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Bando alle periferie: il progetto del Comune di Milano per la rigenerazione urbana

Palazzo Marino lancia un avviso pubblico per i quartieri periferici della città. La riqualificazione passerà dalla valorizzazione del tessuto sociale.
Il Comune di Milano ha lanciato “Bando alle periferie”, avviso pubblico per l’erogazione di contributi destinati a progetti a sostegno della rigenerazione urbana nell’ambito delle periferie del capoluogo lombardo.

Lo scopo del bando è quello di intervenire sui quartieri periferici della città non solo riqualificandoli dal punto di vista estetico, ma cercando di rivalorizzare il loro tessuto sociale, rendendoli luoghi più vitali, solidali, aperti alle diversità e alle contaminazioni reciproche di culture, stili ed opportunità sociali. La sfida, quindi, è quella di superare l’idea di periferia come luogo di degrado fisico degli spazi pubblici e privati, mancanza di connessioni, percezione di insicurezza, mancata integrazione sociale, squilibri demografici, carenza di legami di comunità, ecc.

Chiunque volesse presentare la sua proposta ha tempo fino al 5 giugno 2017 per far pervenire la sua proposte alla Direzione Periferie del Comune di Milano.

I contenuti del bando

L’iniziativa mette a disposizione 540 mila euro per sostenere le proposte di associazioni di volontariato, fondazioni, associazioni di promozione sociale, associazioni sportive, associazioni culturali e tutti coloro che hanno a cuore il miglioramento della qualità della vita nei quartieri periferici milanesi. Il bando prevede però che l’iniziativa dovrà essere cofinanziata per almeno il 10% dall’associazione che la propone. Inoltre, tutti i progetti dovranno essere portati a termine entro e non oltre il 31 dicembre 2017.

Le aree cui dovranno essere destinate le risorse sono: Giambellino-Lorenteggio, Adriano-Padova-Rizzoli, Corvetto-Chiaravalle-Porto di Mare, Niguarda-Bovisa, QT8-Gallaratese. Gli interventi ammissibili sono svariati: si possono proporre iniziative culturali, sportive, educative, formative e più in generale di animazione territoriale, fino a progetti che prevedono percorsi volti allo sviluppo di organizzazioni di comunità e al rafforzamento delle reti sociali. Come è possibile leggere dal bando, in questi casi dovrà essere data particolare attenzione all’inclusione di quei gruppi sociali tradizionalmente poco inclusi nella vita pubblica, sociale ed economica della città.

Per conoscere in maniera più approfondita i criteri di valutazione e i restanti contenuti del bando, vi rimandiamo a questo indirizzo internet. Al suo interno, oltre che scaricare il bando, sarà possibile presentare il proprio progetto.

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Bando alle periferie – AVVISO PUBBLICO MILANO




Le start up di successo? Nascono in periferia e sono fondate da donne

A Milano la maggior parte nasce per iniziativa di donne, under 35. Dalla ciclofficina con bar all’hamburgeria con carne di struzzo, la fantasia delle nuove imprenditrici non ha limiti. Dal 2012 al 2015 complessivamente in città sono nate 382 imprese e l’83% è ancora in attività. Danno lavoro a 706 soci e 1.222 dipendenti

Anche in periferia possono nascere start up di successo. I fratelli gemelli Veca, uno apicoltore e l’altro disegnatore, a Baggio hanno avviato un progetto di animazione nelle scuole sulla difesa della biodiversità, con tanto di “Ape canterina” che accompagna gli incontri con i bambini. Luca e Riccardo, ingegneri ma con una grande passione per la corsa, al Parco Nord hanno creato, insieme ad altri amici, la prima (e per ora unica) Runstation della città: “La42” un negozio in cui non solo si possono acquistare scarpette, tute o integratori, ma dove è anche possibile fare la doccia o lasciare in deposito oggetti di valore (dal cellulare al pc) prima di fare la solita corsetta durante la pausa pranzo o prima di cena. Sono due tra le 570 imprese e start up sorte dal 2012 a oggi a Milano. Alcune grazie a specifici bandi dedicati alle periferie. L’ultimo, chiamato “Startupper” e chiuso l’estate scorsa, ha messo a disposizione 1,5 milioni di euro: ne sono nate così 21 imprese di periferia. La maggior parte fondate da donne (16), under 35 e in possesso di laurea o diploma. Le nuove realtà che aprono sono sei in Corvetto, quattro a Villapizzone, tre in Lorenteggio e Giambellino, due in Barona e in Bicocca-Greco una a Morsenchio, a Bruzzano, in Bovisa e in Certosa. La fantasia dei novelli imprenditori va dalla produzione di pasta fresca a una moderna ciclofficina con annesso bar, passando da elementi d’arredo esterno realizzati in marmo a un’hamburgeria dove gustare sapori esotici come carne di canguro e struzzo, sino a uno studio specializzato nella realizzazione di spazi abitativi sostenibili, come giardini e orti urbani.

Secondo i dati del Comune, presentati oggi dall’assessora al Lavoro e Commercio Cristina Tajani, su 382 start up monitorate e sostenute attraverso gli otto incubatori d’impresa o con i diversi bandi dedicati come “Risorse in periferia”, “Tira su la clèr”, “Tra il dire e il fare” e “Agevola Credito”, l’83% è ancora attiva a 5 anni dalla nascita, quando il tasso di sopravvivenza nazionale è del 44%. Sono imprese che danno lavoro a 706 soci e 1.222 dipendenti. Dal 2012 al 2015 hanno fatturato circa 314 milioni di euro, mentre i finanziamenti ricevuti ammontavano a 7,1 milioni di euro. Questo vuol dire che ogni euro dato tramite bando ha generato circa 43 euro di fatturato. “I risultati raggiunti costituiscono la miglior cartina di tornasole per giudicare l’efficacia delle politiche attuate dall’Amministrazione”, ha sottolineato con un certo orgoglio l’assessora.

Tra le imprese sostenute in questi anni dal Comune ci sono anche quelle nate o che operano all’interno delle carceri milanesi. Ne è nato anche un consorzio, Vialedeimille, che raccoglie cinque cooperative con 100 persone -detenute o in misura alternativa- assunte e un fatturato di produzione di circa 1,5 milioni di euro in diversi campi d’intervento, dalla ristorazione alla meccanica, dall’artigianato alla botanica.

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Il Politecnico ha elaborato le mappe di Milano piú belle che abbiate mai visto

Alcuni studenti del Politecnico hanno presentato alla commissione periferie del Comune di Milano una serie di progetti e idee per possibili riqualificazioni delle periferie cittadine.

Il sindaco Sala ha più volte dichiarato che le periferie della città sono “la sua fissazione.” Oggi, alcuni studenti del Politecnico hanno presentato alla commissione periferie del Comune di Milano una serie di progetti e idee per possibili riqualificazioni delle periferie cittadine. I ragazzi hanno esposto le proprie proposte attraverso alcune slide, che sono disponibili sul sito del Comune e di cui vi proponiamo qualche estratto. I risultati del loro lavoro sono soprattutto grafici: cartine tematiche, grafici, simulazioni.

Il progetto è stato seguito dai professori Boatti e Rossi, che hanno coordinato i 32 studenti al primo anno di magistrale nella realizzazione dei progetti. “Gli studenti hanno compiuto un’analisi su tutta la città, e poi sono passati ad occuparsi dei singoli municipi,” ha dichiarato il professor Rossi prima che gli studenti cominciassero ad esporre. L’idea è suggerire una città più vivibile, risolvendo alcuni punti critici all’interno dell’urbanistica cittadina. Molti progetti, ad esempio, evidenziano la cronica mancanza di verde in città e la barriera costituita dalle varie ferrovie, che tagliano interi quartieri in due o più parti.

Alcune mappe sono anche buffe, come quella sui quartieri che twittano di più.

“Il lavoro ha avuto una parte che ha riguardato l’accessibilità — non solo barriere fisiche, ma anche economiche e sociali, che limitano il funzionamento urbano,” ha proseguito Rossi.

Gli studenti hanno elaborato una serie di mappe sulle diseguaglianze sociali, come quelle sul diverso valore degli immobili in città e il grado di inclusività di ogni quartiere.

Ovviamente i ragazzi del Politecnico hanno affrontato anche l’argomento scali ferroviari, forse la sfida urbanistica più importante per i prossimi anni.

Alcune mappe sono un po’ più creative, soprattutto quelle composte dalla sovrapposizione di più cartine tematiche.

“Abbiamo impostato il lavoro sul rispetto delle norme vigenti — il Comune di Milano ha un PGT, e i lavori sono stati svolti partendo da questa base. Chiaramente, con un PGT migliore, anche i risultati sarebbero stati migliori,” secondo il professor Boatti. Il PGT è il Piano di Governo del Territorio, il documento fondamentale per l’edilizia di ogni comune: quello in cui si decide quante case costruire, quanto verde piantare, quante strade tracciare. In poche parole, quanto sia vivibile una città.

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Sala presenta il piano periferie: annullare il divario con il centro

Previsto un piano di investimenti complessivi da 356 milioni di euro, di cui la maggior parte, 296 per gli “ambiti strategici” e 60 per gli interventi diffusi.
Annullare il divario tra centro e periferie: è questo l’obiettivo per Milano annunciato dalla giunta guidata dal sindaco Giuseppe Sala, che ha presentato ieri il suo programma di governo per i prossimi quattro anni e mezzo.
Previsto un piano di investimenti complessivi da 356 milioni di euro, di cui la maggior parte, 296 milioni per gli “ambiti strategici” e 60 per gli interventi diffusi. Per la riqualificazione degli scali ferroviari dismessi gli interventi di rigenerazione partiranno dal 2019, ma nel prossimo biennio 2017-2019 la giunta punta ad inaugurare gli usi temporanei delle aree e a partire con i concorsi internazionali di progettazione. Nell’ambito delle politiche sociali, si punta ad estendere il sistema di welfare dai 24mila cittadini di oggi a 50mila entro fine mandato. Il nuovo piano infanzia è invece di 11 milioni di euro e comprende bonus tata e interventi per la socialità nei quartieri. L’anno prossimo saranno stanziati 35 milioni di euro contro le povertà, il 75% da bilancio comunale, mentre da gennaio parità anche il reddito di maternità. In cima alla lista, comunque, restano le periferie, di cui Sala sin dall’inizio del mandatosi è assunto le deleghe. Sono cinque i quartieri periferici interessati: da quello di Lorenteggio – Giambellino (117 milioni di euro, dove arriverà nei prossimi anni la nuova metropolitana “blu”, M4) al quartiere Adriano – via Padova (63 milioni), da Corvetto – Rogoredo – Porto di Mare (49 milioni) a QT8 – Gallaratese (32) fino a Niguarda – Bovisa (35). Un piano ambizioso, come hanno confermato il delegato del sindaco sulle periferie, Mirko Mazzali, e l’assessore alla Casa e Lavori pubblici Gabriele Rabaiotti: “sarà il più grande intervento di riqualificazione urbana dal dopoguerra”. Gli interventi riguarderanno la manutenzione straordinaria degli edifici popolari, il recupero di circa 800 alloggi sfitti di edilizia pubblica. Sono previsti inoltre 60 milioni di euro per i cantieri a valenza sociale per le periferie, e saranno lavori che riguarderanno anche luoghi di aggregazione e socialità. I fondi per le periferie arrivano dal bilancio comunale, dal governo, dall’Europa e da Fondazione Cariplo. Resta comunque il nodo delle risorse. Tanto che sul patto per Milano siglato a metà settembre con Matteo Renzi “sono pronto a armi sentire da subito con il nuovo presidente del Consiglio” ha detto Sala a margine della presentazione del programma (ovvero i fondi promessi da Renzi per lo sviluppo della città da 1,3 miliardi, tra cui il prolungamento della metropolitana fino a Monza). “Oggi i fondi sono finanziati per poter arrivare agli studi tecnici e quindi essere in condizione di partire ­– ha spiegato il sindaco –. Nel patto poi c’è l’impegno del governo a reperire i fondi. Le metropolitane si riescono a fare nella misura in cui il governo finanzia al 60-65%, altrimenti non è possibile. Ma questo è scritto con chiarezza nel patto”. E ha poi rassicurato: “non credo ci siano rischi che il patto e sul fatto che possa diventare lettera morta con un nuovo governo. Certamente richiamerò con forza e farò sentire la voce di Milano”.

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Periferie, da Milano all’Europa

Un tema caldissimo che si discute nel nuovo incontro di “Poliedrico Itinerario”. Breve intervista all’architetto Marco Ermentini.

Architetto nel team del G124 creato da Renzo Piano, Marco Ermentini stasera sarà al MAC di Milano in dialogo con Fulvio Irace, per raccontare in un nuovo incontro promosso dall’Associazione Necchi Cerchiari, e intitolato “Una nuova architettura per una nuova società”. Il tema? Caldissimo. Le periferie. Sono la città che lasceremo alle generazioni future, i luoghi della speranza, sono quelle strade dove “accade” la street art e dove si integrano e scontrano culture, sono i brandelli vivi di una città. Abbiamo chiesto a Ermentini di raccontarci, in concreto, qualche esempio. Per esempio di quel che è successo al Giambellino, proprio a Milano, da un anno “preso” dagli stessi giovani del G124, pronti non tanto a cambiarlo, quando a sostenerlo e a farlo mutare.
Che cosa è successo al Giambellino, da un anno a questa parte?
«Da quando ce ne siamo occupati al Giambellino sono successe molte cose: il comune assieme alla regione sta sviluppando un grande progetto di Master Plan redatto da Infrastrutture Lombarde del valore di ben 80 milioni di Euro, la nuova metropolitana quattro sta avanzando con due stazioni e il capolinea, il nuovo sindaco Giuseppe Sala ha indetto la prima giunta dopo le elezioni proprio al Giambellino e ha indicato come sua “ossessione” il tema delle periferie. Proprio in questi giorni l’Amministrazione presenterà il proprio piano sulle periferie. Speriamo bene».
Nell’introduzione all’incontro si mettono in parallellelo periferie (tema rovente, per il quale la Direzione Generale guidata da Federica Galloni recentemente ha coinvolto anche una serie di fondazioni per l’arte contemporanea, disponendo progetti per il prossimo anno) e zone sismiche. Più che nella “conservazione”, dove si situa il punto comune tra questi luoghi?
«Il tema del “rammendo” proposto da Renzo Piano ha efficacemente aperto nuove porte per un’azione coordinata tra le discipline. In effetti il nostro paese ha bisogno di una grande azione per abbattere le separazioni . Se siamo in grado di rammendare qualcosa saremo in grado di riparare anche i rapporti umani. È una necessità terapeutica per ricucire, allo stesso modo la ricucitura delle parti della città vuole dire connettere le parti separate, non solo quelle fisiche, ma anche eliminare le separazioni che danneggiano. Le separazioni tra le discipline: gli architetti debbono dialogare con gli economisti, i sociologi, gli ambientalisti. Le separazioni tra teoria e pratica che hanno provocato gravi danni al nostro territorio. Le separazioni tra gli enti che decidono il governo del territorio e che si contrappongono provocando disfunzioni e paradossi. Le separazioni fra le parti delle città che costruendo muri fra i luoghi hanno favorito la segregazione. Le separazioni tra i vecchi e i giovani: nessuno è più interessato a essere l’anello di congiunzione tra le generazioni e a sentirsi parte di un passato condiviso. Le separazioni tra le funzioni: da una parte la produzione e dall’altra la residenza. Le separazioni tra gli abitanti di diversa origine etnica e condizione sociale. Insomma, ricucire le separazioni vuole dire recuperare il significato delle cose a partire dalla loro connessione. L’architettura è la sintesi di tutto il sapere e del suo rapporto concreto con il mondo, quindi recuperare l’arte della tessitura ci può essere, in questo momento difficile, di grande aiuto; non dimentichiamoci che per gli antichi greci oltre che al tessere propriamente gli abiti, significava anche la tessitura del destino delle nostre vite. L’azione sulle periferie del G124 nel prossimo anno si sposterà sul tema del grande progetto per mettere in sicurezza il grande patrimonio edilizio a rischio sismico. Un’attività decennale che riguarderà molta parte degli edifici lungo gli appennini dal Nord al Sud. Sia il progetto sulle periferie che quello sul rinforzo sismico non sono progetti di conservazione ma azioni per aumentare la qualità della vita degli abitanti».
C’è differenza tra le periferie italiane e quelle di altre città europee? Sono meglio o sono peggio?
«La situazione in Europa ha molte analogie, ma in sostanza le periferie italiane sono alquanto differenti. Ad esempio , per fortuna, da noi non ci sono stati massicci progetti di aree di edilizia economico popolare come in altri Paesi. Questo fatto ha comportato alcuni casi incresciosi ma non troppo estesi. Ad esempio in Francia si sono realizzati grandi agglomerati che ora presentano gravissimi problemi di tutti i tipi. Questo non vuole dire che nel Belpaese tutto vada bene; al contrario ci sono tante ferite ma sono abbastanza localizzate. Renzo Piano ha avuto il merito di mettere al centro il problema delle periferie che, in fin dei conti, sono la città del futuro, nonostante tutto. Lo si legge anche nel primo “Diario”, che parla proprio dell’esperienza del Giambellino, edito in questi giorni da Skira».

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Auto elettriche, sensori, lampioni ecologici: il futuro allo scalo Romana

Una ventina di palazzi, pubblici e privati, sperimenteranno la città del futuro: li chiamano «condomini intelligenti», e rientrano in un programma europeo da 8 milioni per 25 mila metri quadrati.
Arriva l’auto elettrica di condominio. Ma anche la bici in condivisione, il parcheggio con il sensore per indicare gli spazi liberi, il lampione che allarga il raggio di luce in relazione alle presenze rilevate, l’impianto a prova di efficienza energetica per risparmi fino al 70 per cento. Non stiamo parlando di Marte ma di Milano, dal quartiere Porta Romana giù fino a Chiaravalle. Una ventina di palazzi, pubblici e privati, sperimenteranno la città del futuro. Nel primo stabile, che è di proprietà del Comune e gestito da Mm, in via San Bernardo 29, gli interventi cominceranno in dicembre. Negli appartamenti verranno posizionati apparecchi per misurare la temperatura, l’umidità e indirettamente la qualità dell’aria. Una quarantina le famiglie coinvolte nel test pilota di un progetto dal respiro (e dal finanziamento) europeo. A seguire, entreranno nel piano i privati, che dovranno però contribuire alle spese.

Li chiamano «condomini intelligenti» e rientrano nel programma «Sharing Cities» che abbraccia tre città: oltre a Milano, Londra (con Greenwich) e Lisbona (il centro). Insieme le tre metropoli hanno proposto soluzioni per rendere le città più vivibili e affrontare le sfide ambientali più urgenti, a cominciare dalla riqualificazione energetica di interi quartieri, abbattendo le emissioni di edifici e mezzi di trasporto. Si sono aggiudicate un bando europeo da 25 milioni di euro, di cui 8,6 destinati al capoluogo lombardo: 2,1 al Comune e il resto ai partner coinvolti, tra aziende pubbliche e private, università come il Politecnico e associazioni come Legambiente. Per Milano si tratta della possibilità di garantire la riqualificazione energetica su una superficie di 25 mila metri quadrati. Ma anche di sperimentare formule e tecnologie innovative per i trasporti, gli impianti di riscaldamento e l’illuminazione pubblica.La posta in gioco è alta e infatti sono già 47 i condomini privati che hanno presentato la candidatura per partecipare al progetto, inserito all’interno del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Quindici stabili hanno già approvato lo svolgimento della diagnosi energetica, preliminare agli interventi.

Il punto forte per i residenti è il car sharing. La sperimentazione prevede due auto elettriche di condominio, da utilizzare per piccoli spostamenti e con pagamento a chilometro e non a tempo. A regime saranno 62 i mezzi elettrici riservati all’area di progetto, oltre a 10 veicoli condivisi destinati alla distribuzione delle merci. In arrivo anche 150 bici elettriche in condivisione, 125 stalli di parcheggio muniti di sensori per rilevare lo stato di occupazione e 300 lampioni wi-fi dotati di tecnologie avanzatissime. La Milano del futuro tra Porta Romana e la Vettabbia (incluso l’asse Ripamonti) avrà un importante terreno di sperimentazione. «Il progetto dimostra come l’innovazione tecnologica possa essere messa al servizio dei cittadini e delle comunità territoriali al fine di migliorarne le condizioni di vita — commenta l’assessore Cristina Tajani, responsabile della giunta per “Smart City” —. E nel farlo abbiamo dato priorità ad un’area periferica della città che nei prossimi anni oltre alle risorse di questo progetto riceverà anche quelle del recentissimo “Open Agri”, per l’agricoltura sostenibile, appena assegnato a Milano dalla Commissione europea».

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Emergenza abitativa, al via a Milano il progetto ‘Zero case vuote’

I lavori di recupero e manutenzione straordinaria degli alloggi sfitti di edilizia residenziale pubblica suddivisi in sei appalti per un costo complessivo di 30 milioni di euro.
Risanare e recuperare il patrimonio abitativo comunale in modo da poterlo restituire ai cittadini che ne abbiano bisogno. Con questo obiettivo è partito a Milano il progetto ‘Zero case vuote’ voluto dalla nuova amministrazione e realizzato con MM Spa.

La Giunta ha approvato il 9 settembre la delibera per la definizione degli interventi prioritari volti a ridurre il numero degli alloggi sfitti del patrimonio abitativo pubblico. Il progetto si inserisce in un’impostazione programmatica più ampia denominata ‘Piano periferie’, che l’amministrazione milanese considera cruciale in tema di rigenerazione urbana, qualità dello spazio pubblico e vivibilità dei quartieri.

I lavori di recupero e manutenzione straordinaria degli alloggi sfitti di edilizia residenziale pubblica saranno suddivisi in sei diversi appalti, per un costo complessivo di 30 milioni di euro, derivanti perlopiù da residui di precedenti mutui accesi dal Comune e in parte da finanziamenti statali destinati al progetto tramite Regione Lombardia. Si sta lavorando ora ai primi due appalti per un totale di oltre 11 milioni di euro (8 milioni e 589mila euro di fondi statali cui vanno aggiunti 3 milioni di risorse comunali). Con questo lotto i cantieri saranno concentrati all’interno del Municipio 7, tra San Siro e Baggio, e i fondi consentiranno il recupero complessivo di 276 alloggi. Molti di questi tra le vie San Romanello, San Bernardo, Palmanova, Tarabella, Mar Nero, Nikolajevka e Statuto, dove si trova uno stabile interamente destinato a persone con disabilità.

Seguiranno altri interventi per 18 milioni e 900mila euro (4 appalti ciascuno da 4 milioni e 725mila euro): già individuato l’elenco di 562 sfitti che verranno ristrutturati nei vari quartieri. L’elenco potrebbe prevedere l’aggiunta di ulteriori unità in corso d’opera, in ragione di possibili economie di spesa.

Il costo medio dei lavori sarà di 16mila euro per unità abitativa; in alcuni casi ne basteranno 10mila, in altri, quelli che presentano situazioni di degrado più pesanti, si potrebbe arrivare fino a 40mila euro. Perlopiù si tratta di adeguamenti impiantistici (elettrico e gas), del ripristino dei servizi igienici con la sostituzione di sanitari e apparecchiature, e di opere atte a rendere gli alloggi fruibili, in alcuni casi anche da soggetti con disabilità.

Nell’individuare le unità sfitte su cui intervenire, si è pensato innanzitutto di rendere i cantieri più efficienti ed efficaci, prendendo in considerazione gli interi stabili e ristrutturando tutte le unità sfitte all’interno. Priorità alle case più grandi (dai 60 metri quadrati in su) che sono quelle maggiormente richieste in graduatoria. Altro criterio seguito, quello di diffondere gli interventi in modo il più possibile omogeneo sull’intero territorio. MM Spa ha suddiviso i cantieri in modo equilibrato intorno alle proprie sedi territoriali: nell’area della sede A (che corrisponde ai Municipi 2,3,9) verrà eseguito il 20% dei lavori, nella sede B (Municipio 8) il 20%, nella sede C (Municipi 1, 4, 5) il 25% e nella sede D (Municipi 6 e 7) il 35%.

Dopo l’approvazione di questa prima delibera di indirizzo, verranno perfezionati i provvedimenti di approvazione e finanziamento dei progetti in modo da procedere con i bandi di gara e le aggiudicazioni ad inizio 2017 e far partire i cantieri – che avranno la durata di circa un anno – subito dopo. Per arrivare così nel 2018 al recupero degli alloggi e alla loro assegnazione ai nuclei familiari che ne abbiano diritto.

Stiamo avviando un vero e proprio intervento di welfare territoriale – spiega l’assessore alla Casa Gabriele Rabaiotti –, partendo da un piano straordinario di recupero del patrimonio pubblico non utilizzato e assegnandolo a canone sociale secondo le graduatorie comunali. Ci rivolgeremo quindi alle famiglie che si trovano in situazioni di particolare difficoltà economica, rispondendo alla forte domanda abitativa espressa dalle fasce più disagiate della popolazione. Un obiettivo cruciale per questa Giunta. Questa operazione avrà un altro fine, altrettanto importante: ridare fiato all’affitto anche per la fascia intermedia. Per questa seconda sfida chiederemo ai proprietari di case sfitte di riportarle sul mercato della locazione, con incentivi ed agevolazioni che consentano di rendere i canoni più accessibili per i redditi medio-bassi senza però mortificare le aspettative del proprietario. Questo il compito che abbiamo affidato all’Agenzia sociale Milano Abitare voluta dalla precedente Giunta che nei prossimi anni ci auguriamo di potenziare. Perché senza affitto la città rischia di rallentare, invecchiare e perdere in dinamismo.

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Emergenza casa, pubblico e privato Così rinasce l’edilizia popolare

Il Comune apre un dossier sullo stabile di via Pianell 15, alla Bicocca. E studia un bando che, attraverso il co-finanziamento con il privato, lo traghetti fuori dal degrado. L’obiettivo: realizzare appartamenti da destinare a quella fascia di popolazione che non può permettersi di comprare casa ma neppure di accedere agli elenchi per le case popolari. L’assessore alla Casa, Gabriele Rabaiotti, lo ha spiegato ai consiglieri: «Soldi per realizzare nuove case Erp non ne abbiamo. Una strada per affrontare l’emergenza abitativa è intervenire sull’esistente, riqualificandolo, come stiamo facendo con il piano di investimenti da 30 milioni di euro. E poi avviare sperimentazioni come quella allo studio per via Pianell». Il Comune cioè investe una quota (2 milioni di euro), e il vincitore del bando mette la parte mancante, di cui rientrerà attraverso la gestione. Il dossier su via Pianell fa comprendere come l’intervento dell’amministrazione sulla città sia «chirurgico». La storia di via Pianell, grande stabile diroccato all’angolo con via Ugolini, è emblematica. All’inizio del secolo scorso è stato un bell’esempio del welfare meneghino: ospitò per decenni le ragazze madri con i loro piccini. Da 45 anni, però, è abbandonato. Di lui, in Comune, risulta si siano ricordati quando è stato il momento di concorrere ai fondi regionali per l’edilizia residenziale pubblica.

Secondo un documento ormai datato (risale al 1999) e intitolato «Recupero e ristrutturazione dell’edificio da destinare a residenza pubblica da finanziare con le risorse regionali dell’edilizia sovvenzionata», nell’edificio – due corpi di fabbrica, uniti da una scala che sale di tre piani, cinquecento metri quadrati a piano -, si dovevano ricavare undici piccoli appartamenti e, fuori, nel cortile, laboratori artigianali. I soldi arrivarono. A memoria, resiste l’impalcatura principale, sul fronte che s’affaccia su via Pianell. Non c’è traccia di un cartello che denunci l’apertura di un cantiere, per lavori che sicuramente iniziarono ma che furono misteriosamente interrotti. A ricordarci che via Pianell non è più la periferia della città, dal tetto dello stabile dove spuntano brandelli di palificazione in cemento armato, s’intravedono la Collina dei ciliegi e gli squadrati palazzoni grigi che portano la firma dell’architetto Gregotti. A 10 anni dalla presentazione del progetto definitivo di recupero con fondi regionali, i lavori erano in alto mare. I progetti andavano adeguati: nuovo progetto, nuova gara d’appalto… In un documento del Settore Tecnico Casa e Demanio del 27 maggio 2009 si legge: «Si può prevedere che i lavori potrebbero iniziare nel marzo 2010 e concludersi in circa un anno». Ma di via Pianell nessuno finora s’era più ricordato.

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Renzi da Sala per la firma del Patto per Milano. Metrò, militari, periferie Seveso: i punti dell’accordo

Sul tavolo anche la richiesta di creare una ‘no tax area’ dove una volta c’era Expo. Messi tutti insieme, i progetti e i desiderata della città rappresentano un conto che supera il miliardo di euro.
A due mesi (quasi) esatti dalla riunione straordinaria di giunta alla presenza del premier, Matteo Renzi torna a Milano per firmare con il sindaco Beppe Sala il Patto Milano: il documento che segna i fronti strategici per la città e su cui governo e Comune si impegnano a lavorare insieme. Dall’ambizione in chiave post Brexit di candidarsi come alternativa a Londra per diventare sede dell’Agenzia europa del farmaco al futuro delle aree Expo; dai prolungamenti delle metropolitane alla sicurezza, dalla casa al welfare. Fino al nodo, ancora irrisolto, del destino anche economico della Città metropolitana.

È lungo l’elenco di proposte che si è trasformato in un documento spedito a Roma. Tra cui la parte che riguarda la possibilità di utilizzare i militari, solo su base volontaria, per scopi di polizia locale, che è ancora in discussione. Il motivo: la possibilità sulla carta esiste, ma non è semplice da realizzare e soprattutto non ci sono fonti di finanziamento precise. L’architettura generale, però, c’è. Così come la volontà di Renzi, sono convinti in giunta, di mettere la faccia anche politicamente su questa operazione puntando le proprie carte su Milano.

Messi tutti insieme, i progetti e i desiderata della città rappresentano un conto che supera il miliardo di euro. In Comune si respira un generale ottimismo. Anche perché, è il ragionamento, l’importanza del patto è nella sua visione strategica e i fondi, a cominciare da quelli per le metropolitane, non devono essere trovati nell’immediato. Solo far viaggiare per i primi tratti i treni del metrò fino a Monza e Settimo Milanese (l’allungamento di M5) e Buccinasco (la 4) vale centinaia di milioni. Ma quello che deve partire ora, appunto, è solo il percorso.

Tra i punti c’è anche la protezione dal rischio esondazione del Seveso e del Lambro, con gli ultimi pezzi del piano che ancora mancano. Altri impegni del governo, però, non prevedono assegni da staccare, ma sponde politiche, legislative e diplomatiche. A cominciare dall’orizzonte più ampio. Per conquistare l’Agenzia europea dei medicinali o quella delle banche in fuga da una Londra fuori dall’Ue, servirà la volontà dell’esecutivo di spendersi a livello internazionale. Così come sarà Roma a dover studiare strumenti per attirare investimenti sulle aree Expo dedicati all’innovazione o fare di quel luogo una “no tax area”.

Infine, i campi in cui è Milano a candidarsi come modello nazionale: la casa e il welfare, con progetti pilota contro le povertà. Nel primo caso, la città conterà sulle proprie forze per trovare i 130 milioni necessari per curare periferie e quartieri popolari. Al governo si chiedono interventi normativi per velocizzare, ad esempio, le procedure per assegnare gli appartamenti che verranno ristrutturati. E una discussione dovrà essere aperta anche sulla questione degli arrivi dei profughi.

pattomilano

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La rabbia dei rapper di strada contro il degrado delle periferie

La voce dei rapper di strada denuncia, alza la voce, per urlare il degrado, lo spaccio, le periferie dimenticate. Sono i rapper milanesi dei muretti, quelli che non sono celebri e ricchi come Fedez o J-Ax, ma che sanno guardare e ascoltare. Maria Sorbi su Il Giornale li ha rintracciati e descrive nel modo che segue il loro mondo “Anni fa, quando J-Ax e Fedez non avevano ancora fatto il «salto», il ritrovo dei rapper milanesi era il Muretto di San Babila.

Oggi lì «ci sono solo i truzzi», dicono nelle crew, e Fedez vive in un attico a City Life. Ma loro, i rapper di strada, non hanno smesso di denunciare in rima. I muretti attorno a cui si trovano sono quelli scrostati delle periferie, da Baggio a Niguarda, quartiere da cui proviene Mondo Marcio. La rabbia è sempre la stessa.

Dopo un periodo di silenzio durato qualche anno, il rap milanese torna a fare la sua parte. E punta il dito contro. Contro la doppia velocità a cui va la città, contro il business della droga, contro le periferie dimenticate. E nei testi ingloba anche qualche novità: affronta il tema dell’immigrazione e usa lo spagnolo contaminato dei latinos e della pandillas. A volte con testi che funzionano, altre volte con scivolate un po’ troppo ingenue che scimmiottano in malo modo i rapper americani. L’urlo che si alza dai palazzoni tutti uguali dei quartieri del degrado si rinnova ma resta pungente e non risparmia nessuno, media compresi, accusandoli di parlare delle periferie solo ed esclusivamente per risse, spaccio e violenze.

Los Markinos scrive «Come a Quarto» e descrive Quarto Oggiaro parlando di «pochi ladri, tanti spacciatori, madri al cimitero con i fiori, collaboratori che fanno i nomi». Una sorta di Scampia milanese di cui però non vuole sentir parlar male. Da via dei Cinquecento Josh Mck reppa «Corvetto è»: «Corvetto è periferia, la vita marcia s’avvia, niente alta borghesia. La povertà, amici al campo, vu cumprà, municipale, finanza, è un tatuaggio permanente». Il rapper scrive anche un testo («La casa è un diritto») per denunciare i tempi d’attesa per avere una casa popolare, le madri costrette a cercare un rifugio per i propri figli e a inventarsi una dimora con le occupazioni abusive. Assieme a un’altra autrice, Sista ira, scrive anche «Milano bianca» per denunciare il giro di cocaina che uccide i giovani.

Razza a parte, quartiere Bonola, si definiscono i «Tony Montana di Milano», prendendo a prestito l’immagine di Al Pacino in Scarface. «Bonola è un quartiere di sta c…. di città, non puoi scegliere fra, non puoi scegliere tra, è così che va». Nel video ci sono le piazze deserte, graffiti di denuncia dei writers sui muri, i palazzi, i motorini truccati. Ritmo reggae e atteggiamento studiato al millimetro per la Bn crew, che scrive «Welcome to Baggio». Tema del testo: il fumo. «Lo respiriamo tutti, tanto da cambiare il clima di questa città in rovina» denunciano. La crew di Milano Ovest dà invece il benvenuto «nella Milano West, fra traffici illeciti. Da Bonora a Bovisa fuoco alla divisa, dai palazzoni in piazzetta, la gente scappa in fretta». Più giovani, i rapper di Squarto Gang, scrivono, dai banchi dell’istituto Cardano a Lampugnano, «Vita scolastica» raccontando la loro storia si studenti tutt’altro che modello, che subiscono il richiamo della strada e della periferia. Milano Esotica se la prende con «i vecchi in borghese sulle panchine» e annuncia: «Fratello, ci trovi al Tg5, hanno arrestato la Squarto a bordo della M5». La crew Gioventù bruciata dedica un pezzo a San Vittore e a chi entra ed esce dal carcere. E poi c’è Dargen D’Amico, più elaborato, più famoso, fondatore di un’etichetta indipendente. Definisce ironicamente il suo genere «emo rap» poiché tratta anche di tematiche intimiste. Anche lui parla della città. «Amo Milano perchè quando sorge il sole non se ne accorge nessuno, perché è un giardino degli emirati e siamo tutti immigrati, perché è la capitale morale del commercio immorale». D’Amico se la prende con il Giardino verticale e il quartiere di porta Nuova ceduto a un fondo del Quatar. Ed è proprio lì che abita un altro rapper: il brasiliano Lorenzo Carvalho, famoso anche per aver ospitato Fabrizio Corona durante la sua fuga all’estero da latitante. Un altro che, partito dalle periferie, è finito a vivere nei grattacieli. Ma l’anima più infuocata resta quella del ghetto, dove ancora graffia la voglia di denunciare.”

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