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Sicurezza nelle città: Accordo nella Conferenza Unificata del 24 gennaio

In particolare :

  1. INCLUSIONE SOCIALE

Coerentemente con le indicazioni stabilite dall’art. 2, comma I-bis, del D.L. n. 14/2017, gli accordi tra Stato, Regioni, Province Autonome ed Enti locali potranno anche contemplare iniziative preordinate ad attivare progetti di inclusione sociale, con l’obiettivo del miglioramento della qualità della vita e alla riqualificazione socio-culturale delle aree e dei “distretti” interessati~ concentrando naturalmente l’attenzione su quelle più “in sofferenza”.
In questo senso, i programmi di azione potranno valorizzare il patrimonio delle banche dati territoriali e la possibilità per le Amministrazioni interessate di sviluppare agevolate sinergie tra le competenze sanitarie, urbanistiche e del welfare.
Tra gli ambiti delle iniziative possibili, la pianificazione urbanistica potrà valorizzare i criteri di sicurezza urbana, così come definiti dal Rapporto Tecnico TC 14383-2 “Prevenzione della criminalità attraverso la progettazione urbana”, approvato dal Comitato Europeo di Standardizzazione relativo ai principi e linee guida operative di prevenzione della criminalità e del disordine attraverso la progettazione degli edifici e la progettazione urbana. Le misure urbanistiche potranno inoltre promuovere l’uso sociale del territorio e migliorarne la fruibilità da parte della comunità, favorendo l’animazione degli spazi pubblici a fini di prevenzione. Lo spazio pubblico, attraverso il suo funzionamento, la sua gestione quotidiana e la sua positiva vitalità potrà essere, in quanto tale, strumento di mediazione e vettore efficace di vita sociale, destinato a facilitare il vivere collettivo.
La copertura del territorio da parte di operatori incaricati dell’animazione, sensibilizzazione, mediazione e inclusione sociale potrà inoltre garantire il contenimento delle tensioni, del sentimento di insicurezza, dei rischi, e migliorare la coesione sociale nonché la fruibilità ed il civile utilizzo dell’insediamento urbano.
Potranno essere favoriti programmi di mediazione e di risoluzione amichevole dei conflitti per creare e ripristinare i rapporti sociali, ove deteriorati e prevenire forme di violenza. Le azioni di prevenzione saranno finalizzate ad incoraggiare nelle città la partecipazione attiva dei cittadini all’attuazione di azioni concrete nell’ambito delle politiche sociali, giovanili, culturali, urbanistiche e alla loro valutazione sistematica.
In particolare potranno essere promosse le misure di sviluppo della comunità, che comprendono interventi indirizzati alla ricostituzione della dimensione comunitaria e al miglioramento complessivo delle condizioni sociali, abitative e dei servizi.
Le misure di prevenzione sociale andranno favorite in ambito educativo al fine di attribuire un ruolo pro-attivo delle scuole nel promuovere una cultura della prevenzione basata, fin dalla più tenera età, sull’educazione alla cittadinanza e alla legalità, sullo sviluppo della mediazione tra pari, su programmi che affrontino le questioni di genere e, per quanto riguarda il personale, sullo sviluppo. di competenze per la gestione dei conflitti quotidiani, così come delle situazioni di crisi. Unitamente potranno essere promossi percorsi di valorizzazione delle misure riparatorie, in quanto parte integrante del processo educativo all’interno degli stessi istituti scolastici, nonché sulla questione fondamentale dell’accompagnamento delle vittime e della riparazione dei danni causati.
L’obiettivo della prevenzione, in ambito precoce, potrà inoltre intervenire con misure di contenimento dei rischi durante i diversi stadi di sviluppo delle persone “a rischio”, con varie strategie, in contesti differenti, ma principalmente nella scuola, nella famiglia, nella comunità. È in questo quadro che potranno- in particolare essere sviluppate pratiche di intervento quali assistenza e counselling per migliorare le capacità genitoriali delle famiglie e interventi nelle scuole sui minori a rischio.
In tale quadro di interventi, andrà promosso un approccio di genere in tutte le politiche di sicurezza, ponendo l’accento sul fatto che non devono essere: considerate come politiche specifiche e separate dalle azioni di prevenzione sociale poste in essere a livello locale.

Testo integrale dell’accordo




Sicurezza, al via a Roma gli Osservatori territoriali.

Ma nelle periferie regna il degrado
Il viaggio di Ofcs.report nei municipi abbandonati.
Sette Osservatori territoriali per la sicurezza a Roma. Il 9 gennaio scorso è stato firmato un protocollo tra Prefettura, Comune e forze dell’ordine per la durata di due anni. Da cosa deriva questo bisogno? Lo scorso ottobre nella capitale era stata dichiarata l’emergenza sicurezza: i vigili avevano ammesso di non poter stare dietro a tutte le segnalazioni di aggressioni, furti e violenze ricevute. Ma su quindici municipi, sono solo sette le zone individuate, e alcune coprono aree vastissime. Solo il centro ha il suo Osservatorio privilegiato. Le periferie si sentono abbandonate.

VIAGGIO NEL III MUNICIPIO DELLA CAPITALE: TRA DROGA, RISSE E DEGRADO
Siamo stati proprio in uno di quei municipi penalizzati, accorpati con un territorio dell’Osservatorio troppo grande per affrontare adeguatamente i bisogni del quartiere. Ecco il III Municipio, tra piazza Sempione e Mentana, con più di 200mila abitanti. Abbiamo appuntamento con il preside della scuola elementare di piazza Monte Baldo, la più frequentata dai bambini della zona. Tra gli schiamazzi degli ultimi studenti che escono di pomeriggio, il preside mostra due piani dell’istituto completamente abbandonati. Polvere, calcinacci, metalli sporgenti e una puzza di muffa dominante: “Questo spazio con il teatro doveva essere il punto di ritrovo del quartiere e invece è un pezzo di scuola di cui mi vergogno, ed è anche pericoloso quando qualche bambino passa di qua. Se non ci sono spazi condivisi, i ragazzi non sanno che fare e vedono solo il degrado come possibilità nel municipio”.

Sono le sei di pomeriggio quando usciamo. Le persone rientrano dal lavoro e alla fine di via Nomentana, nella piazza principale, la situazione sembra tranquilla tra un bar con i tavolini sulla strada e le luci di Natale ancora accese. Andiamo verso il mercato rionale, sono in molti a ricordare quando, anni fa, era il fiore all’occhiello di Montesacro. Adesso apre solo la mattina, forse, ma le porte non sono chiuse a chiave. Dentro due clochard si preparano per passare la notte sotto il tetto del mercato. Fuori, nel giardinetto, l’immondizia impedisce il passaggio. Fermiamo una signora con il bastone: “che ci fa qui da sola signorina?”. Incoraggiante.

Proseguiamo, fino a ritrovarci sotto il cavalcavia che gli abitanti del quartiere chiamano “Viadotto dei Presidenti”. Qui, nel 2015, un gruppo di cittadini aveva riconquistato un pezzo di periferia con il progetto “SottoilViadotto”, giovani architetti del gruppo finanziato da Renzo Piano, avevano dipinto e costruito una piazza da zero, coperta dal ponte. Adesso solo sacchi neri con dentro qualsiasi cosa. I pezzi di macchine e tutte le istallazioni che rendevano colorato il posto sono state distrutte, o al massimo usate come case occupate. E’ impressionante tornare solo 12 mesi dopo e vedere in lontananza un gruppo di ragazzi sui 20 anni intenti a drogarsi. Alle sette di sera, nella capitale. Suoniamo al citofono del palazzo più vicino al viadotto: “lì ci sono spesso risse”, spiegano i residenti. Qua è la periferia a essersi ripresa un pezzo buono per lo spaccio. Benvenuti in un quartiere di Roma, lontano dal centro.

PERCEZIONE DELLA SICUREZZA
Appena istituiti, gli Osservatori delle sei zone non centrali avranno già molto da lavorare. Ogni area ha le sue criticità, ma tutti i presidenti dei municipi accorpati nel protocollo degli Osservatori reclamano: “le periferie sono abbandonate”. Il III Municipio è solo un esempio, ma anche Giovanni Boccuzzi, presidente del V Municipio (Centocelle-Prenestino) ha sottolineato “Noi abbiamo 246mila abitanti, una città in pratica. Si tratta di uno strumento azzoppato, che non guarda ai veri problemi di Roma. E’ bello tenere pulito il centro storico, ma i cittadini che vivono in altre zone hanno quasi paura a uscire la sera. Non si può”.

“La percezione dei romani è di una città fragile e minacciata” si legge in una relazione della stessa sindaca Raggi. Una città dove non si vive bene, degradata e dove la giustizia non viene fatta rispettare, soprattutto in certi municipi, che sono poi grandi come una città media italiana. Nel 2015, sotto il Prefetto Gabrielli, con l’esperienza dei “Collegi” ci sono state le prove generali. Ora gli Osservatori esistono davvero. Segnalare criticità e degrado, vigilare in ore particolari se necessario, essere più vicini ai problemi di quartiere con interventi immediati: questi sono i compiti di ogni Osservatorio.

I PUNTI CALDI PER GLI OSSERVATORI
Il Viceprefetto aggiunto Giuseppe Licheri spiega che “L’Osservatorio è presieduto e coordinato da un dirigente della Prefettura, è composto anche dal direttore di ciascun municipio, dai dirigenti dei commissariati, con il compito anche di coordinare lo sviluppo tecnico–operativo delle determinazioni; dai comandanti dei Carabinieri, da un rappresentante della Guardia di Finanza; da personale di Roma Capitale e dai comandanti dei Gruppi di Polizia locale“. Anche le risorse economiche verranno messe in campo da tutte queste autorità.

Verrà data particolare attenzione a insediamenti abusivi, occupazioni di immobili, prostituzione, spaccio di stupefacenti, abuso di sostanze alcoliche e roghi tossici. Per qualcuno possono sembrare fenomeno lontani dalla realtà, ma sono all’ordine del giorno appena ci si allontana dal Colosseo. Quando si tratta di sicurezza sono tutti coinvolti, “Possono partecipare alle riunioni- continua il Viceprefetto – anche i responsabili amministrativi interessati alle tematiche. Un esempio: per interventi che riguardano i roghi tossici sono chiamati a partecipare anche rappresentanti del Gruppo Carabinieri Forestale. Anche i cittadini hanno un loro ruolo: nella fase operativa possono testimoniare o formare dei comitati appositi”.

Altre città sembrano interessate a prendere il modello degli Osservatori Territoriali per la sicurezza, ma forse prima vanno sperimentati bene i suoi risultati su Roma.

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La nuova ricetta delle periferie: tutti in chat per fermare ladri, buche e rifiuti

Si chiama “Sicurezza WhatsApp”, un quartiere in chat per dire no al degrado. Ladri, buche, cumuli di immondizia, scippi, roghi tossici. A Roma c’è Tor Sapienza, quadrante della periferia est, che da tempo sta cercando nuovi modi per combattere il degrado. “Abbiamo attivato il servizio da qualche giorno, ed è molto usato” spiega Roberto Torre del comitato di quartiere Tor Sapienza.

Lo stesso quartiere dove scoppiò la rivolta contro i migranti nel centro di accoglienza di viale Giorgio Morandi, lo stesso soffocato da anni dai roghi tossici che partono nei pressi del campo nomadi di via Salviati. E lo stesso dove è morta la ventenne cinese Yao Zhang, scippata nella stazione deserta di Tor Sapienza, travolta da un treno mentre tentava di inseguire i ladri. Ci provano ancora, dopo aver creato gruppi su Facebook, aver scritto decine di e-mail al municipio e al Comune. “Siamo abbandonati” l’eco delle parole dei residenti. Ora c’è questo numero (338.6105342) diffuso dal gruppo Fb del comitato di quartiere che invita “tutti i cittadini a memorizzare questo numero e ad inviare foto e segnalazioni sul territorio. Le segnalazioni saranno inoltrate dal Comitato a tutti gli uffici di competenza”.

Ci proveranno, ancora una volta, a sostituirsi al vuoto. Così come hanno fatto tempo fa i residenti delle Cinque Colline. Stavolta siamo a Roma sud, sulla Laurentina al confine con Pomezia. La loro battaglia contro gli incivili che lanciano sacchetti dell’immondizia a terra è stata vinta installando cartelli che avvisano: “Area sottoposta a videosorveglianza”. In attesa che qualcuno installi telecamere, sono i residenti a riprendere con gli smartphome chi abbandona immondizia. Seguono un vademecum condiviso con le forze per l’ordine. Anche loro, i residenti delle Cinque Colline, fanno ovviamente il “controllo del vicinato”.

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Prevenire le tragedie

Spett.li
Nicola Zingaretti
Presidente della Regione Lazio

Virginia Raggi
Sindaca di Roma Capitale

Paolo Berdini
Assessore Urbanistica e Infrastrutture di Roma Capitale

Giovanni Tamburino
Commissario Straordinario Ater Roma

Mario Torelli
Presidente XI° Municipio di Roma Capitale

OGGETTO : Prevenire le tragedie

All’ennesima tragedia, il crollo della palazzina di Acilia, spesso in periferia, diciamo sempre : mai più!
Mai frase fu più ipocrita: seppelliti i morti ci si ridimentica, sempre, della prevenzione.
Noi che abbiamo a cuore le Periferie di Roma vi ricordiamo le vostre responsabilità richiamandovi ai vostri doveri istituzionali di controllo, prevenzione e – quando serve – repressione.
Non aggiungiamo altre parole ma solo le foto dei pericoli che l’abusivismo e l’illegalità nel palazzone di Corviale, insieme alle bombole di gas che non possiamo fotografare perché all’interno degli appartamenti occupati, determinano quotidianamente per tutti gli abitanti onesti e incolpevoli.
Continueremo con le nostre denunce finchè la sicurezza e la legalità non saranno un diritto, e un dovere, per tutti i cittadini romani.

Il Coordinamento delle Periferie di Roma

coordinamentoperiferie.it |corviale.com | romainpiazza.it

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Periferie del terrore

La recente cronaca politica internazionale è stata ampiamente contrassegnata da tragici eventi strettamente collegati a due concetti fondamentali, affinché la pacifica convivenza nelle e fra le comunità politiche sia data per possibile.
La strage di Nizza da una parte e il presunto tentavo di golpe militare nella Turchia di Erdogan dall’altra, consentono, infatti, di riportare alla mente dei più attenti i grandi interrogativi e problemi circa i concetti di sicurezza e di effettivo controllo da parte dello Stato nei confronti del proprio territorio.
Le analisi di numerosi giornalisti, professori ed intellettuali, apparse sui più noti mezzi di informazioni in questi giorni, hanno tentato di spiegare più nel dettaglio le varie dinamiche sottostanti a tali eventi drammatici. Approfondimenti e spiegazioni di per sé già esaustivi, a cui non occorre replicare o aggiungere altro.

Piuttosto, vale la pena trattare nuovamente il tema (tanto dimenticato) dello status in cui versano, sempre più spesso, le grandi periferie cittadine. Ancora una volta, queste non esitano a mostrarsi al mondo come veri e propri casi esemplari di luoghi dimenticati dal potere definito legittimo, quindi date bellamente in pasto a forme di barbarie ed inciviltà assolute e spaventose. Sporche, vuote, esteticamente orribili. Sono il ritratto di una realtà degradante, la quale non sarà forse causa immediata, ma certamente fattore complice nella nascita e nel consolidamento costante di gruppi terroristici capaci di insanguinare mezza Europa.

Nelle periferie manca lo Stato. È spesso volatile, incostante e frammentato l’esercizio di quella che più propriamente viene definita come la “sovranità” statuale. Dominano, insomma, il caos e l’indifferenza totale nei confronti di atteggiamenti favorevoli ad un degno senso di legalità e di pacifica, ma soprattutto reciproca, integrazione. Una condizione deprimente che innesca un grande circolo vizioso e pericoloso, fatto di criminalità e terrorismo. Il rischio (in parte ampiamente già realizzatosi nella città di Bruxelles, come si è appurato durante i giorni di cattura di Salah Abdeslam in marzo) è, insomma, il prevalere d’una anarchia totale, congiunta alla ghettizzazione degli spazi che diventano invalicabili a qualsiasi forma di un “sentire comune” che unisce popolo e popoli.

Appare assurdo e vergognoso che, anche in Italia, le stesse forze dell’ordine non possano entrare in certi quartieri perché temono insubordinazioni eccessive nei loro confronti da parte dei residenti. Appare altrettanto assurdo e vergognoso che questi stessi quartieri siano dimenticate dalla politica e da chi ha il compito primario di garantire la sicurezza e il benessere della propria città. Non sono forse le periferie parte dello stesso centro che si è chiamati ad amministrare? Non sono forse le periferie zone in cui, comunque, vivono persone con gli stessi diritti e doveri civili, politici e morali che tutti, indipendentemente da dove abbiano casa, possiedono? Anche qui, lo Stato deve essere presente e la politica ha il compito e l’autorevolezza di assicurare questa presenza. Del resto, uno Stato che non è in grado di garantire la sicurezza e il controllo del proprio territorio è decisamente fallimentare, oltre che politicamente inconcepibile.

Occorrerebbe quindi ripristinare un’autorità pubblica legittimata, fortemente capace di sanzionare chi viola le norme socialmente diffuse e, in particolare, fortemente in grado di riaffermare un comune sentire, un senso di appartenenza condiviso in quanto membri di una stessa comunità. È una sfida prima di tutto culturale e di civiltà, oltre che prettamente politica e giuridica. Il cui positivo esito sarebbe certamente un presupposto essenziale per eliminare eventuali nuclei terroristici o potenziali cospiratori.

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ANCI e ACRI siglano accordo su riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie

Promuovere tutte le azioni che possano essere di impulso e di supporto alla completa attuazione del “Programma nazionale di interventi per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle Città metropolitane e dei Comuni capoluogo”, istituito dalla Legge di Stabilità 2016 . È questa la principale finalità dell’Accordo siglato dall’Anci, l’Associazione dei comuni italiani, e dall’Acri, l’associazione che rappresenta le Fondazioni di origine bancaria, che verrà perseguita supportando centralmente la definizione del Programma e, localmente, l’elaborazione di progettualità coerenti con gli obiettivi del Programma stesso.

L’Accordo “intende favorire e sostenere la migliore attuazione del Programma nazionale promuovendo attivamente la realizzazione di situazioni di contesto istituzionale, amministrativo e finanziario, che assicurino il più efficiente ed efficace utilizzo delle risorse pubbliche attivate, la massima integrazione con le iniziative già programmate, il miglior raggiungimento degli obiettivi e fini indicati dalla legge, nonché l’attivazione di risorse private aggiuntive”.

Per garantire la realizzazione degli obiettivi generali stabiliti “ANCI e ACRI si adopereranno per chiedere alla Presidenza del Consiglio il massimo coinvolgimento nelle fasi del Programma, in relazione alla necessità di informare e sensibilizzare i rispettivi associati per il migliore dispiegamento di ogni iniziativa finalizzata a realizzare nei territori processi strutturali di rigenerazione urbana ed effettivo innalzamento del livello di sicurezza delle comunità”.

«L’obiettivo che ci prefiggiamo con la sigla di questo Accordo – afferma Piero Fassino, Presidente ANCI – è quello di sviluppare appieno le potenzialità del Programma nazionale, coordinando al meglio la presentazione dei progetti locali che possano favorire sia l’attivazione e il coinvolgimento di risorse private, a partire da quelle delle Fondazioni di origine bancaria, che la collaborazione con il terzo settore nella elaborazione di progetti di recupero e riqualificazione urbana».

«Questo Protocollo – dice Giuseppe Guzzetti, presidente Acri – è coerente con la previsione della Mozione finale del Congresso Acri di Lucca del 2015, che prevedeva di pervenire a un’intesa con l’Anci che consenta alle Fondazioni di realizzare, in un contesto di sussidiarietà e di rispetto dei ruoli, rapporti di carattere strategico con gli enti del territorio al fine di condividere e ottimizzare, in particolare, iniziative che perseguono obiettivi di coesione e inclusione sociale».

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Periferie: sviluppo locale, innovazione sociale e sicurezza dei territori

Ne parlano:
Augusto Pascucci (UNIAT); Alfonso Pascale (CeSLAM); Marco Corsini (Avvocato dello Stato); Tommaso Capezzone (Giornale delle periferie); Giammarco Palmieri (PresV Municipio di Roma); Esterino Montino (Sindaco di Fiumicino); Sen. Stefano Esposito (Commissario PD Ostia); Padre Fabrizio Valletti (Coop. Soc. La roccia); Pino Galeota (Corviale Domani); Guglielmo Loy (Politiche territoriali UIL); Alberto Civica (UIL Lazio); Luciano Mocci (FederLazio); Alessandro Mauriello (CeSLAM); Leonello Tronti (Università Roma 3); Eugenio De Crescenzo (AGCI); Indra Perera (CNA World Roma); Laura Bongiovanni (Isnet); Umberto Croppi (Federculture Servizi); Angelo De Nicola (UPPI Lazio); Sergio Bellucci (NetLeft); Germana Cesarano (Magliana 80); Giorgio Benvenuto (Fondazione Bruno Buozzi); Paolo Masini (MIBACT); Andrea Masala (ARCI); Giorgio De Finis (MAAM); Massimiliano Valeriani (Regione Lazio); Aurelio Mancuso (Equality Italia)
Da tempo associazioni, comitati, università, gruppi di cittadini, italiani e non, provano a fare breccia nell’agenda delle varie istituzioni, lontane dai territori, chiedendo azioni concrete contro lo stato di abbandono e di sovraffollamento delle periferie. Secondo UNHABITAT (NAZIONI UNITE) il divario urbano che si sta creando tra la città ricca e quella povera è in aumento vertiginoso: 800 milioni di persone vivono negli slums (favelas,bidonville, baraccopoli) e circondano i centri residenziali dei ricchi sempre più protetti da guardie armate. La città europea moderna nella sua progettazione è stata attenta ad evitare condizioni di emarginazione di comunità e popolazioni mettendo molta attenzione alla vita sociale pubblica, ambientale e estetica dei territori urbani. Per queste ragioni negli anni passati si è discusso tanto sul “diritto alla città” e sulle motivazioni alla base della formazione delle disuguaglianze sociali (Henri Lefebvre – Diritto alla città – 1968). Negli ultimi decenni, però, la capacità di combattere le disuguaglianze è diminuita e oggi ci troviamo di fronte all’esplosione di conflitti sociali acuiti dal mancato riconoscimento delle diversità culturali e dall’assenza di strategie e politiche delle istituzioni pubbliche. Le ricadute sociali, economiche e politiche si evidenziano in programmi di governo caratterizzati dalla propaganda che orienta l’azione politica a respingere l’ immigrazione o a chiudere le frontiere piuttosto che a studiare politiche e programmi per attenuare il disagio e la separazione sociale. C’è bisogno di ricostruire la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema politico e dei corpi intermedi e di ricomporre il rapporto tra istituzioni (regionali, nazionali ed europee) e società locale (intesa come comunità, società civile ed ente locale di prossimità) in cui le istituzioni mettono a disposizione la prospettiva e i mezzi dell’emancipazione e la società locale riaccende le sue tensioni al cambiamento e si riorganizza per trovare la strada e vincere la sfida dello sviluppo. In Europa le città inglesi, belghe e in primis francesi pagano da tempo i prezzi di queste scelte sbagliate e come si è potuto assistere tristemente nelle banlieue parigine e nei quartieri popolari londinesi e di Bruxelles, la questione dell’odio sociale ha favorito la crescita e l’insediamento di cellule criminali del terrorismo internazionale di matrice islamica connotando le periferie come habitat naturale per persone malfamate , pericolose e soprattutto diverse, quasi sub-normali. In Italia i programmi di rigenerazione urbana sono fermi agli anni 90, con i progetti Urban e al 2002 con i Contratti di quartiere, e il Piano Città dell’ex Ministro Lupi che non è mai decollato. Ciononostante le periferie delle metropoli italiane e soprattutto romane sono in continuo cambiamento, come segnalano Ilardi e Scandurra e guardare Roma è come osservare i mutamenti a livello nazionale. “Dalle borgate dei ragazzi di vita di Pasolini ai centri sociali occupati , dai territori abbandonati ai Rave illegali al movimento Ultras, fino agli anni 2000 con le tristi aggregazioni abitative sorte intorno ai giganteschi centri commerciali, le periferie romane sono state dei laboratori culturali, macchine formidabili che producono metropoli e i suoi potenti immaginari dove sono precipitati molto spesso i simboli dell’intera comunità nazionale” (M. Ilardi, E. Scandurra – Ricominciamo dalle Periferie – 2009).
MATERIALE
Relazione di Alfonso Pascale (CeSLAM)



Le periferie come le banlieue parigine

Dopo gli agguati alle forze dell’ordine.
La mappa dei quartieri dove è pericoloso intervenire per eseguire arresti. Ci sono anche le zone della movida: oltre al Pigneto, preoccupano San Lorenzo, Testaccio e Trastevere.
Le periferie romane come le banlieues parigine. Un rischio concreto di un’escalation di violenza e tensioni, anche sociali, con aggressioni alle forze dell’ordine. Quanto successo al Pigneto e a Tor Bella Monaca negli ultimi giorni ha fatto scattare l’allarme criminalità per l’ennesima volta, in quest’occasione legato alle polemiche sul degrado della Capitale. Sebbene si tratti di episodi nei quali gruppi di spacciatori — italiani e stranieri — siano stati protagonisti da soli di reazioni violente nei confronti di carabinieri e poliziotti (e non ci siano stati, almeno nel primo caso, abitanti coinvolti se non, nel caso del Pigneto, per difendere I militari dell’Arma), hanno stupito gli stessi investigatori la rabbia e la determinazione mostrata nei loro confronti.
Nei rioni più violenti è bassa la percezione della sicurezza
Non è la prima volta ma adesso sembra avere tutto un altro significato. Per questo sono stati presi immediati provvedimenti con il potenziamento dei servizi di controllo e l’aumento di pattuglie sul territorio, specialmente in zone considerate pericolose, dove il livello di percezione della sicurezza è decisamente basso. E infatti nelle ultime ora la reazione non si è fatta attendere con quattro arresti di pusher e il sequestro di mezzo quintale di droga fra cocaina, hashish e marijuana. Ma le operazioni a questo punto saranno intensificate anche nei prossimi giorni.
Gli spacciatori contrattaccano per difendere il «loro» territorio
Il paragone con le periferie parigine potrebbe sembrare esagerato, visto l’alto tasso di violenza in alcune di esse dove la polizia non entra e dove i vigili del fuoco devono essere scortati nei loro interventi, ma le cronache degli ultimi tempi raccontano di quartieri da tenere sotto controllo. Il motivo è sempre lo stesso: lo spaccio di droga. Oltre al Pigneto, teatro dell’aggressione ai carabinieri da parte di una cinquantina di pusher africani, ci sono zone della movida notturna, come San Lorenzo e Testaccio, ma anche Trastevere, dove non sono mancati comportamenti violenti da parte di bande di spacciatori, che hanno dato vita a risse per difendere quello che loro considerano un territorio da difendere perché particolarmente redditizio.
Quattro bande si spartiscono San Basilio per vendere droga
Ma l’elenco dei luoghi da tenere sotto controllo è lungo. E la mappa della Capitale offre purtroppo diversi spunti. A cominciare dalle piazze storiche dello spaccio come San Basilio — dove solo tre giorni fa polizia e carabinieri hanno sgominato uno dei quattro clan che si spartiscono il rione — per poi passare a Tor Vergata, dove le bande di baby spacciatori si confrontano con le pistole per il possesso di strade e parcheggi e a Tor Bella Monaca. Ostia e Nuova Ostia rimangono osservate speciali per la loro lunga tradizione in questo senso — tanto più che le recenti polemiche politiche insieme con le indagini e I loro sviluppi su Mafia Capitale hanno alzato ulteriormente il velo su ciò che accade sul litorale, ma preoccupano sempre Torrevecchia, Trullo, Centocelle-Alessandrino, Bravetta-Casetta Mattei. E fuori Roma le zone di Frascati-Grottaferrata e Tivoli.

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Smart cities o Grandi Fratelli?

smart-cityLe città si riempiono di sensori e sistemi di controllo per diventare evolute. Ma siamo realmente pronti a gestire le nuove tecnologie escludendo il rischio di ‘tilt’ e di sfruttamento di dati personali?

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e città per diventare intelligenti si affidano alla tecnologia. E attualmente parlare di tecnologia significa perlopiù riferisi allo sviluppo di sistemi innovativi, integrati e connessi grazie alle immense possibilità offerte dalla rete. Ecco che le città del futuro vengono immaginate (e progettate) come modelli gestiti e controllati attraverso sensori, app e sistemi di monitoraggio che funzionano grazie all’implementazione di software sempre più complessi.

Le insidie che si nascondono dietro il progresso

Il cosiddetto Internet of things affascina per le possibilità che potrebbe offrire, ma al tempo stesso spaventa proprio per la sua fatuità ed inconsistenza. I dati che si raccolgono possono essere considerati sempre attendibili? Quante sono le possibilità che un sistema software possa essere intaccato da hacker e quante quelle di un blackout? I timori e le perplessità sono ormai noti, ma la comunità scientifica non smette di ribadirli. “Le tecnologie IT si stanno diffondendo con una rapidità inimmaginabile e in modo disordinato. E ciò che ne consegue è la mancanza di serie valutazioni dei rischi”, avverte Anthony Townsend, ricercatore senior presso la New York University e autore del saggio “Smart Cities: Big Data, Civic Hackers, and the Quest for a New Utopia”, in cui mette in guardia sull’attuale tendenza a progettare le città basandosi esclusivamente su algoritmi piuttosto che sull’esperienza umana.

Città del mondo sempre più smart e integrate

In tutto il mondo è un prolificarsi di città dove la tecnologia la fa da padrona. Londra, Seul e Stoccolma utilizzano da anni un sistema di sensori per monitorare il traffico e gestire la congestione urbana. Singapore è allo stesso modo interamente gestita da dispositivi di controllo basati su rilevatori di informazioni di ogni genere. Rio de Janeiro è famosa per la sua centrale operativa high-tech dove circa 400 collaboratori monitorano ogni elemento, dal traffico alle parole chiave presenti nei social media locali, con l’obiettivo di individuare tendenze o criticità prima che si verifichino.

Il modello innovativo di Santander
Ma uno dei modelli più evoluti, e a cui progettisti e governatori di tutto il mondo guardano con molto interesse, è tuttora rappresentato da Santander, antica città portuale sulla costa atlantica della Spagna. Un progetto su cui l’Unione Europea ha investito, circa quattri anni fa, più di 11 milioni di dollari per creare un vero e proprio prototipo di smart city che potesse essere replicato anche altrove. Alla base del modello spagnolo, sviluppato grazie alla partnership con la facoltà di ingegneria dell’Università di Cantabria, vi è un sistema di sensori, più di 10 mila, che monitorano ciascun elemento urbano: dall’illuminazione al traffico, dai livelli di temperatura e umidità a quelli delle emissioni nocive, dagli spostamenti delle persone alla quantità di rifiuti. I dati raccolti vengono immediatamente inviati al laboratorio IT dell’Università di Cantabria, che ha il compito di controllarli e di intervenire in caso di criticità.


Ma la rilevazione di dati sensibili non è l’unico aspetto su cui si fonda la “smartness” di Santander. Grande importanza è stata data anche al coinvolgimento dell’interapopolazione in questo percorso verso l’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie. Grazie allo sviluppo dell’app “El Pulso de la ciudad” è possibile per i cittadini ottenere numerose informazioni e in tempo reale: si va dalle informazioni sulla viabilità urbana ai tempi di arrivo dei mezzi pubblici. Basta poi puntare lo smartphone su esercizi commerciali o monumenti per ottenere informazioni su orari di esercizio nel primo caso e descrizioni e breve cronistoria nel secondo. Ma l’interattività non finisce qui. L’applicazione permette anche di fotografare un incidente o un guasto (come la canonica buca nel manto stradale) e di inviare al municipio o agli organi preposti la propria lamentela o richiesta di intervento.
L’informatizzazione della città si estende anche alla gestione dei dati pubblici che, grazie a un sistema informatizzato aperto e trasparente sono resi liberamente consultabili da chiunque fosse interessato. Per finire, il lancio di un social network che accoglie al suo interno tutti gli abitanti di Santander, per creare un un nuovo rapporto di collaborazione e interazione tra il popolo e il governo della città.

Il rischio di blackout e di attacco hacker è tutto fuorché remoto

Concettualmente, nulla da obiettare. Ma affidare l’intera gestione urbana al funzionamento di sensori e app aumenta necessariamente il rischio di un blackout di sistema. Il recente ‘tilt’ delle due applicazioni per messaggistica mobile e condivisione delle foto è un esempio lampante di come disfunzioni e interruzioni dei servizi siano una possibilità tutt’altro che remota. Perché i server in caso di sovraccarico possono bloccarsi e i software possono essere facilmente intaccati dagli hacker. “L’esempio del software Y2K, meglio noto come Millenium Bug, è significativo. E ripararlo è costato ad aziende e governi più di 300 mln di dollari- dichiara Towsend, aggiungendo che “il governo israeliano abbia più volte denunciato attacchi esterni ai sensori, fra cui la nota debacle che ha colpito la città di Haifa, mandandola letteralmente in tilt per un paio d’ore.” Ci sono, poi, una serie di aspetti ancora poco considerati, come l’esistenza o meno di dispositivi in grado di gestire queste emergenze o di allertare in tempo la popolazione e sopratutto i responsabili dei sistemi. Non si è ancora pronti, avverte Towsend, per una diffusione così capillare dell’IT.

Città evoluta o Grande Fratello?

Senza considerare, poi, la questione della privacy e quindi quella della sicurezza nella gestione dei dati. I sensori sono in grado di catturare moltissime informazioni e non c’è ancora una chiara legislatura che stabilisca quali sono quelle che possono essere divulgate ed utilizzate e quali quelle che potrebbero, in caso di diffusione, danneggiare enormemente i soggetti coinvolti. Il rischio, avverte Rob Ritchin, direttore del National Institute for Regional and Spatial Analysis dell’Università di Irlanda- è che si passi da una società democratica a una autocratica. Perché mettere una città, e i suoi abitanti, sotto stretto controllo, significa trasformarla in un sistema molto simile a un Grande Fratello.”

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“Nonni Vigili”: il Municipio approva

Il Municipio approva la mozione presentata dal gruppo di Fratelli d’Italia che chiede al Comune di ripristinare il servizio nominato “un amico per la città”: i cosiddetti “nonni vigili” che fino a qualche anno fa vedevamo davanti alle scuole per controllare il traffico delle automobili aiutando i bambini ad attraversare la strada in totale sicurezza.

“E’ una mozione importante perché impegna il Presidente del Municipio XI, a fare pressione verso il Sindaco per lo stanziamento dei fondi necessari affinché il servizio venga immediatamente riattivato – dichiara Valerio Garipoli consigliere di Fratelli d’Italia – la presenza dei ‘nonni vigili’ davanti alla scuole negli orari di entrata e di uscita contribuisce a tranquillizzare le mamme e i bambini, oltre a vigilare sulla presenza di eventuali male intenzionati o di automobilisti poco educati.”

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Oltre a garantire sicurezza e controllo, Garipoli sottolinea come tale iniziativa abbia anche un alto valore sociale: “un impegno che contribuisce a tenere saldo quel filo conduttore tra generazioni fondamentale per un corretto sviluppo del tessuto sociale della nostra città. A tal motivo, la mozione è stata anche discussa ed approvata nei municipi V, VI, XIII di Roma Capitale.”