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Sistema wireless per ridurre la congestione del traffico

traffico-150x150Il MIT lancia RoadRunner, un dispositivo che sfrutta lo standard wireless 802.11p e che mappa le aree cittadine, stabilendo un numero massimo di vetture in ingresso e l’offerta di percorsi alternativi.

Tratti stradali a pedaggio, app che avvertono sul livello di congestione del traffico, navigatori in grado di suggerire percorsi alternativi. Sono diverse le soluzioni proposte dal mercato per migliorare la viabilità stradale ma nessuna finora ha realmente risolto il problema, sopratutto in quelle aree urbane particolarmente congestionate.
Ora ci prova il MIT con un sistema GPS chiamato RoadRunner, che è stato accolto con fervore all’Intelligent Transportation Systems World Congress, svoltosi a Detroit la scorsa settimana, dove è stato presentato e premiato come ‘uno dei progetti più innovativi’.

Un modello per Singapore

Il dispositivo, creato ad hoc per la città di Singapore, si propone come alternativa ai sistemi attualmente vigore, che prevedono la delimitazione di alcune aree accessibili soltanto attraverso il pedaggio, opportunamente segnalate da alcuni trasmettitori radio installati nei vari punti strategici. RoadRunner, invece, è un dispositivo palmare installabile direttamente nel cruscotto delle auto e che, dalle prime simulazioni, è in grado di aumentare dell’8% la velocità della vettura durante i periodi di picco. I ricercatori si sono avvalsi dei modelli stradali ricavati dal sistema di pedaggio vigente ma modificando quei modelli- e quindi incoraggiando o scoraggiando percorsi alternativi- si potrebbero avere dei risultati nettamente più efficienti. “Con il nostro sistema, è possibile disegnare un poligono sulla mappa e dire, ‘voglio controllare questa intera regione'”,spiega Jason Gao, uno degli sviluppatori del sistema.

Test

Il sistema è stato testato su 10 vetture a Cambridge, in Massachusetts. Se il test su 10 auto non è sufficiente per influenzare la viabilità è stato però utile per valutare l’efficienza del sistema di comunicazione e dell’algoritmo utilizzato.

Stabilire un numero massimo di vetture

Il primo principio su cui si basa RoadRunner è l’assegnazione di un numero massimo di vetture che possono accedere in una determinata zona. Qualsiasi vettura deve ricevere un’autorizzazione virtuale che i ricercatori chiamano “gettone.” Se non vi sono più ‘gettoni’ disponibili, il dispositivo seleziona percorsi alternativi che conducono l’automobilista passo per passo verso la sua destinazione. 

Utilizzare lo standard wireless 802.11p

Il sistema utilizza uno standard wireless chiamato 802.11p, un’alternativa al Wi-Fi che utilizza una fetta ristretta dello spettro elettromagnetico, ma è concesso in licenza per trasmissioni di alta potenza, in modo che si possa avere una frequenza di trasmissione molto più alta.

Nei test i ricercatori hanno utilizzato cellulari per controllare i sistemi radio 802.11p, che hanno la dimensione di un tipico sistema di pedaggio installabile nel cruscotto, ma in futuro potrebbe essere possibile incorporare le radio direttamente nei cellulari, sviluppando quindi un’app scaricabile.

Ricerca sui materiali
Altra questione affrontata, quella dei materiali. Nel corso del Simposio Internazionale in Low Power Electronics and Design  i ricercatori del Mit in collaborazione con la Nanyang Technological University di Singapore, hanno presentato un paper che dimostra come una radio 802.11p composta da nitruro di gallio e controllata da un sistema elettronico in silicio consumerebbe la metà della potenza rispetto alle radio tradizionali. Inoltre, il Singapore-MIT Alliance for Research and Technology (SMART) ha sviluppato una tecnica per integrare il nitruro di gallio nei processi di produzione del chip attualmente proposto in silicone. 

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“Coordinare in tempo reale produzione e consegna, riducendo tempi ed emissioni” il progetto URBeLOG per il trasporto merci urbano

merciIntervista all’ingegnere Marco Annoni di Telecom, capofila del progetto URBeLOG che punta a razionalizzare l’ultimo miglio del trasporto merci in ambito urbano. Coinvolte le città di Torino, Milano e Genova
Secondo i dati del Rapporto Italia Noi appena pubblicato da Istat, “nel 2012 il trasporto di merci su strada ha sviluppato un traffico di oltre 124 miliardi di tonnellate al km, in forte calo (-13,2%) rispetto al 2011”. Si tratta solo degli effetti della crisi, oppure dato che, sempre secondo Istat, “in rapporto alla popolazione, il volume di traffico italiano è inferiore a quello di tutti i principali partner dell’area dell’euro” ci sono altri elementi alla base di questa differenza?
La crisi economica è chiaramente la ragione principale per la quale il trasporto delle merci ha subito un simile calo, ma nel caso italiano c’è un elemento peculiare che ha aggravato la situazione, facendo sì che nel settore il nostro mercato reggesse meno di altri. A differenza di quanto accade in altri Paesi Europei, in Italia il trasporto merci è un comparto estremamente frammentato. Il trasporto logistico è gestito perlopiù da aziende di piccole, a volte piccolissime, dimensioni, composte anche da una o due persone. Ed è difficile fare economia di scala in questo modo; i cosiddetti padroncini sono quelli che hanno fatto più fatica a non farsi spazzare via dalla crisi.

Questa frammentazione è la stessa ragione per cui è così complicato organizzare l’ultimo miglio del trasporto merci? Si parla da anni di razionalizzazione del trasporto logistico in ambito urbano, ma con scarsi risultati, nonostante sia questa una delle principali cause dell’inquinamento e della congestione del traffico in città.
Esatto, questo purtroppo è un grosso problema, e non solo nella logistica delle merci. Nel mondo dei trasporti, in Italia come altrove, gli attori sono incredibilmente eterogenei: aziende individuali, agenzie partecipate, agenzie completamente pubbliche, grandi imprese private… Non sempre gli interessi collimano in questo mix tra pubblico e privato, che fra l’altro è caratterizzato da scale temporali molto diverse. Un elemento con cui dobbiamo purtroppo fare i conti quando parliamo di ICT e infomobilità. Il mondo delle telecomunicazioni è estremamente rapido: il ciclo di vita dei prodotti è breve, le nuove tecnologie vengono superate continuamente, con aggiornamenti, nuove versioni migliorate… pensiamo invece al settore degli autoveicoli: un’automobile circola fino a otto, nove anni, un veicolo commerciale anche venti. Per non parlare delle infrastrutture stradali che le pubbliche amministrazioni pianificano, operano e mantengono con pianificazioni pluridecennali. L’organizzazione del cosiddetto ultimo miglio, il tratto finale prima della consegna delle merci, deve necessariamente coinvolgere i Comuni, ma tra le difficoltà economiche, le implicazioni normative e di processo il coordinamento tra tutti gli attori coinvolti è molto, molto complicata. Non che la gestione dell’ultimo miglio sia un problema solo italiano, anzi. Solo che se già il contesto è complicato, noi riusciamo ad essere anche particolarmente “bizantini”in quanto a burocrazia…

Se vogliamo trasformare davvero le città nelle smart cities di cui si parla sempre più spesso, la mobilità urbana è forse il primo campo in cui è necessario intervenire . E la direzione sembra chiara: connettere i veicoli alla realtà che li circonda. A livello pratico, come si potrebbe applicare al trasporto merci?
Intanto bisogna precisare che, quando parliamo di mobilità e di veicoli connessi non intendiamo esclusivamente le automobili, ma anche le biciclette e le motociclette, il trasporto pubblico e quello commerciale, lo stesso pedone se vogliamo. Il tema dell’infomobilità è diventato sempre più centrale e negli ultimi dieci anni la Comunità Europea si è impegnata con fondi e finanziamenti per sviluppare la ricerca e la standardizzazione nel settore. L’obiettivo è arrivare ad avere veicoli che possano circolare liberamente in Europa con strumentazioni standard in grado di comunicare tra di loro e con le infrastrutture. C’è una grande spinta da parte di Bruxelles in questa direzione, perché permetterebbe di risolvere, o almeno semplificare, tanti problemi allo stesso tempo: sicurezza, efficienza, impatto ambientale… Si va da una cosa semplicissima – in cui l’Italia è all’avanguardia – come il telepedaggio, ai sistemi di car sharing, da soluzioni per aumentare la sicurezza diminuendo il rischio di incidenti, alla prenotazione automatica delle ricariche per le auto elettriche fino alla possibilità di regolare dinamicamente l’accesso alle ztl in base alla congestione del traffico, al meteo, alle concentrazioni di inquinanti. E’ la flessibilità, la chiave di tutto, la possibilità di monitorare ed adattare la viabilità al contesto in tempo reale e in modo dinamico. E ora anche per il trasporto delle merci si stanno aprendo possibilità interessanti. Sia il MIT che il MIUR hanno aperto bandi molto interessanti, che stanno facendo di alcune grandi città italiane dei laboratori a cielo aperto per i Sistemi di Trasporto Intelligente (ITS)

E qui veniamo al progetto URBeLOG, che vi vede direttamente coinvolti: Milano, Torino e Genova: il vecchio “triangolo industriale” sta tornando in prima linea per il trasporto smart? D che cosa si tratta e che ruolo gioca Telecom Italia nel progetto?
Nella tematica “Logistica di Ultimo Miglio” Telecom Italia si è classificata al primo posto nel bando Smart City del MIUR, e l’abbiamo fatto con questo progetto, URBeLOG, appunto, che punta proprio a razionalizzare l’ultimo miglio del trasporto merci. Fondamentalmente si tratta di scardinare quella frammentazione di cui parlavamo prima, coordinando tutti gli attori in gioco per gestire in tempo reale i processi distributivi dalla produzione alla consegna, riducendo tempi, consumi ed emissioni. Telecom Italia è capofila del progetto, ma con noi collaborano tantissimi enti diversi: IVECO, SELEX Elsag, TNT, Politecnico di Torino, Università Commerciale Luigi Bocconi, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa… La sperimentazione coinvolge Torino, Milano e Genova, con un impegno diretto delle amministrazioni, come molto intelligentemente richiedeva il bando. Non resteranno impegni vaghi: ci sono delibere firmate, che garantiscono la collaborazione ed il coordinamento delle agenzie di mobilità, degli interporti e dei vari soggetti interessati dal progetto. I Comuni dal canto loro non riceveranno finanziamenti diretti, ma potranno beneficiare dei servizi che sperimenteremo gratuitamente, aiutandoci a valutare costi-benefici e a migliorare l’attuazione. Concretamente, sperimenteremo dei sistemi di ottimizzazione in tempo reale dei percorsi e dei carichi nelle flotte che distribuiscono i colli ai commercianti, con l’aiuto di dispositivi di localizzazione satellitare ed equipaggiamenti di comunicazione installati direttamente sui veicoli, monitoraggi degli indicatori ambientali… L’aspetto fondamentale è che una volta messi a punto questi modelli saranno assolutamente replicabili nelle altre città, proprio per uniformare e rendere il più efficiente possibile l’intero sistema. Quando avverrà? Si procederà un passo alla volta. Si pensi all’eCall, la chiamata di emergenza veicolare pan-Europea automatizzata in caso di incidenti stradali, che, al termine di un lungo percorso di standardizzazione tecnica e normativo sarà obbligatoria su tutte le nuove auto omologate a partire da ottobre 2015. E’ un dispositivo tecnologicamente semplice che viene installato per uno scopo specifico, ma che, fornendo funzioni di connettività al veicolo, potrebbe diventare una base d’appoggio per altri servizi che magari ora nemmeno immaginiamo. Ci vorrà del tempo, ma il futuro della mobilità è questo, e la strada è già cominciata.

Elena Donà

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Come rendere verdi e pedonali le periferie urbane

seattleOggi più che mai è attuale il dibattito sullo stile di vita attivo, opposto come modello salutare a quello sedentario e dipendente dall’uso dell’automobile per qualsiasi minimo spostamento.
Si tratta di una questione particolarmente importante in un Paese come gli Stati Uniti, dove la conformazione delle cittadine provinciali e dei suburbs (le periferie urbane), costituite da abitazioni isolate, grandi centri commerciali sparsi e mega arterie stradali trafficate, favorirebbero l’uso smodato delle macchine, a discapito degli spostamenti a piedi. Il tutto con ricadute negative sulla salute dei residenti, a rischio obesità e attacchi cardiaci.
MODIFICARE I CENTRI URBANI E SUBURBANI A FAVORE DEI PEDONI E DEL VERDE. In molti urbanisti e architetti si stanno quindi interrogando su come invertire questa tendenza in positivo, modificando questi centri residenziali a favore dello stile di vita attivo. Un esempio ben riuscito in tal senso è rappresentato dal quartiere Northgate, a nord di Seattle, recentemente interessato da un profondo – e ragionato – intervento di retrofit, in chiave green.
PIÙ DENSO, PIÙ VERDE. Northgate è sempre stato “famoso” per essere sede di alcuni dei più antichi centri commerciali del paese, ma anche – negli ultimi tempi – per l’alto numero di malattie croniche associate a stili di vita sedentaria e per i numerosi decessi da incidenti stradali. Ragion per cui un team di progettisti è stato incaricato di riqualificare un’ampia porzione del quartiere, seguendo tre principali direttive: rendere interrati i parcheggi, riportare alla luce il torrente Thornton Creek, costretto sotto terra, e realizzare un vicinato denso, efficiente e verde, con spazi in comune, dove ritrovare il gusto dello stare all’aria aperta e muoversi a piedi.
CONDOMINI LEED SILVER E SPAZI COMUNI. Per Northgate i progettisti, insieme ad una squadra composita di urbanisti e paesaggisti, hanno stabilito un’infrastruttura civica di nuovi parchi, una nuova biblioteca pubblica, un centro comunitario e un grande parcheggio sotterraneo in comune. Tutt’attorno sono stati realizzati una serie di condomini certificati LEED Silver (di cui una parte con alloggi a prezzi agevolati), che incorporano un sistema di teleriscaldamento e che, in fase di cantiere, hanno riciclato il 90 per cento dei rifiuti da costruzione. Tutt’attorno è stato ripristinato l’habitat naturale del fiume Thornton Creek, che aiuta ad assorbire l’acqua piovana in eccesso e che nel giro di pochi mesi ha attirato una serie di specie vegetali e faunistiche andate disperse.
IN MOLTI RESIDENTI HANNO RINUNCIATO ALL’AUTO DI PROPRIETÀ. I risultati non si sono fatti attendere: in moltissimi residenti hanno scelto di rinunciare all’auto di proprietà, preferendo i mezzi pubblici e il car sharing, mentre biblioteca e centro di incontro hanno registrato subito un alto numero di iscritti.

L’auspicio è che ora altri suburbs – americani e non – possano seguire l’esempio.
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