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Can technology help clean up India’s waste problem?

30 January 2015 

The mountains of litter that pile up in some Indian cities has got so bad, it has led to protests.

Authorities point to a lack of landfill, but can technology help clean up the country and give some of India’s poorest people a way to earn more money?

Sameer Hashmi reports from Bangalore for India Business Report.

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smaltimento rifiuti


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Pagheremo caro, pagheremo tutto.

 

rifiuti

RIFIUTI: CONDANNA PECUNIARIA DALLA CORTE UE. Art. di  Monica Tommasi.

Come molti giornali nei giorni scorsi hanno riportato, quasi tutti con grande evidenza, ancora una volta lo stato italiano ha subito dalla Corte dell’Unione Europea una forte sanzione per inadempienze nella gestione dei rifiuti. Per la precisione, la Corte ha inflitto una sanzione forfettaria di 40 milioni di Euro e una penalità di altri 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure di adeguamento alla sentenza del 2007. In quella sentenza, la Corte aveva dichiarato che l’Italia era “venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti”. Nel 2013, la Commissione ha ritenuto che l’Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie. In particolare  la sentenza del 2007 denunciava che:

  • – 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano state ritenute conformi alla Direttiva rifiuti, – 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della Direttiva rifiuti pericolosi, – per 5 discariche l’Italia non ha effettuato i richiesti interventi di riassetto o di chiusura in linea con la Direttiva discariche. Circa un anno fa la Commissione ha denunciato alla Corte che 198 discariche non erano ancora conformi alla Direttiva rifiuti; e di queste, 14 erano valutate come non conformi neanche alla Direttiva rifiuti pericolosi. Due non erano conformi alla Direttiva discariche di rifiuti. Secondo la Corte, “l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007” ed è quindi “venuta meno agli obblighi”. Di conseguenza, c’è stata la condanna a pagare la somma forfettaria sopra riportata e a versare una penalità semestrale a far data da oggi e fino all’esecuzione della sentenza del 2007 calcolata a partire da un importo iniziale di 42,8 milioni, da cui potranno essere detratti 400.000 Euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi e 200.000 nel caso che venga messa a norma. “Questo perché – rileva la Corte – l’inadempimento perdura da oltre 7 anni e le operazioni sono state compiute con grande lentezza» tanto che «un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”. In verità, questa ennesima condanna, assai pesante sul piano economico e sgradevole per la “reiterazione” del “crimine”, nonostante l’evidenza della notizia, non ha indotto troppe reazioni dei partiti e del governo, con l’eccezione – e ci mancherebbe altro – del Ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, che però, con le sue dichiarazioni avventate – che qui sotto riportiamo – ha dato nettissima l’impressione di non essere ben versato sull’argomento. Il ministro ha infatti dichiarato “Andremo in Europa con la forza delle cose fatte per chiudere i conti con la vecchia e pericolosa gestione: non pagheremo nemmeno un Euro di quella multa“. Il ministro sembra non capire che qui si tratta di una “multa” comminata da una Corte (la Corte Europea di Giustizia) che è un organo giuridico della UE, indipendente nella sua azione e nei suoi poteri, non un organo di governo da cui si può “andare” e politicamente trattare. L’espressione spaccona del ministro –  non pagheremo un Euro! – appare irricevibile anche sul piano politico; come era già successo qualche giorno fa con la dichiarazione “mai più abusivismo” onde evitare i danni del dissesto idrogeologico. Forse il ministro non sa che molte delle inadempienze italiane sono dovute a tentativi surrettizi di risolvere i problemi. La Commissione europea ha infatti denunciato alla Corte che le autorità italiane hanno consentito per anni lo stoccaggio di rifiuti nei siti “senza un’adeguata selezione né una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti”, come invece previsto da due direttive Ue, per “prevenire o ridurre i potenziali effetti negativi sull’ambiente nonché sulla salute umana”. Le ecoballe e i rifiuti trattati con sistemi meccanico-biologici sono rifiuti e rimangono tali. Fra le discariche prese in considerazione dalla sentenza ci sono 7 discariche del Lazio: 5 della provincia di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due di Latina situate a Borgo Montello. La sentenza di condanna si riferisce alla situazione all’inizio di agosto 2012: nel caso di Malagrotta, il trattamento biologico-meccanico dei rifiuti è iniziato solo nell’aprile del 2013 per terminare a settembre dello stesso anno, quando la discarica è stata chiusa. La Commissione Europea nota che “l’affermazione dell’Italia secondo cui l’utilizzo di altri impianti renderebbe l’intero bacino regionale del Lazio autonomo in materia di trattamento dei rifiuti è contraddetta, da un lato, dalla dichiarazione dell’Italia secondo cui sarebbero stati formalizzati accordi nel 2013 per portare i rifiuti fuori da tale regione e, d’altro lato, dagli articoli di stampa relativi a tali accordi”. Per la Corte, nel Lazio, è mancata “una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili”. La pretesa di eliminare i rifiuti senza applicare, insieme alla raccolta differenziata, trattamenti adeguati che permettano anche l’impiego di inceneritori,  favorendo l’illusione del rifiuto zero o pianificando l’esportazione dei rifiuti, non può che essere fallimentare. Il governo era peraltro al corrente che la condanna e la multa erano “in arrivo”, dato che in agosto l’avvocato generale della Corte Europea di Giustizia aveva reso nota ufficialmente la condanna richiesta; non si capisce quindi la sorpresa del ministro. Ancora una volta, la posizione degli Amici della Terra, riconfermata al recente convegno sui rifiuti a Milano, con la raccomandazione di superare i tabù e di evitare l’esportazione, appare fondata e urgente.


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Acqua potabile ed elettricità dai rifiuti organici umani, il progetto riuscito della fondazione di Bill Gates

Progetto Omniprocessor è stato finanziato dal magnate americano Bill Gates

Acqua potabile dai rifiuti umani. E’ questo l’ultimo progetto finanziato da Bill Gates attraverso la sua fondazione, la Bill & Melinda Gates Foundation.

Il progetto, che prende il nome di Omniprocessor, è stato sviluppato dalla società di Seattle Janicki Bioenergy per trasformare i rifiuti umani in energia rinnovabile e acqua potabile.

E lo dimostra lo stesso Gates sorseggiando un bicchiere d’acqua e dichiarando:

Un bicchiere di deliziosa acqua potabile. Come quella di una bottiglia.

Il progetto Omniprocessor è stato creato principalmente per affrontare sia il problema della scarsa igiene che la frequente mancanza di acqua potabile ed energia elettrica nei Paesi in via di sviluppo.

COME FUNZIONA. Al momento l’impianto di prova si trova a Seattle, ma presto ne sarà realizzato uno in Senegal, nella città di Dakar, dove entrerà in funzione a pieno regime per la sperimentazione a fine 2015. Grazie ad un motore a vapore questo macchinario è in grado di trasformare i rifiuti organici in elettricità e acqua potabile producendo esclusivamente cenere come rifiuto da smaltire. Il macchinario impiega solamente cinque minuti per trasformare rifiuti organici solidi in acqua potabile ed è in grado di produrre fino a 86.000 litri di acqua al giorno e 250 kW di energia elettrica con i rifiuti organici di circa 100.000 persone.

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Smaltimento illecito di rifiuti e autorizzazioni per costruire facili in Abruzzo. Quattro arrestati e 18 indagati: coinvolto il sindaco di Chieti Di Primio. E c’è pure una suora

Nuovi intrecci tra imprenditori e politica in Abruzzo. Due nuove inchieste per reati ambientali piomba sulla regione verde d’Italia. Sono quattro gli arrestati su richiesta della Procura distrettuale antimafia dell’Aquila. L’indagine della forestale evidenzia una presunta organizzazione che smaltiva illegalmente terre di scavo dei grandi cantieri. Sono 18 gli indagati, tra questi pure il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, 5 le misure cautelari, oltre a sequesti per un equivalente di 3 milioni di euro e 400 mila metri cubi di rifiuti. L’inchiesta eviedenzia anche presunti casi di corruzione nelle autorizzazioni relative al centro commerciale Megalò3. Secondo l’accusa il sindaco di Chieti avrebbe dato il via libera alla costruzione in cambio di finanziamenti per la campagna elettorale.
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Rifiuti: a Roma raccolta gratuita ingombranti fino al 31 marzo

E’ stato prorogato sino al 31 marzo 2015 il servizio gratuito di Ama per la raccolta dei rifiuti ingombranti al piano abitazione. Le prenotazioni per il servizio gratuito dovranno pervenire entro il 15 marzo. La proroga del servizio è stata decisa grazie alle numerose richieste dei cittadini e al successo dell’iniziativa, testimoniato anche dai numeri, con oltre 1.200 tonnellate di rifiuti ingombranti consegnati dai romani nel solo trimestre ottobre-dicembre 2014.
 
La raccolta gratuita al piano abitazione può essere richiesta al massimo 1 volta all’anno e si affianca al servizio di ritiro domiciliare gratuito al piano stradale, invece prenotabile per 12 ritiri l’anno, massimo 2 volte al mese. In entrambi i servizi, la consegna domiciliare dei materiali è riservata esclusivamente alle utenze domestiche, viene fornita su appuntamento e prevede i l ritiro degli ingombranti fino a 2 metri cubi di volume . E’ così possibile consegnare gratuitamente, ad esempio, un divano a tre posti (2 mc), o un tavolo (1 mc) più un televisore oltre i 29 pollici (1 mc), o ancora una lavatrice (1 mc) più una lavastoviglie (1 mc). Il servizio è attivo dal lunedì al sabato dalle 9 alle 20. Per prenotare, basta contattare lo Sportello di Roma Capitale “Chiama Roma 060606″, o compilare l’apposito modulo di richiesta nella sezione Servizi on-line.
Al momento della prenotazione, è necessario fornire il codice utente riportato in alto a destra nella bolletta della tariffa rifiuti . Tutto il materiale raccolto viene differenziato e avviato a impianti di trattamento per il recupero e il riciclo. Il servizio di ritiro a domicilio si affianca agli altri canali che Ama mette a disposizione dei cittadini per smaltire gratuitamente i rifiuti ingombranti e i Raee, materiali che non possono e non devono assolutamente essere gettati nei cassonetti stradali: i 14 Centri di raccolta aziendali, a disposizione dei cittadini tutta la settimana; gli appuntamenti domenicali mensili con la campagna, organizzata in collaborazione con il TGR Lazio, ” Il tuo quartiere non è una discarica “, il cui primo appuntamento per il 2015 è previsto già domenica 11 gennaio. Rimane attivo anche il servizio di ritiro domiciliare a pagamento “Ricicla casa e lavoro” , a disposizione delle utenze non domestiche, oltre che delle utenze domestiche in caso di ritiro di materiali superiori ai 2 metri cubi di volume. Anche per usufruire del servizio a pagamento, i cittadini possono rivolgersi allo 060606 o compilare il modulo di richiesta online.

di Tommaso Tautonico

fonte : alternativasostenibile.it
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Ispra: Rapporto 2014 sul recupero energetico da rifiuti urbani

 

Diminuiscono nelle nostre discariche i rifiuti speciali, ma aumentano quelli pericolosi. Sono alcuni dei dati forniti dall’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale nel “Rapporto sul Recupero Energetico da Rifiuti Urbani in Italia 2014”.
Vista l’attualità della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che ha multato pesantemente l’Italia per il mancato rispetto delle direttive sulle discariche, sono forniti alcuni dati.
Le discariche che smaltiscono rifiuti speciali sono 418 (237 al nord, 66 al centro e 115 al sud; di queste solo 10 per rifiuti pericolosi). Nel 2012 vanno in in discarica circa 11,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (90,7% non pericolosi e 9,3% pericolosi). Gli impianti di incenerimento di rifiuti speciali sono 90 e nel 2012 hanno trattato oltre 856 mila tonnellate di rifiuti speciali; i rifiuti sanitari sono il 13,4% del totale di quelli inceneriti (115 mila tonnellate).
Pertanto aumenta la produzione di rifiuti pericolosi (+8,1%) e diminuisce quella dei non pericolosi (-2,7%), rispetto ad un calo della produzione totale di rifiuti speciali (-2,1%).
Sull’ andamento generale del sistema rifiuti sembra pesare anche la crisi economica, in particolare “tra il 2011 e il 2012, la produzione totale di rifiuti speciali registra una flessione del 2,1%, passando da 137,2 milioni a 134,4 milioni di tonnellate”.
La riduzione riguarda “i soli rifiuti speciali non pericolosi, soprattutto i rifiuti da costruzione e demolizione: la flessione, rispetto al 2011, è del 2,7%, corrispondente a circa 3,5 milioni di tonnellate”. Mentre “la produzione totale di rifiuti pericolosi, quasi 9,4 milioni di tonnellate, aumenta dell’8,1% (700 mila tonnellate)”. La maggior parte dei rifiuti pericolosi è attribuibile al settore manifatturiero: 40% del totale, pari a oltre 3,7 milioni di tonnellate; il 26,9% deriva da trattamento rifiuti, mentre il 19,8% proviene dal settore servizi, commercio e trasporti (che produce anche 1,2 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso).
I rifiuti speciali non pericolosi provengono in gran parte dal settore costruzioni e demolizioni (42,1%) e da attività manifatturiere (24,5%). La forma di gestione prevalente è il recupero di materia (62,1% del totale dei rifiuti gestiti); tra le altre operazioni di smaltimento, la discarica con l’8,4%.
Esclusi gli stoccaggi, la quantità di rifiuti speciali avviati a recupero e smaltimento nel 2012 è di circa 118 milioni di tonnellate, di cui 110,5 milioni (93,8%) rifiuti non pericolosi.
Per i rifiuti pericolosi l’operazione più diffusa è il “riciclo e recupero dei metalli o composti metallici” che riguarda 546 mila tonnellate (29,1% del totale dei rifiuti pericolosi recuperati).
Gli impianti industriali che nel 2012 utilizzano i rifiuti speciali come fonte di energia sono 469. I rifiuti pericolosi avviati a recupero energetico sono oltre 149 mila tonnellate (7,3%); quelli non pericolosi sono 1,9 milioni di tonnellate (92,7%).

 
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Energia dai rifiuti, in Italia oltre 5.000 GWh in un anno

Nell’ultimo anno recuperati dai rifiuti urbani 4.193 GWh di elettricità e 1.508 GWh di energia termica. Nessun impianto italiano tratta ormai i rifiuti senza recuperare energia

S upera i 5000 GWh l’energia ottenuta dall’Italia trattando i rifiuti urbani. Nell’ultimo anno, l’Italia ha recuperato esattamente 4.193 GWh di elettricità e 1.508 GWh di energia termica, quantità che, sommate, potrebbero contribuire in maniera significativa al fabbisogno energetico di metropoli con quasi 1 milione di abitanti come Napoli o Torino. Nel 2013 il recupero di energia si è più che raddoppiato rispetto al 2003 (1.885 GWh di energia elettrica e 492 GWh di energia termica).

Al primo dicembre 2013 sono operativi in tutto il territorio 45 impianti di incenerimento per una capacità di trattamento di 7,3 milioni di tonnellate all’anno, una capacità termica di 3.045 MW e una potenza elettrica installata di 848 MW. Nessun impianto italiano tratta ormai i rifiuti senza recuperare energia.

Sono questi i principali risultati del Rapporto ISPRA-Federambiente sul “ Recupero energetico dai rifiuti urbani in Italia ”, indagine presentata ieri a Roma, che rappresenta lo scenario del sistema industriale di valorizzazione energetica da RU sull’intero territorio nazionale.

L’ITALIA È IN LINEA CON I PAESI EUROPEI PIÙ AVANZATI . A livello impiantistico, il Belpaese è in linea con le realtà europee più avanzate, per ciò che riguarda le tecniche adottate e le prestazioni ambientali conseguite. L’analisi dei dati sulla gestione dei rifiuti urbani nei 28 Paesi dell’Unione mostra che il 15% dei RU gestiti da tutti gli Stati membri è avviato a compostaggio, il 28% a riciclaggio, mentre il 24% è avviato a incenerimento. Il 33%, infine, è smaltito in discarica. Inoltre, si può constatare come, nell’ambito di un equilibrato mix di forme di trattamento, l’incenerimento con recupero energetico dei rifiuti non si pone affatto in contrapposizione con il riciclaggio. Lo dimostrano le elevate percentuali di riciclaggio registrate nei Paesi che fanno maggiore ricorso all’incenerimento. È il caso, per esempio, della Germania, dove a fronte di una percentuale di rifiuti inceneriti del 35%, i rifiuti avviati al riciclaggio si attestano al 65%, o dei Paesi Bassi, dove a una percentuale d’incenerimento del 49% si accompagna una percentuale di riciclaggio pari al 50%.
In Italia una parte consistente degli impianti censiti (21 su 45) presenta una capacità di trattamento piuttosto ridotta, non superiore alle 300 t/g. La capacità nominale media di trattamento dell’intero parco, su base annua, risulta di circa 161.000 tonnellate, corrispondenti a quasi 490 t/g.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA . Nel dettaglio 28 impianti (con 56 linee) si trovano nelle regioni del Nord, 9 (con 16 linee) in quelle del Centro e 8 (con 16 linee) in quelle del Sud. Complessivamente, nel corso dell’anno passato, è stato inviato a incenerimento il 18,2% dei rifiuti urbani prodotti in Italia. I combustori a griglia rappresentano la tipologia d’impianto di gran lunga più diffusa (87,3% della capacità di trattamento complessiva), seguiti dal letto fluido (10,8%) e dal tamburo rotante (2,0%).
Il 49% dei rifiuti trattati è ascrivibile alle frazioni derivate dal trattamento dei rifiuti urbani (CSS, FS), seguite dai RU indifferenziati che incidono per il 44%, mentre i rifiuti speciali, comprensivi dei sanitari, costituiscono il restante 7,0% circa.
TECNICHE UTILIZZATE PER IL TRATTAMENTO DEI FUMI . Le principali tecniche impiegate per il trattamento dei fumi – singolarmente o in combinazione tra loro – per la rimozione degli inquinanti sono la depolverazione (filtri elettrostatici, filtri a maniche, cicloni), i sistemi a “secco” e “semisecco” per la rimozione dei gas acidi e la riduzione selettiva catalitica o non catalitica per la rimozione degli ossidi di azoto.
RESIDUI . Per quel che riguarda infine i residui del trattamento, nel 2013 la produzione di scorie è stimata intorno a quasi 993 mila tonnellate, alle quali vanno aggiunte oltre 389 mila tonnellate di residui del trattamento fumi. L’82% delle scorie è stato avviato a recupero, mentre il restante 18% è stato smaltito.
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fonte: casaeclima.com


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​A Natale non si butta niente, il decalogo per una raccolta differenziata dell’organico senza sprechi

 

 

 

Il Consorzio Italiano Compostatori presenta un decalogo per una raccolta differenziata dell’organico di qualità, virtuosa e senza sprechi: dieci consigli utili partendo da ciò che si mette nel carrello della spesa

A Natale e Capodanno la tavola è il luogo di incontro di molte famiglie italiane. Per questo motivo, i generi alimentari fanno registrare un aumento delle vendite rispetto ad altri periodi dell’anno. Il periodo natalizio è pero caratterizzato anche da un aumento della produzione di rifiuti, in particolare quelli organici. Com’è noto, una parte degli scarti umidi è rappresentata da cibi e prodotti ancora commestibili: si stima che nel Mondo, ogni anno, si sprechino circa 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti. Nella sola Europa sono circa 90 milioni, pari a circa 180 kg pro capite ogni anno.

Lo spreco di cibo potrebbe essere ridotto partendo da ciò che si mette nel carrello della spesa. Ma non solo. Gli sprechi alimentari si combattono anche prestando attenzione a ciò che si butta nel cassonetto. Per questo motivo, il Consorzio Italiano Compostatori presenta, in vista delle festività, un decalogo per una raccolta differenziata dell’organico di qualità e senza sprechi.

1. Prevenire è meglio che riciclare. Durante la spesa per il pranzo di Natale o la Cena di Capodanno considerate il quantitativo di cibi di cui avete effettivamente bisogno. Consultate le indicazioni di conservazione e – soprattutto – le date di scadenza. La dicitura “consumare preferibilmente entro” significa che dopo quella data l’alimento è ancora commestibile, in alcuni casi anche per mesi, e mangiandolo non si rischia alcun mal di pancia.
2. Donare può essere un gesto concreto. In Italia si sono diffuse iniziative di recupero e ridistribuzione di prodotti alimentari dal settore della distribuzione e/o ristorazione, in cooperazione con strutture non-profit o servizi sociali. Cercate quelle attive nella vostra città e contattatele per verificare se potete destinarle gli alimenti ancora confezionati, o se potete sostenerle economicamente. Se organizzate banchetti o cene con un numero elevato di invitati potreste donare anche una parte dei pasti cotti.
3. Raccolta differenziata dello scarto alimentare, ma in maniera corretta. La raccolta degli scarti alimentari, sia cotti che crudi, rappresenta un’abitudine quotidiana per milioni di italiani. Ma per potere trasformare tali avanzi in biogas (combustibile rinnovabile) e in compost (fertilizzante organico per i terreni) è necessario separare tali rifiuti in maniera pulita. Non vanno quindi raccolti con l’umido oggetti in vetro, metallo, plastica, lattine.
4. Cosa mettere nel cestello dell’organico. Possono essere raccolti tutti gli scarti di preparazione dei cibi, sia di tipo vegetale che animale. Potete inoltre raccogliere tutti gli scarti commestibili che avanzano dalle portate dei pasti. Fate raffreddare i cibi cotti fino a temperatura ambiente, per evitare che sciolgano i sacchetti compostabili.
5. Utilizzate il sacchetto giusto. Dareste da mangiare la plastica al vostro animale domestico? Probabilmente no. La plastica è “indigesta” anche ai microorganismi che trasformano gli scarti alimentari in compost, pertanto è necessario che per i secchielli sottolavello vengano utilizzati solamente sacchetti in carta o bioplastica certificata ai sensi della Norma EN 13432.
6. Per chi non vuole lavare le stoviglie. Esistono in commercio stoviglie (piatti, bicchieri, posate) in materiale compostabile certificato (ai sensi della Norma EN 13432). Tali stoviglie possono essere trasformate in compost, in impianti industriali, senza costituire rifiuti da smaltire. Prima di raccogliere tali manufatti insieme all’umido verificate con il gestore o l’Azienda di raccolta se tale percorso è fattibile nel vostro Comune.
7. Attenzione al calendario di raccolta. Natale è un momento di festa e di ferie anche per gli operatori che raccolgono e avviano a recupero i vostri rifiuti. Se nel vostro Comune è attiva la raccolta porta a porta, consultate bene il calendario, perchè nei giorni di Natale e Capodanno è possibile che vengano modificati o soppressi i passaggi.
8. L’albero di Natale. Se avete acquistato un albero ceduo (senza radici) potete avviarlo a recupero con la raccolta differenziata dello scarto verde del vostro Comune. Informatevi sulle corrette modalità di raccolta e verificate se potete conferirlo direttamente presso il Centro di Raccolta del vostro Comune. Potrà essere avviato a recupero in un impianto di compostaggio, restituendo energia alla terra sotto forma di compost, un concime organico.
9. Il Compost. Trasformare gli scarti organici in compost è uno dei modi per contribuire in modo significativo all’uso sostenibile delle risorse. Dal compostaggio nasce un fertilizzante naturale che restituisce sostanza organica alla terra. Per saperne di più sul compostaggio e sulle possibilità di utilizzo: www.compost.it.
10. I marchi di certificazione del CIC. Il Consorzio Italiano Compostatori ha scelto la garanzia della qualità. Per questo ha creato due marchi, uno per il compost e l’altro per i manufatti compostabili. Utilizzare il compost a marchio CIC e usare manufatti compostabili certificati Compostabile CIC significa avere in mano prodotti di qualità, per un’impronta ecologica più leggera e sicura. Qui i marchi di certificazione Cic.

Il Consorzio Italiano Compostatori è l’associazione italiana per la produzione di compost e biogas. Il Consorzio, che conta più di 130 soci, riunisce imprese e enti pubblici e privati produttori di fertilizzanti organici e altre organizzazioni che, pur non essendo produttori di compost, sono comunque interessate alle attività di compostaggio (produttori di macchine e attrezzature, di fertilizzanti, enti di ricerca, ecc.). Il CIC promuove la produzione di materiali compostati, tutelando e controllando le corrette metodologie e procedure. Promuove le iniziative per la commercializzazione e la corretta destinazione dei prodotti ottenuti dal compostaggio e svolge attività di ricerca, studio e divulgazione relative a metodologie e tecniche per la produzione e utilizzazione dei prodotti compostati.

http://www.e-gazette.it/sezione/imballaggi/natale-non-si-butta-niente-decalogo-raccolta-differenziata-dellorganico-senza-spr

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Alluminio e l’invenzione di Bayer. Articolo di Giorgio Nebbia, Professore emerito di Merceologia, Università di Bari

 

 

Il glorioso e terribile ventesimo secolo è stato un “secolo lungo”; non si può capirne l’ambiguo fascino, e non si può capire neanche questo ventunesimo secolo, se non si fa un salto indietro all’inizio del 1800; nel 1800 affondano, infatti, le radici di tutte le innovazioni di cui oggi godiamo i benefici. Ogni volta che ci chiediamo da dove vengono le materie, le merci, i processi di oggi, dobbiamo andare a cercare quando tutto è cominciato. Credo che questa sia la ragione del moltiplicarsi, fortunatamente, di mostre e musei e incontri sulla storia della scienza e della tecnica. Fra le varie mostre di questi mesi merita di essere ricordata quella sull’Esposizione Universale di Parigi del 1855, durante la quale il gioielliere Charles Christofle presentò le sue preziose novità costituite da posate e pentole …. di alluminio ! E si trattava veramente di cose rare e costosissime, come ha indicato anche l’altra mostra contemporanea americana intitolata: “Alluminio: dalla gioielleria agli aeroplani a reazione”.

Oggi gli oggetti di alluminio sono banali e diffusissimi, ma ai primi dell’Ottocento l’alluminio era ancora una sostanza misteriosa, benché fosse e sia il terzo elemento più diffuso sulla crosta terrestre, dopo l’ossigeno e il silicio. Il suo carattere misterioso è dovuto al fatto che l’alluminio si è trasformato, nella lunga storia geologica della Terra, in ossidi e idrati difficilmente attaccabili da altre sostanze chimiche: le terre rosse del Salento o del Gargano sono ossidi di alluminio miscelati con ossidi di ferro; le argille che, scaldate ad alta temperatura, si trasformano nei mattoni di coloro rosso vivo, sono idrati e ossidi di alluminio, ferro e silicio.

La scoperta che tanti diffusi minerali nascondevano un “nuovo” metallo si deve al chimico tedesco Friedrich Wöhler (1800-1882), che nel 1827 riuscì a trasformare l’ossido di alluminio in cloruro di alluminio e ad ottenere, trattando l’ossido con potassio metallico, un metallo bianco, argenteo, leggero e molto bello, resistente alla corrosione. Ci volle un altro bel po’ di tempo per ottenere quantità apprezzabili di alluminio con processi lenti e complicati, tanto che, quando arrivò in commercio, l’argento costava più dell’oro.

Soltanto nel 1854 il francese Saint-Claire Deville (1818-1881) scoprì che era possibile scomporre il cloruro di alluminio con sodio metallico, meno costoso del potassio usato da Wöhler. La scoperta fu salutata come rivoluzionaria e l’alluminio e le sue proprietà ebbero l’onore delle prime pagine dei giornali. L’orefice parigino Christofle capì che la borghesia emergente, curiosa delle novità, sarebbe stata attratta da oggetti di alluminio e li propose al pubblico, appunto durante l’Esposizione del 1855, sotto forma di monili, ornamenti e posaterie di lusso. Curioso personaggio, questo Christofle, ricco gioielliere, ma anche imprenditore attento ai nuovi tempi: fu uno dei primi a garantire, nel 1845, l’assicurazione contro le malattie ai suoi operai, a creare fondi di piccolo risparmio e a dare una forma di istruzione ai lavoratori. Fu nominato fornitore ufficiale di Luigi Filippo (re dei francesi fino al 1848), e poi di Napoleone III che, comprendendo l’importanza dell’alluminio, sponsorizzò le imprese per la sua produzione industriale. Questi incentivi e la grande pubblicità assicurata alla novità scatenarono la corsa alla produzione dell’alluminio a costi sempre più bassi. Ormai si trattava di cercare una materia prima abbondante e sicura; un ufficiale francese di stanza nella Guinea aveva scoperto un minerale uguale a quello che si trovava anche in Francia a Le Baux, nella Provenza, e che fu chiamato bauxite. La bauxite divenne — ed è ancora oggi — la materia prima standard per la produzione dell’alluminio. La messa a punto di un processo industriale per tale produzione richiese vari altri anni di una concorrenza internazionale fra Francia, Germania, Stati Uniti, Austria: bei tempi quelli in cui le guerre si combattevano per inventare nuove merci.

Il primo successo si ebbe con la scoperta che era possibile purificare la bauxite trattandola con acqua e idrato sodico; l’alluminio forma un idrato solubile mentre resta insolubile un fango contenente ossidi di ferro e di altri metalli. La soluzione contenente idrato di alluminio può essere scomposta in modo da ottenere una polvere di idrato di alluminio molto puro e da questo l’ossido di alluminio. Detto in poche parole sembra tutto facile, ma ci sono voluti anni per perfezionare il processo che prende il nome dall’austriaco K.J. Bayer (1847-1904) e che fu brevettato nel 1888. Adesso si trattava di scomporre l’ossido di alluminio puro ottenendo alluminio. Varie persone avevano intuito che la scomposizione avrebbe potuto essere realizzata per elettrolisi, ma l’elettricità stava muovendo i primi passi su scala industriale; quando l’elettricità divenne disponibile a basso prezzo si ebbe il colpo finale e ancora una volta si trattò di una avventurosa invenzione: due giovani sperimentatori, entrambi di 22 anni, Héroult in Francia e Hall negli Stati Uniti, scoprirono indipendentemente e brevettarono, nel 1886, a poche ore di distanza, uno da una parte e uno dell’altra dell’Oceano, il processo elettrolitico che si segue ancora oggi.

L’invenzione consisteva nello “sciogliere” ad alta temperatura l’ossido di alluminio in una sostanza, la criolite, costituita da fluoruro di alluminio e potassio; il passaggio della corrente elettrica attraverso questa soluzione scompone l’ossido di alluminio in alluminio e in ossigeno che reagisce con l’elettrodo di carbone e da luogo alla formazione di ossido di carbonio. Con questo processo l’alluminio si avviava a diventare il nuovo metallo strategico e compariva sul mercato proprio nel momento in cui nascevano l’industria automobilistica e quella aeronautica; gli aeroplani avrebbero potuto sollevarsi e volare soltanto se la loro struttura fosse stata sufficientemente “leggera” e l’alluminio, che pesa tre volte meno del ferro, divenne subito il metallo favorito. Nel 1903 fu costruito il primo blocco motore per aereo in lega di alluminio e rame.

Durante tutto il Novecento la produzione di alluminio è aumentata continuamente. In questo inizio del XXI secolo nel mondo vengono estratti ogni anno 55 milioni di tonnellate di bauxite, principalmente in Australia, Guinea, Giamaica, e vengono prodotti 25 milioni di tonnellate di alluminio (si tratta del secondo metallo come importanza industriale; la produzione del primo, l’acciaio, supera di poco gli 800 milioni di tonnellate all’anno). Una parte dell’alluminio è ottenuto dal riciclo di lattine, imballaggi, eccetera; il consumo di energia per ottenere l’alluminio riciclato (alluminio secondario) è venti volte inferiore a quello che si ha quando si produce alluminio primario dalla bauxite.

Queste poche notizie non riescono a rendere giustizia all’importanza dell’alluminio, con il quale è possibile preparare migliaia di leghe con altri metalli, ciascuna delle quali ha speciali proprietà. L’alluminio può essere reso resistente alla corrosione mediante un trattamento elettrolitico superficiale; molti infissi di finestre e porte sono di alluminio “anodizzato”, come si suol dire. La maggioranza degli impieghi sono nell’industria automobilistica, motociclistica, aeronautica, dove le proprietà di “leggerezza”, cioè di basso peso specifico, sono particolarmente importanti, nell’industria elettrica, nella produzione di imballaggi anche alimentari, e in innumerevoli altri campi nella vita domestica. Con la loro sigla AL, alluminio appunto, dentro un esagono, le “lattine” di molte bevande dicono ad alta voce di che cosa sono fatte e invitano a raccoglierle separatamente, dopo l’uso, per poter ridiventare presto nuovo alluminio riciclato.

Giorgio Nebbia, La Gazzetta del Mezzogiorno, 11 ottobre 2oo3

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Rifiuti, “sono 33mila le tonnellate di scarti alimentari prodotte durante le festività”

soldi-150x150A rendere noti i numeri dei rifiuti alimentari è Althesys, la società di consulenza ambientale che ha pubblicato il rapporto sui rifiuti e sul riciclo. Marangoni: “La raccolta differenziata è una delle grandi fide del futuro in termini ambientali e economici”

I grandi pranzi e le cene di famiglia hanno un valore aggiunto quantificabile. Il giorno di Natale infatti le tavole imbandite degli italiani hanno prodotto circa 33mila tonnellate di rifiuti. Riciclare nel modo corretto questi scarti agroalimentari ha un valore: ben 3 milioni di euro, circa 10 volte la spesa annua del Comune di Roma per l’acquisto di medicinali e materiale sanitario destinato agli anziani (fonte www.soldipubblici.gov.it). Il bilancio arriva da Was, il think tank sui rifiuti e sul riciclo di Althesys che ha presentato il report di settore.

La raccolta differenziata, spiega l’Amministratore delegato di Althesys Alessandro Marangoni, “rappresenta una delle grandi sfide del futuro, non solo in termini ambientali ma anche sotto il profilo economico”. Basti pensare che tutto il comparto italiano della gestione dei rifiuti e del riciclo fattura oltre 20 miliardi di euro, quanto le energie rinnovabili, più di molti settori manifatturieri tradizionali, come ad esempio il tessile o il vinicolo.

Riciclare nel modo corretto i rifiuti della tavola fa guadagnare tutti noi, parallelamente sprecare cibo ha un costo: in Italia il 3% del consumo di energia è legato agli scarti alimentari, con la stessa energia si potrebbe scaldare e dar luce a oltre un milione e mezzo di italiani.

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