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Architettura per le comunità intelligenti

il “Gruppo di lavoro dell’Agenzia per l’Italia Digitale per le smart city” ha curato e definito il documento “Architettura per le Comunità Intelligenti: Visione concettuale e raccomandazioni alla pubblica amministrazione”, con il quale viene proposto un approccio metodologico e di governance per l’attuazione del paradigma delle smart city/community.
architettura per le comunita intelligenti



Cos’è la Gift city in India?

Cos’è la “Gift city” in India? Potremmo riassumerne il senso con questa frase: «Un tempo le città venivano costruite lungo i fiumi, oggi lungo le autostrade. In futuro saranno edificate in base alla disponibilità di reti in fibra ottica e di infrastrutture di nuova generazione». È quanto ha affermato Narendra Modi, il primo ministro indiano, leader del Bjp, Partito del popolo indiano.
Lo scorso luglio, difatti, il governo di New Delhi ha approvato la legge finanziaria e annunciato un piano ambizioso: la futura realizzazione di 100 smart city. Per la partenza sono stati stanziati intanto circa 900 milioni di euro, per rilanciare l’economia e attirare investimenti dall’estero. Sono già della partita i big del settore hi-tech, tra cui IBM e Cisco Systems. Inoltre in India la popolazione urbana è destinata ad esplodere: secondo uno studio di McKinsey&Company, passerà dai 340 milioni del 2008 ai 590 milioni nel 2030.

Tutto il progetto in essere è una spinta molto forte alla modernizzazione; il progetto delle 100 smart city, in un Paese tuttora con enormi diseguaglianze, che avrà un impatto notevole sul tessuto sociale. Le comunità rurali sono già pronte a lottare, col timore di essere spazzate via dai nuovi giganteschi cantieri. Per ora i dettagli del progetto non sono del tutto noti ma lo saranno nelle prossime settimane, – la supervisione del progetto verrà affidata a un’authority indipendente – però una cosa è certa: alcune smart city nasceranno dal nulla, altre funzioneranno da satelliti di agglomerati già esistenti, in particolar modo lungo l’asse industriale Delhi-Mumbai, ovvero una distanza di oltre mille chilometri. Gift city, quindi la prima del genere, sta già prendendo forma: la città capofila del progetto è Gujarat International Finance Ted-City (GIFT per le iniziali dunque, ma il significato è anche “regalo” tradotto dall’inglese ), nello stato del Gujarat, India occidentale. Sarà, almeno sulla carta, una città totalmente efficiente.

È la promessa di «Gift”, ovvero l’ambiziosissima visione di smart city in costruzione nell’ovest dell’India, a un migliaio di chilometri da Nuova Delhi, a 12 km da un aeroporto internazionale. Un progetto faraonico da ultimare, secondo le intenzioni di chi l’ha promosso, primo ministro incluso, entro il 2020. Già in costruzione, verrà completata entro il 2020 come da progetto, e nelle intenzioni di chi l’ha concepita, dovrebbe diventare un centro finanziario internazionale. Una smart city modello, alimentata a energia solare, con un sistema automatico di raccolta dei rifiuti e di riciclo completo delle acque di scarico, mentre i pendolari riceveranno sugli smartphone aggiornamenti via sms sulla situazione del traffico. Sarà come vivere in una dimensione ipertecnologica, in cui in ogni angolo si nasconde un chip.

Qualcuno in tutto questo potrebbe andare coi ricordi alla lettura futuristica di Orwell; ci saranno cinque ingressi e ognuno rileverà i dati biometrici dei non residenti per identificarli in fretta, in caso di necessità. Questo per scoraggiare in partenza chi arriva con cattive intenzioni. Ogni area non privata sarà piena di telecamere e sensori elettronici, con sistemi di riconoscimento facciale di serie per tenere alto il livello di sicurezza. In questo modo se è vero che si rinuncia ad una parte considerevole di privacy, dall’altra almeno tutto ciò dovrebbe essere il modo in grado di garantire il massimo della tranquillità. L’idea di fondo è che per rendere una città davvero intelligente non basta adeguare e modernizzare le strutture già esistenti: bisogna partire da zero, dalle fondamenta. Sta davvero succedendo ora su una distesa di 3,5 milioni di metri quadri, dove dal nulla si sta alzando uno skyline che include edifici come la «Diamond Tower», una torre da 410 metri collocata su un’isola. E poi ecco le torri di cristallo, una considerevole porzione di spazio dedicata all’intrattenimento, hotel di lusso, scuole, ospedali. Praticamente quasi una copia di Dubai. Un’altra Shanghai. Un centro finanziario modernissimo in grado di attrarre investimenti e fare concorrenza seria e agguerrita a istituzioni nel business degli affari come Londra o New York.

Questi alcuni degli elementi innovativi: in città, anzi nella Smart city, si starà al fresco, persino nelle estati più torride (e quelle indiane lo sono per davvero ), grazie a un sistema brevettato che farà circolare acqua fredda tra i muri rendendo superflui e “antichi” i condizionatori. Ogni palazzo sarà coibentato, per ridurre al minimo lo spreco di energia; la pioggia verrà recuperata e depurata, da ogni rubinetto scorrerà acqua potabile. Non si butterà via la spazzatura: i rifiuti verranno aspirati dagli edifici stessi e condotti direttamente fino alla discarica, lasciando le strade pulite. Per lo standard di troppe aree del subcontinente asiatico è quasi un miracolo. La rete di trasporti sarà capillare e soprattutto puntuale: addirittura in ogni momento si potrà sapere quando sono in arrivo l’autobus o la metro, e perfino dove si trova il parcheggio libero più vicino.Un aspetto importante è anche il lavoro : tra le assunzioni dirette e indotto, ci saranno un milione di posti di lavoro. E in generale la tecnologia è la strada scelta dal governo di Delhi per rispondere alle sfide dell’urbanizzazione.

Si tratta di una sfida all’Occidente e agli altri centri occidentalizzati non troppo distanti. Una specie di laboratorio che ha attratto colossi internazionali, a partire dalle banche americane. Ma che, proprio per la sua vocazione hi-tech, ha destato l’interesse delle multinazionali del settore: Ibm, Oracle e Cisco già investono denaro e know-how in questa rivoluzione tecnologica dell’abitare, del lavorare, del vivere e trasformare la città in India e non solo. L’ultimo annuncio, proprio di questi giorni e che ha fatto parlare del progetto, coinvolge anche l’Europa: Alcatel-Lucent Enterprise, azienda con sede in Francia e specializzata in soluzioni di networking e cloud, sarà responsabile e allo stesso tempo protagonista dell’ennesima sfida di Gift. Trasformare la comunicazione da semplice servizio a risorsa strategica: creare un sistema che integri telefonia tradizionale e Ip, connettività locale e internazionale, Wi-Fi, sincronizzazione tra i dispositivi per uso personale e professionale. Il tutto utilizzando un’infrastruttura di rete intelligente.
Insomma, come per i tubi in cui circola l’acqua, come i sistemi per lo smaltimento dei rifiuti, come i tunnel per gas ed elettricità zeppi di sensori per segnalare guasti e disservizi in tempo reale, è necessario anche un robusto scheletro che assicuri una connessione velocissima e stabile al web, al servizio dei cittadini, delle imprese, della sicurezza. Tutto questo è fondamentale per la riuscita di una città che sia smart non solo di nome, ma anche di fatto. Un “Gift ” tecnologico ma in ultima analisi concepito e realizzato al servizio dell’uomo.

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Smart cities, per farle decollare servono nuovi modelli di business

Secondo il rapporto di Osborne Clarke serve una partnership fra settore pubblico, privato, banche e fondi di investimento per sviluppare nuovi modelli di business. L’Italia si piazza ai primi posti per incentivi a smart meter e riqualificazione energetica degli immobili pubblici.

La tecnologia da sola non basta per trasformare una città in una smart city. E’ vero, lo sviluppo di dispositivi e sistemi innovativi e intelligenti è sicuramente il primo passo per poter ‘pensare’ a un modello urbano smart, ma affinché questi vengano implementati ed inseriti all’interno di un progetto complesso serve di più. Servono un quadro normativo condiviso e un sistema di finanziamenti e incentivi, insomma servono nuovi modelli di business in grado di spingere la domanda dei consumatori.

A rivelarlo è l’ultimo report redatto dallo Studio legale Osborne Clarke, intitolato “Smart cities in Europe”, che raccoglie opinioni e testimonianze di 300 dirigenti di società tecnologiche, fondi di investimento, banche, società di consulenza e esponenti governativi di 11 paesi europei, tra cui l’Italia. Lo studio parte da alcuni dati: il 51% delle 468 città europee con più di 100mila abitanti viene considerata smart, ma soltanto il 28% di queste ha effettivamente sviluppato un piano effettivo, perché il restante ha sviluppato progetti ancora in fase pilota o addirittura non ancora messi a punto.

Mancano investimenti in progetti smart
Sono quattro i settori che sono stati analizzati come concetti-chiave della smartness urbana: smart grid, stoccaggio energetico, efficienza degli edifici e mobilità sostenibile. Chiamati ad identificare i più grandi ostacoli che limitano un reale sviluppo dei singoli comparti, gli intervistati hanno identificato la mancanza di investimenti come la principale causa di rallentamento nel settore della mobilità sostenibile, mentre nel settore dell’energy storage e dei sistemi efficienti per edifici la mancanza di sistemi di finanziamenti è riconosciuto come l’ostacolo, rispettivamente, numero 2 e 3.

La migliore soluzione è il project financing
Il miglior modo per colmare questa mancanza di investimenti è lo sviluppo di partnership pubbliche-private, che secondo tre quarti degli intervistati sarà l’unico strumento in grado di guidare lo sviluppo di programmi infrastrutturali smart nei prossimi tre anni. Sempre secondo i risultati dello studio è soltanto attraverso una collaborazione fra il settore privato e quello pubblico, banche, fondi di investimento e aziende che sarà possibile sviluppare dei modelli di investimento che possano soddisfare tutti i soggetti coinvolti. Secondo il 69% del campione è il project financing l’unico strumento in grado di dare un reale contributo al cambiamento.

Tutti i soggetti coinvolti dovrebbero sviluppare nuovi modelli di business
Le tecnologie ci sono, sottolinea lo studio legale, ciò che manca è la domanda dei consumatori, sopratutto per ciò che riguarda l’implementazione di smart meter e di sistemi di building control. Le aziende produttrici sono state impegnate, in tutti questi anni, nello sviluppo di nuove tecnologie e di sistemi innovativi, ma hanno investito poco nel lancio di modelli di business attrattivi per utilizzatori e investitori. Modelli che dovrebbero ovviamente essere supportati a livello governativo, sia centrale che locale.

L’Italia fra i primi posti per modelli incentivanti
Il report cerca anche di tracciare un quadro della situazione a livello europeo, identificando i paesi che si stanno muovendo maggiormente verso la creazione di modelli per smart cities. E a sorpresa l’Italia è una delle nazioni che ‘incassa’ i migliori risultati, con il 75% delle città con più di 100mila abitanti che vanta iniziative smart. Il Bel Paese si distingue sopratutto nel campo dell’efficienza energetica, con il 90% delle utenze dell’elettricità gestite da smart meter, di contro a una media europea dell’80%, con paesi come la Germania e l’Inghilterra piuttosto indietro. Altro ‘vanto’ per l’Italia le varie tipologie di incentivi previste per la riqualificazione energetica, primo fra tutti l’obbligo per la PA di riqualificare almeno il 3% degli immobili pubblici.

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Idee innovative per le città del futuro

Case e orti urbani galleggianti, immobili ricavati da vecchi granai abbandonati o in micro spazi urbani inutilizzati, funghi hi-tech per il compostaggio in città. Queste le proposte vincitrici del concorso di idee ‘Cities of Our Future’

La crescente urbanizzazione impone di ridisegnare le città in un’ottica di sostenibilità, intelligenza e vivibilità. E per farlo servono nuove tecnologie, ma sopratutto idee che le rendano applicabili. Idee che non necessariamente devono essere grandi e rivoluzionarie ma possono anche essere semplici soluzioni ad alcune problematiche e piccole innovazioni che innalzino la qualità della vita degli abitanti.

E’ partito da queste considerazioni il concorso di idee ‘Cities for Our Time’, bandito dal magazine Metropolis, che ha recentemente annunciato i vincitori. Ai partecipanti è stato chiesto di presentare una proposta concreta e site specific che potesse rispondere ad almeno una delle ‘questioni urbane’ che dovranno essere necessariamente affrontate nei prossimi anni: dai cambiamenti climatici alla domanda abitativa, dalla necessità di ridurre l’impatto ambientale a un miglioramento della mobilità urbana.
Non è stato posto un limite che potremmo definire ‘di grandezza’, alle soluzioni (si poteva andare da semplici gadget a idee per riprogettare un intero nucleo urbano) ma l’importante è che fossero realizzabili e appositamente pensate per una specifica area o struttura.

Giuria ‘social’ e giuria critica
Le proposte sono state pubblicate su una pagina web dedicata e votate da una giuria ‘popolare’, attraverso il canale Facebook, e da una ‘critica’, composta da professionisti, studenti e esperti del settore. Quelle ‘idonee’ sono state raccolte e pubblicate in un libro acquistabile online e intitolato “Cities for Our Time Fall 2014 Competition Entries”, mentre i vincitori sono stati ‘sponsorizzati’ via web.

Vediamo le proposte che hanno conquistato il podio- sia per i critici che per la giuria popolare- e che potrebbero essere destinate a cambiare il volto delle nostre città future.
NIMITZ GARDENS di James Ferello, studente alla University of Cincinnati
1° posto giuria critica
2° posto giuria popolare

gardens

Siamo nella baia di San Diego, dove Ferello ha progettato una sorta di giardino pubblico galleggiante. L’area, accessibile a chiunque, dovrebbe essere utilizzata non soltanto come parco dove passeggiare, fare sport e via dicendo, ma sopratutto come orto pubblico, dove ciascun cittadino possa coltivare frutta e ortaggi. Per l’irrigazione del ‘giardino galleggiante’ si utilizzerebbe naturalmente l’acqua marina sottostante che, grazie a un mega impianto depurativo, verrebbe filtrata e sanificata.

FLOATING SUBURBIA: ANTICIPATING CLIMATE CHANGE di Michael Kaufman, studente University of Cincinnati

1° posto giuria popolare

suburbia

La proposta di Kaufman vuole essere una soluzione ai cambiamenti climatici ed è appositamente pensata per la città di Houston, in Texas. Una città che conta una popolazione di oltre 6,3 mln e che è vicinissima al Golfo del Messico e quindi subirà gli effetti di un’innalzamento dei livelli dell’acqua. Per risolvere questo problema sono state immaginate delle case galleggianti, o meglio un sistema che renda galleggianti gli edifici esistenti. La ‘trasformazione’ dovrà essere graduale e dovrebbe portare, da qui fino al 2080, una vera e propria elevazione delle abitazioni. La novità però non è solo questa, ma anche nell’aver pensato un sistema strutturale alla base degli edifici totalmente sostenibile ed economico perché realizzato con gli scarti di vecchie bottiglie di plastica.
360 LIVING SILOS di Elaine Gallagher Adams, AIA, Raquel Alves, Megan Hopton, Al-Sharif Khaled, Najah Wallabi, Chen Zhao, professori e studenti al Savannah College of Art and Design (SCAD)

2° posto giuria critica

silos
Quante strutture dismesse e inutilizzate potrebbero essere recuperate per scopi abitativi? Risponde a questa domanda la proposta di trasformare tutti i silos non più utilizzati per il deposito e lo stoccaggio di grano in condomini eco sostenibili ed efficienti. E anche belli, a dir il vero. La particolare forma cilindrica consentirebbe di progettare degli appartamenti perfetti da un punto di vista di orientamento, perché, avendo a disposizione uno spazio di 360°, potrebbe essere possibile pensare per ogni stanza la giusta posizione. Con un conseguente risparmio anche in termini di consumi energetici. A ‘completare l’opera’ almeno due piccoli giardini interni per piano, perché se si costruisce green, il verde vero non può mancare.
URBANIZING SETBACKS di Zoltan J. Racz e Nathan Korrki

3° posto giuria critica

urbanizing
E’ vero che le periferie vanno rigenerate e riqualificate, ma molte delle persone che lavorano in città preferirebbero vivere vicino al posto di lavoro, se solo potessero permetterselo. Senza poi considerare che il pendolarismo quotidiano è dannoso anche per la città perché si traduce in tanto traffico e inquinamento. Come coniugare, quindi, basso impatto ambientale con sostenibilità economica? Sfruttando tutti quegli spazi inutilizzati, che potrebbero essere usati per realizzare dei micro condomini. Questa la proposta di Racz e Korrki, che hanno immaginato nella downtown di Phoenix, in Arizona, un piccolo complesso edilizio con 18 micro-abitazioni, spazi di co-working, e un supermercato, da realizzarsi su un terreno in disuso davanti a un parcheggio. La struttura, va da sé, è altamente sostenibile: ha pannelli solari in copertura, impianti efficienti e pavimentazioni in legno riciclato.

WASTE TO BEAUTY, FUNGI COMPOSTING GARBAGE di Erica Anderson, studente alla University of Cincinnati

3° posto giuria popolare

composting

Segue la scia dei solar e wind tree la proposta di Anderson di realizzare dei mini ‘funghi’ per il compostaggio dei rifiuti organici che siano anche piacevoli da vedere. La soluzione è stata specificatamente pensata per la città di Chicago, in modo da consentire al singolo cittadino ma sopratutto ai gestori di bar e ristoranti di smaltire i propri rifiuti personalmente e in modo più semplice e immediato. Compostaggio, ma non solo. I funghi sono infatti pensati per essere energeticamente indipendenti, grazie alla ‘raccolta’ di sole ed acqua; hanno una funzione ‘educativa’ perché la base trasparente permette ai passanti di capire il funzionamento del sistema e fungono anche da illuminazione notturna, perché i ‘rami’ hanno un fluido fosforescente.

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Smart cities, verso una road map europea

Pubblicati i primi risultati del progetto Transform che coinvolge 6 città europee, tra cui Genova. I dati saranno la base per la costruzione di un percorso smart e flessibile applicabile e replicabile in diverse realtà

A distanza di più di un anno dall’avvio del progetto Transform, a cui hanno aderito sei città europee (Genova, per l’Italia) con l’obiettivo di trasformarsi in tre anni in smart cities, si raccolgono i primi risultati e si fa il punto della situazione. Quali le misure messe in campo in termini di risparmio energetico e sostenibilità ambientale e con quale esito? E quali i risultati attesi con provvedimenti che verranno attuati nel medio-lungo periodo?

Individuare una metodologia di trasformazione replicabile
La fotografia, scattata per le singole città con dati raccolti attraverso un questionario ad hoc sviluppato da Arup in collaborazione con Accenture, è stata resa pubblica. Lo scopo ovviamente non è quello di stilare una graduatoria delle città che si stanno ‘comportando meglio’ né tantomeno di premiare quelle che hanno raggiunto le performance migliori o che si sono poste gli obiettivi più ambiziosi. Perché l’obiettivo del progetto “Eu-FP7 Transform” è molto più complesso e ‘virtuoso’: quello di individuare, partendo dallo studio di strumenti e percorsi di pianificazione strategica e di esperienze concrete nelle sei città partner, una metodologia di trasformazione, un percorso smart, sufficientemente flessibile per consentirne l’applicazione e replicabilità in realtà diverse.


Ecco che i dati pubblicati nel City Baseline Analysis (vedi allegato), a loro volta confluiti nel City Baseline Reports, diventano utili in primo luogo per le città coinvolte nel progetto, che potranno confrontarsi, a mettere a raffronto le proprie esperienze con quelle altrui, ‘saccheggiare’ best practices, ‘raddrizzare il tiro’ ove necessario o avere la conferma di star percorrendo la strada giusta. I dati, accessabili e aggiornabili in tempo reale grazie ad una piattaforma condivisa, porteranno allo step successivo del progetto, quello della redazione di un’ Agenda di Trasformazione. Si procederà poi, obiettivo finale di ‘Transform’ a redigere il Smart Cities Handbook, Manuale delle Smart Cities, strumento interattivo che conterrà le indicazioni strategiche e riferimenti a casi specifici per avviare una precisa road map europea verso la urban smartness.

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Smartcities_Progetto_europeo_Transform_Baseline_Analysis_Reports




Terza edizione del rapporto ICity Rate

smart city

Fotografare la situazione delle città capoluogo italiane nel percorso verso città più intelligenti, ovvero più vicine ai bisogni dei cittadini, più inclusive, più vivibili. Il Rapporto è a disposizione di tutti coloro che a diverso titolo (amministratori, imprese, cittadini, associazioni) sono interessati a migliorare la qualità dei nostri insediamenti territoriali

Per realizzare “La classifica delle città intelligenti italiane”, ICity Lab individua e analizza diverse dimensioni urbane e, per ognuna di queste, un certo numero di variabili e di indicatori. I valori ottenuti dall’esame delle variabili/indicatori sulla base delle fonti esistenti, vengono poi trasformati e aggregati in un unico valore di sintesi che consente di stilare un indice finale (ICity index), in base al quale è definita “la classifica annuale delle città intelligenti italiane” (articolabile nelle componenti standard e smart) .

Gli indicatori: (circa 70) utili a descrivere il sistema delle città capoluogo italiane sono suddivisi  in  sei dimensioni: economia, ambiente, mobilità, governo, qualità della vita e capitale sociale,  seguendo uno schema ormai consolidato nelle analisi internazionali delle smart cities.

I risultati:  sono le città metropolitane del Centro-Nord a risultare le più avanzate: Milano con 623 punti è prima e guadagna due posizioni rispetto al 2013; seconda si riconferma Bologna (610 punti), e al terzo posto si colloca Firenze (558 punti), guadagnando quattro posizioni. In forte crescita anche Venezia, che passa dal 10° al 6° posto e Roma che guadagna 11 posizioni, dal 23° al 12°.

Rispetto al 2013 risulta ancora più evidente il divario tra le città del Nord e quelle di Sud e Isole. La migliore tra le realtà del Mezzogiorno è Cagliari, che si ferma al 60° posto. Seguono Pescara al 62° e L’Aquila al 64°, che insieme a Bari e Sassari costituiscono la fascia più avanzata del Mezzogiorno.

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ICityrate_2014




Crescita digitale 2.0

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Giovedì mattina si è svolto a Palazzo Chigi l’incontro di presentazione del Piano per la crescita digitale da parte del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Del Rio e dalla direttrice dell’Agenzia Digitale italiana, Alessandra Poggiani.

Il Piano è sinergico alla Strategia per la banda ultralarga presentato pochi giorni prima dal Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar e di cui rappresenta la logica continuità riferita alla offerta/domanda di servizi.

In parole povere stiamo parlando di un pezzo consistente di quell’Agenda Digitale che stenta a decollare e, soprattutto, a mostrare i suoi effetti benefici per lo sviluppo e il benessere del paese.

I destinatari della presentazione di giovedì erano le Regioni italiane. Gran parte del budget su cui il Governo punta per investire nella crescita digitale, infatti, è riferito proprio ai fondi del POR-FESR 2014-2020 e in particolare a quelli previsti per il raggiungimento dell’Obbiettivo Tematico 2 denominato appunto Agenda Digitale.

Al netto di tutti questi tecnicismi, la proposta prevede di mettere assieme 1,8 miliardi di euro gestiti dalle regioni e 2 miliardi di euro gestiti dallo stato.

Questo tipo di collaborazione, o meglio di co-progettazione (parole della direttrice Poggiani), rappresenta l’unica possibilità per il raggiungimento di obbiettivi ambiziosi e di larga scala.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza e a interpretare meglio la presentazione di giovedì che, comunque, verrà a breve pubblicata sul sito di Agid assieme al documento di dettaglio del Piano, che verrà poi aperto alla consultazione pubblica.

Temi:

I destinatari del piano (direi FINALMENTE) sono i cittadini e le imprese, e non la PA. Questo al sottoscritto era chiarissimo sin da quando l’allora Ministro alla coesione Barca pubblicò il documento metodi e obbiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari. Purtroppo molte amministrazioni centrali e regionali hanno sin qui provato ad eludere questa indicazione, cercando di negoziare finanziamenti per il GOV2GOV invece di seguire il documento Barca e i successivi Accordi di Partenariato che ben indicavano come obbiettivo esclusivo delle azioni derivanti dall’uso dei fondi UE, ovvero quello del GOV2BIZ.

Insomma, il digitale deve servire alla crescita del paese e non alla Pubblica Amministrazioni per rifarsi il trucco. La PA è il mezzo, non il fine della crescita digitale.

Certo, in mezzo a tutto ciò c’è lo switch-off della PA (servizi erogati SOLO in modalità digitale) ma per questo obbiettivo non servono fondi europei, serve il buon senso.

Su tutto ciò si innestano le grandi azioni già concluse o in fase di completamento (identità digitale SPID, Sistema Pubblico di connettività SPC, Riduzione dei Data Center pubblici e passaggio al Cloud PA, Sistema dei pagamenti, Anagrafe Nazionale della Popolazione, Open Data, ecc.) che rappresentano l’infrastruttura sulla quale costruire in modalità collaborativa (co-progettazione) i nuovi servizi digitali ospitati da Italia Login.

Cosa sarà Italia Login non è ancora del tutto chiaro ma, dalla presentazione, si immagina un contenitore di dati, servizi e sistemi pubblici che espone API (Application Program Interface) attraverso l’interrogazione delle quali costruire servizi locali e/o collaborativi.

Governance:

Veniamo al punto dolente. Nonostante lo sforzo di semplificazione comunicativa rimangono grossi dubbi sulla frammentazione dei ruoli e delle competenze.

La slide presentata semplifica sin troppo quella che è un matassa intricata e che forse potrebbe rappresentare un ostacolo alla realizzazione dell’intero impianto dell’Agenda Digitale.

I soggetti protagonisti di nomina governativa sono molteplici e vado a memoria nell’elencarli, sicuro di dimenticarne molti:

  • Paolo Barberis – Consigliere per l’innovazione del Presidente del Consiglio
  • Riccardo Luna – Digital Champion per l’Italia presso la UE
  • Paolo Coppola – Presidente Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana presso Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Alessandra Poggiani – Direttore Agenzia per l’Italia Digitale
  • Stefano Quintarelli – Presidente del Comitato di indirizzo AGID
  • Raffaele Tiscar -Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi con delega alla Banda Larga e ultra larga

poi ci sono le organizzazioni/istituzioni (ne elenco alcune che hanno competenze specifiche o Piani Operativi in materia di Digitale):

  • Agenzia per la Coesione – Fondi strutturali UE
  • Ministero per la Salute – Fascicolo sanitario elettronico, Tessera sanitaria (TS), Centro unificato di prenotazione (CUP), Ricetta elettronica, ecc.
  • Ministero Università e Ricerca – Smart Cities, Competenze digitali, Scuola digitale, ecc.
  • Ministero Sviluppo Economico – Banda Larga, Start-Up, ecc.
  • Ministero della Giustizia – Processo telematico, ecc.
  • Conferenza Stato Regioni/Cisis – Coordina le politiche regionali in ambito Digitale
  • ANCI
  • Sistema Camerale
  • ecc.

Inoltre, durante al riunione di giovedì il sottosegretario Del Rio ha proposto alle regioni di entrare al più presto nella ‘Cabina di regia‘ che, a questo punto, mi piacerebbe conoscere meglio da chi è formata e che competenze di indirizzo ha.

Ovviamente dimentico altri soggetti decisori strategici e/o stakeholder di primaria importanza come ad esempio Confindustria e il mondo delle Associazionismo/ONLUS, ecc.

Tanta gente, forse troppa. Qui rivedo le mie riflessioni di qualche mese fa e mi convinco sempre di più che ci vorrebbe un Ministero ad hoc sul digitale con ampia disponibilità di portafoglio ma soprattutto con SUPERPOTERI!

Risorse:

Qui la situazione è più chiara. In primis ovviamente i Fondi Strutturali 2014-2020 per le componenti nazionali PON e regionali POR. Poi molte aspettative sul Fondo Sviluppo e Coesione al quale tutti guardano con grande attenzione e speranza.

L’ammontare per la parte crescita, e dunque servizi per cittadini e imprese (quindi senza considerare sanità, giustizia, banda larga, ecc.) viene stimato in 4,5 di Euro, cui 3,8 miliardi di Fondi UE e 0,7 miliardi che, molto probabilmente, dovranno essere reperiti da qualche capitolo statale.

Poco, tanto? Non lo so. Sinceramente gli unici indicatori quantitativi che abbiamo sono quelli sul da farsi (Digital Agenda Scoreboard), mentre disponiamo di pochi e chiari e documentati sul ciò che è stato fatto e su quanto è stato speso. Anche se la situazione di ritardo digitale ci fa capire per approssimazione che sinora si è speso troppo e male.

Considerazioni:

Il vero problema ora è far presto, stabilire un rapporto collaborativo Stato – Regioni per accelerare quelli che molto probabilmente verranno configurati come Accordi di Programma per l’attuazione dell’Agenda Digitale.

Accordi snelli, basati sugli obbiettivi comuni e non sulla governance. Sarebbe un errore creare sovrastrutture di gestione anche se l’esperienza dei vecchi CRC potrebbe essere un esempio da rispolverare.

Di cosa ha bisogno il paese lo sappiamo tutti, speriamo solo che dopo questa presentazione non ci si perda in liturgie infinite per affidare a soggetti individuali, strutture ad hoc o peggio ancora forme consorziate, la governance di singoli progetti.

Non abbiamo bisogno di protagonisti, abbiamo bisogno di fatti.

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Smart city: 4 consigli per affrontare l’innovazione nel 2015

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Ci sono delle scale da dover salire. Può sembrare un ostacolo. Ci possono essere, però, alla fine di questo percorso delle straordinarie opportunità. La Società di consulenza Gartner ha indicato ai manager (anche i “pubblici” che definisco come i “decisori”) i 10 principali trend tecnologici per il 2015 (Gartner, i 10 trend tecnologici che i manager devono conoscere)

Chiariamoci subito. Quelle che vengono indicate non sono le “nuove tecnologie”. Gartner indica i trend in corso. Ciò che voglio sottolineare é l’agire umano di fronte all’evoluzione dell’Information and Communication Technology.

Ho provato a tradurre 4 tendenze (anche con l’aiuto delle nuovo software per sviluppare immagini CANVA) in scenari/attività pensando ad un Sindaco, ad un pubblico amministratore e …. non solo. D’altronde siete sempre tutti pronti a parlare di smart city.

  1. Computing ovunque. Lo sottolineo sempre, anche nei miei libri, l’avvento pervasivo dei device mobili come strumento di connettività al web cambia la nozione e la forma del concetto di spazio. Il concetto di spazio andrà riconsiderato nella sua forma/visione più ampi. Ripensare gli spazi di vita (anche quelli di lavoro) é una attività indispensabile per le aziende (e per le P.A.) smart. “Sono gli ambienti di lavoro e pubblici che dovranno adattarsi agli utenti”, sostiene Gartner.

Ripensare l’uso di Internet of Things. Quanti Sindaci e gestori di Public Utilities hanno pensato che I.O.T. non é quantità (alla faccia degli indici quantitativi sulla smartness)? Chi avrà la capacità di concepire e organizzare attività di gestione, monetizzazione, produzione, estensione dei dati che provengono da I.O.T.? È aperto un concorso

Stampanti 3D. Gartner afferma che le spedizioni di stampanti 3D aumenteranno del 98% nel 2015 e raddoppieranno nel 2016. L’uso della stampante 3D pervaderà non solo gli ambiti produttivi, ma anche i luoghi della creatività e dell’istruzione. Si sta affermando sempre di più l’epoca degli “ecosistemi innovativi”. Vi prego non parlatemi più del telelavoro. Evitate di raccontare che i coworking sono i luoghi delle partite IVA.  Non sminuite così la portata innovativa di chi lavora in modo decontestualizzato utilizzando strumenti che esaltano il valore della digitalizzazione

Analytics avanzati, pervasivi, invisibili. Milioni di oggetti, milioni di social conversazioni, tutte le attività umane interfacciate con il web generano, nel loro dispiegarsi, dati. I dati rappresentano oggi l’essenza della conoscenza. Chi decide quali dati assemblare? Chi decide dove assemblare i dati? Chi decide come visualizzare i dati? Ecco la nuova dimensione degli open data. Ecco la necessità di una nuova generazione di dashboard di visualizzazione della quale ogni Amministrazione avrebbe un disperato bisogno se vuole governare davvero le città

La realizzazione di questi prodotti/servizi é ormai indispensabile in ogni città che voglia definirsi smart. Cosa manca allora? Una forte consapevolezza nelle Governance cittadine e la voglia di immaginare e di non subire il futuro

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Could the new EU Commission ignite a Smart Cities revolution across Europe?

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In one of her final speeches as the Vice President of the European Commission for the Digital Agenda, Neelie Kroes claimed that Europe is missing out on a global digital opportunity. She recognised that a digital revolution isn’t just about which model smartphone you have but about the lives that people lead across the Union, and in the context of our day-to-day lives and increasing urbanisation across the World, the Smart City revolution offers those significant advantages – including smart travel, efficient energy use, e-health and e-education to name a few. The new Commission President Jean-Claude Juncker has been clear that the Digital Agenda is once again a top priority for the new Commission but will this deliver the Smart Cities revolution that we need across the Union?

Encouragingly, the parliamentary approval of the new European Commission last week demonstrates that the digital agenda will continue to be a top priority for policy makers across the institutions. Ms Kroes’ role has been expanded in the new Commission too – with a Vice President for the Digital Single Market (Andrus Ansip), a Commissioner for the Digital Economy & Society (Gunther Oettinger) and a digital brief in no less than another 11 commissioner portfolios. This  indicates that President Junker is standing by his pre-election pledge of making the Digital Single Market a top priority. The estimated EUR250bn of new growth off the back of an efficient, connected European Digital Single Market together with the potential for export opportunities to advancing economies such as China – where new Smart Cities are being built from scratch – explains the continued focus on the Digital Agenda.

However, Ms Kroes has also expressed her view of the immediate challenge of a digitally divided Europe – which she described as a digital Europe versus an analogue Europe. As a consequence, the local impact of a Commission driven approach to the Digital Agenda and Smart Cities investment is likely to be vastly different across the Union. Germany and Italy were identified by Ms Kroes as two of the worst performers for connectivity which, with Italy currently presiding over the European Council, could either be a help or a hindrance.

But what could this mean for existing and new policy output from the Commission? The anticipated completion of the existing draft directives on data protection and cyber security reform remain high on the agenda – although the impact of ongoing negotiations for the Transatlantic Trade and Investment Partnership with the United States is not yet fully understood. It will probably also mean a harder push on reforming the telecoms market (including spectrum reform) following the recent Connected Continent package too – the lack of progress on this front being a failing that Ms Kroes recognised in her speech to the Broadband World Forum in Amsterdam last Wednesday.

Whilst the prioritisation of the Digital Agenda is welcomed, it is also clear that the challenges are still vast. The new Commission takes up post with an already full brief. Ms Kroes was well respected during her time as Vice President but the to-do list is as long as ever. Mr Oettinger’s task is especially challenging: he has been asked to report on the obstacles preventing a connected Digital Single Market within the first six months. That includes reform of the telecommunications market, including harmonising of spectrum rules. Getting this right will create the foundation on which Smart Cities can be built. Without harmonisation of rules and agreed standards to allow interoperability, a European revolution of Smart Cities advancement for the 21st century would appear to have significant obstacles in its path.

If the Commission delivers on its promises, Europe could see a Smart Cities revolution take place generating much needed economic growth and creating lucrative export opportunities. Mr Oettinger’s report on the European Digital Single Market in six months’ time will therefore be an eagerly awaited read.




Dal wi-fi al car sharing, ecco cosa rende “intelligenti” le città che rilanciano l’Italia

smart-cityMilano al primo posto, poi Bologna e Firenze, nella nuova graduatoria delle “smart cities” in grado di sostenere lo sviluppo del nostro Paese. Ma il confronto internazionale dimostra che siamo ancora lontani dall’avanguardia

Le prime in Italia sono le ultime (o quasi) in Europa. Oggetto: le città più “intelligenti”, ovvero quelle che aiutano a creare un’impresa e offrono spazi verdi, asili nido, trasporti efficienti insieme a una rete sociale che non ci faccia sentire soli. In classifica Milano è la “numero uno”, sugli altri gradini del podio Bologna e Firenze, seguite da Modena, Padova e Venezia. Roma? Dodicesima, due posizioni prima di Torino. Maglia nera, con il numero 106: Reggio Calabria.

La nuova fotografia dei capoluoghi “smart”, scattata da quelli di ICity Rate 2014 è una classifica (la presentano oggi a Bologna) che viene stilata ogni anno e analizza 72 indicatori: dai chilometri di piste ciclabili presenti nel territorio comunale ai chili di raccolta differenziata fatta da ogni abitante. Fino all’applicazione della tecnologia nella gestione del traffico. “Ma non è solo un semaforo intelligente a rendere “intelligente” una città – avverte Gianni Dominici, sociologo dell’innovazione e direttore generale di Forum PA, la società che mette a punto la graduatoria – le smart cities sono quelle in grado di rilanciare lo sviluppo, di riavviare i motori del Paese: eccellenti dal punto di vista economico e in grado di offrire una buona qualità della vita”.

Così quest’anno, per la prima volta, emergono con prepotenza le grandi città. “L’Italia dei borghi ha un ruolo fondamentale nel vivere bene – continua Dominici – ma se vogliamo diventare competitivi a livello internazionale dobbiamo ripartire da quei territori fertili dove è più facile dare spazio ai cittadini e far crescere le nuove iniziative”.

In concreto cosa cambia nella vita di un giovane che abita a Milano piuttosto che a Reggio Calabria? Cambia che trova se non proprio il lavoro almeno i luoghi e le condizioni per avviare un’impresa e confrontarsi con altri talenti: spazi di co-working, incubatori per start up e accesso più semplice al credito. Poi i servizi e le infrastrutture per spostarsi con agilità, magari in modo alternativo grazie alla connessione diffusa, ai trasporti pubblici capillari e alle applicazioni per car o bike sharing. Quindi parchi, cinema e mostre per divagarsi, quartieri sicuri, assistenza sanitaria e un buon governo del territorio. “Perché se l’innovazione non viene bene amministrata – sottolinea Dominici – è difficile che riesca a farsi strada”.
Al di là della graduatoria generale ci sono poi una serie di eccellenze settoriali. Firenze è la migliore città nel governo locale, Milano ha il primato nell’economia e nella qualità della vita, Trento (che l’anno scorso era in vetta e stavolta scivola al 13esimo posto) vince la palma di più attenta all’ambiente, Ravenna è campione nell’offerta di reti e relazioni sociali mentre Venezia batte tutti nella mobilità. “Sembra assurdo per una città attraversata dalla laguna, che ai più fa pensare a gondole e vaporetti, ma a livello internazionale l’antica repubblica marinara ha una posizione strategica e buone infrastrutture: una stazione ad alta velocità che arriva in centro, un aeroporto, le autostrade. È ben accessibile da tutta Europa”, continua Dominici.

Se tra le città medio-piccole la più smart è Pisa (19esima per i suoi 89mila abitanti) e tra le piccole svettano i 49mila cittadini di Mantova (piazzata al gradino 26), resta del tutto irrisolta la questione meridionale. Nel Mezzogiorno le performance migliori sono quelle di Cagliari, 60esima, seguita da Pescara e L’Aquila. Ma bisogna arrivare in coda per incontrare le grandi città del Sud: Bari è al numero 71, Napoli all’80, Palermo all’82.
Proprio a queste realtà, forse le meno pronte ad accoglierli, arriverà la fetta maggiore dei fondi europei destinati ai progetti urbani. “Almeno 3,5 miliardi di euro, da sfruttare fino al 2020”, fa i conti Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum PA. “Dei 70 miliardi in ballo per l’Italia, la metà comunitari e la metà cofinanziati dal nostro Paese, almeno il 5 per cento dovrà essere destinato a migliorare le città, mentre un altro miliardo è stato già stanziato per lo sviluppo sostenibilee tecnologico delle città metropolitane. Speriamo di non sprecarli”.

Di fatto molto resta da fare, soprattutto in confronto agli altri stati membri. Perché nelle classifiche internazionali Milano, la nostra eccellenza, risulta 19esima. Figuriamoci le altre.

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