1

La Botta: Santoro racconta le piazze di spaccio romane di Ponte di Nona e Tor Bella Monaca

Roma come Napoli, Tor Bella Monaca come Scampia, l’inchiesta trasmessa da Rai2 mostra il livello di degrado raggiunto dalle periferie della Capitale.

Un servizio destinato a rimanere negli annali del giornalismo di inchiesta quello mandato in onda ieri sera, 15 dicembre, su Rai2, nel corso della seconda puntata della trasmissione Italia condotta da Michele Santoro. Il video, facilmente reperibile sul sito serviziopubblico.it e di cui forniamo un’anticipazione, mostra senza alcun tipo di censura, il degrado, l’abbandono e la miseria in cui versano alcune periferie romane. Luoghi come #Tor Bella Monaca, #Ponte di Nona e San Basilio, divenuti delle vere e proprie ‘nuove Scampia’, dove ci sono piazze di spaccio a cielo aperto e i pusher si lasciano intervistare mentre confezionano dosi di cocaina ed eroina, oppure ‘pippano’ indisturbati anche in mezzo alla strada.
Il contenuto dell’inchiesta

La seconda puntata di Italia si apre con le immagini che arrivano da Ponte di Nona, quartiere dormitorio costruito in spregio di qualsiasi piano regolatore fuori dal Grande Raccordo Anulare a Roma Est, vicino al solito, immenso, centro commerciale. Siringhe, sporcizia e perquisizioni dei Carabinieri. Ad un certo punto, l’inviata santoriana Francesca Fagnani, appostata con un collega nei pressi di una piazza di spaccio, viene avvistata dalle vedette (bambini, minorenni e persino madri con le carrozzine) e minacciata ripetutamente da uno spacciatore: “Te la ficco in c… la telecamera”.

Immagini quasi ‘normali’ per chi abita le periferie della Capitale, ma che sembrano tratte direttamente da ‘Gomorra’. E, infatti, a discutere in studio col conduttore c’è proprio Roberto Saviano, autore dell’omonimo best seller da cui sono stati tratti un film e una serie di grande successo. Ed è proprio Saviano a certificare che il ‘modello Scampia’ è stato fotocopiato anche a Roma, reso possibile dall’assenza totale delle istituzioni. “Dire che non c’è mafia a Roma è una follia – afferma lo scrittore napoletano – la droga nelle periferie romane arriva dai cartelli calabresi, campani e siciliani”. Chiacchiere a parte, comunque, a parlare sono le immagini e l’umanità ‘corrotta e piegata’ che abita quei luoghi.

Esemplare è la storia di Dario (condannato a 6 anni di carcere) e della madre, una famiglia di spacciatori per necessità. Uniche anche le interviste ‘volanti’ fatte ad alcuni dei molti ragazzi costretti agli arresti domiciliari, ma disposti a tutto, alla galera ma anche a morire, pur di fuggire da quell’inferno. Da Pulitzer l’intervista strappata alla madre e alla ex compagna di un ragazzo pregiudicato ucciso in strada dall’ex marito di lei, imbottito di cocaina, morto anche lui nel conflitto a fuoco. Un altro mondo rispetto a quello patinato raccontato dalle tv.
Aloha ‘pippa’ in strada a Tor Bella Monaca

Altro quartiere, ma stesse scene a Tor Bella Monaca. Qui l’inviata Dina Lauricella entra in confidenza con un certo ‘Aloha’, un personaggio di certo molto conosciuto in zona e nell’ambiente, che non si fa problemi ad aprire un ‘pezzo di coca’ e farsi una sniffata in mezzo alla strada, davanti a decine di persone di ogni età. Sempre a ‘Torbella’, non si sa come, la Lauricella viene invitata a casa di alcuni spacciatori incappucciati che, tranquillamente, raccontano come funziona il mercato della cocaina e della ‘robba’ (eroina ndr) mentre preparano con mani sapienti le dosi, i ‘pezzi’ appunto’, destinati alla vendita. “Qui si spaccia per fame, non per soldi”, dicono. E forse non hanno tutti i torti. #La Botta

link all’articolo




Questo referendum non darà risposte all’Italia dei “Robinù”

Senza soluzione – Nell’Italia profonda una società di ragazzini sopravvive a se stessa. Ma né Renzi né nessun Trump li salverà.
Trump ha vinto e tutti credono di sapere il perché. Grillo in particolare, che addirittura si esalta per la vittoria del miliardario americano, parla di una Apocalisse che si è abbattuta sulle élite, sui giornali, sulle televisioni, sui sondaggi e sugli intellettuali. Non avrebbero capito niente dell’America profonda, quella più lontana dalle stanze del potere politico, economico e culturale. Sempre Grillo profetizza che la stessa Apocalisse si abbatterà sull’Italia (non si capisce se con l’aiuto di Salvini e la Meloni, come a Roma) a opera degli eroi del Movimento 5 Stelle dei quali si conoscono, al momento, una diligente attività parlamentare e barricate solo virtuali, oltre che la tendenza alla parsimonia e gli inni all’onestà. Uno tsunami proveniente dalle periferie si preparerebbe a spazzar via la cocuzza Hillary Renzi, tutto il cocuzzaro delle lobby annesse e connesse, e praticamente ciò che resta di una democrazia in crisi, conquistando i palazzi della politica. Al momento non si capisce se il mondo che verrebbe alla luce sarebbe una versione rinnovata della democrazia occidentale o qualcos’altro.

Pur non pretendendo di salire sull’Arca di Noè dei sopravvissuti, vorrei ricordare che la mia squadra ha raccontato la rivolta dei forconi in Sicilia e la sommossa di Nichelino in Piemonte ben prima che il Movimento divenisse così forte. Inoltre il 6 e il 7 dicembre porteremo con una certa emozione nei cinema Robinù, ovvero la descrizione spietata di un vero e proprio stato sociale criminale che a Napoli impiega nello spaccio della droga decine e decine di migliaia di persone. Una realtà sulla quale, nonostante i nostri precedenti lavori e i ripetuti appelli di Roberto Saviano che dedica a essa il suo ultimo libro, si preferisce chiudere gli occhi.

La scuola pubblica continua a espellere vergognosamente, nell’indifferenza generale, ragazzini nell’età dell’obbligo scolastico, violando impunemente la legge e facendo in modo che le classi, ripulite dagli indisciplinati ribelli insofferenti alla didattica, guadagnino tranquillità ed efficienza. Le donne, che la mattina preparano come tutte le altre mamme con amore i loro bambini per andare all’asilo, vendono cocaina diciotto ore al giorno, operaie di una immensa fabbrica illegale, e finiscono in carcere, separandosi drammaticamente dai loro piccoli, per mille euro al mese o poco più; mentre la ricchezza prodotta finisce nel Pil, a beneficio di tutti noi “perbene” e contribuisce al buon andamento della società. Bambini di otto anni sfilano in una via centrale a Napoli, impugnando pistole vere, per fare un’altra “Stesa”, come chiamano le scorribande con gli scooteroni; e muoiono a decine ventenni, diciottenni, sedicenni, nella lotta senza fine per contendersi il territorio e le piazze di spaccio dopo che i vecchi boss sono andati in galera o si sono pentiti.

Tutte le forze politiche girano la faccia dall’altra parte; e solo qualche uomo di Chiesa fa sentire la sua voce per rompere il silenzio. Il dibattito s’accende e l’azione repressiva s’intensifica quando per errore cade una vittima innocente. Poi si torna a parlare de “l’altra Napoli”, delle meraviglie turistiche della città, che vengono usate come lapidi sui morti dimenticati e su una grande questione sociale lasciata nelle mani della criminalità organizzata.

Eppure nelle storie della guerra delle “paranze dei bambini” non c’è soltanto la corsa all’oro, che ci racconta Gomorra, o il non volersi rassegnare a un destino di sottoprecariato pagato spiccioli. Un popolo giovane, il più giovane d’Italia, conduce la sua esistenza tra il quartiere e il carcere come fosse un unicum abitativo, sognando soldi facili, sesso, potere, come tutti i ragazzi di oggi. Per realizzarli non ha altro che coraggio e disprezzo della morte.

Nelle serie televisive i caratteri dei personaggi tendono ad assomigliare a maschere a volte grottesche; i veri baby boss di Robinù, invece, sono altrettanto spietati e cinici ma, contemporaneamente, esprimono una forza sentimentale straordinaria, passione per la vita, amore infinito per la propria famiglia, voglia di far figli già a diciotto anni, gusto del rischio e dell’avventura. Tutte cose che la nostra società ha perduto da tempo. Nel centro storico di Napoli o a Caivano si diventa nonni all’età in cui nella società normale ancora si esita a concepire il primo figlio. E non certo perché si rompe il preservativo.

Dopo che questa infinita campagna referendaria sarà finita e avrà vinto il Sì di Renzi ci si occuperà finalmente di questi bambini che sono stati fino a oggi “dimenticati” dal Partito democratico? Non ne ignoravano certo l’esistenza ma erano incapaci di concepire un piano di vero risanamento sociale che richiederebbe un’idea di come redistribuire la ricchezza e di chi e come debba pagare il prezzo di questa redistribuzione.

Ma anche se vincesse il No non ci sarebbe ragione di essere ottimisti. La rivolta che corre nella Rete e travolge il vecchio ordine sociale, di cui Trump o Grillo o Salvini si fanno portavoce, è dominata dall’idea della tolleranza zero, da un’ansia di ordine e sicurezza che prova a tornare alla patria-nazione, qualche volta a una patria ancora più piccola, a chilometro zero, abitata da nostri simili a somiglianza dei social. Una comunità con pochi stranieri, “solo se servono e sono comunque indispensabili” (sicuramente per pulire le case e il culo dei vecchi costretti sulle sedie a rotelle), darebbe vita a una autarchia ecologica, come sognava in Austria il neonazista Haider, con meno scambi, spostamenti, viaggi e molto tempo passato sul proprio computer o nell’orto a produrre lattuga con fertilizzanti naturali.

Un mondo talmente noioso da avere sempre bisogno di ricchi da spiare, di potenti corrotti da cacciare, di nemici da inseguire e giustiziare. Per il momento a colpi di clic. Far lavorare i baby boss non avrebbe alcun senso in una società in cui il lavoro sarebbe considerato una ideologia del passato. Solo piccole opere essenziali, senza nuvole, senza archistar, senza inutili ponti e inutili treni che corrono a inutile alta velocità, senza avventure spaziali e altre Olimpiadi. Così come stiamo potremmo star meglio, soltanto risparmiando e riducendo le spese inutili e le macchine blu e gli stipendi dei parlamentari. E se qualcuno non si accontentasse del salario di cittadinanza e si ostinasse a delinquere? In galera! Naturalmente.

Ce lo vedete un simil Trump a occuparsi veramente degli abitanti di Quarto Oggiaro, di Secondigliano, di Tor Bella Monaca o dello Zen di Palermo, quelle periferie dove si urla “Prima gli italiani!”? Se si urlasse “Prima le periferie!” sarebbero disponibili quelli che, non essendo zingari, immigrati, clandestini, abitano negli altri quartieri e oggi applaudono entusiasti? Per Renzi e per i suoi avversari è più comodo parlare di tagli, risparmi, riduzione delle tasse e lotta alla corruzione che studiare il modo di indirizzare parte della ricchezza accumulata, senza necessariamente espropriarne i proprietari, verso quelle parti della società a cui è stata sottratta, usandola e investendola nell’interesse di tutti.

Oggi a occuparsi delle grandi ingiustizie restano in maniera aberrante quelli dell’Isis e i Robinù, che li imitano a modo loro, sia pure rivolgendo la violenza prevalentemente contro se stessi. Gli arrabbiati si affidano ai miliardari evasori fiscali per scatenare l’Apocalisse. Ma se si spegnessero i giornali e le tv, gli intellettuali smettessero di pensare, e i sondaggisti di sondare, dopo la vittoria di Trump, il mondo sarebbe migliore, la democrazia sarebbe più forte e le periferie conterebbero di più? Non mi entusiasma dover scegliere tra questo sì e questo no al Referendum, come non mi entusiasmava la candidatura di Hillary. Ma, non so voi, io a New York sarei in strada a manifestare. E scusate se è inutile.

link all’articolo