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Da Corviale a questione nazionale: la povertà energetica degli inquilini IACP-ERP

Dai temi del workshop del 4 dicembre cominciamo ad approfondire la questione nazionale della povertà energetica degli inquilini pubblici con gli assessori alla casa di quattro regioni.

Insieme all’Unione Nazionale Inquilini Ambiente e Territorio e a Spiazziamoli rete antimafia e per un nuovo welfare affrontiamo un tema che riguarda l’esercizio attivo dei diritti di cittadinanza altrimenti esclusi dal programma di miglioramento ambientale.

Un secondo approfondimento è in preparazione sui temi dello Smart Building e dello Smart Community con l’obiettivo di promuovere cooperative tra abitanti dei quadranti urbani interessati alla funzione manutentiva dell’edilizia pubblica utilizzando gli incentivi energetici attualmente previsti e per questa via favorire la costituzione di ESCO.

A fine lavori è previsto un aperitivo “biologico”

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Programma

Introduzione

Comunicato Stampa

LA POVERTÀ ENERGETICA DEGLI INQUILINI IACP-ERP

L’iniziativa è orientata a dare evidenza degli ostacoli sociali, tecnici e di mercato che, se non rimossi, impediscono ai cittadini europei di partecipare consapevolmente e attivamente all’obiettivo di miglioramento ambientale e di risparmio energetico promosso dal Parlamento europeo con il programma “Horizon 2020”.

In Europa lo stock immobiliare, inefficiente ed energivoro, costituisce una grave e costante minaccia alla salvaguardia ambientale. Per il loro fabbisogno di energia nella maggior parte dei casi si fa continuamente ricorso a fonti energetiche provenienti dalla filiera fossile. Questo tema rappresenta una delle sfide più impegnative da affrontare e le tecnologie ICT, se diffuse a tutti gli strati sociali, possono dare un forte contributo alla realizzazione dell’obiettivo. La sostituzione di tecnologie mature ad elevato impatto ambientale con le più recenti tecnologie energetiche costituisce una necessaria programmazione industriale e politica.

La crisi economica, ancora in corso in molti Paesi, e i recenti ingressi dei Paesi dell’Est nell’Unione Europea, con stock immobiliari fortemente energivori, hanno reso ancor più urgente intervenire a favore dell’efficientamento energetico degli immobili per garantire il raggiungimento dell’obiettivo ambientale previsto dal Programma Horizon 2020. Il potenziamento dell’informazione, della diffusione di conoscenze e delle migliori pratiche può costituire uno strumento utile e redditizio nella lotta agli sprechi di energia e all’uso consapevole delle fonti energetiche.

Infatti enormi masse di cittadini (in Italia circa 16 milioni e in Europa sono complessivamente 120 milioni i cittadini che vivono sotto la soglia di povertà) (*) pur avendo una spiccata sensibilità ambientale e un forte senso civico rischiano di rimanere esclusi dai programmi politici di miglioramento ambientale promossi dall’Europa, per il semplice fatto che non hanno redditi sufficienti per investire in tecnologie di efficientamento energetico degli immobili sia di proprietà sia in affitto. Si tratta di gruppi sociali resi incapienti dalla perdita di occupazione e sono già a rischio di esclusione da qualsiasi programma di miglioramento della società europea incluso l’obiettivo di efficientamento della loro casa, ammesso che ce l’abbiano. Inoltre i livelli di vetustità dello stock immobiliare e i dati sui livelli medi di reddito dei cittadini ci informano che il Programma “Horizon 2020” rischia di essere messo in atto solo da pochi e fortunati possessori di case. A tutto ciò aggiungiamo che il perdurare di politiche di austerity, sempre chieste dalla stessa Europa, e la scarsezza di risorse disponibili non incentiva l’investimento finanziario nella rigenerazione urbana e nell’efficientamento del parco immobiliare esistente. Alla luce di quanto precedentemente considerato possiamo affermare che allo stato attuale per milioni di cittadini italiani e europei gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione e alla partecipazione fattiva del programma di miglioramento ambientale europeo sono molti e concreti. Tuttavia riteniamo che alla portata dei nostri amministratori vi siano soluzioni sostenibili sia in termini culturali sia in termini di innovazione tecnologica per dare risposta al secondo Comma dell’art. 3 della nostra Costituzione “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” . I proponenti pensano che sia indispensabile rimuovere soprattutto gli ostacoli che impediscono agli inquilini degli immobili pubblici di partecipare al miglioramento ambientale. Immaginiamo che con interventi mirati a favore dei cittadini svantaggiati, resi vulnerabili dalla decadenza economica dei propri territori, si possano sperimentare forme di riscatto sociale e di riqualificazione urbana, il tutto a vantaggio della causa ambientale.

A nostro avviso il primo ostacolo è costituito dalla mancanza di informazioni sui comportamenti “efficienti”. La lotta agli sprechi, che i cittadini poveri possono mettere in atto in ambito domestico, può contribuire in modo soddisfacente a ridurre il consumo di energia e migliorare il loro bilancio familiare. Questo è possibile con appropriate campagne informative e formative basate anche sull’uso e diffusione della tecnologia digitale, che immaginiamo possa trovare impiego nell’ammodernamento impiantistico degli immobili pubblici.

Il secondo ostacolo è rappresentato dalla asimmetria contrattuale tra erogatore dei servizi energetici e consumatore che rende quest’ultimo privo di soggettività riducendo il suo ruolo a semplice pagatore di bollette di cui conosce l’entità e forse la qualità dei consumi soltanto alla data di scadenza. Crediamo fortemente che la costituzione di Esco (**) possa rendere il mercato più elastico nel rapporto tra domanda e offerta misurando anche la qualità del servizio oltre che il mix delle fonti energetiche.

Il terzo è individuabile nella lotta agli oligopoli delle industrie energetiche che rendono la fornitura di energia per uso domestico più costosa che per fini industriali in termini di ritorno dei benefici ambientali. Pensiamo che come è successo per la telefonia anche per il settore energetico si possa passare ad un’offerta di “energia prepagata”. Dall’uso continuo e inconsapevole all’uso necessario ed efficiente. In questo modo sarà possibile misurare anche il ritorno del beneficio ambientale rispetto all’Irpef pagata, indispensabile per sostenere gli investimenti in opere di bonifica e ripristino dei territori. Recenti studi sulla fiscalità ambientale(art. 15 Legge 23/2014) hanno messo in evidenza che il settore industriale italiano con 5 miliardi di gettito Irpef nell’anno 2013 ha generato costi ambientali pari a oltre 13 miliardi di Euro. Di converso le famiglie italiane con un gettito Irpef di 24,9 miliardi nell’anno 2013 hanno generato costi ambientali pari a circa 15 miliardi di Euro. E’ evidente che i costi ambientali creati dalle imprese sono a carico delle famiglie. Riteniamo indispensabile distinguere le responsabilità tra grandi consumatori di materie prime rinnovabili e non rinnovabili introducendo il principio di responsabilità oggettiva e fiscale per gli indifferibili interventi di bonifica ambientale.

Partendo dal riequilibrio dei fattori sopra indicati a nostro avviso si faciliterebbe l’esercizio attivo dei diritti di cittadinanza dei cittadini italiani e europei altrimenti esclusi dal programma di miglioramento ambientale. In ultimo pensiamo che l’Europa se vorrà continuare a puntare su politiche di equità e di inclusività nel mercato energetico dovrà affrontare con maggiore incisività alcuni nodi politici e tra questi, a nostro avviso, vi sono certamente quelli da noi trattati.

(*)     fonte Eurostat 2013

(**)   Energy saving company




Efficienza energetica e rigenerazione urbanistica nelle periferie

Con il Piano UE 20/20/20, contenuto nella Direttiva europea 2009/29/CE, l’Italia si trova ad affrontare, in maniera sempre più urgente, il problema dell’efficientamento energetico soprattutto per quel che riguarda il costruito esistente.

Si stima, infatti, che sul suolo italiano esistano circa 2.000.000 di abitazioni in precario stato di conservazione, che necessitano di essere demolite e ricostruite o recuperate: ampie aree urbane in cui insistono complessi di edifici che hanno ormai concluso, o stanno concludendo, il proprio ciclo di vita e che sono, dunque, destinate ad una sostanziale riqualificazione. Se lo Stato, da un lato, dovrebbe dare già il buon esempio, risolvendo il problema degli edifici pubblici entro la data di scadenza del 2020, dall’altro lato più del 70% del patrimonio esistente risulta oggi abbandonato a se stesso, non solo per quel che riguarda la manutenzione edilizia ma ancora più per quella energetica. In un paese, come il nostro, in cui lo spazio costruito risulta quasi la totalità della superficie nazionale, appare subito chiaro come il compito di riuscire a riqualificare il patrimonio edilizio sia senz’altro arduo e richieda sforzi non da poco.

Si è, così, di fronte ad una grande opportunità: affrontare il problema con una visione matura che cerchi, sinergicamente, di fare incastrare l’aspetto edilizio, quello urbanistico e ambientale con quello dell’innovazione tecnologica, per poter poi far fronte alle richieste, sempre più pressanti, delle politiche europee, che impongono non solo un cambiamento di rotta per quel che riguarda le risorse utilizzate – dal fossile al sostenibile – ma che, allo stesso tempo e in modo coerente, trattano sempre più temi come l’energia, il cambiamento climatico, le smart city e la sostenibilità, nell’ottica di quella programmazione 2014-2020 che fa, ormai, da obiettivo comune alle politiche direttive degli stati membri.

In una visione più locale, ovvero concentrandoci sui centri abitati italiani, si nota subito come la maggior parte dell’attenzione, in materia di efficientamento o di riqualificazione energetica, venga spesso rivolta o alle nuove costruzioni o agli edifici pubblici esistenti che, spesso, caratterizzano i nostri centri urbani, a volte anche quelli storici. Poche sono invece le idee spese per le aree più lontane dal centro e che costituiscono quelle periferie, spesso degradate e senza servizi, dove invece si concentra un’altissima densità di popolazione. Complessi edilizi da ripensare, da riqualificare o da ricostruire, potrebbero diventare i veri protagonisti di quella class action di rinnovamento energetico allo scopo di creare quartieri finalmente degni di questo nome, con spazi pubblici e privati ripensati in modo smart, in modo “intelligente”, accorciando quella distanza che spesso si è venuta a creare tra il centro, o i più centri, delle nostre città e, appunto, le periferie. Tutto ciò ovviamente non risulta così immediato, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che questa rigenerazione deve essere a bilancio zero, puntando ad abbattere drasticamente il consumo energetico edilizio (in particolare, nel settore civile, i consumi relativi al riscaldamento, al raffrescamento e all’acqua calda sanitaria, rappresentano attualmente il 22% del consumo primario nel Paese) e ponendosi come obiettivo non solo una sinergia tra professionisti ma anche un’attiva partecipazione dei cittadini, giustamente informati, che sono i primi fruitori dei luoghi, anonimi e non. Una trasformazione, questa, che porterebbe alla creazione di veri e propri Eco-Quartieri, come risultato dell’unione tra riqualificazione energetica e riqualificazione urbanistica, all’interno di strategie di intervento coerenti, che portino a tutti quei risultati che i P.R.U. o i P.R.U.S.S.T. non hanno realizzato concretamente, salvo dovute eccezioni, e che potrebbero, altresì, coniugarsi tranquillamente all’interno dei regolamenti edilizi “energetici” stipulati dai Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile del Patto dei Sindaci (PAES).

E’ con queste premesse che Audis (Associazione delle Aree Urbane Dismesse) e Legambiente promuovono il progetto Ecoquartieri in Italia: un patto per la rigenerazione urbana, una proposta per il rilancio economico, sociale, ambientale e culturale delle città e dei territori. Il progetto, infatti, inteso a contribuire all’affermazione della rigenerazione urbana e ambientale, come chiave strategica per lo sviluppo e la sostenibilità, si pone l’obiettivo di fare da traino verso una meta più grande: ripensare un nuovo modello di città e di territorio. Del resto è proprio nei quartieri che nascono le comunità, i servizi, i centri culturali e tutto ciò che può determinare un moderno vivere sostenibile. Questa riqualificazione, inoltre, non può essere condotta solo sulla base di interventi puntuali su singoli edifici ne, allo stesso modo, su piccole porzioni di territorio, spesso studiati in modo del tutto separato e sconnesso dal resto della città. Proprio in questo senso i professionisti sono chiamati ad agire su aree più ampie, messe in relazione dinamica con il contesto in cui si collocano, con lo scopo di riportare qualità e identità a quelle periferie dimenticate e facendone addirittura esempi virtuosi per la restante parte delle città. Diversi sono, pertanto, le tipologie di intervento che è possibile ipotizzare:

  • interventi innovativi e rispettosi, ovvero trasformazioni profonde che, tenendo conto della storia del luogo analizzato, servano a pensare a quei caratteri che possano portare ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile in situ;
  • interventi che riducano, drasticamente, l’enorme impatto ambientale che hanno, ad oggi, le nostre città sul territorio e che tengano conto, pertanto, della riduzione del consumo energetico del settore edilizio;
  • interventi che, come detto, coinvolgano i residenti, generando coesione e senso di appartenenza di quel luogo. Progettazione partecipata che dia modo ai cittadini, reali fruitori di quel quartiere, di formulare proposte concrete, in totale sinergia con le relative pubbliche amministrazioni e con le competenze professionali locali, uniche e vere risorse in grado di dare vita a progetti che tengano conto di quelle che sono le reali condizioni climatiche, del degrado del patrimonio, dei materiali compatibili con il contesto, del rispetto della storia del patrimonio edilizio esistente.
  • interventi, non in ultimo, che si rendano economicamente autosufficienti in tempi brevi, tralasciando quella burocrazia “delle carte” in cui spesso il nostro Paese ristagna.

Nel concreto, tenendo conto dell’effettiva applicabilità degli interventi, in particolar modo di quelli per l’efficienza energetica, e al loro rapporto costo/beneficio, occorre, dunque, tener conto:

  • dell’involucro edilizio: facendo riferimento ai parametri standard prescritti dal vigente decreto n.192/05, ci si riferisce a opere di coibentazioni dell’involucro, alla sostituzione di infissi, all’introduzione di elementi schermanti, ecc;
  • degli impianti termici ed elettrici. In tal senso l’ENEA, in collaborazione con il CRESME, ha effettuato una ricerca per la determinazione del parco immobiliare nazionale e della sua distribuzione sul territorio nazionale, attraverso lo studio del sistema elettrico italiano, in modo da determinare un quadro generico dello stato di fatto e dare avvio alla progettazione di interventi integrati, come la sostituzione degli impianti termici esistenti con nuovi impianti ad alta efficienza e, laddove sia possibile, con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Proprio in tal senso, il convegno annuale di Italcementi, tenutosi a Bergamo lo scorso 24 gennaio, ha visto la partecipazione di nomi illustri del mondo dell’architettura mondiale, sia nell’ambito dell’architettura che in quello della pianificazione urbana, mettendo in luce una serie di problematiche sulla rigenerazione architettonica ed energetica del territorio, da esempi concreti di città, in cui queste tematiche sono state applicate con dei notevoli risultati, al ruolo dei materiali innovativi e delle nuove tecnologie pro-sostenibilità. “Le nostre città, e in particolare le nostre periferie, hanno bisogno di mirati e studiati interventi di riqualificazione, che portino ad una vera rinascita atta a migliorare la vita delle persone che le vivono“, ha spiegato il presidente  Giampiero Pesenti. Del resto città estere come Berlino, Londra, Marsiglia, Parigi hanno fatto scuola, riqualificando le zone più vecchie e degradate, le quali hanno lasciato il posto a quartieri più sostenibili, ad energia quasi-zero e, dunque, più vivibili, contribuendo, anche, alla rinascita sociale ed economica dell’intera città: si ricordino, tra le prime esperienze, il quartiere Vauban a Friburgo, il Solarcity a Linz, prima città disegnata sull’insolazione di quel territorio, il BedZED a Londra, l’Hammarby Sjostad a Stoccolma o il Gwl Terrein ad Amsterdam. Anche alcune città italiane non sono da meno: Genova si fa strada, tra le città portuali, per la creazione del progetto Porto Green, che prevede l’approvigionamento di energia con microimpianti eolici. Torino, Milano e la stessa Genova hanno firmato un protocollo d’intesa per la realizzazione di piattaforme logistiche per i trasporti e le aree urbane, nell’ottica di trasformare l’ormai ex triangolo d’oro dell’industria italiana, in un’area completamente smart. Padova è diventata il punto di riferimento, a livello nazionale, per il progetto “Cortili Ecologici”, insieme a Milano, Cinisello Balsamo e Roma, per adottare abitudini sostenibili e soluzioni intelligenti, mirate a ottenere il 30% di riduzione del consumo domestico di acqua calda sanitaria e il 15% del risparmio energetico nelle abitazioni e nei rifiuti prodotti. E al sud ? Esempi d’eccellenza non mancano neppure nell’Italia meridionale come la cittadina di Baronissi, in provincia di Salerno, che si contraddistingue per tali tematiche applicate ai quartieri periferici ovvero risparmio energetico, isolamento dell’involucro degli edifici esistenti, differenziazione dei rifiuti con sistemi di raccolta interrati e  illuminazione con lampade a led per i sistemi della mobilità. In quest’ottica, tra gli interventi italiani, quello dell’architetto Mario Cucinella, fondatore della Building Green Future, e da sempre impegnato nel campo della sostenibilità, che ha dichiarato come, spesso, per migliorare la vita di un quartiere, a maggior ragione se periferico, può bastare il “minimo intervento”: un giardino, un orto sociale a km zero, un centro culturale, un percorso studiato, insomma non un intervento da “archistar” ma progetti puntuali, mirati e interconnessi, che favoriscano l’incontro tra le persone, che ne migliorino la qualità della vita e che lo facciano in modo non dispendioso, ne in termini di energia, ne in termini di risorse economiche.

In conclusione, nella visione del progetto “Ecoquartieri italiani”, c’è la chiara consapevolezza di come sia difficilissimo intervenire nelle nostre città, sia per la complessità delle procedure burocratiche da applicare per dare avvio agli eventuali interventi, sia per la gestione e i costi degli stessi, sia per la proprietà frammentata dei quartieri periferici. Sono questi, dunque, i reali motivi di questo vuoto, di quel gap che porta l’Italia ad essere un paese arretrato, sotto il punto di vista dell’innovazione energetica e della sostenibilità, rispetto agli altri paese europei. E, in questo contesto, diventa sempre più pressante l’esigenza di semplificazione, di condizioni di vantaggio per gli imprenditori che intendono investire in questi progetti e, dunque, di un network di professionisti che, con un approccio più sensibile, possa sviluppare idee di intervento concrete, che trasformino l’esistente in edifici a energia zero, sfruttando non solo i nuovi materiali e le nuove tecnologie ma anche i materiali presenti in loco, riscoprendo quelle maestranze e quelle tecnologie costruttive, anche del passato, atte a ottenere l’obiettivo di sostenibilità e di riqualificazione energetica senza, però, perdere l’identità dei luoghi in cui questi interventi andrebbero a collocarsi. E’ necessaria, pertanto, la stesura di una concreta normativa di riferimento, che renda possibili queste trasformazioni, senz’altro complesse, in modo da individuare i parametri da raggiungere, in termini di prestazioni energetiche, di uso e consumo delle risorse naturali, ma anche le procedure di attuazione urbanistica, come ad esempio la cessione gratuita di aree pubbliche o i possibili vantaggi fiscali per coloro che intendessero, nel privato, riqualificare energeticamente la loro proprietà.

Sopra tutto questo, poi, una regia nazionale, con degli obiettivi precisi, che possa coordinare quelle esperienze, per ora rimaste isolate, disseminate nel nostro Paese – e che sebbene siano meritevoli, restano incapaci di dare una vera e propria svolta – senza perdersi nel “mai finito” degli eterni incompiuti italiani.

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Decreto interministeriale attuativo sugli edifici ad energia quasi zero

Versione ufficiosa e non ancora definitiva del decreto attuativo che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, nonché dell’applicazione di prescrizione e requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici.

Il testo elaborato dal Ministero dello Sviluppo economico di concerto con i ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, è ora all’esame della Conferenza delle regioni.

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Le presentazioni e i relatori del convegno “Efficienza energetica: motore di sviluppo economico, degli investimenti e dell’occupazione”

Efficienza energetica, sviluppo, investimenti e occupazione. Le presentazioni e i relatori del convegno organizzato dal Gruppo di Lavoro “Finanza” di Kyoto Club ieri, 22 gennaio 2015, a Roma.

In Italia si stima che il mercato legato all’efficienza rappresenti un volume di affari tra il 2% e il 4 % del PIL nazionale con importanti ricadute sulla sicurezza energetica, sui costi dell’energia e sulla sostenibilità ambientale e l’uso razionale delle risorse energetiche.

Il convegno “Efficienza energetica: motore di sviluppo economico, degli investimenti e dell’occupazione” organizzato dal Gruppo di Lavoro “Finanza” di Kyoto Club ieri, 22 gennaio 2015, a Roma, ha offerto un focus sui possibili scenari di crescita del settore e sulle politiche a sostegno dello sviluppo del comparto, alla luce anche del recento decreto di recepimento della Direttiva UE 27/2012 e degli obiettivi del pacchetto clima-energia al 2030 dell’Unione Europea.

I relatori e le presentazioni (pdf):

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Prestazioni energetiche edifici, in arrivo i nuovi requisiti minimi

Quasi pronto il decreto attuativo della Direttiva 2010/31/UE ‘Edifici a energia quasi zero’ con le nuove metodologie di calcolo

Sono in dirittura d’arrivo le nuove metodologie di calcolo e i nuovi requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici.

È infatti in attesa del parere della Conferenza delle Regioni il Decreto (Bozza di dicembre 2014) che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, e i requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici.

Il nuovo decreto sarà il primo dei provvedimenti attuativi del DL 63/2013, convertito nella Legge 90/2013, che ha aggiornato il Dlgs 192/2005, in recepimento della Direttiva Edifici a Energia Quasi Zero (2010/31/UE).

Nello specifico, costituirà l’aggiornamento del Dpr 59/2009 che oggi definisce le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, in attuazione dell’articolo 4, comma 1, del Dlgs 192/2005.

Oltre alle nuove metodologie di calcolo, l’emanando decreto rafforza gli standard energetici minimi per gli edifici di nuova costruzione e per quelli ristrutturati, ottimizzando il rapporto costi/benefici degli interventi, per arrivare a realizzare gli Edifici a Energia Quasi Zero previsti dalla Direttiva.

Inoltre, il decreto punta ad una applicazione delle norme immediatamente operativa e omogenea in tutte le Regioni. Si cerca quindi di ovviare all’attuale frammentazione normativa dovuta all’ampia autonomia regionale nel recepire la precedente Direttiva 2002/91/UE.

Il provvedimento dunque aggiornerà la metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici, tenendo conto delle norme tecniche UNI/TS 11300-3 e UNI/TS 11300-4 sulla climatizzazione estiva sull’uso delle rinnovabili, e della Raccomandazione 14 del CTI sul calcolo dell’energia primaria.

I requisiti minimi di prestazione energetica sono fissati in modo tale da consentire livelli ottimali in funzione dei costi, come previsto dall’articolo 5 della Direttiva 2010/31/UE. Tali requisiti si applicheranno agli edifici nuovi e a quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti e saranno aggiornati ogni 5 anni.

Viene definito il concetto di ‘edificio a energia quasi zero’ e stabilito che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici nuovi dovranno essere a energia quasi zero. Per gli edifici delle Pubbliche Amministrazioni tale scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018.

Per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, il rispetto dei requisiti minimi andrà verificato confrontando l’edificio con un edificio di riferimento (identico per geometria, orientamento, ubicazione, destinazione d’uso).

Per gli edifici interessati da semplici riqualificazioni energetiche, relative all’involucro edilizio e agli impianti tecnici, sono indicati i requisiti minimi.

I nuovi requisiti minimi entreranno in vigore il 1° luglio 2015 e saranno resi più severi dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per gli altri edifici, per realizzare gli ‘edifici a energia quasi zero’.

Si stima che la prima fase di applicazione del decreto – si legge nella relazione – comporterà un miglioramento dell’indice di prestazione energetica pari al 45% nelle zone climatiche più calde e al 35% in quelle più fredde. Nella seconda fase si arriverà al 55% in tutte le zone.

Quindi, a parità di servizi (riscaldamento, raffrescamento, acqua calda, ecc.), i nuovi edifici a energia quasi zero consumeranno meno della metà degli attuali, rimanendo sostenibili in termini di costi di investimento e coprendo gran parte dei fabbisogni con le rinnovabili.

Ricordiamo che quella disponibile ad oggi è una bozza provvisoria del decreto. Pubblicheremo la versione definitiva non appena verrà diffusa dal Ministero dello Sviluppo economico.

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istituita la cabina di regia




La favola milionaria di Gianluigi: “Dal Salento agli Usa l’eolico per tutti”

A neanche 20 anni ha brevettato in Puglia le mini pale “casalinghe” sulle quali un gruppo di finanziatori americani sta investendo cinque milioni e mezzo di euro. “Da una piccola startup ai capitali stranieri, ma la produzione resterà in Italia”

La Befana, nella calza di un ragazzo salentino, ha infilato cinque milioni e mezzo di euro; e quando è ripartita, per l’America o chissà dove, invece della scopa, era a cavallo di una mini turbina eolica fatta in Puglia. Questa storia è una fiaba da raccontarci la sera per credere ancora che non è tutto perduto.
Non è tutto perduto se esistono ragazzi come Gianluigi Parrotto che, senza chiedere un euro a nessuno, si è inventato un prodotto innovativo, ci ha costruito attorno una azienda e ha avuto così successo che in un anno appena ha venduto tutto ad un misterioso gruppo americano non con l’obiettivo di diventare ricco, ma per continuare a produrre turbine – e non solo – nella sua terra: «Voglio far nascere altre startup nel Salento» dice con la sua parlantina sicura, e per un attimo dimentichi che lui stesso è nato soltanto nel 1994: ha vent’anni.

Ma chi è davvero? E come ha fatto?
«Sono nato a Poggiardo, in ospedale, ma i miei stavano a Casarano, in provincia di Lecce. Dopo il biennio di Istituto industriale, a 16 anni mi sono trasferito da solo a Brindisi perché volevo frequentare una nuova scuola di cui avevo letto meraviglie».

Parla del Majorana, dove il preside Salvatore Giuliano aveva appena iniziato la sperimentazione di libri scritti da docenti, computer e wi-fi per tutti, lezioni “rovesciate”, classi scomposte e colorate: il progetto Book in Progress. Parrotto è subito uno degli studenti migliori. L’anno seguente, la prima coincidenza: su un volo da Brindisi a Roma siede accanto a un piccolo produttore bresciano di impianti fotovoltaici.
«Proprio quel giorno a Casarano avevano iniziato l’installazione di pannelli che non mi piacevano affatto. “Possibile fare di meglio?”, gli chiedo». Una mini turbina eolica, niente di davvero speciale in fondo. «Sì, ma avevo davanti due strade: o diventavo un venditore di turbine o me ne inventavo una mia. Ho scelto la seconda».

Dopo i primi prototipi, realizzati in un capannone a Brescia, nel maggio del 2012 Parrotto presenta domanda di brevetto: la sua mini turbina ha una distanza fra albero e vele che le permette di partire anche con pochissimo vento, «arriva ad un picco di potenza di 6 kilowatt con appena 130 rotazioni al minuto».

Nel marzo del 2013 nasce la GP Renewable, le iniziali del fondatore nel nome. A dicembre il primo impianto viene installato in Puglia: «Lo abbiamo venduto sottocosto, per 13 mila euro». Già, e i soldi? Dove ha trovato Parrotto i soldi per partire? Non dai bandi pubblici, «mai partecipato»; non dagli investitori professionali in startup, i venture capitalist, «mai visti». E non dalla famiglia, anzi: sebbene il papà sia diventato socio al 10 per cento, nel frattempo aveva perso il lavoro «e oggi è un dipendente della mia società, fa l’installatore».

E qui c`è la seconda coincidenza: un altro volo, stavolta fra Brindisi e Milano.
Il compagno di viaggio stavolta è il direttore generale di una grande banca. Insomma, si innamora del progetto (e della parlantina di Parrotto) e il giovane startupper ottiene un affidamento bancario sufficiente a partire. Anche perché le sue turbine si vendono alla grande: «Un centinaio in un anno». Cosa hanno di speciale? Qui Parrotto si fa serio: «Lo ammetto. Non molto. A parte il fatto che l`azienda era guidata da un adolescente e questo ci ha aiutato a farci conoscere».

I nuovi prodotti invece saranno una bomba, dice: «Vetroresina, fibra di carbonio, titanio: il team di ingegneri che lavora al mio fianco ha fatto meraviglie, vedrete». Quando? A fine gennaio: presentazione ufficiale del nuovo gruppo, “gli americani”. Chi sono? Mistero, ma i giornali locali hanno già sparato la notizia in prima pagina cantando le lodi di quello che un tempo li chiamavano “Il Briatore dei poveri” per via degli occhiali azzurri ormai archiviati, ma che adesso merita un soprannome molto più generoso, probabilmente. Insomma, gli americani: «Un fondo di investimento, roba grossa, nomi grossi: hanno investito 5,5 milioni di euro nella creazione di una nuova società, la Air Group Italy, che ha inglobato la GP Renewable e io sarò presidente. Prenderemo capannoni industriali abbandonati a Casarano: le turbine le produrremo li. Ma non solo: vogliamo creare un polo di startup innovative in Salento. Spazi e consulenza li metteremo a disposizione gratis».

Sembra anche troppo, persino per una fiaba, e molte cose sono ancora da raccontare e chiarire.
Ma intanto giù il cappello per questo ragazzo-grande, sempre elegante, sicuro ma mai arrogante, che guarda avanti e parla come se fosse destinato a un futuro più grande quando dice: «La turbina diventerà come la lavatrice, un elettrodomestico alla portata di tutti».




Edilizia popolare

L’area di Ponticelli è un territorio difficile, come spesso lo sono quelli dei comuni che formano la cintura suburbana delle grandi città e che stentano a ritrovare una loro identità storica e un tessuto sociale che li allontani dal destino di anonime periferie dormitorio.

Un tema di grande attualità (non a caso è stato scelto tra le tracce assegnate agli studenti che hanno affrontato gli esami di maturità quest’anno) che per il Senatore a vita e architetto Renzo Piano rappresenta la vera sfida urbanistica e architettonica dei prossimi anni:“
é fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. […] Spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?”.
Una importante opera di “rammendo” è stata completata a Ponticelli dall’Istituto Autonomo Case Popolari di Napoli che ha portato a termine i lavori del complesso di alloggi popolari in via De Meis, un intervento programmato nel lontano 2002 e avviato, con lo stanziamento dei fondi necessari nel 2010.I 158 alloggi realizzati rappresentano solo una boccata di ossigeno per uno dei territori dove la fame di case è più disperata: nella zona di Napoli i senza tetto censiti sono più di 1500 e oltre 17.000 persone hanno partecipato al bando indetto nel 2011 per l’assegnazione di alloggi popolari.Qualità degli alloggi ed efficienza energetica
Il nuovo nucleo residenziale di Via De Meis è stato progettato con attenzione alla qualità globale del complesso: gradevoli gli affacci su aree verdi, ampi gli spazi delle unità abitative, con una razionale suddivisione tra zone giorno e nottee la presenza di doppi servizi.
Grande attenzione anche all’efficienza energetica degli edifici con l’adozione di strutture opache efficacemente isolate. Per i circa 25.000 metri quadrati di facciate è stata adottata la tecnica dell’isolamento a cappotto applicato direttamente alle murature in laterizio che compongono le pareti perimetrali. I vantaggi di questa tecnica applicativa, sempre più diffusa sia nelle nuove costruzione e sia nelle opere di ristrutturazione, consentono di:- dimensionare correttamente lo spessore del materiale isolante in assenza di vincoli determinati dalla necessità di limitare la riduzione dei volumi abitativi tipici degli isolamenti applicati dall’interno,
– migliorare il comfort abitativo sia in estate che in inverno; la massa delle strutture, concentrata verso il lato interno, offre i maggiori benefici di inerzia termica e le pareti si raffreddano e si riscaldano più lentamente,
– eliminare le dispersioni determinate dai ponti termici in corrispondenza di pilastri e solai,
– evitare i fenomeni di muffe e condense all’interno degli ambienti,
– proteggere le strutture dell’edificio dagli sbalzi termici garantendone una maggiore durata,
– adottare tipologie di pareti a muratura singola economicamente molto vantaggiose rispetto a soluzioni in doppia muratura con isolamento posto in intercapedine.

Tra i materiali isolanti di possibile impiego in un sistema a cappotto la scelta progettuale ha selezionato i pannelli in poliuretano espanso STIFERITE Class SK specificatamente sviluppati per gli isolamenti in sistema ETICS (External Thermal Insulation Composite System) ed impiegati all’interno di numerosi sistemi certificati ETA (European Technical Approval – Benestare tecnico europeo) sulla base delle prescrizioni prevista dalla Guida EOTA – ETAG 04. L’utilizzo dei pannelli STIFERITE Class SK ha permesso, rispetto a soluzioni alternative, di ottenere elevate prestazioni ed interessanti economie di sistema grazie a:

– riduzione degli spessori di materiale isolante necessario ad ottenere le prestazioni prefissate e conseguente riduzione dei tempi e degli oneri relativi alla movimentazione in cantiere e alla messa in opera
– limitazione del peso dell’intero sistema grazie alla massa contenuta dei pannelli in schiuma poliuretanica (35 kg/m3)
– minore incidenza del costo degli accessori necessari al montaggio e alla finitura del sistema (tasselli più corti, profili di contenimento di minore spessore, soglie e davanzali delle aperture meno profondi
– stabilità nel tempo delle prestazioni di isolamento termico, stabilità dimensionale e resistenza meccanica
– maggiore resistenza alle alte temperature determinate dall’irraggiamento
– ottime prestazioni di reazione al fuoco del sistema (ottenibile l’Euroclasse B s1 d0)
– limitato impatto ambientale grazie alla riduzione dei volumi e dei pesi dei materiali coinvolti e alla limitazione degli impatti determinati dai trasporti.

Le fasi di realizzazione del sistema a cappotto con STIFERITE SK negli edifici del comparto di Via De Meis hanno rispettato le linee guida definite dall’associazione europea EAE (European Association for External Thermal Insulation Composite Systems) e dal consorzio CORTEXA, il consorzio italiano per la cultura del Sistema a Cappotto a cui aderisce STIFERITE in qualità di Main Partner.

I pannelli termoisolanti STIFERITE Class SK sono stati posti in opera, a giunti sfalsati, con malta adesiva cementizia distribuita lungo il perimetro del pannello e per punti centrali e successivofissaggio meccanico mediante tasselli plastici in corrispondenza di tutti gli spigoli di ogni pannello e di due punti centrali. Nelle fasi successive si è proceduto all’applicazione di rasatura sottile con malta cementizia rinforzata in cui è stata annegatauna rete di armatura in fibra di vetro con appretto antialcalino. Lo strato armato è stato completato con una successiva rasatura e con l’applicazione di uno strato continuo di rivestimento granulato.

Le caratteristiche prestazionali delle schiume poliuretaniche sono state valorizzate anche nella fasi di isolamento degli 8000 metri quadrati di coperture piane che hanno previsto l’impiego del pannello STIFERITE Class B, destinato principalmente alle opere di coibentazione delle coperture sotto manti impermeabili bituminosi.

Nella prima fase dei lavori le coperture erano state realizzate con solai in laterocemento, strato di pendenza ed una prima impermeabilizzazione destinata a proteggere dalle precipitazioni le coperture fino al completamento delle opere. Si è quindi optato per il mantenimento in sede della membrana di sicurezza su cui è stata applicata:

– una barriera al vapore, con trattamento al textene per consentire sia l’adesione verso il piano di posa sia l’incollaggio dei pannelli isolanti mediante sfiammatura
– lo strato isolante in pannelli STIFERITE Class B
– un manto impermeabile in membrane bituminose con strato a finire in saglie di ardesia.

Oltre alle eccellenti prestazioni isolanti anche altre caratteristiche del pannello STIFERITE Class B hanno svolto una funzione determinate per la qualità dell’intera applicazione, tra queste soprattutto la resistenza alla alte temperature, sia in fase applicativa sia in fase di esercizio, ed il rivestimento in vetro bitumato che agevola una perfetta e stabile adesione dei pannelli all’elemento di tenuta.

Dati Cantiere
158 alloggi in edilizia residenziale pubblicaPonticelli – comparto Via De Meis (NA)

Tipo di intervento: Adeguamento sismico e completamento
Ente Appaltante: Istituto Autonomo Case Popolari di Napoli
Progettista: T.ec.a – Promoproject srl – Ing. Stefano Senes Napoli
Responsabile del procedimento: Dirigente settore tecnicoIng. Francesco Bellinetti
Direttore dei Lavori: Ing. Guido Peduto
Direttore Operativo: Geom. Giuseppe Orefice
Collaudatori in corso d’opera Ing. L. Ghezzi e Ing. A. Valeriani
Impresa Appaltatrice: A.T.I. Fin Consorzio – Roma
Impresa Specializzata: MV EDIL ASFALTI – Massa di Somma NA

Isolamento termico facciate con soluzione a cappotto
Stiferite Class SK spessore mm 40 e 50
Metri quadrati complessivi: 25.000

Isolamento termico copertura
Stiferite Class B spessore 60 mm
Metri quadrati complessivi: 8.000

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L’efficienza ha il suo catasto

efficienza-energeticaArriva in Friuli Venezia Giulia il Catasto Energetico Regionale degli Edifici. Uno strumento indispensabile per l’efficienza energetica.

Arriva la “schedatura” energetica degli edifici. La Regione Friuli Venezia Giulia ha, infatti, presentato a Udine, con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti Conservatori, dei Collegi dei Geometri e dei Periti industriali della Provincia di Udine e dell’Agenzia Regionale per l’Edilizia Sostenibile (ARES), il Catasto Energetico Regionale degli Edifici che vuole essere uno strumento agile e snello per poter utilizzare i dati energetici degli immobili sul territorio regionale. Si tratta di dati circa l’efficienza che potranno essere consultati da cittadini, professionisti e amministratori locali dal web e che consentiranno di realizzare delle mappature per interventi d’efficienza energetica sul territorio.

«La nostra amministrazione regionale mira a sviluppare la digitalizzazione di tutto il sistema e il Catasto energetico è utile e importante perché permette la sintesi dei dati e dimostra come, in questo caso, la forma va di pari passo con la sostanza», ha dettol’assessore regionale all’Energia Sara Vito, durante la presentazione del Catasto energetico al quale hanno partecipato professionisti, certificatori energetici e operatori del settore.

Con questa iniziativa il Friuli Venezia Giulia è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, a dotarsi di uno strumento che permetterà di superare l’archiviazione cartacea dei dati energetici, la lettura e la stampa delle visure e quindi la conoscenza di tutti i dati degli immobili. Il Catasto conterrà sia le Attestazioni di Prestazione Energetica (APE) che le Valutazioni Energetico Ambientali (VEA).

«La raccolta dei dati energetici, – ha affermato la Vito – contribuirà a fare chiarezza, quindi a migliorare il mercato immobiliare che si trova oggi in una situazione di stallo, e permetterà agli amministratori pubblici a misurare gli sprechi negli edifici pubblici e quindi ad apportare i necessari accorgimenti per ridurre i costi e migliorare l’efficienza».

Il provvedimento ha un certo rilievo anche perchè il Friuli Venezia Giulia è, tra le regioni italiane, in pole position per consumo pro capite d’energia e sta varando un Piano Energetico Regionale (Per) con obiettivi ambiziosi quali, la crescita sostenibile, la riduzione del costo dell’energia per i consumatori e le Pmi e il miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Si tratterà di un Per flessibile, anche grazie al Catasto energetico che consentirà d’aggregare dati per singole aree d’intervento.

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Acqua piovana nelle pareti per produrre energia

muroWalls 2.0 con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq è in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua

Risparmio idrico ed efficienza energetica. Sono queste le parole chiave di Walls 2.0, sistema capace di recuperare l’acqua piovana, immagazzinarla nei muri e tramutarla in energia. Il sistema, firmato da Rany Young, ha un meccanismo alquanto semplice: lo strato d’acqua che si insinua nelle pareti permette di migliorare notevolmente le prestazioni dell’edificio, aumentando l’isolamento termico tra interno ed esterno. Al contempo, con l’acqua immagazzinata direttamente sul posto e utilizzabile per tutte le necessità quotidiane, viene eliminato il problema del trasporto, riducendo i costi economici e ambientali del servizio.

 

Le pareti perimetrali in cemento sono realizzate aggiungendo una speciale membrana al calcestruzzo liquido che, durante il processo di polimerizzazione, costruisce dei cristalli all’interno dei pori del calcestruzzo, rendendolo completamente impermeabile e duraturo.

Con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq – afferma Young – il sistema sarà in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua piovana. Inoltre, a differenza dei normali serbatoi d’acqua piovana, il sistema è in grado do resistere 4 volte di più.

Il prototipo sarà ora sperimentato dalla Watershed Management Group.




Realizzata presso il Campus universitario di Savona la prima microrete energetica intelligente

microreteSi tratta del primo esempio di microrete energetica intelligente in Italia: è la Smart Polygeneration Microgrid (SPM), progettata dall’Università di Genova e sviluppata da Siemens.

Realizzata presso il Campus universitario di Savona, è stata inaugurata oggi alla presenza delle più importanti istituzioni locali, di rappresentanti del MIUR, dell’Ateneo di Genova e del top management di Siemens.

Laboratorio per testare la città intelligente

La microgrid di Savona rappresenta un laboratorio per sperimentare la smart city, in futuro replicabile su più ampia scala. È “smart” perché in grado di gestire in modo efficiente l’energia prodotta al suo interno, bilanciando generazione e carichi con conseguenti risparmi economici e riducendo l’impatto ambientale dal punto di vista delle emissioni di CO2.

Autonomia quasi completa per consumi elettrici e riscaldamento

Paragonabile a un quartiere cittadino con funzioni urbanistiche differenziate, il Campus è ora quasi completamente autonomo per consumi elettrici e riscaldamento. Questo risultato è ottenuto grazie al collegamento di diversi impianti di generazione, rinnovabili e ad alta efficienza, governati da un software centrale, per una capacità complessiva di 250 kW elettrici e 300 kW termici.

“Dal 2011 investiamo nelle tecnologie per lo sviluppo delle smart grid, tassello fondamentale per costruire la città del futuro. Il lavoro portato avanti negli ultimi anni dal team di ingegneri di Milano ci ha permesso di maturare esperienze e know-how importanti. Per questo la nostra casa madre ha deciso che fosse proprio l’Italia il centro di competenza mondiale sullo sviluppo di soluzioni per la gestione dell’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici”, spiega Federico Golla, Presidente e Amministratore delegato di Siemens Italia. “Una gestione dell’energia intelligente è il presupposto per mettere al sicuro la nostra rete nazionale, ridurre gli sprechi e in ultima analisi abbassare i costi della bolletta”.

Sala di controllo e piattaforma DEMS

Il cuore della microrete di Savona è la sala di controllo situata sempre all’interno del Campus. Da qui è possibile supervisionare l’intero sistema e garantirne la gestione intelligente, seguendo strategie operative ideate e validate con successo dall’Università di Genova.

La piattaforma di energy management DEMS (Decentralized Energy Management System) sviluppata da Siemens permette di prevedere i consumi globali, la generazione da fonte rinnovabile e di effettuare la pianificazione dell’esercizio, controllando in tempo reale le unità di generazione tradizionali presenti in campo ed ottimizzando i cicli di carica e scarica dei sistemi di accumulo per valorizzare al meglio la produzione da fonte rinnovabile.

Vantaggi ambientali ed economici

All’impatto positivo sull’ambiente dovuto alla riduzione complessiva delle emissioni di CO2, stimabile in 120 tonnellate/anno, si uniscono vantaggi anche dal punto di vista economico. Prima di tutto per quanto riguarda la gestione corrente, in quanto, grazie all’energia elettrica e termica autoprodotte, è possibile ridurre considerevolmente i prelievi di elettricità dalla rete esterna e il consumo di gas nelle caldaie tradizionali per il riscaldamento degli ambienti.

Risparmi che potranno essere impiegati dall’Università di Genova per il finanziamento di integrazioni tecnologiche ed impiantistiche ed in generale per ulteriori attività di ricerca sperimentale e dimostrativa.

Le componenti

Le componenti della micro rete si snodano all’interno del polo universitario. Nello specifico, vi sono tre microturbine a gas ad alta efficienza, un chiller ad assorbimento per la produzione contemporanea di elettricità, calore per il riscaldamento in inverno ed energia frigorifera per il raffrescamento in estate; una rete di teleriscaldamento; due colonnine di ricarica, due veicoli elettrici e due biciclette elettriche; tre parabole per la produzione di energia da solare a concentrazione un impianto solare fotovoltaico; quattro quadri elettrici collegati tra loro ad anello; un sistema di accumulo elettrochimico in grado di bilanciare generazione e carichi e, senecessario, compensare gli sbilanciamenti dovuti alla variabilità della generazione da fonte rinnovabile; una dorsale di comunicazione basata su unità di raccolta dati, collocate nei quadri principali.

Progetto Energia 2020

“Con l’inaugurazione della nostra rete energetica intelligente si completa il primo tassello del progetto ‘Energia 2020’, un intervento ambizioso dell’Università degli Studi di Genova nell’ambito delle direttive comunitarie sull’energia sostenibile, che prevede la realizzazione presso il Campus di Savona oltre che della Smart Polygeneration Microgrid, di uno smart building completamente eco-sostenibile ed automatizzato e di una serie di interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, con l’obiettivo di disporre di una struttura universitaria all’avanguardia dal lato del risparmio energetico e del comfort lavorativo”, spiega Federico Delfino, Responsabile Scientifico per l’Università degli Studi Genova del progetto Smart Polygeneration Microgrid.

“Nel corso del prossimo biennio 2014-15 – continua Delfino – contiamo di rafforzare la collaborazione virtuosa università-impresa con Siemens, per consolidare presso il nostro polo ciò che è ormai diventato un importante centro di competenza nel settore delle smart grids e della smart energy, con possibili ricadute formative per i nostri studenti”.

“Metteremo a frutto le esperienze di Savona nella sperimentazione di questa microgrid, e quanto stiamo già facendo in altre città come Torino, Milano e Genova, come partner del progetto Smart city, per sviluppare iniziative future – prima fra tutte Expo 2015”, conclude Golla.

http://www.casaeclima.com/ar_17139_ACADEMY-Energia-Ambiente-microgrid-smart-city-siemens-Inaugurata-a-Savona-la-Smart-Polygeneration-Microgrid-SPM.html