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#L’Oriana, miniserie di Marco Turco

 

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È arrivato il momento di dire la verità, di alzare lo sguardo verso la luce,  guardare la realtà vis-à-vis. Il film-fiction L’Oriana, di due puntate, andato in onda il 16 e 17 febbraio su Rai 1, non merita l’attenzione del pubblico. La Puccini non gratifica e non onora il “personaggio” Oriana Fallaci, né tantomeno la mirabile avventura della più grande giornalista degli anni 70. Il poco gusto di un prodotto confezionato, e pronto per l’estero, pacchetto compreso. Molti i commenti sul web e sui social network utilizzando l’hashtag #l’oriana. Nessuno è rimasto soddisfatto. Forse perché il personaggio era troppo complesso per essere inquadrato in due puntate, forse perché la sua opera è stata travisata, la sua persona filtrata dal romanzesco. Un’anziana Fallaci che illustra la sua vita, con disprezzo e maleducazione, ad una giovane studentessa di giornalismo la sua vita è l’escamotage narrativo – un episodio mai accaduto – con cui si apre il sipario sulla telenovela “la Fallaci e la sua vita alternativa”. Non erano di certo le basi della sua vita la ricerca dell’amore, ossessivo, maniacale, le “pieghe rosa” della fiction, e la smania per una maternità che non arriverà mai. Fare il giornalismo, “non l’ho studiato” dice Oriana, era il suo impegno vitale. Ma non sappiamo che tipo di messaggio voleva veicolare il produttore, il regista, per poter dire di non aver assolto al suo compito.  Se questa miniserie si prefigura lo scopo di essere una biografia, fallisce. Se si sofferma sullo sfondo storico, con l’obiettivo di riproporre tematiche e scenari diversi dalla nostra attualità, brancoliamo nel buio. Le ricostruzioni e i paesaggi mendaci sono il frutto di una mediocrità e di una superficialità dilagante e una pochissima attenzione ai dettagli sono; le scene, che si susseguono, banali, insipide, senza suspence, ricostruiscono Saigon in una sorta di periferia romana, per riproporre dei dialoghi estrapolati dai suoi libri e altri scritti con poca cura.

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E quando mi viene detto che “fare un po’ di cultura significa provarci” io mi indigno. Come si indignava Oriana a vedere sporcata la sua Piazza, a Firenze, quando, nell’estate del 1999 un gruppo di “musulmani somali sfregiarono e oltraggiarono per tre mesi e mezzo piazza del Duomo a Firenze. La mia città”. [1] E per conoscere veramente l’Oriana, di cui i giornali e i media si fanno portavoce nei loro articoli arrivisti, per discutere dell’Islam e della minaccia terroristica, bisognerebbe rileggere la prefazione del suo libro “La rabbia e l’Orgoglio”, nato e cresciuto in lei, dopo tanti anni di silenzio, che recita: “Ma vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci può sottrarre”[2]  Allora, se mi affido alle sue parole, e ai suoi libri, mi sento offesa. Perché la cultura non si da a pillole. La cultura non si “fa”. Non si crea, “piano piano”; la cultura non è un prodotto commerciale, non si guadagna.
Quando mi viene detto “è comunque cultura” oppure “meglio di niente”, mi sento indignata. La cultura o c’è o non c’è. Continuo a pensare che la cultura è leggere le opere di prima mano.  Penso che per conoscere veramente Oriana Fallaci bisogna aprire un suo libro. E leggerlo. Tutto. Dall’inizio alla fine. Leggere la storia con Alekos Panagulis in Un uomo, se vogliamo mettere al centro l’amore e le mille sfaccettature dolorose. Bisogna leggere le sue interviste ai grandi della terra per sapere veramente cosa aveva chiesto a Khomeini. Bisogna leggere “Intervista con il Potere”, allora.
Per capire il suo dramma individuale nella lotta contro il cancro e l’amore spasmodico per la Vita bisogna leggere Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci. In un’intervista la Fallaci aveva detto, parlando di sé “su ogni esperienza personale lascio brandelli d’anima”.

A questo punto le tue parole, Oriana, rimangono sulla carta e nei nostri cuori di lettori. Zì! Zì! Zì! Vive! Vive! Vive! – urlava il corteo al funerale di Alekos, il  5 maggio 1976, in cui i “grappoli di persone”  strisciavano verso la chiesa, in un’unica direzione, tutti insieme a forma di “piovra” – allo stesso modo i tuoi lettori dicono Zi! Zi! Zi !
Vivi Oriana, vivi dei tuoi pensieri e dei tuoi bei ricordi.

[1] Cit. Oriana Fallaci, La rabbia e l’orgolio, BUR Rizzoli, 2009, p. 96

[2] Oriana Fallaci, La rabbia e l’orgoglio, BUR Rizzoli, 2009

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DA CORVIALE RIPARTE L’UTOPIA DI PERIFERIE UMANE

AgriculturalUrbanism2Da simbolo di degrado a segnale di riscossa: le periferie diventano il fulcro della partita per il rilancio economico/sociale.

Il là l’ha dato Renzo Piano pianocon l’ovvia e semplice constatazione che nelle periferie c’è lo spazio e il bisogno del cambiamento urbanistico.

Ed è dalle periferie che può partire la grande chance delle smart city, le città dal volto umano che aiutano a salvare l’ambiente producendo nel contempo benessere, servizi, occupazione e cibo a km zero.

E’ questa la partita che può aiutare Renzirenzi a lanciare il grande piano keynesianokeynes che immagina per riaccendere l’economia e l’occupazione: partire dai bisogni dei cittadini più disagiati per costruire una macchina urbanistica  e amministrativa che offra risposte in termini di servizi e di vivibilità.

Scuole e ricerca, innovazione e green economy: questi i cardini di un “rammendo” delle periferie delineato da Piano.

Non a caso sono le stesse parole d’ordine del consorzio di associazioni che con corviale_domani_11 ha da tempo impostato un progetto complessivo di rigenerazione del Quadrante di Corviale.

Un consorzio che si è confrontato con urbanisti, amministratori, economisti, ricercatori senza perdere mai il contatto con le esigenze di servizi e sicurezza degli abitanti.

Ritrovare le ragioni dell’utopia significa proprio questo: coniugare il rilancio urbanistico/economico con i bisogni dei cittadini.

L’articolo di Francesco Erbani su REPUBBLICAdel 27 maggio “Basta costruire, gli architetti ora rigenerano” non a caso parte proprio dai progetti su Corviale dell’architetto Daniel Modigliani modiglianicommissario dell’Ater di “aprire il pian terreno e installarvi servizi e altre attività e per consentire il passaggio dalla strada agli orti che sono alle spalle dell’edificio, così da alimentare le relazioni con il quartiere.” Un’idea quindi di interazione tra la città del cemento e la campagna dei 1.200 ettari di parco del Quadrante da sempre propugnata da Alfonso Pascale pascaledi Corviale Domani con la realtà delle Fattorie Sociali che proprio il 6 giugno s’incontrano al Forum del Terzo Settore per la costituzione di una rete cittadina anche in previsione dell’Expo 2015 dedicata all’alimentazione. expoErbani su Corviale prosegue con  Modigliani: “Sul tetto sono previsti verde e impianti per la raccolta dell’acqua e il risparmio energetico” riprendendo il progetto del prof. Stefano PanunziAnnuncio-partenza-Corviale dell’Università del Molise tante volte propugnato nei due Forum che la direttrice del servizio di Architettura del  Ministero dei Beni Culturali Maria Grazia Bellisario

The Making of / Artisti al lavoro in tv

ha promosso con Corviale Domani.Last but not least il progetto di rigenerazione di Corviale sarà il 2 giugno alla trasmissione “I visionari” di Corrado Augias.augias

Quale auspicio maggiore per far ripartire da Corviale l’utopia di periferie umane.

Tommaso Capezzone




Video> Rai3 e RaiEdu: rassegna stampa

 

 

The Making of / Artisti al lavoro in tv

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RAI3 Lazio

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Video >”Corviale un chilometro di città” un programma di Paola Orlandini e Patrizia Colaci – Rai storia 2013