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Gli italiani tornano a risparmiare e pensano alla casa

La parola d’ordine è ripartire dai fondamentali.

Non tanto e non solo macroeconomici, perché qui il punto di partenza, più che sui massimi sistemi, guarda alle tasche delle famiglie italiane in termini di reddito e di capacità di mettere da parte risorse.

La base insomma per poter andare in banca a chiedere un mutuo per comprare casa (che sia prima abitazione o un cambio in sostituzione), senza essere accompagnati alla porta con un “non se ne parla”.

Dopo gli ultimi dati, discutibili per usare un eufemismo, sull’andamento dell’inflazione e dopo le rilevazioni diffuse ieri sui prezzi delle case – in pratica:  nel terzo trimestre 2014 sono scesi dello -0,7%, mentre le case nuove, a sorpresa, risultano in crescita – un soffio di ottimismo arriva dai numeri contenuti nel dossier  Istat su redditi e risparmio degli italiani (dove si parla anche di profitti delle società), che danno un elemento in più di valutazione su un 2015 che non si è aperto sotto buoni auspici.

Nel terzo trimestre del 2014 – si legge però nel rapporto Istat, disponibile in versione integrale come allegato – la propensione al risparmio degli italiani è stata pari al 10,8% (inteso come rapporto tra risparmio lordo delle famiglie consumatrici e reddito disponibile lordo), in aumento di 1,6 punti percentuali sul trimestre precedente e di 0,9 punti su base annuale.

Si tratta del livello più alto raggiunto dall’ormai lontano terzo trimestre 2009.

Quell’aumento della propensione a risparmiare vuol dire che l’allerta sulle spese familiari è e resta alta, a partire dalla spese straordinarie e quelle inattese.

Manca ancora un pezzo di strada prima di arrivare a pensare alla casa come bene da acquistare (o come investimento), ma il responso che arriva del mercato residenziale italiano oggi è unanime: anche grazie ai prezzi così bassi, la domanda abitativa sta tornando e sta crescendo.

A questo elemento si aggiunge un’altra indicazione degna di nota: il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è aumentato dell’1,8% rispetto al trimestre precedente e dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2013.

Sono valori contenuti – ma di segno positivo, come non se ne vedevano da tempo – che fanno capire come il peggio della crisi sia alle spalle, anche se la ripresa non è ancora all’orizzonte.

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