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Prezzemolo e dintorni, gli orti in condominio

Atdal over 40 si occupa da oltre 10 anni di fragilità lavorativa riguardante lavoratori e lavoratrici over 40 che escono dal circuito lavorativo e non riescono più a rientrarci.
Il progetto che abbiamo pensato riguarda i condomini spesso luoghi rissosi, dove ognuno vive per sé nell’indifferenza
Trasformare un condominio in un luogo di incontro e di condivisione è il nostro sogno in antitesi a ogni altra forma di isolamento e solitudine. E’ nel silenzio infatti che nascono le violenze sopratutto alle donne e ne ostacolano l’ inclusione anche nel mondo del lavoro.
Utilizzare spazi comuni come terreno di incontro, scambio e sostegno reciproco trasforma non solo il luogo, ma le stesse persone che lo abitano: da litigiose a solidali.
La nostra proposta vuole utilizzare gli spazi collettivi interni di un condominio e renderli produttivi, in termini non solo economici, ma anche di benessere sociale. I terrazzi, i tetti, i cortili e giardini condominiali sono luoghi spesso abbandonati, dove con facilità e poca spesa è possibili impiantare orti, anche verticali se lo spazio è ristretto. Un orto collettivo è un sistema di approvvigionamento, ma anche uno luogo di incontro,di costruzione culturale e di collaborazione.
I laboratori formativi di orto condominiale che immaginiamo sono finalizzati alla coltivazione di piante aromatiche perché usate abitualmente come condimento nella nostra cucina e, tuttavia, prodotte per il 70% all’estero, in alcuni casi, poi, benché presenti in molte ricette, anche difficili da reperire (cerfoglio, dragoncello,coriandolo ecc.)
Abbiamo usato la metafora del prezzemolo perché benché pianta comune e poco appariscente, è presente ed indispensabile in una molteplicità di ricette.
OBIETTIVI
Il principale obiettivo del laboratorio è quello di formare e sensibilizzare delle donne inoccupate over 40, alla creazione di orti verticali urbani o condominiali, come luogo di unione e di scambio dei saperi.
DESTINATARI
Ci rivolgiamo a donne over 40 inoccupate, le più fragili perché spesso senza una preparazione specifica e senza una identità lavorativa alle spalle ma che hanno immagazzinato una grande quantità di competenze. Valorizzare la loro esperienza vuol dire partire da quello che già fanno tutti i giorni e renderlo produttivo: saper coltivare un orto necessita di conoscenze nuove, ma si possono acquisire facilmente.
METODOLOGIA
Il laboratorio è strutturato in tre parti, con metodologie teoriche e pratiche. La prima parte è di conoscenza e di supporto anche psicologico alle donne partecipanti, la seconda di formazione alla coltivazione e creazione di orti verticali con erbe aromatiche e spezie, la terza di promozione all’auto-imprenditorialità. Gli incontri seguono una metodologia interattiva e ad alto valore esperienziale, proprio per rendere i laboratori pratici e facili da apprendere.
PERCORSO
I laboratori sono suddivisi in tre parti distinte, con un totale complessivo di 10 incontri della durata di 3 ore ognuno per tre edizioni.
1) SOSTEGNO E ORIENTAMENTO ( 2 incontri)
L’ obiettivo è quello di analizzare insieme i vissuti legati allo stato di non attività, per poter ascoltare i vissuti e le emozioni delle partecipanti, insieme al loro senso d’identità
2)L’ORTO VERTICALE: ERBE E SPEZIE (6 incontri)
Le erbe intense e resistenti. Dal rosmarino alla santoreggia, dall’alloro all’issopo,
Le erbe delicate e spontanee. Basilico e prezzemolo, origano e menta,
L’orto verticale – tecniche di coltivazione,
Raccolta e lavorazione – sostanze nutritive,
Avversità malattie/insetti nocivi
3 AUTOIMPRENDITORIALITA’ (2 incontri)
I due incontri hanno l’obiettivo di stimolare nelle partecipanti la voglia di fare frutto dell’esperienza acquisita e tradurla in opportunità professionale. Il laboratorio offre strumenti su come riconoscere e sviluppare la propria idea imprenditoriale da sole o in associazione con altre persone, e impostare una strategia d’impresa.

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Le periferie sostenibili immaginate dal MIT

Aree verdi, orti suburbani e mezzi di trasporto avveniristici come l’Hyperloop di Elon Musk per le periferie sostenibili del futuro.
Quando parliamo di città i riflettori sono sempre puntati sul centro urbano, anche se in realtà la maggior parte delle persone risiede nelle periferie. E’ quindi in queste aree decentrate che bisognerebbe investire per innalzare la qualità della vita degli abitanti e per influire positivamente sull’impatto ambientale.
Si è discusso di questo nella conferenza ‘The Future of Suburbia’ organizzata e ospitata dal Center for Advanced Urbanistica (CAU) della Scuola di Architettura e Pianificazione del MIT (Massachussets Information Technology). L’evento ha riunito studiosi e professionisti provenienti da ambiti diversi che hanno condiviso punti di vista sulle tendenze evolutive e di sviluppo delle periferie e sul contributo che architetti, progettisti e urbanisti possono dare per rendere gli spazi più sostenibili.

“Le domande che ci siamo rivolti”, dice Alan Berger, professore di architettura del paesaggio e progettazione urbana, e co-direttore del CAU “, sono state: Come può l’ambiente suburbano operare in modo olistico? E come possiamo gestire in modo sinergico lo sviluppo urbano e suburbano e in modo che ci sia uno scambio delle risorse ambientali? ”
La maggiorparte della popolazione si concentrerà nelle perifierie

Pianificatori e urbanisti spesso operano con il presupposto che la maggiorparte della crescita demografica si verificherà nelle città, anche se il 70% delle persone negli Stati Uniti vive in periferia. E anche secondo le Nazioni Unite entro il 2050 soltanto 1 persona su 8 vivrà nel centro urbano, mentre i restanti vivrà nella periferia urbana.

Un fenomeno dettato sia da motivazioni economiche sia dalla volontà di vivere in abitazioni più grandi, in aree più tranquille e attorniate da spazio verde. Non a caso sono perlopiù le giovani coppie con bambini ad optare per la periferia.

“Progettate in modo intelligente le periferie possono diventare un banco di prova per la produzione di energia rinnovabile, cibo e socialità.”- ha riferito Berger.

Verde e orti

Prima di tutto, il verde. Le aree periferiche hanno spazi estesi dove la vegetazione può proliferare. Joan Nassauer, docente di architettura del paesaggio presso l’Università del Michigan, ha condiviso la sua ricerca incentrata sull’importanza delle aree verdi e come queste possano contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Le periferie dovrebbero trasformarsi in veri e propri polmoni verdi. E non solo, oltre a giardini dovrebbero prevedere orti, dove poter coltivare frutta e verdura a km zero per gli abitanti e anche per coloro che risiedono in centro città.

Trasporti veloci e sostenibili

Altra tematica principe, quella dei trasporti. Uno dei problemi più evidenti delle aree suburbane è che sono spesso mal collegate al centro urbano. E che l’eccessivo utilizzo di mezzi privati finisce per provocare alti tassi di inquinamento. Knut Sauer, vice presidente di Hyperloop Technologies, una delle società che sta lavorando in modo indipendente allo sviluppo dei prototipi del mezzo teorizzato da Elon Musk, ha illustrato gli sforzi che l’azienda sta sostenendo per trasformare radicalmente la mobilità.

Hyperloop è un supertreno che coniuga alle potenzialità della levitazione magnetica i vantaggi di tubi a vuoto in cui far scorrere le capsule, e permette di raggiungere un’accelerazione massima di 1g (quella di una macchina da corsa), sfruttando principalmente l’energia fotovoltaica. Attualmente l’azienda è impegnata nella costruzione di una pista sperimentale di 8 km per Hyperloop nella Quay Valley, una futura comunità “verde” tra Los Angeles e San Francisco, interamente alimentata a energia solare. Ma il prototipo potrebbe essere applicato ovunque, per collegare centri urbani alle periferie.

Tutte le proposte e i risultati emersi dal convegno saranno pubblicati nel 2017 in un volume scientifico ‘Infinite Suburbia’, 1200 pagine frutto di un lavoro di due anni di collaborazione fra 52 professionisti, una ventina di ricercatori e 10 partner istituzionali.

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Ripartono le attività del progetto Semi di rappORTI a Tor Sapienza

Continua la collaborazione tra Terra!Onlus e Popica Onlus nella Roma delle periferie.
Grazie al progetto A scuola di mondo, da martedì 22 marzo riprendono le attività iniziate con Semi di rappORTI all’interno del Centro culturale Michele Testa di Tor Sapienza.

Le bambine e i bambini di Roma e di tutto il mondo proseguiranno il lavoro di recupero e gestione condivisa degli spazi verdi pubblici del Michele Testa e saranno coinvolti in attività teorico-pratoche legate alla cura dell’orto. Impareranno a capire, con l’occasione, l’importanza di una corretta alimentazione, della stagionalità dei prodotti ma anche dei processi partecipativi della nostra città, specie per i più piccoli, una possibile e reale soluzione a pericolose derive xenofobe.

Aspettiamo qualsiasi ragazza e ragazzo, bambina e bambino che voglia partecipare, al Casale Michele Testa, via Filippo de Pisis 1, ogni martedi dalle 16.30 alle 18.30.

Questo il programma delle attività:

22 marzo: Conosciamoci!

Fase di conoscenza tra i ragazzi e gli operatori, attraverso l’uso di cartelloni, disegni e giochi di interazione.

29 marzo: I semi e le stagionalità!

Impariamo le differenti tipologie di semi, le stagionalità di frutta, verdura ed ortaggi.
Prepariamo un semenzaio per il futuro orto sinergico.

5 aprile: Orto sinergico!

Conosciamo l’importanza della sinergia nell’orto.
Prepariamo un orto in cassetta che i partecipanti potranno portare a casa.

12 aprile: Progettiamo!

Con l’aiuto degli operatori i ragazzi progetteranno lo spazio e le varie tipologie di piante che costituiranno l’orto sinergico.
Pulizia e cura dello spazio all’aperto del casale “Michele Testa”

19 aprile: Piantiamo!

Nel bel mezzo della primavera si semineranno e pianteranno verdure ed ortaggi progettate nell’incontro precedente.

26 aprile: Ricicliamo e Riusiamo!

I ragazzi effettueranno un laboratorio di “Riuso” partendo da vecchi contenitori di plastica per costruire attrezzi per l’orto e non.

3 maggio: Fiori ed erbe aromatiche!

L’importanza dei fiori e delle erbe aromatiche nell’orto sinergico.
L’importanza della presenza degli animali in un orto.

10 maggio: Bordature!

Le bordature per l’estetica e per la presenza degli animaletti nell’orto.
Preparazione delle “Bombe di Semi” secondo il metodo Fukuoka.

17 e 24 maggio: Vita dell’orto!

Manutenzione, cura e abbellimento.
Come vive l’orto?

31 maggio: Raccontiamo l’orto!

In sinergia tra loro e con gli operatori i ragazzi si racconteranno e discuteranno delle attività effettuate finora con un occhio alla cura e manutenzione dell’orto sinergico.

7 giugno: Festa!

Festa di fine progetto a cui saranno invitati i genitori dei ragazzi e che si concluderà con la piantumazione di un ulivo al centro dell’area preposta all’orto.

CONTATTI: 3482693902

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L’orto urbano? Ora è “componibile”

Il progetto di Human Habitat, da montare e riutilizzabile: “Così l’agricoltura può tornare in città”.
Tempo di costruzione stimato: dieci giorni, assicurano gli ideatori Mikkel Kjaer e Ronnie Markussen, una coppia di giovani imprenditori, fondatori del laboratorio di progettazione urbana Human Habitat. Non solo facile da montare ma anche riutilizzabile innumerevoli volte. Quindi semplice da reimpiantare all’esigenza.

“Abbiamo voluto rendere l’agricoltura urbana ancora più intelligente – dice Markussen – La nostra idea era quella di progettare un’unità che fosse capace di aumentare la sicurezza alimentare in città, abbassare l’impronta ecologica della produzione alimentare e creare posti di lavoro. Abbiamo voluto ricollegare le persone al cibo, dando loro uno spazio verde che porti nuovamente la natura nelle nostre città. Non solo, volevamo che questo spazio “green” fosse anche facilmente adattabile ai cambiamenti del paesaggio urbano”. Versatile ma soprattutto funzionale: progettata per essere autosufficiente al suo fabbisogno di acqua, calore ed elettricità, l’intera fattoria ha un ingombro di poco più di trenta metri quadrati, ma una volta installata la zona di produzione interna e protetta, da poter dedicare alle colture, sviluppata in verticale semplicemente raddoppia. Il progetto pilota è partito ed ora è attivo e funzionante e lancia la sfida al futuro: riuscire ad ovviare agli ostacoli che si oppongono allo sviluppo dell’agricoltura “urbana”. Due tra tutti: la mancanza di spazio nelle città sempre più densamente popolate, e le incertezze dovute ai cambiamenti climatici. E questa sfida parte proprio dalla capitale danese: “L’azienda stazionerà lì per un periodo di dieci mesi, durante i quali ci dedicheremo alla raccolta di dati, concentrandoci principalmente sulla capacità di produzione e sullo sviluppo e consumo di energia e sull’utilizzo di acqua.

La farm ospiterà anche laboratori didattici e di formazione in primavera con l’obiettivo di avviare un’impresa sociale in grado di creare posti di lavoro “green”. – spiegano gli ideatori – I prodotti saranno poi venduti a ristoranti e caffetterie locali e da primavera i residenti locali saranno in grado di acquistare prodotti personalmente presso il mercato alimentare settimanale che albergherà proprio di fronte alla fattoria”. Una produttività che secondo Kjaer e Markussen può essere stimata su due modelli: per le aziende indipendenti che puntano a vendere i loro prodotti al dettaglio a piccoli commerciati o grazie ai banchi del mercato la resa finale potrebbe attestarsi sulle tre tonnellate all’anno; un progetto più ampio invece che miri alla produzione di ortaggi, verdure e frutta per la distribuzione di scuole, asili, per fare degli esempi, potrebbe puntare ad una produzione annua da stimare all’incirca sulle sei tonnellate.

Ma il progetto non immagina solamente un’agricoltutura urbana più sostenibile e non punta solo alla riqualificazione di luoghi cittadini dismessi, come parcheggi abbandonati o spazi inedificabili tra edifici adiacenti: “Con il tempo, vorremmo sviluppare una versione della fattoria, che possa contribuire ad affrontare le crisi umanitarie, in particolare dove le persone sono costrette a vivere in condizioni precarie (campi profughi, centri d’accoglienza, vittime di disastri naturali). – precisano – Per questo successivo step il modello che immaginiamo avrà un design ancora più “componibile”, il che permetterà un trasporto più agile ma anche la possibilità di creare delle farm assemblate ad hoc capaci di provvedere a delle esigenze commisurate”. Un progetto ambizioso, quindi, che decisamente non mira a restare cofinato a questo primo ed innovativo esperimento di Copenhagen.

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L’ albergo delle piante

Creare il primo vivaio pubblico e comune di Roma. Recuperare uno spazio urbano controverso come la piazza del mercato di Corviale. Farlo dal basso, con la partecipazione degli abitanti del quartiere ed affidarlo alle cure degli ospiti degli utenti del Centro Diurno Mazzacurati, quelli del Cism Asl Roma D, quelli del Centro di aggregazione giovanile Luogo comune di Arci solidarietà, oltre che di ogni persona che vorrà prendere parte al progetto. Una serie di elementi che insieme vanno a creare “L’albergo delle piante”. L’idea è semplice e avrà inizio venerdì pomeriggio, dopo due anni di gestazione, quando gli abitanti del quartiere, chiamati a raccolta dall’artista di origini lucane Mimmo Rubino ed Angelo Sabatiello, porteranno le proprie piante per disporle sugli spalti abbandonati che circondano la piazza. Una pianta un vaso, per fare del luogo un giardino pubblico e restituirlo alla quotidianità dei residenti. La chiamata è aperta a tutti.

“L’unica regola è che le piante siano in un vaso, in modo da poter essere disposte da <> il centro dell’anfiteatro”, è il messaggio dell’ideatore Mimmo Rubino, conosciuto negli ambienti artistici underground come Rub Kandy, ma soprattutto “il progetto si svolge senza bando e senza budget, l’opera è aperta e chiunque può partecipare, un seme alle condizioni giuste si sviluppa e noi ci auguriamo che sia così per questo giardino”. L’obiettivo è di fare degli spazi inutilizzati della piazza un luogo verde, in cui gli ospiti del centro di salute mentale e del centro diurno possano trascorrere piacevolmente il tempo, come tutti i residenti, potendo leggere, ascoltare musica, giocare, senza però stravolgere la conformazione del luogo.

Siamo nell’epoca dove parole come recupero o trasformazione degli spazi urbani sono ormai un mantra, ma spesso viene trascurata la componente principale di questo tipo di progetti, ossia il coinvolgimento delle persone che ne dovrebbero beneficiare. Per questo motivo la raccolta delle piante che costituiranno “l’albergo” è già iniziata da alcuni giorni e vengono costantemente distribuiti volantini nei palazzi della zona per informare più persone possibili. Venerdì, dalle quattro, si darà il là ad un progetto che andrà avanti fino a quando ci sarà la partecipazione del quartiere.

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Guida pratica all’orto sul balcone

Broccoli, broccoletti, cavoli, cavolfiori, cime di rapa, ma anche piselli, fave e finocchi. Siete pronti per l’orto invernale? In attesa di partecipare a qualche orto comunitario potete sempre cimentarvi con il vostro balcone. Ecco una guida rivolta a chiunque ha a disposizione un terrazzo, un balcone o anche solo un davanzale luminoso. È stata preparata da Daniele Previtali, insegnante-contadino, che ha scelto i sistemi dell’agricoltura sinergica per il suo orto nei Castelli Romani. Le meravigliose foto, invece, sono di Daniela Di Bartolo che da diversi anni (prima nel Cilento e ora in Abruzzo) si prende cura di orti (sinergici) e promuove laboratori di autoproduzione, ma la sua grande passione sono le erbe officinali. Una guida alla portata di tutti e tutte. Si tratta, in fondo, di rimediare un po’ di terriccio di campagna e dei semi bio, di affiancare il più possibile piante provenienti da famiglie diverse, di ricordarsi di non estirpare eventuali “erbacce” (sono utilissime). Un testo dunque da utilizzare nella vita di ogni giorno, lì dove fruttano i migliori cambiamenti, e da diffondere ovunque perchè una cosa è certa: l’autoproduzione resta un buon modo per girare le spalle al dominio dell’agricoltura industriale e a quello della mercificazione della vita. Buon orto (aspettiamo foto e notizie dai vostri balconi). Un grazie a Daniele e Daniela per aver messo in… Comune i loro saperi

1. A chi è rivolta questa guida?
2. Inizio dei lavori
Luce è vita: esposizione – I contenitori – Il terriccio – Semi e piantine
3. Piante da orto e loro esigenze
Leguminose – Solanacee – Cucurbitacee – Liliacee – Composite – Crocifere – Labiate – Ombrellifere
4. Realizziamo il nostro orto!
Orto estivo
Pomodori – Zucchine – Melanzane, peperoni – Insalate, cicorie, ravanelli, bieta – Aglio, cipolle – Carote – Fagioli, fagiolini, ceci – Basilico, prezzemolo, sedano – Erbe Officinali
Orto invernale
Cavoli, cavolfiori, broccoli, broccoletti, cime di rapa – Piselli, fave – Finocchi – Cardo
5. Rinnovo del terriccio, concimazione e trattamenti
Ringraziamenti
“Passate con attenzione attraverso questi campi. Libellule e farfalle che volano in un turbinio di vita. Api che ronzano di fiore in fiore. Scostate le foglie e vedrete insetti, ragni, rane, lucertole e molti altri piccoli animali… Questo è l’ecosistema del campo di riso in equilibrio… E adesso guardate un momento il campo del vicino. Le erbacce sono state spazzate via dai diserbanti e dalle lavorazioni. Gli animali e gli insetti del terreno sono stati tutti sterminati dai veleni… D’estate si vedono gli operai agricoli al lavoro nei campi con addosso maschere antigas e lunghi guanti di gomma. Questi campi di riso che furono coltivati continuamente per più di 1.500 anni sono stati ora resi sterili dalle pratiche agricole di rapina di una sola generazione”
Masanobu Fukuoka – La rivoluzione del filo di paglia

1. A chi è rivolta questa guida?

Quante volte, comprando la verdura al supermercato o a qualche banco ci siamo domandati: saranno genuini questi pomodori? Sarà stata trattata con pesticidi questa zucchina? E sarà buona o sarà la solita zucchina senza sapore? Possiamo fidarci di quello che ci dice il venditore ma la realtà è che non possiamo saperlo, e considerando che l’agricoltura, oggi, è un processo altamente industrializzato, è molto probabile che la verdura che acquistiamo sia stata prodotta utilizzando concimi e trattamenti di sintesi.

Purtroppo la deriva consumistica di questo periodo storico, ci ha portati a pensare che sia possibile avere tutto e sempre, ma naturalmente, senza l’impiego di ingenti risorse ambientali e sostanze di sintesi, ciò non sarebbe possibile. Avere i pomodori d’inverno significa usare delle serre riscaldate, oppure importarli da paesi più caldi, con conseguente decadimento del prodotto. Mangiare frutta tropicale significa che questa verrà raccolta con moltissimo anticipo per arrivare da noi, dopo un lungo viaggio, matura al punto giusto. Comprare verdure non naturalmente presenti in un territorio significa che queste saranno state importate (nella migliore delle ipotesi), oppure prodotte utilizzando concimi e pesticidi che le “forzino” a crescere dove non potrebbero.

Senza dilungarci troppo, è chiaro che la miglior soluzione per alimentarsi in modo sano è quella di prodursi il proprio cibo, mangiando così alimenti di stagione, a Km 0 e senza l’utilizzo di prodotti chimici. Questo corso è rivolto a chiunque possiede un balcone, un terrazzo, o magari anche un davanzale luminoso, intenzionato ad auto-prodursi parte del proprio cibo, riscoprendo così anche le soddisfazioni del saper fare e del buon cibo.

2. Inizio dei lavori

Luce è vita: esposizione

Partiamo chiaramente dalle basi. Ogni pianta per vivere e crescere utilizza la fotosintesi
clorofilliana, ovvero una reazione chimica che avviene nelle foglie, che trasforma l’anidride carbonica (biossido di carbonio) presente nell’aria e l’acqua assorbita dal terreno tramite le radici, in zuccheri semplici in grado di sostenere la vita, con rilascio di ossigeno nell’atmosfera. Tutto ciò però può avvenire solo in presenza di luce solare, ecco perché per realizzare un orto in cassetta abbiamo bisogno di un punto luminoso, preferibilmente esposto alla luce solare. Se non avete esposizione diretta ma solo luce del giorno, non disperate, perché potrete comunque coltivare alcune piante (ad esempio le aromatiche) che si adattano bene anche a scarsa illuminazione, e che ci daranno comunque grandi soddisfazioni. Chiaramente, se il balcone a nostra disposizione riceve pochissima luce (come ad esempio balconi che si affacciano sulla parte interna di un palazzo), si sconsiglia di realizzare un orto, in quanto i risultati saranno nulli o scadenti.

I contenitori

Il passo successivo è la ricerca o l’acquisto dei contenitori. Oltre ai vasi, che certamente utilizzeremo, un contenitore davvero utile e versatile è la classica cassetta di plastica che spesso vediamo ai banchi della frutta. Capita sovente che i commercianti si sbarazzino di questi contenitori, per cui sarà sufficiente chiederne alcuni. Una volta racimolate le cassette di plastica (si sconsigliano quelle di legno perché col tempo marciscono), si dovranno foderare con una busta di plastica abbastanza resistente (quelle nere dell’immondizia vanno benissimo), e bucherellare in fondo per permettere all’acqua di non
stagnare facendo marcire le radici delle nostre future piantine. A seconda dell’altezza e della larghezza della cassetta sarà possibile coltivare in esse diverse verdure in base alle loro esigenze (generalmente ortaggi di piccola taglia come insalate, cicorie, bieta, misticanza, carote, ravanelli). Nei vasi invece coltiveremo gli ortaggi più esigenti (generalmente di grossa taglia come zucchine, melanzane, pomodori, cavoli e broccoli). I vasi di terracotta permettono una migliore traspirazione del terriccio ma tengono meno l’umidità (cosa non gradita nei mesi molto caldi), mentre i vasi di plastica sono più leggeri (il peso complessivo dell’orto deve essere tenuto in considerazione in base al balcone
utilizzato in modo da non sforzarlo troppo), sono più economici, e soprattutto più resistenti.

Fiori di zucca (foto di Daniela Di Bartolo)
In sostituzione dei vasi si possono usare anche vecchi secchi (sia in plastica che in metallo) o bidoni, forati sul fondo. Una crescente moda è quella di usare bottiglie di plastica tagliate al centro ed appese al muro in modo da recuperare ulteriore spazio, in questo caso potremo piantare solo ortaggi di piccola taglia (ad esempio insalate). Un altro sistema interessante è l’utilizzo dei sacchi del terriccio che compriamo. Si possono aprire dalla parte alta e usare come se fossero dei grandi vasi. Si avrà l’accortezza di bucherellare tutto attorno e sotto al sacco con un chiodino per far defluire l’eventuale acqua in eccesso. Questi contenitori sono adatti per poter coltivare pomodori, zucchine, peperoni e melanzane. Chiaramente rimane poi la scelta estetica che è puramente personale.

Il terriccio

Il terriccio da utilizzare è molto importante in quanto ogni ortaggio ha le sue necessità o preferenze in fatto di sali minerali e sostanza organica presente, nonché di acidità del terreno. Se si ha la possibilità si può prendere della terra in campagna da conoscenti fidati (non su strada o da campi incolti in quanto potrebbero essere stati trattati con diserbanti) e integrarla con del terriccio universale (si trova in qualsiasi vivaio). Un rapporto metà/metà sarebbe ideale, altrimenti si può usare solo terriccio universale. In questa fase è molto utile, ma non indispensabile, integrare nel terriccio un po’ di stallatico (escrementi di galline o altri animali da allevamento). Se non si conosce qualcuno in grado di fornirlo lo si può comunque acquistare in un vivaio. Non eccedere con questo integratore, 4-5 cucchiai per ogni cassetta di dimensione media sono più che sufficienti, ed aiuteranno moltissimo la crescita delle piante. In sostituzione si possono integrare nel terriccio dei fondi di caffè (10-15 cucchiai per cassetta), che però non ha la stessa capacità fertilizzante dello stallatico, per questo lo possiamo usare per verdura di piccola taglia). Anche l’humus di lombrico o compost casalingo possono essere molto utili. Mescolare sempre bene il terriccio in un contenitore capiente.

Semi e piantine

Per realizzare il proprio orto l’ideale sarebbe partire dai semi, in modo di curare tutte le fasi delle nostre piante ed essere sicuri della provenienza, oltre che avere la soddisfazione di veder nascere la vita sul proprio balcone. In alcuni casi effettivamente partire dal seme è abbastanza conveniente e indicato (come ad esempio nel caso di misticanza, ravanelli, fagiolini, zucchine e pomodori) in quanto i semi sono molto facili da trovare e facili da far germinare. Alcune varietà invece sono più ostiche (ad esempio sedano, melanzane e peperoni), oppure molto lente a germinare come prezzemolo e basilico, per cui per cominciare conviene acquistare delle piantine in un vivaio. Per quanto riguarda i semi, molti si trovano biologici anche nei supermercati, oppure si può andare in qualsiasi vivaio, cercando di prendere sempre sementi biologiche in quanto si è così sicuri che i semi non siano stati trattati per aumentarne la conservazione (in alcuni casi si riconoscono dal colore del trattamento: fagioli, fagiolini e zucchine sono spesso trattati). In caso non si trovino sementi biologiche si possono seminare sementi classiche e riprodurre successivamente i semi per conto proprio in modo di non doverne più acquistare.

Per alcune varietà, come pomodori e leguminose, è molto semplice. Per i primi, basta far maturare bene un pomodoro, raccogliere i semi in un contenitore di plastica o vetro fino alla comparsa di una leggera muffa bianca. Sciacquarli, metterli ad asciugare, possibilmente non direttamente al sole e far asciugare per una decina di giorni su un piatto, lontano da correnti d’aria per evitare che possano volare via. Per le leguminose, far semplicemente seccare sulla pianta qualche baccello di fagiolo/fagiolino, dopodiché sbucciarli e prelevare i semi ben secchi. Riporre i semi, così prodotti, in un barattolo al buio in uno scaffale del balcone (in modo che subiscano l’influenza delle naturali temperature stagionali). È importante quando si acquistano semi controllare che non siano sementi Ogm o registrate (in caso c’è scritto sulle etichette), in modo da non alimentare quelle multinazionali che vorrebbero brevetti sui semi. Un’ultima doverosa precisazione riguarda gli ibridi, che sono piante altamente selezionate dall’uomo per avere prodotti di una certa qualità e precise carateristiche. Non sono dannosi alla salute e si riconoscono (quando si acquistano le piantine) per la dicitura F1, bisogna sapere che i semi eventualmente riprodotti a partire da ibridi F1 non avranno quasi certamente le caratteristiche della pianta madre e potrebbero non crescere e fruttificare in modo corretto. Moltissime delle verdure che mangiamo ogni giorno sono ibridi.

3. Piante da orto e loro esigenze

In questa sezione parleremo delle piante da orto suddividendole in famiglie, esaminandone caratteristiche e necessità comuni. Nella prossima sezione invece esamineremo le specie più importanti dal punto di vista stagionale, suddividendole quindi tra piante estive e piante invernali. Parliamo quindi, tranne dove specificato, di piante annuali, ovvero che richiedono ogni anno di essere ripiantate.

Leguminose

Sono tra le ortive più importanti in assoluto, in quanto non hanno particolari esigenze nutritive e di quantità di terra. Svolgono una funzione importantissima: tramite dei batteri che vivono sulle loro radici apportano azoto al terreno, elemento indispensabile alla crescita di qualsiasi pianta (in gergo si dice che le leguminose sono azoto-fissatrici), inoltre sono onnipresenti tutto l’anno e forniscono alimenti molto nutrienti, che in una sana alimentazione dovrebbero sostituirsi il più possibile a carne e derivati animali. In qualsiasi orto è utilissimo consociare una leguminosa in modo da apportare azoto che verrà utilizzato dalle altre piante in vaso. Molte leguminose sono rampicanti e richiedono sostegni, possiamo farli arrampicare anche direttamente su altre piante, ad esempio pomodori.

In questa famiglia rientrano: fagioli, fagiolini, ceci, fave, piselli, cicerchie, lupini, soia e lenticchie.

Solanacee

Sono per lo più piante estive e ricoprono grande importanza nell’alimentazione umana. Richiedono un terriccio nutriente, ben azotato (stallatico) e ricco di potassio (cenere). Sviluppano un apparato radicale profondo e ampio, per cui, tranne le varietà più piccole, richiedono vasi grandi e sostegni, in quanto crescono molto.

In questa famiglia rientrano: patate, pomodori, melanzane, peperoni e peperoncini.

Cucurbitacee

Anche in questa famiglia troviamo ortaggi di notevole rilevanza. Richiedono terricci molto ricchi di azoto (stallatico), molta acqua e vasi grandi, crescono solo d’estate e temono le basse temperature, si consociano molto bene alle leguminose. Le piante di questa famiglia tendono a crescere molto velocemente e subito dopo essere entrate in produzione hanno un picco molto alto per poi diminuire molto velocemente nel giro di poche settimane, per questo, se si ha spazio, è utile seminarle in modo scalare in modo da avere una migliore distribuzione della produzione. Di queste piante sono commestibili anche le foglie (cotte) ed i fiori (anche crudi). Alcune specie sono striscianti o rampicanti. I fiori femmina richiedono di essere impollinati con i fiori maschi quando si aprono, solo così il frutto potrà continuare a crescere, altrimenti appassirà. In genere ci pensano gli insetti, ma a volte può essere utile farlo manualmente per esserne sicuri. E’ sufficiente prendere un po’ di polline del maschio con un pennellino e spargerlo sul pistillo del fiore femmina.

In questa famiglia rientrano: zucchine, zucche, cetrioli, angurie, meloni, caroselli, luffa.

Liliacee

Anche questa famiglia contiene specie molto utili, si tratta per lo più di specie a bulbo, molte delle quali sono bellissime specie ornamentali. Il bulbo si sviluppa sotto terra, per cui è necessaria terra sufficiente al loro sviluppo. Sono molto utili in consociazione con altre piante per allontanare eventuali parassiti che non ne gradiscono l’odore.

In questa famiglia rientrano: aglio, cipolla, porro, scalogno, erba cipollina, asparago.

Composite

In questa famiglia rientrano specie di largo consumo, alcune molto facili da coltivare e facilmente consociabili.

In questa famiglia rientrano: lattughe, cicoria, girasoli, cardi, carciofi, tarassaco.

Crocifere

Si tratta per lo più di specie invernali, è una famiglia molto numerosa e presente nella dieta mediterranea. Richiedono un terreno azotato (stallatico) e nell’orto danno grandi soddisfazioni.

In questa famiglia rientrano: broccoli, cavoli, rape, ravanelli.

Labiate

Un vero tesoro della macchia mediterranea, facilmente coltivabili e resistenti ai climi più diversi. Non hanno grandi esigenze nutritive, amano il sole e non necessitano di tanta acqua. È una famiglia che contiene praticamente tutte le piante aromatiche che siamo abituati ad utilizzare, molte delle quali sono perenni.

In questa famiglia rientrano: basilico, rosmarino, timo, salvia, origano, maggiorana, menta, mentuccia, santoreggia, lavanda.

Ombrellifere

Queste piante possono essere sia perenni che biennali o annuali, dipende dalla varietà coltivata. La loro caratteristica è l’infiorescenza che assomiglia a quella degli ombrelli, da qui il nome. Sono facili da coltivare non hanno grandi necessità di apporti nutritivi e di acqua, basta preparare un terreno non troppo concimato, ben drenato e otterrete un buon raccolto.

In questa famiglia rientrano: carota, pastinaca, aneto, sedano, prezzemolo, cerfoglio, finocchio e cumino.

4. Realizziamo il nostro orto!

In questa sezione vedremo come realizzare il nostro primo orto sul balcone, usando le specie più importanti, ed esaminando le possibili consociazioni utili all’orto e che consentono di massimizzare la produzione a parità di spazio. Questo è un punto cruciale, in quanto visto il poco spazio, dobbiamo cercare di sfruttare al meglio vasi e terriccio a disposizione, nonché la parte aerea. Iniziamo con l’orto estivo e successivamente quello invernale. È bene sempre ragionare sulle linee guida sotto riportate prima di progettare il nostro orto, esse provengono in parte dai principi dell’agricoltura sinergica:

Considerare sempre quanto saranno grandi le vostre piante una volta cresciute. Bisogna evitare che queste si sottraggano a vicenda spazio vitale, sia aereo (luce) che radicale (vaso).

Consociare il più possibile piante provenienti da famiglie diverse. Questo crea sinergia e scambio di nutrienti, ma soprattutto permette di contenere eventuali infestazioni di parassiti.

Consociare specie che sfruttano livelli radicali diversi. In rete esiste molto materiale a riguardo ma in realtà, per capire che tipo di apparato radicale ha una specie, è sufficiente osservare la forma che avrà la pianta da adulta. Piante alte come pomodori e melanzane andranno molto in profondità, mentre lattughe ed insalate molto meno.

Se si vuole inserire nello stesso vaso due o più piante uguali o che sfruttano lo stesso apparato radicale, distanziarle in modo che quando saranno grandi si tocchino appena.

Sfruttare l’ombra delle piante più grandi per proteggere le specie più delicate, che non richiedono forte esposizione al sole. Per fare questo è importante osservare come “gira” il sole rispetto al balcone.

Se possibile, inserire sempre una o più leguminose, in modo da apportare azoto alle altre piante.

Non eccedere con le annaffiature, e gettare nei vasi eventuali scarti organici delle piante, nonché le stesse piante quando saranno secche. Il materiale organico prodotto è un tesoro in grado di nutrire le successive piantagioni.

Non estirpare eventuali “erbacce”. Sono utilissime a mantenere l’umidità della terra grazie appunto ad una copertura viva. Inoltre molte piante spontanee sono commestibili oltre che molto nutrienti, cosa che certamente darà grossi spunti di riflessione su una sana alimentazione a chi nel tempo vorrà approfondire questo aspetto. L’unica erba che dovrete necessariamente togliere (appena la individuate) è la gramigna, ovvero “l’erba a filo”, è un’infestante davvero tenace e soffoca le altre piante. Se la individuate, estirpatela, pulite bene le radici con le dita in modo da non gettare via anche prezioso terriccio prima di gettarla.

Pensare alle consociazioni come a dei suggerimenti e non come dogmi da seguire, per cui sperimentate tranquillamente consociazioni diverse da quelle di seguito specificate per ogni specie.

Condividete ciò che fate (ad esempio in rete con delle foto): consigli di ortolani più esperti vi saranno molto utili, così come saranno utili i vostri quando sarete diventati esperti anche voi.

NOTA: con vasi di profondità 25 cm si possono coltivare con successo quasi tutti gli ortaggi, per cui dove non specificato si intende questa dimensione minima.

Orto estivo

Tutte queste specie si seminano a fine inverno/inizio primavera, o a febbraio se in semenzaio coperto.

Pomodori

Ne esistono centinaia di varietà, di taglia grande, media e piccola. Quelli di taglia media (ad esempio il San Marzano) e grande (ad es. Cuore di Bue, Sorrento) necessitano di vasi molto grandi, almeno 35-40 cm di profondità e 30 cm di larghezza. Le varietà più piccole (ad es. Datterini, Ciliegini, Pachino, Principe Borghese) possono stare anche in vasi più piccoli, profondi comunque non meno di 30 cm. Il terriccio deve essere ben azotato (stallatico). La pianta di pomodoro può raggiungere altezze notevoli, per cui va considerata come pianta principale del vaso. I semi sono molto facili da far germogliare, ma all’inizio è consigliabile partire da piantine del vivaio, scegliendo la qualità che più piace.

Ogni varietà di pomodoro rientra comunque in una delle due grandi tipologie di piante: quelle a crescita determinata e quelle a crescita indeterminata. Le prime sono piante che non crescono oltre una certa altezza, ad un certo punto si arrestano e fruttificano. Le seconde continuano a crescere finché trovano nutrimento per farlo, da ogni nodo si svilupperà un cacchio che darà vita ad una nuova pianta, che a sua volta farà lo stesso una volta cresciuta. In pratica è come avere una sorta di pianta nella pianta. Questi cacchi (chiamati anche femminelle) vanno tagliati per non togliere nutrimento alla pianta principale. Se li si fa crescere fino a 15-20 cm è possibile ottenerne delle nuove piante mettendo il gambo in acqua per 3-4 giorni in posto luminoso ma non soleggiato, non appena uscite le radici li possiamo interrare con delicatezza in un nuovo vaso.

Consociazioni favorevoli: ravanelli, lattuga, cicoria, cipolle, prezzemolo, sedano, asparagi, carote, menta, calendula, basilico, nasturzio, mais.

Insalatona variopinta con fiori di calendula e borraggine (foro di Daniela Di Bartolo)
Zucchine

Sicuramente ha un numero di varietà inferiore al pomodoro, ma se ne possono trovare di diversi tipi, tutte con le stesse esigenze: terriccio ben azotato (con stallatico), vaso profondo almeno 30 cm e sufficientemente largo, esposizione ben soleggiata. La pianta di zucchina cresce molto in larghezza e può arrivare a coprire anche un metro quadrato di spazio, per questo non va consociata con piante basse o che coprono la luce. I famosi fiori (maschi) si possono mangiare sia crudi che cotti, ma è bene tenere a mente che essi servono ad impollinare i fiori femminili presenti sulle piccole zucchine, altrimenti queste appassiranno. Quindi può rendersi necessario (soprattutto se non ci sono molti insetti impollinatori in giro) prendere con un pennello un po’ di polline dal fiore maschio appena
aperto e spalmarlo delicatamente all’interno del fiore femmina. Nei vivai si trovano facilmente le sementi, che sono molto facili da far germinare, in genere se il clima è caldo bastano 5-6 giorni per vederle spuntare.

Consociazioni favorevoli: cipolle, nasturzio, fagioli e fagiolini rampicanti piantati tutti intorno.

Melanzane, peperoni

Si consiglia di acquistare piantine al vivaio in quanto produrle da seme non è molto facile. Le due specie hanno caratteristiche ed esigenze molto simili al pomodoro, per cui è necessario un terriccio ben azotato. Crescono in altezza ma mediamente meno rispetto ai pomodori, comunque vanno considerate come piante centrali, se si usa un vaso abbastanza largo si possono inserire anche 2-3 piante. Anche per melanzane e peperoni è necessario un vaso di almeno 30 cm di profondità per avere buoni risultati.

Consociazioni favorevoli: fagioli

Insalate, cicorie, ravanelli, bieta

Tutte queste specie non sono particolarmente esigenti e ne esistono tantissime varietà.

Sicuramente sono specie orticole che danno molta soddisfazione. Non richiedono vasi molto profondi: 20-25 cm sono più che sufficienti per insalate e cicorie; per misticanza e ravanelli sono sufficienti 10 cm di terriccio e crescono molto rapidamente. Per aumentare la produzione di insalate e cicorie conviene non tagliare completamente alla base ma staccare sempre le foglie più esterne in modo che ci sia sempre una parte verde in grado di far ricrescere velocemente le foglie. Anche con le cicorie “puntarelle” questa tecnica è davvero fruttuosa e poche piante permettono di avere fresche insalate più volte alla settimana. Queste specie comprendono varietà sia estive che invernali, per cui si possono
seminare a fine inverno oppure a fine estate.

Consociazioni favorevoli: cavoli, barbabietole, fagioli rampicanti, fagiolini nani, fragole, lattuga, piselli, pomodori, spinaci, prezzemolo, cetrioli.

Aglio, cipolle

Anche se si raccolgono a giugno luglio (quando la parte aerea diventa secca), queste specie si seminano a novembre, ma è possibile trapiantare a gennaio/febbraio piantine da vivaio. Non hanno particolari esigenze e si consiglia di piantarne una o più cassette intere. Le cipolle diventano più grandi e vanno distanziate 15 cm l’una dall’altra, l’aglio si può distanziare anche solo 10 cm. I bulbi crescono sotto terra, per cui almeno 20 cm di profondità sono necessari.ù

Consociazioni favorevoli: carote, cetrioli, zucchine, pomodori, lattuga, sedano.

Carote

Non richiedono particolari esigenze, se non la profondità del vaso che deve essere di 25 cm.

Si possono seminare tra gennaio e ottobre. La densità di carote nel vaso può anche essere molto alta (distanza minima 6-7 cm tra ogni pianta della stessa fila e 15 cm tra file diverse) in quanto la pianta rimane molto compatta e la carota si sviluppa in lunghezza sotto terra.

Consociazioni favorevoli: cipolle, ravanelli, piselli, lattuga, cicoria, porri, rosmarino, salvia, pomodori.

Fagioli, fagiolini, ceci

Come già detto, non hanno esigenze particolari e sono consociabili praticamente con tutto. Alcune varietà sono rampicanti, per cui richiedono un sostegno, altre sono varietà nane e quindi si deve far attenzione a non consociarle con piante basse che richiedono molta luce come zucche o zucchine. Per avere una buona produzione di fagioli occorrono molte piante, per questo si consiglia di coltivare fagiolini da mangiare freschi appena raccolti, che certamente rendono di più rispetto ad esempio a fagioli da far seccare. La pianta di ceci invece è molto bella e non supera i 30 cm, resiste molto bene a caldo e siccità, ma purtroppo ha rese molto basse, di conseguenza è impossibile avere una produzione utile in balcone.

Consociazioni favorevoli: Zucchine, ravanelli, cicoria, cavoli, cetrioli, sedano, granturco, santoreggia.

Basilico, prezzemolo, sedano

Si semina a fine inverno ma la germinazione è molto lenta, per questo all’inizio è preferibile comprare delle piantine in vivaio. Non hanno esigenze particolari e non amano troppa luce solare diretta. Prezzemolo e sedano sono piante biennale, per cui il secondo anno faranno fiori e semi e poi seccheranno. Per mantenere il basilico sempre verde e tenero è importante cimarlo non appena cominciano a spuntare le infiorescenze, le quali sono comunque commestibili al pari delle foglie. In questo modo un paio di piante sono più che sufficienti per tutta l’estate. Se si ha una sovrapproduzione, si possono congelare freschi per fare scorta invernale, mentre perdono l’aroma se fatti seccare.

Consociazioni favorevoli: ravanelli, pomodori.

Erbe Officinali (rosmarino, salvia, timo, origano, maggiorana, menta, mentuccia, santoreggia, lavanda, melissa)

Erbe aromatiche per eccellenza, producono pregiati oli essenziali e si mantengono molto bene se fatte seccare. Essendo piante perenni conviene acquistare direttamente le piantine. Si consociano molto bene tra loro (tranne rosmarino e salvia da non mettere mai nello stesso vaso) e con tutte le altre piante. Il rosmarino può diventare molto grande e necessita di un vaso adeguato man mano che la pianta cresce. Lo si può mettere direttamente in un vaso molto grande e profondo ed usare il restante spazio per consociare altre piante. Attenzione a menta, mentuccia e melissa che diventano infestanti!

Orto invernale

Cavoli, cavolfiori, broccoli, broccoletti, cime di rapa

Sono le tipiche verdure invernali, molto nutrienti e facili da coltivare. Si seminano a partire da fine agosto fino ad ottobre/novembre ed esistono varietà precoci e tardive. Alcune varietà di broccoli e cavoli diventano molto grandi, per cui necessitano di molto spazio. Pochi sanno che anche le foglie sono commestibili e (specialmente quelle più tenere) si possono usare per preparare gustose zuppe con pane secco ed olio d’oliva, dopo aver raccolto il “frutto” principale, cosa non da poco per una sola pianta! Broccoletti e cime di rapa sono piante un po’ meno ingombranti ed hanno il vantaggio di emettere continuamente nuovi getti, a patto che vengano sempre tagliati, altrimenti la pianta andrà in fiore e infine a seme smettendo di produrre. Tre o quattro piante ben curate permettono
di soddisfare tranquillamente le necessità di una famiglia.

Consociazioni favorevoli: piselli, fave, sedano, spinaci, fragole, lattuga, porro.

Fave appena raccolte (foto di Daniela Di Bartolo)
Piselli, fave

Sono le leguminose invernali per eccellenza. Entrambe si seminano direttamente in terra da fine agosto a dicembre, ma preferibilmente in ottobre/novembre. Non hanno grandi richieste ed è bene consociarle con altre piante in quanto sono ottime azoto-fissatrici, in particolare le fave, usate da sempre come fertilizzanti naturali con la tecnica del sovescio.

I frutti si raccolgono a primavera, lo sviluppo è inizialmente molto lento ed aumenta moltissimo con l’innalzamento delle temperature. I piselli sono rampicanti, per cui necessitano di sostegni a rete, mentre le fave non richiedono sostegni anche se la pianta arriva tranquillamente al metro di altezza. Quando arriva il caldo primaverile è bene tenere sempre umido il terriccio.

Consociazioni favorevoli: finocchi, carote, rape, ravanelli, cavoli, broccoli, broccoletti.

Finocchi

Anche i finocchi si seminano a fine agosto e vogliono un terreno abbastanza ricco di sostanza organica. Oltre al grumolo alla base, sono commestibili anche gambi e foglie, le quali hanno un aroma caratteristico usato generalmente per insaporire pietanze a base di legumi. Per far rimanere il grumolo bianco e tenero si usa coprirlo con terra man mano che questo si sviluppa.

Consociazioni favorevoli: cicoria, lattuga, piselli, salvia.

Finocchi e scarola (ma anche aceto di mela e marmellate). Foto di Daniela Di Bartolo
Cardo

È una pianta poco utilizzata, seppur molto diffusa. Praticamente identica al carciofo (sono parenti stretti), sia nelle foglie che nella grandezza, che nelle poche esigenze richieste in termini di terreno ed acqua, si mangiano i gambi teneri delle foglie, puliti, tagliati a pezzetti e lessati. Ha notevoli proprietà nutritive e depurative. Se si tagliano le foglie esterne invece che tutta la pianta, si riesce ad avere una produzione continuativa molto abbondante. Due piante ben tenute sono in grado di soddisfare tranquillamente il bisogno di una famiglia. Il cardo, al pari del carciofo, produce un rizoma sotto terra molto profondo, per cui è bene usare vasi di almeno 40-50 cm di profondità (se possibile con terra di campagna) e consociarlo con piante di piccola taglia. Le abbondanti foglie, se fatte a pezzetti, sono ottime per pacciamare altri vasi. Con pacciamatura s’intende il coprire la terra nuda di un vaso con paglia o altri scarti organici, in modo che l’umidità sia trattenuta meglio dal terriccio.

5. Rinnovo del terriccio, concimazione e trattamenti

Cosa fare quando una pianta ha smesso di produrre? O per aumentare la crescita e la produzione? Qui si aprono diversi approcci provenienti da diversi tipi di agricoltura. L’agricoltura industriale vede la terra come un contenitore di nutrienti necessari a massimizzare la produzione, appena terminata una coltura, la terra viene arata a fondo, concimata nuovamente e si riparte da capo. È chiaro che questo sistema sarà possibile solo finché ci sarà energia (ovvero petrolio) per far funzionare le macchine agricole, per sintetizzare e trasportare concimi e pesticidi chimici, energia per erogare i trattamenti.

L’agricoltura industriale distrugge il suolo e tutta la vita che c’è in esso, ogni volta che inizia una nuova coltura. Un sistema un po’ migliore è quello dell’agricoltura biologica, dove l’approccio è lo stesso ma quantomeno si cerca di non usare sostanze troppo dannose. Mentre un approccio totalmente inverso è quello dell’agricoltura naturale, in occidente chiamata sinergica, formalizzata dall’agronoma spagnola Emilia Hazelip negli anni ’70.

L’idea di partenza è che la Natura non ha bisogno dell’intervento dell’uomo per produrre frutti e prosperare, e questo lo si può vedere ad esempio in boschi e foreste, sempre rigogliose senza alcun intervento, concimazione, trattamento o aratura che sia. La parte organica delle piante morte fornisce nutrimento a quelle successive, così come sono le stesse radici ad “arare” il terreno ed a riportare in circolo i nutrienti. E quando le radici delle piante morte marciscono rendono il terreno ancora più fertile e morbido. Riprodurre questo ciclo naturale in vaso non è facile, per questo in questa guida ci si è volutamente orientati ad un approccio classico, ma comunque il più possibile naturale (ad esempio l’uso di stallatico, humus, compost o fondi di caffè come concime, al posto di concimi chimici), e questo sarà ben evidente quando sentirete il sapore dei vostri frutti. Altre tecniche invece derivano dall’agricoltura sinergica, come ad esempio le consociazioni tra piante, o l’uso di materiale organico di scarto come pacciamatura. Certamente l’obiettivo è anche quello di stimolare approfondimenti e sperimentare sistemi il più naturali possibili.

Il consiglio, quando un vaso non è più produttivo è quello di tagliare tutte le parti aeree delle piante e farle seccare, rimescolare poi il terriccio del vaso tagliando eventualmente a piccoli pezzi con le forbici le radici grandi e piccole presenti e aggiungendo rami e rametti delle piante precedentemente seccate, mentre le foglie si potranno usare come pacciamatura. In questo modo si restituiscono i sali minerali alla terra e si apporta nuova sostanza organica che consentirà non solo di riusare sempre lo stesso terriccio arricchendolo ogni volta, ma anche di avere un terriccio sempre più vivo e ricco di biodiversità, dai microorganismi ad eventuali ospiti ben graditi come i lombrichi (rendono la terra morbida e creano humus). Per questo è bene evitare inutili sterilizzazioni dei contenitori con prodotti nocivi come purtroppo spesso viene fatto, o di gettare il terreno e ricomprarlo ogni anno come molti purtroppo suggeriscono. Riguardo le concimazioni invece può essere molto utile, oltre allo stallatico e fondi di caffè, aggiungere un po’ di cenere al terriccio (1-2 pugni per ogni cassetta), la quale è ricca di potassio ed altri sali minerali (ma non di azoto). La cenere la si può aggiungere anche dopo l’inizio dell’orto, nel momento della fioritura e della fruttificazione delle nostre piante, spargendola direttamente sulla terra (particolarmente gradita a pomodori, melanzane e peperoni).

Cosa accade se le nostre piante vengono attaccate da parassiti e malattie? Questo è un argomento davvero molto complesso ed esistono rimedi naturali più o meno efficaci che però devono essere necessariamente esaminati di caso in caso (macerato di aglio, o di ortica, birra contro lumache e limacce…), un po’ come l’andare dal medico. Il primo suggerimento è quello di osservare ogni giorno la presenza di eventuali parassiti (in particolare gli afidi sono un terribile nemico) e non appena riconosciuti toglierli a mano in modo che l’infestazione venga fermata sul nascere e senza usare nulla. È bene comunque, riconoscere sempre prima l’eventuale insetto presente per capire se si tratta di un “amico” o di un “nemico” dell’orto (questa concezione è prettamente umana e non propria della Natura), e cercare sempre cure naturali, o a limite biologiche, informandosi il più possibile in rete (ormai in internet prosperano blog e gruppi sul tema) o con guide specializzate.

La raccomandazione importante è comunque quella di non andare nel panico appena vediamo qualche animaletto o insetto su piante e terra, innanzitutto perché è buon segno (significa che stiamo facendo un lavoro abbastanza naturale), secondo poi perché la Natura è questa, non esistono piante senza animali e viceversa, l’interconnessione è più vasta di quanto possiamo immaginare! Bisogna, come detto sopra, solo capire se si tratta di insetti potenzialmente dannosi per le piante e trovare rimedi il più naturali possibili. Si raccomanda di coltivare contemporaneamente anche piante da fiore, così da attirare insetti utili come le api e le farfalle per aiutare l’impollinazione delle nostre piante, o graditi ospiti come le coccinelle, formidabili guardie in grado di combattere molti insetti potenzialmente dannosi. Attenzione invece se vedete formiche sulle piante, in quanto è possibile che stiano creando un allevamento di acari. Le formiche si cibano delle loro secrezioni, usare rimedi per allontanarle in modo naturale.

Un ultima accortezza prima di cominciare questa nuova esperienza è quella di ricordarsi sempre di sciacquare in acqua e bicarbonato le verdure prima di mangiarle, in quanto con l’aria di città potrebbero depositarsi polveri di smog sulle superfici.

Buon Orto!

Erbe aromatiche essiccate e marmellate (foto di Daniela Di Bartolo)
Ringraziamenti

Un sincero ringraziamento a Roberta Rossini e Alessandra Pioltelli per la celere e precisa revisione di questa guida, nonché ad Ivana Tozzi che ha gentilmente concesso la foto di copertina. Spero che questo lavoro possa essere utile a tutte quelle persone che hanno deciso (consapevolmente o meno) di riavvicinarsi alla Natura, che ci lega tutti in un delicato e ineffabile equilibrio, al quale più ci avviciniamo, più recuperiamo la serenità e la felicità con cui nasciamo su questa Terra…

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Fra i tetti di Milano l’Orto fra i cortili firmato Piuarch

Orto permanente e farmacia a cielo aperto nel progetto di green architecture.
I 300 metri quadrati di superficie del tetto dell’edificio che ospita lo studio Piuarch – in via Palermo 1, nel cuore di Brera – sono stati convertiti in un orto permanente e “farmacia a cielo aperto”, riqualificando anche dal punto di vista energetico e funzionale l’immobile. Un ecosistema completo, che si avvia nel semenzaio dove sono posti a germogliare i semi per svolgersi secondo il ciclo delle stagioni fornendo cibo, decoro, essenze, fino a terminare in compost per alimentare una nuova stagione.

Al centro di questo concept c’è l’ideazione di un sistema modulare che utilizza i pallet per costruire strutture facilmente assemblabili che coniughino estetica e funzionalità, a costi ragionevoli. L’Orto tra i cortili non vuol’essere un’esperienza singola ma piuttosto un sistema ripetibile su ampia scala per riqualificare superfici non utilizzate. I pallet sono usati sia come piano di calpestio che, rovesciati, come contenitori per il terreno. In questo modo, con l’impiego di un unico elemento modulare si costruisce il layout dell’orto.

La farmacia a cielo aperto prevede la piantumazione di piante officinali con l’intento di riscoprire le proprietà medicali e terapeutiche di essenze usate per secoli nelle officine farmaceutiche. Non si creerà semplicemente un orto e una zona di piante medicinali ma un viaggio nel tempo, dove storia, lavoro e natura si possano riconciliare.

L’Orto fra i cortili è molte cose in una: progetto di riqualificazione energetica dell’edificio, strumento paesaggistico, decorativo, di autoproduzione alimentare, nuovo spazio di rappresentanza, socialità e coworking per chi lavora nell’edificio. Le piante creano un ecosistema che favorisce la biodiversità, riduce la filiera alimentare e garantisce la genuinità dei prodotti. Lo strato di vegetazione migliora l’isolamento e incrementa l’inerzia termica dei locali sottostanti. Il sistema a pallet permette inoltre un controllo delle acque piovane, riducendo il flusso delle acque di scarto che entrano nel sistema cittadino.

Il progetto generale del verde è di Cornelius Gavril (paesaggista del giardino, vivaista del design). Il sistema di riqualificazione verde proposto da Piuarch vuole essere un esempio virtuoso e replicabile, un sistema appunto, per questo è stato stretto un accordo con Vivai Mandelli che, dopo aver collaborato a mettere a punto e installare questo primo esempio, saranno il punto di riferimento per chi volesse replicare ed adattare questo sistema ad altre superfici. Mandelli fornisce progettazione ed impianto dei moduli. VerdeVivo, azienda di eccellenza in concimi curativi biologici, sementi e preparati specifici per il gardening, ha fornito sementi, arbusti, terriccio e prodotti per la cura dell’orto. Il sistema integra anche un intervento di consolidamento strutturale dell’edificio volto ad aumentare il carico per metro quadrato. La struttura preesistente è stata rinforzata grazie all’impiego di travi per rinforzo strutturale in vetroresina realizzati da PCR srl, azienda leader nella ricerca sui profilati. I profilati della linea PTrex sono compositi realizzati in fibra di vetro con matrice in resina termoindurente. L’uso di una struttura in vetroresina consente di realizzare i rinforzi strutturali con un sistemi resistenti e leggeri, facili da montare, resistenti agli agenti atmosferici e totalmente riciclabili. La realizzazione della struttura è opera di Sice Previt che ha applicato il proprio know-how agli aspetti strutturali e tecnici per coniugare qualità ed estetica.

Sabato 3 Ottobre l’Orto fra i cortili di Piuarch partecipa a Green City con due iniziative. Al mattino, dalle 10:30-14:00, una serie di visite all’Orto, alla scoperta delle varietà botaniche selezionate per il progetto di farmacia a cielo aperto ideato da Cornelius Gavril; per conoscere il sistema modulare di pallet e gli aspetti tecnici della riqualificazione estetica e funzionale dell’edificio.

Al pomeriggio, dalle 15 alle 19 andrà in scena Territorial repercussions: feeding our cities, un simposio internazionale (Milano – Los Angeles) che si interrogherà sulle necessità e sulle forze che agiscono nell’ambiente urbano.

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La prima vertical farm acquaponica autosufficiente italiana

L’impianto di produzione acquaponico consente di coltivare 400 piante e allevare 10 kg di pesce contemporaneamente.
Attualmente, uno dei settori di ricerca di maggior interesse è quello agroalimentare, a causa delle nuove sfide imposte dalla rapida crescita della popolazione mondiale e dai cambiamenti climatici. Come possiamo nutrire un pianeta che, secondo stime ONU, tra poco meno di cinquanta anni raggiungerà i nove miliardi di persone senza gravare ulteriormente sugli ecosistemi già sovrasfruttati? Come riusciremo a trasportare migliaia di tonnellate di cibo nelle future città, che secondo le stime ufficiali, entro il 2030 accoglieranno il 60% della popolazione mondiale?
E’ per dare una risposta a queste e ad altre domande che a livello internazionale stanno nascendo numerosi studi e ricerche in ambito agroalimentare e urbano. In questo contesto, dunque, si sviluppa il concetto di agricoltura urbana, cioè quell’insieme di pratiche e tecniche che consentono di coltivare, lavorare e distribuire il cibo all’interno di contesti urbani e peri urbani. L’agricoltura urbana nasce, o meglio rinasce, per garantire una maggiore sicurezza alimentare e una miglior qualità di ciò che mangiamo a fronte di una riduzione dell’inquinamento, delle emissioni nocive e del consumo di risorse. Numerose sono le soluzioni proposte in questo ambito, ma una più delle altre sta letteralmente affascinando ricercatori, progettisti e imprenditori di tutto il mondo e, con ogni probabilità, caratterizzerà l’evoluzione degli skyline delle future città: la vertical farm. Si tratta di un edificio-serra a sviluppo prevalentemente verticale che, accogliendo l’intera filiera agroalimentare, consente di produrre, trasformare, vendere e consumare cibo fresco e di alta qualità, sia animale che vegetale. Tutto questo grazie a tecniche di coltivazione soil-less (fuori-suolo) a ciclo chiuso che non prevedono l’uso di terreno. Edifici di questo tipo, immaginati fin dai primi anni del ‘900 e ridefiniti compiutamente alla fine degli anni ‘90, in particolare dal professor Dickson Despommier della Columbia University, consentono numerosi vantaggi: produzione continua durante tutto l’arco dell’anno, assenza di rischi dovuti alle avverse condizioni meteorologiche, bassi livelli di rifiuti, assenza di pesticidi e fertilizzanti utilizzati nella produzione agricola, riduzione del consumo di risorse (in particolare suolo ed acqua), riduzione delle miglia alimentari e nuove opportunità di lavoro.
E’ proprio all’interno di questo ambito che si inserisce la ricerca che da quattro anni lo scrivente sta sviluppando, grazie ad una borsa di Studio della Regione Umbria e al sostegno del prof. Verducci della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Perugia. Il lavoro è rivolto ad analizzare a 360 gradi il tema delle vertical farm: dalle questioni architettonico-ingegneristiche a quelle agricole, da quelle economiche a quelle urbane per arrivare a quelle sociali. Inoltre, si è voluto indagare il rapporto che un edificio di questo tipo potrebbe avere con un contesto urbano di medie dimensioni come quello di una tipica città italiana. Il lavoro è stato suddiviso in due fasi teoriche ed una terza applicativa: nella prima si è voluto comprendere “l’oggetto vertical farm”, andando ad analizzare tutti gli aspetti tecnici di cui si deve tenere conto durante la sua realizzazione; nella seconda, invece, si è calata la vertical farm all’interno di un caso reale, elaborando un progetto di recupero di un’area in disuso della prima periferia della città di Perugia; nella terza, invece, è stato realizzato un prototipo di vertical farm autosufficiente. E’ proprio quest’ultima fase che riveste un ruolo fondamentale, in quanto consente di sperimentare sul campo quanto indagato nelle prime due.
Il prototipo, che si trova a Torrita di Siena, è costituito da una torre circolare (per la precisione un iperboloide) alta circa 5 m, realizzata in legno e acciaio, che occupa una superficie di poco meno di 4 mq e sulla cui sommità si trova un generatore eolico ad asse verticale, che provvede a parte del fabbisogno della farm. Al suo interno è collocato l’impianto di coltivazione acquaponico, cioè un sistema che consente di unire i vantaggi dell’acquacoltura di ricircolo a quelli dell’idroponica. Con questa tecnica le piante assorbono gli elementi nutritivi direttamente dall’acqua in uscita dalle vasche di allevamento, le quali sono cariche di nutrienti derivati dalla decomposizione batterica delle feci dei pesci che avviene nel biofiltro. Come nei processi di fitodepurazione, le piante depurano l’acqua che a sua volta può essere reimmessa all’interno delle vasche realizzando così un sistema a ciclo chiuso, che consente di ridurre il fabbisogno idrico di oltre il 90% rispetto all’agricoltura tradizionale.
Il prototipo consente di coltivare 400 piante e allevare 10 kg di pesce contemporaneamente e, una volta a regime, consentirà di coltivare fino a 4000 piante/anno (dipende dalla specie coltivata) e dai 10 ai 20kg di pesce all’anno. La farm tende a fare di più con meno, a ridurre l’impatto ambientale (il 90% dei materiali è riciclabile) e creare un sistema a ciclo chiuso che minimizzi la produzione di rifiuti e l’utilizzo di risorse. A tale scopo la farm è dotata di un impianto ibrido fotovoltaico-eolico ad accumulo che le consente di funzionare in quasi completa autonomia, mentre al suo interno è presente un sistema di monitoraggio e gestione, basato sulla tecnologia arduino, che permette di monitorare i valori dell’impianto e di controllarne le varie parti attraverso uno smartphone. Altre caratteristiche della struttura sono la scalabilità e la facilità (e rapidità) di montaggio, caratteristiche che la rendono facilmente adattabile alle diverse situazioni in cui può essere installata.
Il prototipo è un “laboratorio in divenire”, imperfetto per definizione, ma che consentirà di raccogliere numerosi dati ed informazioni sulla costruzione, la gestione, la produttività e la sostenibilità ambientale di una vertical farm, tanto da farci comprendere meglio i processi costruttivi e gestionali ed i vari scenari di sostenibilità economica che guideranno le prossime realizzazioni. Infatti, l’intenzione è quella di poter sviluppare altre strutture simili che consentano di ridurre le miglia alimentari e magari di creare una smart grid agroalimentare. Infatti, se queste strutture lavorassero in sinergia con i campi e le aziende agricole locali riuscirebbero, facilmente ed in poco tempo, a rendere le comunità in cui si inseriscono autosufficienti e sempre più capaci di resiste ai cambiamenti (climatici e non). Cosi facendo si potrebbe, allo stesso tempo, coltivare le tradizioni agricole locali e ad innovare creando conoscenza, posti di lavoro ed incrementando il senso di appartenenza ad una comunità.

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Piero Venturini, lo chief umbro con l’orto sinergico

Cominciamo con il luogo: Toscolano, frazione di Avigliano Umbro in provincia di Terni borgo di pietra sulla strada per Todi: qui Piero Venturini, chief del ristorante La Posta ad Avigliano, ci accoglie nella casa in pietra che si è autocostruita difronte al borgo di Toscolano nei pressi dei ruderi di Toscolano vecchio. barattoli
Qui Piero ci racconta del suo orto sinergico creato secondo i principi dell’interpretazione di Elisa Halzeping della Rivoluzione del filo di paglia del maestro giapponese Fukuoka.
L’orto consiste in una serie di rettangoli creati con tronchi d’albero e divisi da sentieri di pietra. sentiero
Il lavoro principale è, oltre la lavorazione del suolo, la creazione dei bancali. bancale
“Queste sono le pietre – comincia il racconto Piero – che ho tirato fuori da una terra piena di pietre su cui da secoli i tenaci umbri cercano di ricavarci da vivere. Le ho tirate fuori, una per una, con il solo aiuto di mio padre Bruno, con questi attrezzi. attrezzi Con le più grandi abbiamo alzato i muretti, muro con le più piccole abbiamo coperto i sentieri.”
Il primo passo per creare l’orto sinergico è coprire il terreno di paglia. cassa Poi Piero ci fa vedere come si scalza la paglia, apre si pianta il seme e si ricopre il tutto di nuovo con la paglia. richiude
“A questo punto non si fa più niente?”
“Esattamente: da questo momento in poi è la natura – anzi il microcosmo naturale del bancale/orto – che lavora, bisogna solo innaffiare e serve poca acqua.”
“Quindi è un sistema adatto anche a terreni desertici?”
“Certamente, io ad esempio uso un sistema di irrigazione a goccia.tubo L’importante è lasciare sul posto qualsiasi foglia, ramo, frutto che si tolga alle piante: tutto dev’essere lasciato sul terreno e contribuisce al sistema microcosmo che si è creato. Non va mai estirpata nessuna erbaccia o pianta coltivata ma ogni colta va tagliata al colletto lasciando il resto che non serve sul bancale.”
“Quindi non bisogna potare, dissodare, vangare, concimare, diserbare, insomma tutte le attività della normale agricoltura non vanno eseguite.”
“Esattamente, è un orto che si autoregola.Bisogna solo ogni tanto rinnovare la pacciamatura usando qualsiasi vegetale disponibile ad esempio, foglie morte, sfalci d’erba, paglia, ecc.”
“E i risultati?”
“Eccoli i pomodori dell’orto sinergico pomodori
“Ti faccio un’ultima foto nel tuo magico orto piero e poi ti raggiungiamo alla Posta a mangiarli”
“Vi aspetto, diventeranno condimento delle mie focacce a lievitazione naturale e sughi per i miei rigatoni.”
“E che ci farai bere sopra?”
“Rossi e bianchi delle migliori etichette umbre in maggior parte biologici”
Naturalmente ci siamo andati e la differenza si sente: l’orto sinergico è buono anche da mangiare.




Orti e giardini condivisi, spazi pubblici e agricoltura urbana

GREEN GOVERNANCE: Sabato 23 maggio 2015 ore 11 – 13
Gli orti, i giardini condivisi e le azioni civiche nel verde e nello spazio pubblico sono uno dei palcoscenici dove i cittadini attivi, ma anche innovatori, makers, agricoltori, creativi ed architetti, spingono la società, il mercato e le istituzioni verso nuove frontiere in cui l’individuo è protagonista e si coalizza diventando il fulcro dell’innovazione sociale.
Le iniziative collaborative che ne scaturiscono rendono le città più aperte, resilienti ed interattive rispondendo anche a grandi questioni come ad esempio il cambiamento climatico e la sovranità alimentare.

Gli spazi pubblici aperti, quelli abbandonati e le aree agricole, sono luoghi strategici dove avvengono questi processi che generano appartenenza ai luoghi e benefici sociali, educativi, economici, civici e solidaristici per la cittadinanza.

Queste esperienze che hanno introdotto nuovi scenari nelle società urbane come possono evolversi per costituire una vera green governance collaborativa?

PROGRAMMA

Introduzione Luca D’Eusebio (Zappata Romana)

Tavolo A – Presentazioni di casi di studio
Coordina: Andrea Ferraretto, economista e blogger

RELATORI:

Federico Aveni Cirino, Associazione Retake Roma

Federica Ravazzi e Eloisa Susanna, Gruppo Renzo Piano G124 / INSITI_opportunità urbane

Michela Pasquali, Progetto Frutta Urbana, Associazione no profit Linaria

Amalia Bevilacqua, Tint’Orto, Sapri

Pier Paolo Balbo, Spazi indennitari nell’Agro Romano, Università La Sapienza

Claudia Zanfi, Alveari urbani, Green Island

Alberto Modesti, Orti Tre Fontane, Roma

Luciano Di Vico, Volontari Parco Acquedotti

Benedetta Gillio, Laboratory for the Governance of Commons, #OrtoLuiss

Tavolo B – Riflessioni e confronto
Coordina: Silvia Cioli, Zappata Romana

DISCUSSANT:

Chiara Certomà, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Cecilia Sottilotta, Laboratory for the Governance of Commons, Università Luiss

Agostino Ritano, RURAL HUB

LINKS
https://www.facebook.com/events/354073054791808/
http://www.biennalespaziopubblico.it/