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E ogni tanto rispunta fuori un articolo su Corviale….

Di quegli articoli fatti un po così ripescando dal repertorio e degradando chi ci vive e ci lavora ogni giorno.

A Corviale è vero che ci sono situazioni difficili e microcriminalità ma non è quel mostro in mezzo al nulla che descrivete.

A Corviale si vive l’abbandono delle istituzioni che a volte (spesso in campagna elettorale) ritornano, fanno promesse e aggiustano qualcosa.

A Corviale esiste un centro polivalente Nicoletta Campanella dove c’è una biblioteca, la banca del tempo un centro di orientamento al lavoro, e dove si svolgono corsi professionali. Sempre nel centro polivalente c’è un punto ristoro.

Nell’edificio difronte il palazzo ci sono: polizia municipale, sportello anagrafico del municipio, la sede del consiglio del municipio e il Mitreo, un luogo dove si svolgono diverse attività culturali. E poi Il calcio sociale, il campo da rugby, la piscina comunale. All’interno del palazzo una sede della Asl con ambulatori e consultorio. Due Caf, un comitato inquilini. Un centro anziani. Una farmacia comunale. Varie associazioni e cooperative che lavorano per il quartiere.

All’interno in una parte del quarto piano da più di 20 anni una comunità di religiosi offre aiuto e un’oasi di pace. La parrocchia all’inizio del palazzo. A due minuti a piedi un centro commerciale, una piazza con il mercato 2 volte la settimana.

E tanto verde.

Non è il paradiso, ci sono dei problemi come in ogni altro quartiere di Roma. Solo che Corviale da sempre fa notizia per questo, per essere il mostro. E ogni tanto spunta fuori qualcuno chè dice di abbatterlo.

La manutenzione ordinaria non è frequente e l’Ater non può e non deve abbandonare un quartiere dietro la scusa del “non pagano”. La scuola “sotto casa” è in ristrutturazione da anni, ma di chi è la colpa? E comunque ci sono altre due scuole raggiungibili a piedi in 10/15 minuti.

Corviale e Casetta Mattei da anni vivono il disagio di un insediamento abusivo rom molto numeroso, in questi giorni sta avvenendo l’ennesima bonifica del luogo con annessa recinzione ma se non ci sarà un costante intervento delle istituzioni tra un mese tornerà l’insediamento con l’immondizia e il degrado. Di cosa ha bisogno Corviale? Sicuramente non di articoli come questo… sicuramente di un maggiore controllo e contrasto alla microcriminalità e di manutenzione.

A Corviale la mattina per le strade del quartiere trovi qualche anziano sulle panchine e anche qualche giovane perché c’è anche dispersione scolastica e disoccupazione, persone che prima di andare a lavoro fanno jogging, persone che vanno a lavoro o nei vari posti del quartiere che ho elencato prima (ne avrò sicuramente dimenticato qualcuno).

Studenti di architettura che ciclicamente vengono a studiare la sua struttura. E più tardi famiglie, bambini che giocano.

Corviale non è un quartiere perfetto ma smettiamola di descriverlo come quell’alieno estraneo alla città come poteva esserlo 30 anni fa. Ci sono tante persone che si rimboccano le maniche e non vanno lasciate sole.




Makerspace, il loft del Pigneto dove i trentenni fanno gli artigiani

famocoseda Repubblica:

Si chiama “Famocose”, apre a metà settembre. Sul modello delle officine di mezza Europa.

Seghe elettriche, macchine da cucire, saldatrici, ma anche stampanti e scanner 3D, plotter e macchine a taglio laser, una camera oscura e una cabina di verniciatura. Sono alcuni degli strumenti degli “artigiani digitali”: designer, falegnami, sarti, fotografi, architetti, che dal 13 settembre si ritroveranno in una Bauhaus del Terzo Millennio nel cuore del Pigneto, in via Caltanissetta, a ridosso dell’area pedonale.

Qui al civico 26, in quella che un tempo era una tipografia, aprirà “Famo cose”, il primo makerspace romano, prendendo a modello spazi analoghi nelle capitali del mondo, come la Beta Haus di Berlino, che da cinque anni è la casa degli artigiani urbani, quei giovani professionisti che nelle affollate e care metropoli occidentali non hanno spazio e risorse per un laboratorio personale. “Famo cose” è un open space di 210 metri quadri in cui far confluire passioni e professionalità dei trentenni freschi di università, unendo le tecnologie all’avanguardia alla vocazione artigiana del Pigneto.

Così mentre in centro le botteghe storiche chiudono per lasciare spazio ai fast food la soluzione per i creativi di ieri e di oggi è il makerspace. “Sono il primo ad aver bisogno di un posto dove “fare cose”  –  racconta Luca Magarò, designer romano, 30 anni,  –  e a Roma mancava un punto dove riunire le idee e le professionalità, che andasse oltre il coworking e i fablab. Questa non è un’associazione o un centro sociale, ma un punto di servizi e formazione artigiana”.

“Famo cose” sarà aperto a tutti, dai bambini alle casalinghe, dagli studenti ai pensionati. Se di giorno (dalle 9 alle 18) sarà dedicato ai professionisti, che troveranno attrezzature e consulenza, anche per start up e gruppi di lavoro, la sera (dalle 18 alle 22) il makerspace aprirà le porte agli hobbisti. Chi non ha un luogo dove fare decoupage, dipingere o creare piccoli mobili, cucire abiti o realizzare gioielli, smanettare con l’elettronica, insieme alle idee e agli stimoli di altri creativi. E chi non sa da dove cominciare, potrà iscriversi a corsi di elettronica, falegnameria, design, moda: il sabato l’open space si trasformerà in un’aula con videoproiettore, per lezioni in cui gli attrezzi del mestiere sono parte integrante della formazione.

“Le persone devono uscire da qui con un oggetto realizzato da loro  –  spiegano i “makers” che sono diventati otto  –  anche se avremo una piccola sala relax, non ci sarà spazio per perditempo”. Fin dal nome, che è una provocazione al “faccio cose vedo gente” di Moretti, una dichiarazione di guerra a quello spirito “radical chic” che nell’immaginario urbano sembra essersi impossessato del Pigneto. Qui si viene a sporcarsi le mani. Di vernice e trucioli, con il seghetto in una mano e l’iPad nell’altra. Artigiani con passione, come nel simbolo di “Famo cose”: un bullone stilizzato a forma di cuore.

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