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L’Opera suona a Corviale

operaUn Pianoforte e il coro del Teatro dell’Opera illumineranno con la musica il famoso “serpentone” della Capitale nel XI Municipio. Una serata speciale, venerdì 9 alle ore 21.00 in Via Marino Mazzacurati 73/75 nell’ Aula Consiliare del Municipio da cui parte l’iniziativa “La cultura attraversa la città” serie di eventi culturali gratuiti voluti dall’Assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica Flavia Barca per tutti i quartieri di Roma e che coinvolgeranno anche l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Teatro di Roma e tutte le grandi istituzioni culturali della città.

Saranno presenti assieme all’Assessore alla Cultura Flavia Barca, il sindaco Ignazio Marino, il sindaco del XI Municipio Maurizio Veloccia, la Presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale Michela Di Biase.

Per il Teatro dell’Opera il concerto a Corviale è un primo esperimento ed una scelta condivisa con l’Amministrazione di portare spettacoli nei diversi quartieri della città inserendoli nella stagione 2014/2015.

“L’arte e la cultura – ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Flavia Barca – sono i principali strumenti per creare coesione sociale e coinvolgere i cittadini nella vita della città, riqualificare i quartieri, rigenerare spazi degradati. Per questo credo sia indispensabile riconnettere il tessuto cittadino con il rilancio della cultura nei quartieri e nelle nuove centralità, attraverso processi di collaborazione con i 15 Municipi. Una maggior condivisione delle politiche culturali con gli enti di prossimità è l’unica via per realizzare progetti che rispettino le specificità, architettoniche e sociali, dei diversi quartieri, per ideare una programmazione culturale organica capace di intercettare i bisogni variabili e i desideri espressi dal territorio, per mettere in rete esperienze, enti, operatori e associazioni. La cultura deve attraversare, contaminare tutta la città.

Il Concerto:

Direttore Roberto Gabbiani

Francesco e Vincenzo De Stefano, pianoforte

Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Programma:

Johannes Brahms

Liebeslieder, 18 Walzer op.52 per coro e pianoforte a 4 mani

Composizioni per pianoforte a 4 mani

Ungarische Tänze n.2 in re minore

Ungarische Tänze n.15 in si bemolle maggiore

Ungarische Tänze n.4 in fa minore

Ungarische Tänze n.5 in fa diesis minore

Neue Liebeslieder, 15 Walzer op.65 per coro e pianoforte a 4 mani




La sedia elettrica dell’assessore. Lettera aperta a Flavia Barca

"una scatola vuota"

Una lettera aperta sul passato prossimo, sul presente indicativo e sul futuro condizionale del Macro. Scritta dall’artista e critico Gian Maria Tosatti. E ci auguriamo che l’assessore al Comune di Roma, Flavia Barca, non tanto risponda, piuttosto si attivi.

A vederla sbagliare tutte le mosse vien da pensare che la coerenza non sia, per forza, un valore. Si parla dell’assessore Flavia Barca, ascesa al soglio culturale romano priva di quei meriti e di quelle medaglie conquistate sul campo che si pretenderebbero da chi ambisce a gestire il più vasto patrimonio culturale concentrato in una sola città del pianeta Terra. La responsabilità della nomina, invero, sarebbe del sindaco Marino che, non avendo visione, si è fatto indirizzare, alla vecchia maniera, dagli equilibri di maggioranza (salvo poi ritrovarseli contro). Tuttavia, farebbe piacere talvolta ascoltare un “domine non sum dignus” da parte di chi avrebbe più la ragionevolezza che l’umiltà di non assumersi compiti riguardo ai quali non tarderà a dimostrarsi inadeguato.
Sarebbe stato fin troppo duro se questo mio commento fosse giunto all’indomani della nomina, ma dopo circa nove mesi di paralisi dell’amministrazione su tutto ciò che attiene alle arti, ho la coscienza a posto nell’esprimere, senza sconti, la mia opinione di tecnico.
Il mio, in realtà, non vuol essere un attacco, ma un contributo. All’assessore Barca consiglio, infatti, di cuore, di fare quel che in questi mesi non ha avuto la sensibilità di fare, ossia di uscire dal proprio ufficio e andare a conoscere approfonditamente tutte le realtà culturali buone e cattive, virtuose o parassitarie che compongono la complessa cosmologia della cultura romana. Facendolo, forse, capirà qual è la strada per superare un immobilismo che in tempi di crisi è doppiamente colpevole sia sul piano economico che politico.
La ragione che oggi mi porta a scrivere nel merito di questo tema, dopo aver disertato il dibattito culturale della mia città per mesi, è stata la lettura di un’intervista, apparsa sulCorriere della Sera, proprio all’assessore Barca, in cui si parla di un ruolo importante di Enel nella futura gestione del Macro.
Se, infatti, una pecca c’è stata nella gestione del Macro in tutti questi anni, è stata proprio l’eccessiva interferenza di soggetti privati (gallerie o aziende), e dei loro interessi, nella programmazione del museo. Una interferenza che, in virtù di un contributo economico, finiva per essere libera da ogni vincolo scientifico nella scelta delle opere e dei progetti, arrivando a risultati grotteschi, come quello di scambiare un museo d’arte contemporanea per un lunapark. Finché non marcirà, il Big Bamboocontinuerà a gridare vendetta a quel cielo che sembra trafiggere ogni giorno con le sue canne al vento. Come anche i tappetoni elastici attualmente montati nel cortile, che avrebbero meglio figurato al Luneur che al Macro. E quando è andata meglio, invece che in una giostra, l’Enel ha trasformato il Macro in un giardino botanico, come fu per l’installazione delle farfalle di qualche anno fa. Inutile dire che se si volevano portare le farfalle al Macro, sarebbe bastato fare quel che fece Gagosian Roma con Damien Hirst, una piccola mostra che allora batté il museo 10 a 0.

Doug e Mike Starn, Big Bambú - MACRO Testaccio, Roma 2012

Doug e Mike Starn, Big Bambú – MACRO Testaccio, Roma 2012

In ogni modo, il problema è molto semplice ed è bene che lo si dichiari: a Enel, oltre all’arte contemporanea, verso cui ha mostrato in questi anni un lodevole interesse,  piacciono anche molto le giostre e i parchi divertimenti. Bene, direte voi, l’importante è che non si faccia confusione con le due cose. Se l’intento ludico piace, abbia l’amministrazione la bontà di dare all’ex Ente Nazionale per l’Energia Elettrica la gestione del vecchio lunapark dell’Eur, non del Macro.
Un museo d’arte contemporanea è un’altra cosa. È una infrastruttura strategica per la civiltà di un popolo, non un luogo di svago. Lo si lasci in povertà piuttosto che agghindarlo con ridicole baracconate. Lo si lasci nella povertà in cui l’arte non ha mai avuto difficoltà di fiorire, una povertà dignitosa che esalta l’intelligenza e la creatività.
Esempi non ne mancano proprio a Roma. Mi verrebbe da citare il Teatro Valle, che però, pur capace di una programmazione notevole, è reo di non aver ancora mai proposto un convincente piano di gestione economica che possa mettere a tacere le critiche strumentali, superando nei fatti e non solo nelle intenzioni la fase dell’occupazione. Ma ancor più calzante è l’esempio del MAAM, citato qualche giorno fa con le stesse intenzioni da Giuseppe Gallo in una lettera scritta a La Repubblica. Stiamo parlando di un museo creato senza un euro, solo con la passione e la serietà divGiorgio de Finis e con la collaborazione di tutta la scena artistica romana. Un museo senza soldi ma con molte idee e soprattutto con una grande consapevolezza di quale debba essere oggi il rapporto fra arte e società. La cultura come strumento reale di superamento dei conflitti che quotidianamente dilaniano il tessuto civile di una metropoli cresciuta male come Roma, è stata la bandiera di questa iniziativa finita addirittura sulNew York Times.
Di fatto il MAAM è già il museo d’arte contemporanea della città. Se non altro perché è l’unico museo che vive nella contemporaneità, divenendo elemento dialettico e altamente politico, che trasforma e migliora, che generà comunità e dialogo non solo tra chi l’arte già la apprezza o la fa, ma soprattutto tra coloro a cui l’arte può realmente aprire mondi. Ecco perché al MAAM nessuno dice mai di no, me compreso, anche se non ci sono soldi.
Se l’assessore (alla cultura, ribadisco) avesse, nella sua necessità di conoscenza e monitoraggio, seguito l’esempio di Pasolini e avesse girato “per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone” in cerca delle energie già attive nella sua città, e se fosse passata magari anche per la Prenestina, dove si trova il MAAM, forse le sarebbe venuto in mente di portare quell’esperienza periferica (che però sta girando il mondo) nel cuore stesso delle istituzioni culturali, per cambiarle, per svecchiarle, per riattivarle. Ammetto di aver augurato alla mia città di avere Giorgio de Finis alla direzione del Macro. E penso che, se l’assessore avesse avuto un po’ di intelligenza politica, avrebbe capito che quella sarebbe stata una mossa capace di farle stringere un patto con la scena culturale romana, dando sostegno alle attività migliori di un tessuto culturale che comunque continua a evolversi con o senza la benevolenza delle istituzioni. Sarebbe stato certo un patto temporaneo, in attesa che il museo diventi una fondazione autonoma capace di darsi una governance e di trovare un direttore tramite un vero concorso internazionale. Il patto, invece, l’assessore pare abbia premura di stringerlo con Enel, facendogli trasformare il Macro in quello che rischia di diventare un museo aziendale. Una mossa coerente, come si diceva in apertura, con quanto fin qui si è avuto modo di vedere, ma una mossa radicalmente sbagliata.

Carsten Höller, Double Carousel with Zöllner Stripes - MACRO, Roma - courtesy Enel Contemporanea e l'artista

Carsten Höller, Double Carousel with Zöllner Stripes – MACRO, Roma – courtesy Enel Contemporanea e l’artista

Non si pensi a chi scrive come a qualcuno contrario alla presenza dei privati nella gestione delle risorse pubbliche. Ma si badi bene che è essenziale non rovesciare l’ordine dei valori se si vuol operare con profitto. Non è la presenza di sponsor a decidere la prosperità di un museo. È la qualità della proposta artistica a portare prestigio all’istituzione ed è a seguito di tale prestigio culturale che si generano rapporti solidi di fiducia con sponsor e donatori. Se c’è una progettualità di qualità, d’eccellenza e, diciamolo pure, d’avanguardia (che in un museo d’arte contemporanea non guasta), allora Enel – che è un’azienda fatta di teste pensanti – avrà tutto l’interesse a partecipare comunque, a dare il suo contributo in termini economici, avendone in cambio la necessaria visibilità. E così sarebbe anche per i collezionisti, che potrebbero impreziosire con prestiti e donazioni una collezione che attualmente non è degna nemmeno di un museo di provincia. Ma ragionare all’inverso, pensare prima agli sponsor e poi (di conseguenza!) ai progetti rivela una condotta ingenua, miope, che nessuna comunità culturale potrà mai appoggiare.
L’assessore può certamente fare il suo Macro a dispetto della città come ha fatto fin qui, trasformandolo in un museo senza arte e senza artisti. L’arte continuerà a farsi altrove. Non è mai stato un problema. Ma quando un amministratore viene “mollato” dalla sua comunità di riferimento, qualcuno vuol forse dirmi in virtù di cosa quella comunità dovrebbe continuare a pagargli lo stipendio? Glielo paghi Enel.

Gian Maria Tosatti

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“Siamo pentiti di aver fatto eleggere Ignazio Marino”. Il mondo della cultura romano in rivolta dopo il Palladium-gate di Romaeuropa

"una scatola vuota"

Antefatto di cui vi abbiamo già parlato: la Fondazione Romaeuropa – che organizza a Roma uno dei più prestigiosi festival di teatro contemporaneo a livello nazionale – è stata impossibilitata per i tagli a continuare ad utilizzare il Teatro Palladium, di proprietà dell’Università Roma Tre, dove allestiva una stagione teatrale aggiuntiva al festival. Sono arrivate Regione e Comune che, belli belli, hanno messo sul piatto un “progetto di rilancio” che è sembrato a molti solo un blitz per sfilare la struttura alla Fondazione. Con tanto di hashtag dedicato (#Laversionediromaeuropa), pompato giorni prima sui social network, la Fondazione ha deciso di dire la propria sulla faccenda nella sua sede romana.
Una folla notevole, inaspettata forse. Una folla carica di energia e di voglia, ha detto qualcuno, una folla triste e sempre più sfiduciata, ha sottolineato non senza ragione qualcun altro. Al di là dei problemi attorno al Palladium, il tema è politico e generale. Ed è emerso da molti degli interventi della conferenza aperta che la Fondazione Romaeuropa ha organizzato nella sua sede romana: “cosa vuole fare il Comune di Roma sulla cultura? Quali sono i progetti sugli spazi, sulle strutture, sui contenitori culturali e sui loro contenuti?”. Questo il mood. Purtroppo a domande legittime, non esistono risposte concrete. Da mesi. E un mondo come quello della cultura, specie se di alto livello, che si confronta sul palcoscenico internazionale, se rimane senza risposte e nell’incertezza, perde autorevolezza. E se perde autorevolezza nei confronti di partner e competitor mondiali, muore. “Il Comune di Roma si sta rendendo conto che questo atteggiamento uccide talenti, strutture, sacrifici e anni di costruzione di una narrazione e di un prestigio?”. Non si sa.
Restano i fatti che sono abbastanza inconfutabili, anche se ci piacerebbe essere smentiti fin da domani. Il Macro fermo, qualche teatro ripartito dopo mesi di agonia. AltaRoma – se parliamo di moda – annichilita dall’immobilismo dell’amministrazione. Le Biblioteche in ambasce. La Soprintendenza ferma ai box in attesa di Soprintendente.
E allora giù, è inevitabile, con le richieste di dimissioni per l’assessore comunale alla cultura Flavia Barca. Giù anche con chiavi di lettura pesanti secondo le quali non ci sarebbe “un disegno o chissà quale macchinazione dietro a tutto ciò, solo incapacità. Questa storia è la fotocopia di quel che è successo a noi” per dirla con l’ex direttore del Macro Bartolomeo Pietromarchi, applauditissimo. Fino ad arrivare a Monica Scanu, candidata croppiana (a proposito, l’ex assessore era in prima fila) che da candidata consigliera comunale ha raccolto voti a favore di Ignazio Marino durante le elezioni amministrative nell’ambito di un accordo Croppi-Marino ad oggi completamente disatteso: “mi sento pentita di aver sostenuto il Sindaco”, ha dichiarato la Scanu, “non mi rivedo in quello che sta succedendo. Sono davvero afflitta”. L’allegro chirurgo, insomma, si starebbe giocando il consenso di chi lo ha sostenuto strenuamente contro Alemanno, se ne rende conto?

Fabrizio Grifasi, capo di Romaeuropa assieme a Monique Veaute, ha sottolineato come al Teatro Palladium non ci sia nulla da rilanciare perché si rilanciano, semmai, le cose in crisi. Qui i dati erano tutti in salita, fuorché quello del sostegno pubblico. Non è un problema di contenuti né di lamentele (forse eccessive in questa circostanza, anche con derive completamente fuori asse della serie “spostiamo gli spettacoli all’ex Mattatoio” gentilmente offerto da Roberto Grossi, neorettore dell’Accademia, oppure grida belluine tipo: “occupiamo il Palladium”), è un problema di comunicazione (il mondo della cultura non riesce ad avere una interlocuzione serena con il suo assessore, e questo deve cambiare) ed un problema di risorse. Che non ci sono più, non ci saranno più, saranno sempre meno in mancanza di rivoluzioni gestionali che sarebbero alla portata – sia a livello nazionale che locale – ma che invece non vengono neppure contemplate. “Budget zero per il 2014 al Palladium? Non è vero”, tuona l’assessoreFlavia Barca, spiegando che “i capitoli a budget zero, in questa fase durante la quale il bilancio non è stato ancora neppure discusso, sono tantissimi, ma ciò non significa che poi non si riusciranno a trovare risorse”. Okkay, assessore, ma vi siete impossessati di un teatro due minuti dopo di chi ha dovuto rinunciare a gestirlo, stremato dalle insicurezze finanziarie. “Non è andata così. Romaeuropa ha dichiarato l’impossibilità di organizzare la stagione prossima, i padroni di casa dell’Università Roma Tre – il teatro è il loro – hanno manifestato la volontà di non chiudere la struttura, la Regione si è fatta avanti con un progetto orientato sulla formazione e io ho partecipato a questa presentazione, dicendo che, per qualsiasi iniziativa volta a salvare lo spazio, il Comune c’era come interlocutore”. E Romaeuropa? “Ma nessuno ha detto che Romaeuropa non possa far parte del prossimo progetto sul Palladium. Tra l’altro io ho sempre difeso e considerato valido il loro progetto, lo scorso anno complessivamente gli abbiamo dato 750mila euro a fronte dei 950mila euro dell’anno precedente, un taglio molto inferiore rispetto ad altre realtà”. Decisione troppo precipitosa di Grifasi e dei suoi, dunque, o melina insostenibile da parte del Comune? In entrambi i casi occorre rendersi conto che l’offerta cultura della città ci sta rimettendo. Dai musei, alle biblioteche, alla moda, ai festival. Necessario per l’assessore Flavia Barca cambiare passo e aggredire il problema con un atteggiamento differente rispetto a quello adottato fino ad oggi.

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ROMA SU UNA BARCA CHE AFFONDA – 7 DOMANDE DI ALESSANDRA MAMMI’ ALL’ASSESSORE ALLA CULTURA

"una scatola vuota"

“una scatola vuota”

(PER MANCANZA DI PROVE) FLAVIA BARCA SUL DISASTRO DEL TEATRO PALLADIUM, ENNESIMA MERITORIA ISTITUZIONE CULTURALE SVENTRATA DALLA GIUNTA MARINO

Domani l’annuncio che il Teatro Palladium sarà tolto alla gestione di RomaEuropa, l’associazione internazionale che nel mese di gennaio, grazie a Peter Stein ed Emma Dante, ha contatto 28 “tutti esauriti” – 10 anni di successi, pubblico fedele, conti in ordine. Ora diventerà una scatola vuota “per la formazione”. Ma di chi? Perché?…

Che dirà Flavia Barca assessore alla cultura, domani alle 12 a Roma in via dei Magazzini Generali 20, quando gran parte della cultura romana si riunirà per l’infausto annuncio che il teatro Palladium verrà tolto alla gestione di Roma Europa?

Ci sarà? Verrà a spiegare il perché di fronte a artisti, addetti ai lavori, giornalisti più quel che resta del Macro dopo analogo trattamento?

Elencherà i motivi che l’hanno convinta dopo 10 anni di programmazione, un bilancio in equilibrio, uno scenario internazionale, un pubblico fedele, a dimezzare il budget di uno degli appuntamenti più seguiti della capitale e a togliere il Teatro alla gestione del festival?

Dirà che cosa intende per “Rilanciare il teatro Palladium puntando, come elemento strategico, anche alla formazione”, visto che in gennaio il medesimo teatro puntando invece sulla buona programmazione con Peter Stein ed Emma Dante ha contato 28 tutti esauriti?

E poi lo sa Flavia Barca cosa le rimarrà in mano mercoledì 12 febbraio quando a soli tre giorni dall’ultima replica di Emma Dante, Roma Europa armi e bagagli sarà sfrattata senza colpa come gli anarchici di Lugano?

E’ consapevole che quel teatro che ha visto arrivare in Italia i più importanti artisti, registi,coreografi, ballerini che si chiamino Kentridge o Jan Fabre, Peter Stein o Bob Wilson è stato costruito pezzo a pezzo dal festival?

Sa che appartengono a Roma Europa le luci, le griglie dell’illuminotecnica, le apparecchiature del suono, tutta le scenotecnica insomma e persino un pezzo di palcoscenico che era inesistente e che è stato da loro allungato e allargato?

E Roma Europa porterà giustamente via anche quello, lasciando però le seggioline colorate che a rigor di logica son moralmente sue, visto che le ha disegnate in omaggio al festival il molto famoso scenografo Richard Peduzzi, il quale non avrebbe sollevato una matita per il Rettore di Roma 3, che ora rivendica la proprietà dello stabile.

Una scatola vuota, signora Barca, dove può giusto puntare sulla formazione. E spero ci spieghi presto quale. Come se la migliore formazione per un paese, per una città e per i suoi abitanti non fosse invece quello che ha fatto Roma Europa finora, trasformando il Palladium in un crocevia dell’eccellenza artistica internazionale.

Alessandra Mammì

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