faranno certo felici le lobby del petrolio, del carbone e del gas e nemmeno la maggior parte dei governi nazionali, ancora fortemente puntati allo sfruttamento di questo tipo di risorse.
Si parla dell’80% delle riserve di carbone (290 miliardi di tonnellate), un terzo di quelle di petrolio (223 miliardi di barili) e la metà di quelle di gas , che devono rimanere inutilizzate se non vogliamo che il livelli di CO2 salgano a valori incontrollabili e dannosi. Non possono aiutare molto le recenti tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio , almeno nel breve periodo. Infatti oltre a essere molto costose, sono ancora tecnologie in via di sviluppo e non potrebbero portare a dei risultati se non dopo il 2050.
I Paesi che sarebbero più colpiti da questa inversione di rotta sarebbero Cina , Russia e Stati Uniti , visto che le loro economie si basano moltissimo sulla produzione, l’utilizzo e sulla vendita di idrocarburi. Non sarebbe meno facile nemmeno per il Medio Oriente , che dovrebbe rinunciare al 60% delle sue riserve di gas e a quasi la totalità delle riserve di petrolio. Mentre qualsiasi forma di sfruttamento di petrolio, carbone o gas in ogni parte del mondo dovrebbe essere bilanciata dal suo non utilizzo da un’altra parte.
Tipi di sfruttamento come quello che sta avvenendo nell’ Artico poi, che richiedono costi elevati perché difficili da raggiungere, dovrebbero essere totalmente abbandonati. Allo stesso tempo i ricercatori ritengono improbabile però che il messaggio riesca ad ottenere la dovuta attenzione a livello politico. Il Dr. Christophe McGlade, ricercatore presso l’Istituto di Risorse sostenibili dell’UCL e tra gli autori dello studio, ha dichiarato:

I politici devono rendersi conto che i loro istinti di utilizzare solamente combustibili fossili nei loro paesi sono del tutto incompatibili con i loro impegni verso l’obiettivo dei 2° C.
Il Dr. Benny Peiser, direttore della Global Warming Policy Foundation , rivela però che nei prossimi decenni sarà più probabile che il consumo di combustibili fossili aumenti piuttosto che diminuire. Questo perché la politica ancora non vuol sentire, ma col tempo vedrà.
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