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L’affare Bezos-Washington Post e i nuovi monopoli della notizia

giornaleCome giudicare l’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos, il ricchissimo patron di Amazon: è un bene o un male per l’informazione, per la sua economia, per la sua libertà?

Si tratta, certamente, di un evento-choc, che può segnare l’inizio di una nuova tendenza, l’assalto dei poteri forti della Rete (quelli veri) ai mass media tradizionali. Qualche risposta può venire dall’osservazione di quanto e’ accaduto, negli ultimi dieci anni, nel mondo della musica. Dove il passaggio all’era digitale e alle nuove forme distributive non e’ stato dominato dall’industria discografica, proprietaria della creatività e dei contenuti, ma da Apple con l’iPod e da tutto ciò che ha creato la musica in Rete, cioè dai padroni di Internet.

E anche nell’industria delle notizie la “soluzione” dei problemi economici potrebbe arrivare dalle società come Amazon e Google, dominatrici assolute della distribuzione online.

C’è un ché di paradossale e di beffardo in tutto questo, se i venditori e gli aggregatori di informazioni, dopo aver messo in crisi i suoi produttori, ora se li comprano. Ma così va il mondo e ancor più va il mondo web, dove comanda non chi produce i contenuti ma chi li distribuisce, forte di innovazioni geniali che hanno cambiato le regole del gioco. E oggi, grazie all’immensa liquidità accumulata, può permettersi il lusso di ergersi a paladino dell’informazione di qualità.

Editori e giornalisti, d’altra parte, hanno sposato in fretta la causa di Internet ma regalando le notizie in Rete, e solo più tardi sviluppando l’offerta a pagamento, convinti che la pubblicità avrebbe fatto quadrare i conti. Non e’ accaduto. E, senza aspettare i posteri, già oggi i contemporanei possono giudicare quanto lungimirante e saggia sia stata questa nostra scelta.

E’ un bene dunque, per l’informazione, l’”affare” Bezos-Washington Post? Può anche darsi: purché non sia l’inizio, com’e’ legittimo temere, di una nuova stirpe di monopoli mediatico-digitali in confronto ai quali gli odierni tycoon sono teneri agnellini.

E. Segantini

corriere.it

http://estory.corriere.it/2013/08/08/laffare-bezos-washington-post-e-i-nuovi-monopoli-della-notizia/




Buone nuove

002Un potpourri di news che ci fanno ben sperare :

– George Clooney con i soldi che riceve per gli spot Nespresso paga un satellite spia con cui controlla Omar Al Bashir il dittatore del Sudan accusato di crimini di guerra e di genocidio.

– Facebook diventa sempre più uno strumento d’informazione: “La miss denuncia i pestaggi dell’ex su facebook”

– Varato un decreto legge sulla cultura che tra l’altro prevede il ritorno ai musei degli introiti dei biglietti e del merchandisng, l’assunzione di 500 giovani, il ripristino della detassazione per chi produce o finanzia le opere di cinema e di musica, l’agevolazione delle donazioni dei privati

– Disoccupazione USA al minimo da 4 anni

– Movimento 5 stelle: “pronti a legge elettorale e governo col partito democratico”

– La band dei Rudimental fa musica raccontando belle notizie come il recupero dei ragazzi dei ghetti di Philadelphia con l’ippoterapia

by Tommaso Capezzone




Dal Cdm via libera al dl cultura. Letta: “Diamo lavoro a 500 giovani”

culturaIl provvedimento include interventi per la stabilità delle fondazioni lirico-sinfoniche, la valorizzazione del sito archeologico di Pompei e il rilancio degli Uffizi. Il premier: “L’approvazione è il primo segnale di inversione di tendenza: la possibilità di attrarre investimenti nella cultura è tra le nostre priorità”. “In Parlamento si apra a privati nello sviluppo della cultura”.

E’ terminata a Palazzo Chigi, dopo circa due ore, la riunione del Consiglio dei ministri che, fra l’altro, ha approvato il decreto per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo. Nel provvedimento, attenzione a Pompei, al Museo degli Uffizi, alle fondazioni lirico-sinfoniche, ma soprattutto a una visione della cultura come valore aggiunto del Paese, in grado di creare lavoro e attrarre investimenti, non solo turisti.

“Diamo lavoro a 500 giovani per la cultura” ha subito annunciato il presidente del Consiglio Enrico Letta al termine del Cdm a proposito di una delle misure del decreto legge sulla cultura: “E’ un’opportunità di lavoro offerta a 500 giovani per un periodo determinato di tempo sullo sviluppo della digitalizzazione e della catalogazione del patrimonio culturale del Paese”.

Il ministro Massimo Bray ha invece dato risalto a un’altra misura: dal 2014 l’economia restituirà ai musei gli introiti diretti dei biglietti. “Questo aspetto ci consentirà di tenere aperti i musei e di utilizzare al meglio le risorse”, ha aggiunto Bray chiarendo che nel decreto c’è una possibilità di donazione di 5000 euro da parte dei privati per la cultura. Bray ha sottolineato come uno dei criteri del decreto è quello della trasparenza.

L’approvazione del dl cultura “è il primo segnale di inversione di tendenza che il governo vuole dare di investimento nel campo della cultura – ha sottolineato Letta -. La cultura è il cuore del nostro Paese e la possibilità di attrarre investimenti è una delle nostre priorità”. Ci sono molti problemi nel campo della cultura, soprattutto sulla mancanza di fondi, ammette il presidente del Consiglio: “Abbiamo ritenuto necessario un intervento di largo impatto che desse alcuni messaggi molto forti: vogliamo investire sulla cultura e legare un legame tra giovani e cultura”.

Il dl sulla cultura, inoltre, contiene “un intervento complessivo” di salvataggio delle fondazioni lirico-sinfoniche, spiega ancora Letta in conferenza stampa, “un tema che si è avvitato in una condizione di grande difficoltà economica. Ma è importante che (le fondazioni, ndr) siano stabili e non abbiano l’acqua alla gola. Con questo provvedimento si crea una condizione che salva le fondazioni lirico-sinfoniche e dà loro una prospettiva di stabilità”.

C’è poi un articolo per la “valorizzazione di Pompei” che dà una “grande risposta al mondo” visto che “abbiamo una responsabilità di rendere fruibile” il sito archeologico che, in base al provvedimento approvato dal Cdm, fra l’altro prevede un direttore generale con ampi poteri. “E’ un messaggio per il Sud”, ha aggiunto Letta, soffermandosi anche sulla Reggia di Caserta.

Nel dl sui beni culturali anche un intervento “a favore dei nuovi Uffizi di Firenze” che prevede interventi di “sviluppo e rilancio” del museo.

Il presidente del Consiglio ha poi fatto un “appello al Parlamento: in sede di conversione di questo decreto, si apra alla discussione sulla partecipazione dei privati nello sviluppo della cultura. Siamo aperti con il

 

Parlamento per valutare se possono essere introdotti elementi migliorativi”.

All’ordine del giorno del Cdm anche il disegno di legge costituzionale di abolizione delle Province e il disegno di legge su ‘Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno’.

repubblica.it

http://www.repubblica.it/politica/2013/08/02/news/cdm_letta_ok_dl_cultura-64168655/?ref=HRER1-1




Il New York Times torna in utile con gli abbonamenti in digitale

nytL’editore del quotidiano newyorkese ha chiuso il secondo trimestre dell’anno con profitti per 20,1 milioni – oltre le stime degli analisti – contro una perdita di 87,6 milioni dello stesso periodo dello scorso anno.

Gli abbonamenti digitali spingono i conti del New York Times che compensa il calo della raccolta pubblicitaria. Nel secondo dell’anno, l’editore del quotidiano newyorkese, è tornato in attivo, grazie all’aumento degli abbonamenti online (+40% a 738.000): i profitti netti sono saliti a 20,1 milioni di dollari, 13 centesimi per azione, contro il rosso da 87,6 milioni, -58 centesimi per azione, dello stesso periodo dell’anno scorso. Escludendo le voci straordinarie i profitti sono saliti da 11 a 14 centesimi per azione. Il fatturato, invece, è calato dello 0,9% a 485,4 milioni di dollari.

Gli analisti attendevano un utile di 12 centesimi per azione su un fatturato di 487 milioni di dollari. Complessivamente il fatturato generato dalla diffusione del quotidiano è cresciuto del 5,1%, ma quello pubblicitario è sceso del 5,8% (-6,8% sulla carta stampata, -2,7% sul digitale). I risultati riflettono “l’evoluzione in corso delle iniziative per gli abbonamenti digitali”, ha detto l’amministratore delegato Mark Thompson.

E sulla stessa lunghezza d’onda si muove Ruper Murdoch: la versione online del tabloid The Sun da oggi diventa a pagamento con un costo di due sterline a settimana. La decisione era stata annunciata a marzo quando l’editore aveva spiegato che i costi della versione gratuita non potevano più essere sostenuti. Il Sun, che si definisce il quotidiano più popolare della Gran Bretagna, ha una tiratura di 2,3 milioni di copie e vanta 1,7 milioni di visite sul suo sito ogni giorno.

 

Anche il Times, altro giornale di proprietà del magnate australiano, e il Daily Telegraph avevano scelto di diventare a pagamento.

repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/2013/08/01/news/ny_times_utili_digitale-64115249/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-17_01-08-2013




La prossima sfida dei Bric si gioca tutta nelle città

favelasIl movimento sociale che ha scosso il Brasile a giugno è stato animato da studenti, in grande misura di classe media, che hanno manifestato la crescente insoddisfazione per l’asimmetria tra accesso a beni di consumo e capacità di orientare le politiche pubbliche. Che sia successo proprio in Brasile, tra i quattro Bric, non è casuale. In nessun altro coesistono tolleranza politica e pluralità democratica, diffusione dei social network e di Internet e, soprattutto, alti indici di urbanizzazione.

L’essere umano è un animale non solo sociale ma anche urbano: la città rende liberi, produttivi, ricchi e felici. Nessuno dei milioni di contadini che negli ultimi decenni si sono trasferiti dalle campagne alle città, magari sfidando rigide norme, come l’hukou, che regolano le migrazioni in Cina, è a conoscenza della tesi di Edward Glaeser, professore a Harvard. Ma è un dato di fatto che per la prima volta nella storia più della metà degli abitanti del pianeta vivono in città (erano 14% nel 1900); che la crescita delle città produce maggiore efficienza economica e sviluppo; e che la relazione tra dimensione delle città e povertà è inversa. Ma le differenze tra paesi rimangono importanti. Mentre in Brasile la popolazione urbana rappresenta l’84% del totale (censimento 2010) e in Russia arriva al 74% (2011), in Cina ha superato il 50% solo nel 2012 (era 49% nel censimento 2010) e in India non è che al 31% (2011). Shanghai e Pechino, Mumbai e Delhi possono pure essere mega-metropoli di decine di milioni di abitanti, ma concentrano appena il 30% della popolazione cinese e indiana; invece un russo ogni nove vive a Mosca e San Pietroburgo, un brasiliano su dieci a San Paolo e Rio de Janeiro.

 

Le immagini delle megalopoli possono tradire, in realtà considerando l’effetto dell’urbanizzazione sul reddito in Cina, le città cinesi sono più piccole del dovuto. Spingere l’acceleratore della crescita urbana è diventato un imperativo in Asia. Li Keqiang, nel discorso programmatico di marzo, ha indicato che tra poco più di un decennio il 70% dei cinesi dovrà abitare in città. Vuol dire aumentare di quasi 250 milioni la popolazione non solo delle grandi città, ma anche di quelle medie. Secondo i calcoli McKinsey, nel 2025 in Cina ci saranno 221 città con almeno un milione di abitanti (in Europa sono 35). In India, già nel 2007 Manmohan Singh considerava vicino il momento in cui mezzo miliardo di cittadini sarebbero stati in città.

Perpetuare le tendenze del recente passato rischia di essere insostenibile. Le favelas non sono più solo un luogo di povertà, ma rimangono prive dei servizi sociali essenziali. E dove questi esistono sono il risultato di investimenti privati e servono dei clienti, non dei cittadini. Due terzi della popolazione di Mumbai vive in slums, magari a poche decine di metri dalle residenze principesche delle star di Bollywood. A Bangalore, grazie al successo dell’informatica la popolazione è cresciuta del 40% negli ultimi 10 anni, la superficie costruita del 25 per cento. Il mismatch ha prodotto maggiore congestione.

Il rischio che queste lezioni non siano sufficienti è sempre latente, ma per il momento l’ottimismo è legittimo. Il prossimo salto dell’urbanizzazione potrà accompagnare il rebalancing dell’economia cinese verso un modello di sviluppo fatto di maggiore produttività, non solo di costi salariali ridotti all’osso; di domanda interna dinamica, non solo di politiche commerciali mercantilistiche; di utilizzo più intelligente delle risorse naturali. Secondo le notizie filtrate, è proprio perché la prima versione non era abbastanza ambiziosa sul fronte delle riforme che Li Keqiang ha chiesto alla National Development and Reform Commission di riscrivere il piano di politiche urbane entro cui verranno spesi 40 miliardi di yuan.

Rivoltando Gandhi sulla sua testa, i veri Bric si trovano non nei villaggi che vanno spopolandosi, ma nelle loro grandi città. Che sono destinate a crescere grazie alla nascita di nuove realtà e alla migrazione dalle zone rurali a quelle urbane. Rendendo sempre più necessario pianificare la crescita fisica delle agglomerazioni per renderle compatibili con la dinamica demografica e lo sviluppo economico.

ilsole24ore.com

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-08-01/prossima-sfida-bric-gioca-071253.shtml?uuid=Abp1jIJI




Corviale in un’importante rivista tedesca (che stiamo traducendo)

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Come trasformare Firenze in un desiderio

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Via al concorso per inventare un brand che dia un sapore nuovo alla città

 

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

 

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

 

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

 

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

 

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

 

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

 

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti di guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

 

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

 

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

 

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

 

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

 

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

FRANCESCO BONAMI

La Stampa

http://lastampa.it/2013/07/31/cultura/opinioni/editoriali/come-trasformare-firenze-in-un-desiderio-SomZA9wmisjNRwE4SRJiqI/pagina.html

 http://zooppa.com/it-it/contests/firenze/brief




IMU per l’edilizia pubblica

imu

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 196 del 2013, proposto dall’ ARTE Savona con sede a Savona in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Sabrina Petroni e Francesca Cavaleri, con loro elettivamente domiciliata a Genova in via Roma 11.1. presso l’avvocato Francesco Massa;

contro

Comune di Albenga in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Eleonora Molineris, con domicilio presso la segreteria del tribunale amministrativo adito;

per l’annullamento

delle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Albenga;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

ARTE Savova si ritiene lesa dalle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga per il cui annullamento ha notificato l’atto 1.2.2013, depositato il 14.2.2013, con cui denuncia:

violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per manifesta disparità di trattamento, ingiustizia manifesta e palese irragionevolezza.

Violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per sviamento ed eccesso di potere per difetto istruttorio, difetto assoluto del presupposto, della motivazione, arbitrarietà, illogicità e manifesto sviamento ai sensi dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione dei canoni di ragionevolezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 cost, e violazione degli artt. 15 e 53 cost.

Il comune di Albenga si è costituito in giudizio con atto depositato il 1.3.2013, ed ha chiesto respingersi la domanda.

La difesa ricorrente ha depositato ulteriori atti ed una memoria.

 

 

Arte Savona riferisce di essere proprietaria degli immobili destinati all’e.r.p., e si duole degli atti impugnati con cui il comune di Albenga ha determinato le obbligazioni dei soggetti passivi all’IMU.

Il ricorso introduttivo contiene una premessa in fatto e diritto, a cui fanno seguito le enunciazioni formulate come motivi di impugnazione; la memoria conclusionale richiama solo in parte le asserzioni esposte nell’atto introduttivo della lite, e si sofferma su alcuna delle censure proposte, nonché sulle doglianze di illegittimità costituzionale.

Il collegio non può considerare con ciò abbandonate le originarie argomentazioni addotte a confutazione del comportamento amministrativo del comune di Albenga, per cui è necessario soffermarvisi.

 

 

L’asserzione per prima esposta dalla difesa ricorrente concerne la diretta derivazione dell’IMU dall’ICI, con la conseguente necessità di operare un riferimento interpretativo a quest’ultima imposta nei casi in cui non sia chiara la disciplina di quella applicabile.

Il collegio rileva che la legge concretamente istitutiva dell’IMU, il d.lvo 14.3.2011, n. 23, aveva concepito il tributo come sostitutivo dell’ICI in un’ottica di riformulazione della fiscalità immobiliare e di concessione di maggiore autonomia impositiva agli enti locali; il d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito con la legge 22.12.2011, n. 214 (c.d. salvaitalia), ha invece ritenuto di anticipare l’entrata in vigore delle disposizioni sulla nuova imposta in ragione della ritenuta gravità dello stato della finanza pubblica, ma ha operato soltanto dei riferimenti specifici all’abrogata disciplina dell’ICI, che nelle intenzioni del legislatore del marzo del 2011 avrebbe dovuto permanere in vigore anche per il periodo di imposta a cui si riferisce la controversia.

Ne consegue che l’acquisita autonomia della disciplina vigente non permette di condividere l’argomentazione con cui l’interessata chiede operarsi la lettura delle disposizioni menzionate nell’ottica che aveva ispirato il legislatore del 1992 (d.lvo 30.12.1992, n. 504), apparendo la disciplina contestata organica e non bisognosa di integrazioni.

 

 

Non sembra poi supportata dal testo normativo da applicare l’allegazione con cui si contesta il superamento operato dal comune di Albenga dei limiti massimi di aliquota applicabili agli immobili ubicati nel territorio di competenza. L’assunto non risulta ripreso nella memoria conclusionale, e non può ricevere favorevole considerazione in conseguenza della formulazione dell’art. 13 comma 6 del d.l. 6.12.2011, n. 201, che prevede un carico massimo previsto dello 0.76 % aumentato con il 0.3% (1,06 %).

 

 

Viene poi dedotto che il comma 9 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201 prevede una diminuzione dell’imposizione che grava sugli immobili di proprietà degli enti qual è quello ricorrente: il tribunale deve osservare che solo il successivo comma 10 ha riguardo ai beni esistenti nel patrimonio del soggetto interessato, e che esso è relativo alla detrazione di euro 200,00 (duecento/00) per i beni utilizzati come abitazione principale, previsione che gli atti impugnati hanno puntualmente applicato.

Anche questo profilo è pertanto sfornito di fondamento.

 

 

Non può essere condivisa neppure la censura con cui si denuncia la mancata applicazione del comma 7 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, nella parte in cui non è stata considerata l’equiparazione dei beni nel patrimonio della ricorrente alle prime case di abitazione: la censura non appare infatti coerente con la restante parte del gravame, atteso che agli immobili di proprietà ARTE è stata riconosciuta la detrazione d’imposta che compete alle prime abitazioni, e che i due trattamenti tributari si differenziano solo per l’aliquota applicata.

La censura è oltre a ciò manchevole nell’indicazione di quale sia il carico tributario che, in concreto, graverà sugli immobili di pertinenza dell’ARTE Savona: si tratta infatti di numerosi immobili tutti accatastati per importi non elevati, sì che il riconoscimento della ricordata detrazione vale ad abbassare in modo rilevante il debito del soggetto interessato.

 

 

Ciò premesso in merito alle premesse alle censure concretamente dedotte, possono essere esaminati i motivi di gravame.

 

 

Con il primo di essi si lamenta innanzitutto lo sfondamento che il comune avrebbe operato dei limiti massimi ammissibili per l’imposta in questione; il collegio ribadisce che l’aliquota dell’1.06 % è consentita dal comma 6 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, sì che il motivo non può trovare favorevole considerazione.

 

 

Si denuncia poi la mancata osservanza delle linee guida del ministero dell’economia e delle finanze, che avrebbero prefigurato l’opportunità di un trattamento di favore per gli immobili di proprietà degli enti gestori del patrimonio di e.r.p.

Il tribunale rileva che le norme interne del ministero non possono vincolare un’amministrazione comunale (artt. 114 e 119 cost.), che potrà soprattutto essere valutata dai propri cittadini nella sede elettorale, ove abbia fatto governo troppo esoso delle norme tributarie vigenti.

Anche questa censura non può pertanto essere favorevolmente apprezzata.

 

 

Viene poi denunciato che le previsioni contestate non concordano con la ragionevolezza e la non discriminazione che avrebbero dovuto ispirare la condotta del consiglio comunale di Albenga, che ha invece gravato oltremisura la finanza dell’Arte Savona.

Il tribunale nota che le norme sull’IMU sono derivate da un momento di acuta crisi finanziaria dello Stato centrale, e che alla causazione di tale sfavorevole situazione ha concorso la poco oculata gestione della finanza locale. In tale contesto l’ordinamento non esclude la possibilità che le preminenti ragioni dell’unità economica della Repubblica (art. 120 cost.) possano conculcare le altre osservazioni esposte dall’ente ricorrente, sì che la censura non può essere condivisa.

 

 

Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, nella parte in cui esse non riportano un’adeguata motivazione delle scelte operate dal comune resistente, così come non è stata attribuita la necessaria considerazione all’intervento procedimentale spiegato dall’interessata con la missiva 28.9.2011.

Il tribunale deve solo ricordare a questo riguardo che l’art. 13 delle legge 7.8.1990, n. 241 non impone l’osservanza delle norme denunciate per l’adozione di provvedimenti generali di carattere normativo, come sono quelli in contestazione.

Oltre a ciò si deve richiamare in questa sede quanto osservato in precedenza circa l’effetto che il meccanismo contestato ha avuto nella determinazione del complessivo onere della ricorrente: l’applicazione delle aliquote massime risulta infatti controbilanciata dalla possibilità ammessa dal regolamento impugnato di detrarre quanto ogni titolare di prima casa di abitazione può portare a scomputo dell’obbligazione che gli deriva. Ciò comporta una consistente diminuzione del debito che ARTE deve sopportare, tanto che l’articolazione così individuata dal regolamento impugnato permette di ravvisare i profili di congruità dell’impianto normativo complessivamente delineato.

Per le ragioni esposte anche questa censura è infondata.

 

 

Con il terzo motivo vengono dedotte le censure di incostituzionalità delle norme applicate dal comune resistente.

Viene lamentata la violazione dell’art. 97 cost., nella parte in cui il comune non ha fatto buon governo della possibilità concessagli dalla legge di graduare l’imposizione sugli immobili, in relazione alle diverse situazioni che si presentano; quella degli immobili destinati all’e.r.p. è di particolare momento, posto che il tributo colpisce un patrimonio a cui sono difficilmente adattabili i concetti di proprietà e reddito.

In ordine a tale rilievo il tribunale osserva che la richiesta equiparazione ai fini dell’IMU degli immobili in questione alle case di prima abitazione non comporta un vincolo assoluto all’attività dell’ente locale, tale per cui gli atti impugnati si porrebbero in violazione dell’art. 97 cost. In tal senso va osservato che gli atti allegati non consentono di comprendere quanto il meccanismo complessivo del tributo applicato ad Albenga per il periodo d’imposta in contestazione si differenzi, per ciascun immobile in titolarità, da quello che riguarda le prime case di abitazione di simile pregio.

Tale profilo istruttorio non risulta compiutamente delineato dalla difesa ricorrente, sì che non è decisivo il contributo che avrebbe potuto essere fornito in sede di vaglio della ragionevolezza delle norme regolamentari.

 

 

Il ricorso è pertanto infondato e va respinto, salva la possibilità per l’ente interessato di adire il giudice competente a sindacare i singoli atti impositivi.

Le spese vanno opportunamente compensate, data la natura delle parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

Respinge il ricorso a spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

Giuseppe Caruso, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2013




100 milioni di euro per start-up e PMI del settore tecnologico: un sostegno concreto della Commissione

ueLa nuova tornata di finanziamenti del partenariato pubblico-privato sull’Internet del futuro della Commissione europea prevede sovvenzioni per 100 milioni di EUR a favore di circa 1000 start-up e altre imprese altamente innovative per lo sviluppo di app e altri servizi digitali in settori quali i trasporti, la salute, la produzione intelligente, l’energia e i media.

Neelie Kroes, Vicepresidente della Commissione europea, ha dichiarato: “Durante la conferenza «Le Web» a Parigi, nel dicembre scorso, ho promesso un’azione concreta che ora è in fase di attuazione. L’Europa ha bisogno di più innovazione e di puntare maggiormente sull’economia digitale, e ciò comincia con un migliore ecosistema per le start-up. Stiamo dando un sostegno concreto lì dove crediamo ce ne sia bisogno.”

Questa terza fase del finanziamento del partenariato mira a sviluppare nuovi servizi e nuove applicazioni Internet in diversi settori. I fondi verranno erogati attraverso 20 consorzi – appartenenti all’ecosistema Internet – tra cui: acceleratori d’impresa, piattaforme di crowdfunding, società di capitale di rischio, spazi di co-working, organismi di finanziamento regionali, associazioni di PMI e imprese tecnologiche. I consorzi vincitori saranno selezionati in base alle modalità con cui intendono massimizzare l’impatto economico dei fondi nell’ecosistema Internet.

I servizi e le applicazioni si baseranno sulle tecnologie sviluppate nell’ambito del programma di partenariato pubblico-privato (PPP) della Commissione Europea sull’Internet del futuro.

Contesto

Questo annuncio di finanziamento rappresenta il terzo e ultimo invito a presentare proposte del PPP sull’Internet del futuro, un partenariato da 500 milioni di EUR avviato nel 2011 per aiutare imprese e governi a trarre il massimo vantaggio dall’Internet mobile e dalla rivoluzione informatica, stimolando l’innovazione e l’occupazione nel settore digitale in Europa (IP/11/525).

Il partenariato mira a rendere più intelligenti infrastrutture e processi aziendali (il che vuol dire anche più efficienti e più sostenibili) attraverso una maggiore integrazione con la rete Internet e le capacità di calcolo. Si rivolge a diversi settori quali i trasporti, la salute, i media, la produzione intelligente e l’energia, e definisce possibili modelli aziendali innovativi per tali settori. Esso ha sviluppato tecnologie europee uniche e posto le basi per nuovi strumenti e servizi in settori quali il cloud computing, le città intelligenti, i megadati e l’Internet degli oggetti. Nel 2013 sono stati avviati cinque test su larga scala per convalidare in contesti d’uso reali le tecnologie sviluppate. Le piattaforme settoriali specifiche messe a punto da questi test saranno messe a disposizione di PMI e imprenditori del web per lo sviluppo di servizi e applicazioni.

Il finanziamento rientra anche nell’iniziativa della Commissione StartUp Europe, volta ad accelerare, collegare e celebrare gli ecosistemi europei per l’imprenditoria, affinché le start-up tecnologiche nascano e rimangano in Europa. L’iniziativa include i seguenti elementi:

  • il Leaders Club (IP/13/262): gruppo indipendente di fondatori nel campo dell’imprenditoria tecnologica che si propongono come modello per gli imprenditori del web europei;
  • premi e concorsi. Europioneers: iniziativa per celebrare gli imprenditori europei del settore delle tecnologie, con la proclamazione dei due imprenditori tecnologici dell’anno (IP/13/359). Tech All Stars: concorso volto a individuare le migliori giovani start-up d’Europa per porle in contatto con le principali fonti di finanziamento dell’UE, imprenditori di successo ed altre personalità influenti (MEMO/13/557);
  • networking. EU Accelerators Network avvia e facilita la creazione di una rete europea di acceleratori di imprese web;
  • promozione dei talenti del web in Europa (attraverso la formazione, per esempio con i corsi aperti online (“Massive Online Open Courses”), il sostegno alla creazione di reti, programmi e risorse ai fini dello scambio tra imprese, la loro accelerazione e incubazione, nonché iniziative di patrocinio).



State of the Internet, l’Italia è ancora dietro

internetIn base al report trimestrale di Akamai, l’Italia ha mostrato miglioramenti nelle velocità medie e di picco, ma rimane ancora molto lontana dalla vetta.

Akamai ha pubblicato la nuova edizione del suo report State of the Internet relativo al periodo compreso tra il quarto trimestre 2012 e il primo trimestre 2013. Lo studio è focalizzato sulla diffusione e la velocità delle connessioni a banda larga fissa e mobile, oltre che sugli attacchi di sicurezza rilevati all’inizio dell’anno. Nessuna novità per quanto riguarda le vette delle classifiche, occupate stabilmente dai paesi asiatici. L’Italia migliora leggermente rispetto al trimestre precedente, ma rimane nelle retrovie.

 

La velocità media globale è aumentata del 4% e ha raggiunto i 3,1 Mbps. I miglioramenti più netti sono stati rilevati in Danimarca (+13%), Svezia (+10,8%) e Olanda (+10%), dove sono disponibili connessioni con velocità medie comprese tra 8,2 e 9,9 Mbps. La Corea del Sud conserva il primo posto con una velocità media pari a 14,2 Mbps. Anche in Italia c’è stato un discreto aumento delle velocità media (+4,4%), ma con solo 4,4 Mbps il nostro pese rimane molto lontano dalla vetta. Il “paese più veloce del mondo” è Hong Kong con un picco di 63,6 Mbps, seguito dal Giappone (50 Mbps) e dalla Romania (47,9 Mbps). In Italia, la velocità di picco è 21,8 Mbps (50esimo posto tra i paesi dell’area EMEA).

Per quanto riguarda, invece, la percentuale di connessioni “broadband” (>4 Mbps) e “high broadband” (>10 Mbps), Akamai ha rilevato che in Italia è aumentato maggiormente il numero delle prime rispetto alle seconde. Solo 3,2% degli utenti può navigare a velocità superiori a 10 Mbps, mentre il 35% deve accontentarsi di velocità superiori a 4 Mbps. Almeno leggendo i numeri, sembra che nel nostro paese si cerchi di ridurre al più presto il digital divide, offrendo una connessione base a tutti i cittadini (tagli permettendo).

Anche nel settore mobile, Hong Kong occupa la prima posizione con una velocità di picco pari a 45,6 Mbps. Per l’Italia sono riportati i dati di tre operatori, identificati con le sigle IT-2, IT-3 e IT-4. Le velocità medie e massime sono comprese tra 2,2 Mbps e 19,6 Mbps. In Europa, il primo posto è occupato dalla Russia con una velocità media di 8,6 Mbps e massima di 43,7 Mbps. Il volume del traffico dati continua a crescere: in soli tre mesi è aumentato del 19%, raggiungendo quasi i 1.600 Petabyte al mese.

http://www.webnews.it/2013/07/24/state-of-the-internet-litalia-e-ancora-dietro/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter:+Digital&utm_content=25-07-2013+state-of-the-internet-litalia-ancora-dietro&goback=%2Egde_2920132_member_260731342&ref=post