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#Spiazziamoli a Corviale

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Aprire una fase costituente della Capitale d’Italia

La proposta di organizzare a Roma, il 6 e il 7 Marzo, “Spiazziamoli”: 50 Piazze Contro le Mafie va sostenuta con convinzione perché è la prima iniziativa concreta con cui la società civile risponde “dal basso” allo scenario gravemente preoccupante emerso con l’inchiesta “Mondo di mezzo” e le altre indagini su ‘ndrangheta e camorra. Si tratta di “riprenderci la città” e ricomporre il tessuto sociale che il sistema mafioso ha disgregato. Deve, tuttavia, essere chiaro il quadro entro cui l’associazione mafiosa ha potuto costituirsi e proliferare: un’estrema debolezza e frantumazione della politica e dell’intera classe dirigente della città, un’impressionante inefficienza, inadeguatezza e farraginosità delle istituzioni locali, una caduta verticale delle funzioni di rappresentanza degli interessi (sindacati, organizzazioni imprenditoriali, terzo settore).   Occorre, dunque, dar vita ad un’opera di lunga lena per creare una nuova classe dirigente e per dotare Roma di istituzioni adeguate per una Capitale. Le due cose devono necessariamente marciare insieme perché l’una tiene l’altra. Si tratta di aprire una vero e proprio processo costituente che deve partire dai cittadini e dalle loro forme associative di base.

Nella Costituzione c’è scritto: “Roma è la Capitale d’Italia. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”. La norma non esplicita a quale categoria di ente locale debba essere ricondotta Roma. Se si segue solo un criterio territoriale si può ricondurre Roma a uno dei livelli territoriali previsti dalla Costituzione: comune, provincia, città metropolitana, regione. Se invece si segue anche un criterio funzionale, la città di Roma è da ricondurre ad un nuovo e diverso ente locale da aggiungere ad essi. Mi sembra che il secondo criterio sia importante alla pari del primo per dare una veste giuridica adeguata alla Capitale d’Italia. Non ci si può infatti limitare alla sola dimensione territoriale, perché lo statuto giuridico della Capitale è connotato da un rapporto di immedesimazione funzionale con la Repubblica e il suo ordinamento.

Se si utilizza esclusivamente il criterio territoriale, quattro sembrano essere le possibilità su cui ragionare: 1) Roma capitale è una forma particolare di comune; 2) Roma capitale è una forma particolare di città metropolitana; 3) Roma capitale è una forma particolare di provincia; 4) Roma capitale è una forma particolare di regione. Se si prendono in considerazione sia il criterio territoriale che quello funzionale, alle quattro possibilità prese prima in esame va aggiunta un’altra ipotesi: Roma capitale è un nuovo ed ulteriore ente autonomo, diverso e non assimilabile a nessun altro.

A quest’ultima ipotesi riconducono criteri di razionalità rispondenti ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, leale collaborazione, efficienza e buon andamento. A me sembra, infatti, del tutto irrazionale la scelta effettuata in questi mesi di creare una città metropolitana di Roma all’interno della quale è ricompreso il comune autonomo di Roma capitale. E questo perché quest’ultimo, in virtù della sua autonomia speciale prevista dalla Costituzione, potrebbe ben possedere poteri e competenze pari, se non maggiori, e comunque confliggenti, rispetto a quelli del “contenitore” in cui è ricompreso.

Così da un lato viene reso vano il ruolo di “supercomune” che dovrebbe svolgere la città metropolitana, in quanto il suo comune principale “sfuggirebbe”, per così dire, al suo controllo; dall’altro viene limitata l’autonomia di Roma capitale che dovrebbe fare i conti, quotidianamente, con la difficile relazione di convivenza con la sua città metropolitana di riferimento. Ne viene fuori un’organizzazione complessivamente inefficiente, inadeguata e farraginosa, tra l’altro completamente esorbitante da un’ottica sussidiaria, che rappresenterebbe l’esatto capovolgimento degli obiettivi prefigurati dal dettato costituzionale.

Si fa ancora in tempo a raddrizzare il processo avviato aprendo una vera e propria fase costituente di Roma capitale. Si tratta di lottare per trasformare i municipi in comuni autonomi e intorno ad essi sollecitare l’iniziativa dei comuni e delle comunità contermini per aderire al processo costituente che deve dar vita al nuovo soggetto istituzionale. Occorre un grande movimento dal basso per dare istituzioni dignitose a cittadini che desiderano vivere in una vera Capitale. “Spiazziamoli” può costituire una prima occasione per far crescere nelle comunità locali questa consapevolezza politica e culturale.

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Aprire una fase costituente della Capitale d’Italia

La proposta di organizzare a Roma, il 6 e il 7 Marzo, “Spiazziamoli”: 50 Piazze Contro le Mafie va sostenuta con convinzione perché è la prima iniziativa concreta con cui la società civile risponde “dal basso” allo scenario gravemente preoccupante emerso con l’inchiesta “Mondo di mezzo” e le altre indagini su ‘ndrangheta e camorra. Si tratta di “riprenderci la città” e ricomporre il tessuto sociale che il sistema mafioso ha disgregato. Deve, tuttavia, essere chiaro il quadro entro cui l’associazione mafiosa ha potuto costituirsi e proliferare: un’estrema debolezza e frantumazione della politica e dell’intera classe dirigente della città, un’impressionante inefficienza, inadeguatezza e farraginosità delle istituzioni locali, una caduta verticale delle funzioni di rappresentanza degli interessi (sindacati, organizzazioni imprenditoriali, terzo settore).   Occorre, dunque, dar vita ad un’opera di lunga lena per creare una nuova classe dirigente e per dotare Roma di istituzioni adeguate per una Capitale. Le due cose devono necessariamente marciare insieme perché l’una tiene l’altra. Si tratta di aprire una vero e proprio processo costituente che deve partire dai cittadini e dalle loro forme associative di base.

Nella Costituzione c’è scritto: “Roma è la Capitale d’Italia. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”. La norma non esplicita a quale categoria di ente locale debba essere ricondotta Roma. Se si segue solo un criterio territoriale si può ricondurre Roma a uno dei livelli territoriali previsti dalla Costituzione: comune, provincia, città metropolitana, regione. Se invece si segue anche un criterio funzionale, la città di Roma è da ricondurre ad un nuovo e diverso ente locale da aggiungere ad essi. Mi sembra che il secondo criterio sia importante alla pari del primo per dare una veste giuridica adeguata alla Capitale d’Italia. Non ci si può infatti limitare alla sola dimensione territoriale, perché lo statuto giuridico della Capitale è connotato da un rapporto di immedesimazione funzionale con la Repubblica e il suo ordinamento.

Se si utilizza esclusivamente il criterio territoriale, quattro sembrano essere le possibilità su cui ragionare: 1) Roma capitale è una forma particolare di comune; 2) Roma capitale è una forma particolare di città metropolitana; 3) Roma capitale è una forma particolare di provincia; 4) Roma capitale è una forma particolare di regione. Se si prendono in considerazione sia il criterio territoriale che quello funzionale, alle quattro possibilità prese prima in esame va aggiunta un’altra ipotesi: Roma capitale è un nuovo ed ulteriore ente autonomo, diverso e non assimilabile a nessun altro.

A quest’ultima ipotesi riconducono criteri di razionalità rispondenti ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, leale collaborazione, efficienza e buon andamento. A me sembra, infatti, del tutto irrazionale la scelta effettuata in questi mesi di creare una città metropolitana di Roma all’interno della quale è ricompreso il comune autonomo di Roma capitale. E questo perché quest’ultimo, in virtù della sua autonomia speciale prevista dalla Costituzione, potrebbe ben possedere poteri e competenze pari, se non maggiori, e comunque confliggenti, rispetto a quelli del “contenitore” in cui è ricompreso.

Così da un lato viene reso vano il ruolo di “supercomune” che dovrebbe svolgere la città metropolitana, in quanto il suo comune principale “sfuggirebbe”, per così dire, al suo controllo; dall’altro viene limitata l’autonomia di Roma capitale che dovrebbe fare i conti, quotidianamente, con la difficile relazione di convivenza con la sua città metropolitana di riferimento. Ne viene fuori un’organizzazione complessivamente inefficiente, inadeguata e farraginosa, tra l’altro completamente esorbitante da un’ottica sussidiaria, che rappresenterebbe l’esatto capovolgimento degli obiettivi prefigurati dal dettato costituzionale.

Si fa ancora in tempo a raddrizzare il processo avviato aprendo una vera e propria fase costituente di Roma capitale. Si tratta di lottare per trasformare i municipi in comuni autonomi e intorno ad essi sollecitare l’iniziativa dei comuni e delle comunità contermini per aderire al processo costituente che deve dar vita al nuovo soggetto istituzionale. Occorre un grande movimento dal basso per dare istituzioni dignitose a cittadini che desiderano vivere in una vera Capitale. “Spiazziamoli” può costituire una prima occasione per far crescere nelle comunità locali questa consapevolezza politica e culturale.

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il 6 e 7 marzo a Roma

spiazziamoliCondividi il documento che centinaia di associazioni e cittadini hanno scritto in queste settimane di lavoro, partecipa anche tu a “Spiazziamoli – 50 piazze contro le mafie e per la democrazia” che si svolgerà a Roma il 6 e 7 marzo con eventi in tutta la città. Sarà una grande festa della partecipazione e del protagonismo delle cittadine e dei cittadini romani di fronte alla quale i rappresentati istituzionali non potranno che stare ad ascoltare. Per riuscirci, ti chiediamo di seguire poche e semplici regole a garanzia dei tanti e diversi che stanno facendo insieme Spiazziamoli.

1. Aderire a Spiazziamoli! significa organizzare un evento. Se non puoi, è altrettanto importante partecipare: sostenendo, promuovendo, pubblicizzando l’evento, dando una mano a organizzare uno o più eventi. Sarà una straordinaria occasione per conoscerci e costruire un pezzo di percorso insieme.

2. È possibile (ne saremmo felici) organizzare iniziative di ogni tipo (spettacoli, performance, sit in, flash mob, presentazioni, dibattiti, assemblee, volantinaggi, biciclettate, camminate, etc) e a tutte le ore del giorno e della notte del 6 e 7 marzo.

3. Ogni gruppo/associazione organizza l’iniziativa in autonomia ma ci piacerebbe trovare il modo di avviare collaborazioni e momenti di confronto tra singoli e tra realtà organizzate.

4. Ogni gruppo/associazione che aderisce deve proporre la sua iniziativa scrivendo a spiazziamoli@gmail.com, indicando titolo, tema, luogo, orario, programma, organizzazione organizzatrice e contatto. Una email di risposta vi confermerà che siete nel programma.

5. Tutte le iniziative devono essere pubblicizzate utilizzando i materiali di Spiazziamoli (loghi, grafiche, indicazione di sito, mail e pagina fb): ciascun appuntamento deve fare da effetto moltiplicatore. Per questa ragione tutte le realtà che aderiscono devono pubblicizzare il programma di Spiazziamoli sui propri mezzi di comunicazione (siti, pagina facebook, newsletter) Piccola avvertenza per i partiti: possono aderire (e quindi organizzare un evento) i circoli territoriali.

Cosa vogliamo  come aderire richiesta autorizzazioni spiazziamoli.it facebook.com/spiazziamoli




Lettera aperta a Nicola Zingaretti #due

Caro Presidente,

Le scriviamo per rappresentare alla Sua attenzione la grande opportunità di aumentare la qualità delle relazioni tra il Terzo Settore operante nella regione Lazio e l’organismo politico e amministrativo da lei rappresentato, così come già avviene in altre Regioni italiane che hanno codificato legislativamente tali relazioni. Una per tutte la legge della Regione Liguria.

Nel nostro territorio sono mancate le importanti funzioni legislative, di indirizzo, programmazione e pianificazione della Regione, cioè gli alti compiti che la Costituzione affida alle Regioni e che un regionalismo maturo avrebbe dovuto assumere come massimo obiettivo da affermare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una mancanza di visione istituzionale e di lungimiranza politica che ci fa ritrovare negli ultimi posti tra le Regioni in Italia. Le ragioni sono tante e complesse: lo status eccezionale di Roma, il suo peso e le sue contraddizioni sul territorio regionale, una visione ristretta all’amministrazione quotidiana e spesso alla pura emergenza, un prevalere di interessi di parte e, a volte, personali.

In questo contesto, il Terzo Settore è cresciuto e si è radicato nel tessuto civile ed economico della Regione come ha potuto, tentando di interpretare bisogni, di sperimentare proposte di welfare, salute, integrazione sociale e modelli educativi, di tutelare i diritti dei consumatori così come i diritti dei deboli, di confortare e accompagnare vite dolenti, di salvaguardare l’ambiente e lo sport non agonistico e, non ultimo, di promuovere la legalità. E ciò senza una legge quadro che permettesse una coerente azione di indirizzo e di azione, senza una chiara definizione dei ruoli, subendo una invasività della politica locale e una lettura spesso legalistica o formale, qualche volta arbitraria della pubblica amministrazione.

Siamo cresciuti e di questo si è avvantaggiata la cittadinanza e la qualità civica e partecipativa dei cittadini che hanno trovato possibilità di auto-organizzazione per fronteggiare i loro bisogni profondi. Siamo cresciuti anche senza leggi e regole di indirizzo in una devastante difformità di comportamento degli enti locali,  così come delle ASL.

Secondo l’Istat nel Lazio negli ultimi dieci anni siamo cresciuti del 33.5% come numero di organizzazioni e del 42,8% come numero di addetti rappresentando il 5,6% della forza lavoro regionale, anche se non siamo pagati per i servizi resi e se sono mancati criteri certi e profili professionali per il lavoro sociale.

Nel breve tempo della Sua presidenza abbiamo sentito con fermezza che il clima stagnante era stato messo da parte. Stiamo assistendo finalmente a una gestione corretta dei fondi, a un risanamento dei conti, soprattutto della sanità, a uno sforzo immane per risalire la china portando il Lazio tra le regioni virtuose. Stiamo assistendo a un ripensamento della organizzazione amministrativa e la spinta verso una integrazione socio-sanitaria ne è testimone.

Le notizie di cronaca provenienti dall’indagine della Procura di Roma denominata “Mondo di mezzo” indicano all’opinione pubblica i gravissimi comportamenti e le responsabilità di esponenti di alcune,  pochissime, cooperative sociali. L’indagine che vede la nostra condivisione e consenso fotografa reati e illeciti intollerabili, specialmente perché rivolti verso soggetti deboli.

La stragrande parte della famiglia del Terzo Settore ne è ferita e stupita. È questo il messaggio che vogliamo portarLe: lo stupore e la ferita di tanti operatori sociali, di tante organizzazioni di Cooperazione Sociale, di Associazioni di Promozione Sociale, di Volontariato che sentono in tutto ciò la negazione della loro scelta di vita e il contrario di tutto ciò per cui si sono impegnati e si impegnano quotidianamente.

La Regione Lazio, con lungimiranza ha promosso e sottoscritto un Patto per la Legalità con i soggetti imprenditoriali tra cui anche quelli di Terzo Settore. Alla luce dei fatti emersi, sentiamo l’urgenza di approfondire quel patto, perché vada allargato a tutto il Terzo Settore includendo così Associazioni e Volontariato che possono dare un grande contributo per contrastare quella cultura dell’illegalità nella quale prospera la corruzione e la presenza malavitosa.

È evidente che le responsabilità sono personali, sia nel Terzo Settore che nella imprenditoria, sia nella politica che nella pubblica amministrazione, ma regole chiare e fattive,  pianificazione delle risorse, tempi certi nei pagamenti e comportamenti coerenti, definizione delle competenze, chiarezza degli obbiettivi e controllo e verifica dei risultati, cioè una buona amministrazione, asciugano l’area grigia in cui discrezionalità e cattivi comportamenti allignano. Ci sono molte cose positive a livello legislativo che vorremmo condividere con Lei per accelerare il passo di alcuni provvedimenti, per ipotizzarne di nuovi, per dare un merito ai tanti operatori che con loro sforzo e impegno personale hanno aumentato la qualità di vita nella Regione.

Gianni Palumbo  [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio de Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] Vice presidente regionale AGCI

Roma, 5 febbraio 2015

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Lettera aperta a Ignazio Marino #uno

Caro Sindaco,

Le scriviamo una lettera aperta sulla cooperazione sociale, parte vitale e importante del terzo settore, che ha provato in questi giorni dolore e stupore per le ferite inferte al suo nome provenienti dalle notizie e dai fatti accertati dalla Procura della Repubblica di Roma nell’inchiesta denominata “Mondo di mezzo”.

Dolore e orgoglio per tutta la cooperazione sociale che non ha mai utilizzato tali sistemi, che non ha mai pensato il proprio agire come un “affare” da praticare sulla pelle dei deboli e degli esclusi, che non ha mai praticato la corruzione come un sistema per la soluzione dei nodi nei confronti con la Pubblica Amministrazione e con la politica.

Lei rappresenta il vertice dell’organizzazione territoriale che permette la libertà di agire dei cittadini nei processi amministrativi e la legittimità delle scelte economiche della comunità. La legalità e la trasparenza degli atti di Roma Capitale, sono il presupposto della convivenza e della partecipazione democratica dei cittadini romani al governo della città.

Pensi come si deve sentire nell’animo un dirigente, un impiegato, della Sua amministrazione, onesto e diligente, appassionato del proprio lavoro, della propria funzione pubblica – ne conosciamo tanti che onorano il Comune da Lei rappresentato – quando scopre che un proprio collega, nello stesso servizio, svolgeva una funzione ambigua o disonesta. E si ritrova confuso, nell’immaginario dei cittadini o nella comunicazione, in un unico insieme di sospetto e malaffare.

Lei sa che la cooperazione sociale opera in questa città da quarant’anni, già prima della creazione della legge 381/91. In questo lungo periodo è stata un punto di riferimento culturale, di promozione politica, di libertà e tutela dei diritti dei deboli, insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale. Quindi non vogliamo essere confusi con gli errori profondi compiuti da alcuni suoi dirigenti.

Oltre mille cooperative sociali insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale producono assistenza alle persone e inclusione lavorativa di soggetti fragili.  Nella regione Lazio, decine di migliaia di soci/lavoratori, operatori sociali, incontrano centinaia di migliaia di cittadini/utenti, spesso i più deboli, raggiunti quotidianamente, incontrati, confortati, accompagnati nelle loro vite.

Chiediamo quindi con forza di non essere confusi con scelte illegittime o illegali di alcuni, di pochi, che emergono dall’inchiesta. Le cooperative sociali oneste, corrette, competenti, la stragrande parte, sono le prime danneggiate da questi episodi, così come tutte le realtà di terzo settore.

La Sua scelta di presentare alla città un nuovo profilo nella Giunta allontanando ogni possibile contiguità con questo fenomeno malavitoso, aprendo una nuova fase nell’organizzazione amministrativa e negli indirizzi dell’ente locale, anche in attivazione della nuova Città Metropolitana, ci vede al suo fianco.

La Sua scelta di affidare una grande responsabilità all’assessore Danese per le politiche sociali – una personalità conosciuta da tutti nella città, competente e illuminata, una operatrice sociale, una dirigente nazionale del terzo settore – ci ha sollevato l’animo.

Alcune delle cause che hanno generato le gravissime violazioni vanno ricercate nella tendenza, sempre più frequente nell’amministrazione, a operare nell’emergenza ripetuta, oltre all’assenza di pianificazione e la mancata selezione dei migliori.

Le chiediamo quindi un incontro al più presto, insieme all’assessore Danese, per rilanciare le relazioni tra Roma Capitale e la cooperazione sociale, per approfondire la correttezza delle relazioni amministrative, correggendo storture che con evidenza si sono prodotte e riaffermando la dignità del lavoro sociale nella città anche attraverso un grande progetto di qualità urbana e inclusione sociale

Noi, come cooperazione sociale e forum del terzo settore ci costituiremo parte civile nel dibattimento che seguirà a tutela dell’onorabilità delle cooperative sociali e dei soci/lavoratori.

Noi abbiamo già iniziato una riflessione interna sui sistemi di selezione degli associati e dei dirigenti.

Noi non faremo sconti a nessuno in rappresentanza e tutela di una storia che ha reso più vivibile la qualità della vita nella nostra e nella Sua città.

In attesa di un Suo riscontro, porgiamo distinti saluti.

Forum Terzo Settore Lazio

Gianni Palumbo [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio De Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] [Vice presidente regionale AGCI]

Roma, 26 gennaio 2015

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Sergio Mattarella giura da Presidente della Repubblica: il testo del discorso

La corruzione in Italia ha raggiunto livelli inaccettabili» ha detto il nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento davanti alle Camere riunite. «La corruzione – ha proseguito – favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci». Forte anche il riferimento di Mattarella alla lotta alle mafie. «Allarmante – ha detto – è anche la diffusione delle mafie in luoghi diversi da quelli tradizionali». «Dobbiamo incoraggiare e sostenere l’attività della magistratura e delle forze dell’ordine» che combattono corruzione e mafia. «Per sconfiggere la Mafia – ha detto il presidente – serve una moltitudine di persone oneste e capaci»

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Nelle periferie, come a Kobane, si vince o si perde

Mafia, corruzione, integralismo islamico, razzismo, disoccupazione sono i fronti della guerra che si combatte nelle periferie.
Come ha dichiarato il primo ministro francese la guerra nelle periferie la vinciamo quando lì cesserà l’apartheid.
Come ha capito Renzo Piano è nelle periferie il terreno per vincere la sfida dell’economia.
Quando il comune di Roma ha gestito il 90 % degli appalti a chiamata diretta vuol dire che nelle amministrazioni locali non c’è più legalità.
E se non c’è legalità, attraverso la corruzione, entra mafia.
Se entra la mafia significa che non c’è più democrazia perché i rapporti politici di scambio vengono gestiti non per favorire il rilancio dell’economia ma per spolpare le risorse pubbliche a favore di chi garantisce il mantenimento di un sistema di potere, di fatto, criminale.
E’ questa ormai l’analisi della situazione delle forze sane dei territori.
Ed è chiaro che i prossimi passi saranno fondamentali per gettare le basi per un cambio di paradigma che non può che avvenire ad opera di chi già nei territori concretamente opera per la risoluzione dei problemi e per il rilancio delle prospettive economiche.
In questa partita chi opera su questi fronti non trova nelle istituzioni alleati ma ostacoli, ostracismi, sordità.
Ormai è chiaro che solo con la costruzione di una rete strutturata tra le tante realtà che quotidianamente affrontano le problematiche dei territori si potrà costruire una credibile alternativa al collasso totale di istituzioni marce.
Non c’è più tempo da perdere: occorre costruire la mappa delle buone pratiche per riempire lo spazio della città ormai vuoto di progettualità e di capacità gestionale.




Raffaele Cantone: “Corruzione, non la sconfiggeremo mai davvero del tutto, si può solo limitarla”

 

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l presidente dell’Anticorruzione: “Orlando fa bene a non sottovalutare il fenomeno. Positive le decisioni del governo su Expo, voto di scambio e autoriciclaggio”

di LIANA MILELLA 


ROMA – Un aggettivo per definire la corruzione in Italia?

“Stabile e duratura”.

L’anno in cui non ci sarà più?
“Mai. Non riusciremo mai a sconfiggerla del tutto perché nessuno degli Stati moderni ne è indenne”.

Non è la triste ammissione di una sconfitta?
“Assolutamente no, perché l’obiettivo è ridimensionarla nei limiti fisiologici “.

È questa l’analisi del presidente dell’Authority Anti-corruzione Raffaele Cantone.

Corruzione “intollerabile” dice Orlando. È il solito slogan della politica per coprirsi le spalle?
” Ho letto integralmente il suo intervento. Quella definizione è inserita in un’analisi di contesto che mi pare assolutamente corretta. E comunque la condivido”.

Parlare male della corruzione i questi tempi non è un modo per sgravarsi la coscienza?
“È vero il contrario. È coraggioso non sottovalutare il fenomeno. Chi è al governo di solito lo fa, invece quella di Orlando è un’analisi giusta”.

Davvero pensa che ci vogliano 10 anni per far calare gli indicatori della corruzione?
“Ho volutamente esagerato. La prevenzione non è un processo i cui risultati si apprezzano subito. La prevenzione non è un arresto. Ci vorranno meno di 10 anni. Ma la politica deve capire che non può usare la logica della trimestrale di cassa… I problemi complessi hanno bisogno di soluzione complesse e di tempi non brevi”.

Non le pare che il governo, a parte la sua nomina, sia terribilmente in ritardo nelle misure anti-corruzione? Se ne parla, ci si vanta, ma non si approva nulla…
“Non sono d’accordo. Sono state fatte cose importanti. È stato rafforzato il potere del mio ufficio in modo significativo, sono stati messi in sicurezza i lavori dell’Expo, tant’è che l’Ocse è venuto a Milano e ha apprezzato i nostri controlli e vuole esportarli. Sono stati approvati voto di scambio e autoriciclaggio. È un pezzo di un percorso, ma Renzi ha promesso altri poteri per noi e c’è il pacchetto di Orlando… “.

…Non è un pannicello caldo portare da 8 a 10 anni la pena massima della corruzione e lasciare il resto com’è?
“Nella lotta alla corruzione, più che aumentare pene, preferisco approvare il nuovo codice degli appalti. Bisogna smetterla di pensare che i problemi si possano risolvono mettendo mano al diritto penale”.

Guardi la prescrizione… siano ai primissimi passi. E già si litiga sulla norma transitoria.
“Questa riforma è ineludibile, quanto meno per i reati di corruzione, perché si tratta di correggere un errore della ex Cirielli che ha ridotto a metà i tempi della prescrizione”.

Deve valere o no per i processi in corso?
“La faccenda non mi entusiasma. Sarebbe utile se le nuove regole potessero valere per i processi in corso, ma sarebbe un segnale importante anche se valessero per il futuro”.

Falso in bilancio, le soglie, il guazzabuglio sulla delega fiscale. È un grande pasticcio.
“Parliamoci chiaro, una cosa sono i reati tributari, un’altra i falsi in bilancio. Sono due delitti completamente diversi. Nei primi il danneggiato è il fisco, per cui è irrilevante il livello di ricchezza di chi evade ai fini del danno, al massimo potrà essere un’attenuante avere un reddito più alto. Nel falso in bilancio invece il danneggiato è la fede pubblica, l’esatta esposizione della situazione economica di una società. Di conseguenza é chiaro che, entro certi limiti di tolleranza, lo spostamento dal vero può anche essere non punibile. Ma la percentuale non può essere molto elevata e soprattutto non convince che ci sia un pezzo di perseguibilità a querela”.

Se la corruzione è “intollerabile ” perché premiare chi non paga le tasse?
“Reputo giusto che nei reati tributari ci sia una soglia al di sotto della quale il giudice penale non deve intervenire, non stabilita in percentuale, ma fissa e uguale per tutti i cittadini. Al di sotto il fatto resta sanzionato in via amministrativa “.

Gli evasori non meriterebbero di restar fuori dalla vita pubblica? Ma qui si discute di agibilità politica per Berlusconi….
“Bisogna uscire dalla trappola di guardare ogni norma con la lente dell’utilizzabilità per l’ex premier. Ne esistono di non corrette a prescindere da lui. L’evasione fiscale è un reato grave e merita una stigmatizzazione sociale rilevante. È necessario un cambiamento culturale”.

Milano e Roma, Expo e Mafia capitale. Chi sta peggio?
“All’Expo si sono verificati fatti molto gravi, ma c’è stata una prevenzione antimafia e anticorruzione che sta funzionando. Mafia capitale ha colto tutti di sorpresa. Se un sistema corruttivo poteva essere immaginato, l’ampiezza accertata e il coinvolgimento della mafia sono un pugno nell’occhio”.

È normale che non si commettano reati solo se c’è il commissario?
“Non lo è affatto, ma è il segnale che pezzi delle istituzioni stanno provando a mettere in sicurezza gli appalti. C’è una parte del sistema sana, che vuole essere garantita”.




Dopo Mafia Capitale il Terzo Settore deve produrre innovazione sociale

Alcune cooperative sociali sono coinvolte in “Mafia Capitale” e l’opinione pubblica tende ora a identificare il mondo del non profit come luogo del malaffare e della criminalità organizzata. Sarà lunga e faticosa la strada da percorrere per restituire la reputazione al brand del Terzo Settore. Non si tratta solo di scartare qualche mela marcia ma di produrre un cambiamento che riguarda tutti. Mutare regole e comportamenti.  Come è potuto accadere che i servizi sociali destinati ai più deboli diventassero il terreno privilegiato del fenomeno mafioso? Come mai alcuni dirigenti di cooperative son potuti diventare protagonisti di un intreccio malavitoso così ripugnante con esponenti della pubblica amministrazione e con bande criminali? Cos’è che non funziona nel mondo del sociale? Per rispondere a questi interrogativi il 21 gennaio si svolgerà a Roma l’Assemblea del Forum del Terzo Settore del Lazio. Sarà l’occasione per aprire una riflessione a tutto campo nel mondo del non profit su quanto è venuto fuori con l’inchiesta giudiziaria. E, nel contempo, l’avvio della ricerca di soluzioni sui servizi sociali delle periferie di Roma.

Il comitato scientifico del Forum ha predisposto una traccia di discussione, i cui punti sono i seguenti:

1. Quanto è successo a Roma è frutto di un intreccio mafioso tra funzionari pubblici e dirigenti di cooperative (per lo più sociali) basato sulla realizzazione di servizi pubblici.

2. Perché si può parlare di mafia? Quali valori negativi emergono? Quali contromisure possono essere prese (sia di breve che di medio periodo)?

3. In prima analisi si può affermare che: nella nostra società non si è mai fatto nulla di davvero efficace per promuovere il merito, che potrebbe essere antidoto contro la corruzione. Non basta richiamarsi al merito, ma si deve stabilire come lo si vuole perseguire. La corruzione non si estirpa solo con la repressione. Forse anche a causa di un’ipertrofia normativa, si ricorre troppo spesso a procedure d’emergenza che eludono gli iter di garanzia (sia le normative nazionali che quelle comunitarie, recentemente rimodulate). Si è in assenza di una progettazione condivisa tra gli attori in gioco e la pubblica amministrazione in un quadro programmato e di ampio respiro. Servono iniziative capaci di prevenire il diffondersi della mafia, attraverso il ricorso alle istituzioni e ai corpi intermedi. Servono iniziative finalizzate a dare le adeguate garanzie e protezione a chi ricorre alla giustizia. La mafia si diffonde con più facilità dove c’è povertà, l’Italia per certi aspetti è un paese sottosviluppato. Per invertire la tendenza, il non profit e l’innovazione sociale possono avere un ruolo estremamente importante. Sarebbe utile avviare un percorso d’ascolto sia interno al Forum che rivolto alla società. Così come non si può demonizzare tutto il Terzo Settore per colpa di alcuni casi, non si può neanche affermare che tutto ciò che si trova nel Terzo Settore sia necessariamente sano. Si deve valutare caso per caso avvalendosi dei giusti strumenti interni ed esterni. Serve maggiore trasparenza nella gestione delle organizzazioni non profit. Questa potrebbe esser perseguita ad esempio anche con strumenti tipo bilancio sociale, certificazione di terzi, ecc. Il Forum Terzo Settore (FTS) Lazio si deve dotare di una “Carta dei valori” e ogni organizzazione aderente vi si deve conformare redigendone una propria; dopodiché il FTS-Lazio deve raccogliere tutte le “Carte dei valori” e gli Statuti degli aderenti.

4. Si invita a riflettere su: quale deve essere il ruolo del Forum Terzo Settore? Si deve intervenire sulle singole organizzazioni o su quelle di rappresentanza? Così come è attualmente configurata, la vigilanza funziona? Lo strumento della revisione è sufficiente e/o adeguato? Il FTS-Lazio potrebbe supportare dei progetti territoriali pilota da realizzare in alcune periferie romane per promuovere: la partecipazione, la coesione, lo sviluppo locale, la legalità e l’integrazione? Si possono individuare delle politiche regionali e nazionali che diano un orizzonte d’investimento al Terzo Settore e che rimettano al centro dell’economia dei servizi la valorizzazione della cittadinanza come spazio comune politicamente sano? Si può sviluppare una politica sociale basata sull’aiuto diretto a soggetti che con la propria libera preferenza scelgano i servizi (standardizzati e certificati) di cui fruire?  L’uso dei voucher può essere uno strumento per limitare la corruzione?

È da augurarci che su questi temi si sviluppi un dibattito intenso con l’apporto di tutti i protagonisti del Terzo Settore: dirigenti, operatori e utenti. Ma senza chiuderci nel nostro mondo. Bisognerebbe coinvolgere le periferie di Roma e l’insieme dei sistemi locali in modo intersettoriale e interdisciplinare. Solo in questo modo la diagnosi potrà essere veritiera e la cura potrà produrre risanamento e innovazione sociale.

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