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Fotografia, al Macro Testaccio un viaggio tra le periferie di Roma

Si intitola Oltre le mura di Roma la mostra fotografica, che dal 21 gennaio al 10 marzo sarà visitabile al Macro Testaccio – La Factory di Roma. Più di 150 scatti sulle periferie di Roma dei vincitori del concorso fotografico lanciato dai Global Shapers a fine 2015, accanto ai reportage d’autore sulle periferie realizzate in esclusiva dai fotografi Stefano De Luigi, Davide Monteleone, Angelo Turetta, Tommaso Protti e lo stesso Francesco Zizola.

Storie che raccontano la periferia della capitale con sguardi differenti e in diverse direzione. Una storia per immagini di un non-città, di spazi talvolta lontani, sconosciuti non solo ai turisti, ma anche agli stessi romani, dove tuttavia l’isolamento dalla vita che caratterizza il cuore, la parte più centrale di Roma, ha fatto in modo che si creassero invece delle vere comunità. Oltre le Mura di Roma nasce quindi per ridare voce alle periferie romane e raccontare la realtà, spesso trascurata o incompresa, della vita, delle storie e delle persone che le abitano. E’ un viaggio emozionante tra il disagio e le peculiarità di questi luoghi, tra le borgate e i mostri dell’edilizia, dove possono essere colti comunque bagliori di bellezza.

Il progetto, selezionato al meeting annuale del World Economic Forum a Davos come esemplare utilizzo dell’arte come motore di cambiamento sociale, è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Roma e ha ricevuto il sostegno di Coca-Cola, Acea, IED Roma e Enel.

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Il Mitreo Iside partner dell’evento “Nea Life”

macrofactory

Venerdì 16 gennaio il MitreoIside è partner dell’evento  “NEA LIFE”  presso il Macro Factory in Piazza Oreste Giustiniani 4, Testaccio. L’Associazione neaPOLIS, attiva da vari anni nel mondo della cultura a Roma, organizza l’evento per celebrare il 5° anno di attività e presentare il progetto  “Una rivista di giovani per i giovani”.

Programma
18.00 – Apertura del MACRO Factory al pubblico
19.30 – Finissage opere in mostra pittori e fotografi con aperitivo a buffet
21.00 – Presentazione delle attività di neaPOLIS per il progetto IDEE CREATIVE
21.15 – Sfilata di moda stilista Marina Mucci
21.45 – Premiazione delle opere in mostra
21.55 – Estrazione premi
22.00 – Ringraziamento sponsor
22.30 – DJ Set 01.00 – Conclusione
Nel corso della serata opere pittoriche e fotografiche di numerosi talenti emergenti del panorama romano ed italiano si avvicenderanno misurandosi sul tema “RIGENERAZIONE” e “ROMA NASCOSTA”, a cura del critico d’arte Viviana Vannucci. In mostra anche opere e la performance di Pittura Energetica Metodo MelAjna®, dell’artista e direttrice artistica del Mitreo Arte Contemporanea, Monica Melani.  https://www.facebook.com/events/690598944383579/?fref=ts

Oltre ai finissages delle mostre di pittura e fotografia avrà luogo anche la sfilata di un’artista unica nel suo genere: Marina Mucci dell’Ass. cult. “BDC” che presenterà i suoi abiti, creati esclusivamente con materiali riciclati.
La partecipazione prevede un contributo di 10€ che servirà a cofinanziare il progetto “Una rivista di giovani per i giovani”.

INVITO RETRO

La festa continuerà a ritmo di musica fino a notte inoltrata.
Per i più piccoli, è previsto un servizio di mini club curato dal Girotondo di Nene.
Non è obbligatoria la prenotazione, ma si consiglia di prenotare in lista al 320 22 84 368 o di inviare una email a: associazione@neapolisroma.it
Evento sponsorizzato da Banca Mediolanum
Partners: A.N.L.E.P. , Assoc. YES COM, Ass. spazioALLarte, Ass. BDC, Ass. culturale Il Tenzoniere, Jeam Pierre & CoInvestment, Studio 13, Associazione Culturale MitreoIside.
MOSTRA ARTE “RIGENERAZIONE” a cura di Viviana Vannucci
Claudio Burei, Andrea Zauli, Mario Corinthios, Maria Pia Saccinto, PierAngelo Tieri, Andrea Pacini, Mario Crinthios, Raffaella Capannolo, Bella Dora, Valerio Scapazzi, Monica Melani, Maria D’Allora, Santo Caglioti, Luigi B. Gregorio, Franco Pirzio, Enrique Hernandez, Sara Lafigliola, Manfred Zylla
MOSTRA “ROMA NASCOSTA”: Ezio Nocera, Michela Petti, Cristina Giorgio, Francesca Raineri.




Roma Street Art Festival 2014, si parte da Garbatella

avanguardieurbanefestival_d0Con l’opera dello street artist tedesco Clemens Behr,  realizzata sull’edificio Atac – Dco Garbatella, si inaugura Avanguardie Urbane Roma Street Art Festival 2014, ideato e promosso dalle associazioni 999Contemporary e Roam e curato da Stefano S. Antonelli.

L’opera di Clemens Behr, 27 anni di Coblenza,  ha come supporto l’intero edificio Atac, accanto alla fermata Metro Garbatella. Si colloca nello scenario visivo che include il nuovo ponte che collega il quartiere Ostiense e Garbatella e il gazometro, simbolo della Roma “moderna”. Realizzata come un flusso continuo di astrazione geometrica dal respiro monumentale, mette in opera un concetto che sta a cuore a questo festival: l’emancipazione e la trasposizione della street art dal “muro” all’intera architettura urbana.

Avanguardie Urbane Roma Street Art Festival 2014 porterà a Roma, da marzo a luglio, oltre 30 tra i migliori street artist internazionali e italiani e promuoverà Roma a capitale europea della street art. Gli interventi degli artisti sul contesto urbano riqualificheranno alcuni quartieri e diversi centri nodali e storici della vita cittadina.

Il Festival culminerà con due grandi eventi realizzati in collaborazione con Roma Capitale e Macro – museo d’arte contemporanea di Roma: una conferenza internazionale sul futuro panorama visivo delle città, presso la sede museale di via Nizza, e una grande mostra ad ingresso libero al Macro Future di Testaccio, che da giugno ad agosto vedrà protagonisti i più importanti artisti francesi e italiani in un percorso comparato tra i linguaggi della street art di nuova generazione.

L’assessore capitolino ai lavori pubblici e alle periferie, Paolo Masini, ha dichiarato: “L’opera di Clemens Behr rappresenta un intervento interessante e significativo in quel percorso partecipato e creativo di scoperta e valorizzazione della ‘grande bellezza’ delle nostre periferie su cui stiamo lavorando in questi mesi. Un edificio ‘di servizio’, anonimo, cambia volto, generando un meccanismo virtuoso di riappropriazione visiva, ma anche culturale e sociale, dello spazio e del contesto pubblico. Da Garbatella ad altre zone delle nostre periferie, sta nascendo un percorso di ascolto e di espressione dei quartieri: un percorso che coinvolge molte realtà giovani della nostra città, e che porterà nei prossimi mesi alla riqualificazione di tante zone delle nostre periferie proprio a partire dall’arte di strada“.

La manifestazione ha avuto il patrocinio di: Ambasciata della Repubblica Federale Di Germania; Municipio VIII Roma Capitale; Assessorato ai Lavori Pubblici e Periferie Roma Capitale; Assessorato Mobilità e Trasporti Roma Capitale.

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La sedia elettrica dell’assessore. Lettera aperta a Flavia Barca

"una scatola vuota"

Una lettera aperta sul passato prossimo, sul presente indicativo e sul futuro condizionale del Macro. Scritta dall’artista e critico Gian Maria Tosatti. E ci auguriamo che l’assessore al Comune di Roma, Flavia Barca, non tanto risponda, piuttosto si attivi.

A vederla sbagliare tutte le mosse vien da pensare che la coerenza non sia, per forza, un valore. Si parla dell’assessore Flavia Barca, ascesa al soglio culturale romano priva di quei meriti e di quelle medaglie conquistate sul campo che si pretenderebbero da chi ambisce a gestire il più vasto patrimonio culturale concentrato in una sola città del pianeta Terra. La responsabilità della nomina, invero, sarebbe del sindaco Marino che, non avendo visione, si è fatto indirizzare, alla vecchia maniera, dagli equilibri di maggioranza (salvo poi ritrovarseli contro). Tuttavia, farebbe piacere talvolta ascoltare un “domine non sum dignus” da parte di chi avrebbe più la ragionevolezza che l’umiltà di non assumersi compiti riguardo ai quali non tarderà a dimostrarsi inadeguato.
Sarebbe stato fin troppo duro se questo mio commento fosse giunto all’indomani della nomina, ma dopo circa nove mesi di paralisi dell’amministrazione su tutto ciò che attiene alle arti, ho la coscienza a posto nell’esprimere, senza sconti, la mia opinione di tecnico.
Il mio, in realtà, non vuol essere un attacco, ma un contributo. All’assessore Barca consiglio, infatti, di cuore, di fare quel che in questi mesi non ha avuto la sensibilità di fare, ossia di uscire dal proprio ufficio e andare a conoscere approfonditamente tutte le realtà culturali buone e cattive, virtuose o parassitarie che compongono la complessa cosmologia della cultura romana. Facendolo, forse, capirà qual è la strada per superare un immobilismo che in tempi di crisi è doppiamente colpevole sia sul piano economico che politico.
La ragione che oggi mi porta a scrivere nel merito di questo tema, dopo aver disertato il dibattito culturale della mia città per mesi, è stata la lettura di un’intervista, apparsa sulCorriere della Sera, proprio all’assessore Barca, in cui si parla di un ruolo importante di Enel nella futura gestione del Macro.
Se, infatti, una pecca c’è stata nella gestione del Macro in tutti questi anni, è stata proprio l’eccessiva interferenza di soggetti privati (gallerie o aziende), e dei loro interessi, nella programmazione del museo. Una interferenza che, in virtù di un contributo economico, finiva per essere libera da ogni vincolo scientifico nella scelta delle opere e dei progetti, arrivando a risultati grotteschi, come quello di scambiare un museo d’arte contemporanea per un lunapark. Finché non marcirà, il Big Bamboocontinuerà a gridare vendetta a quel cielo che sembra trafiggere ogni giorno con le sue canne al vento. Come anche i tappetoni elastici attualmente montati nel cortile, che avrebbero meglio figurato al Luneur che al Macro. E quando è andata meglio, invece che in una giostra, l’Enel ha trasformato il Macro in un giardino botanico, come fu per l’installazione delle farfalle di qualche anno fa. Inutile dire che se si volevano portare le farfalle al Macro, sarebbe bastato fare quel che fece Gagosian Roma con Damien Hirst, una piccola mostra che allora batté il museo 10 a 0.

Doug e Mike Starn, Big Bambú - MACRO Testaccio, Roma 2012

Doug e Mike Starn, Big Bambú – MACRO Testaccio, Roma 2012

In ogni modo, il problema è molto semplice ed è bene che lo si dichiari: a Enel, oltre all’arte contemporanea, verso cui ha mostrato in questi anni un lodevole interesse,  piacciono anche molto le giostre e i parchi divertimenti. Bene, direte voi, l’importante è che non si faccia confusione con le due cose. Se l’intento ludico piace, abbia l’amministrazione la bontà di dare all’ex Ente Nazionale per l’Energia Elettrica la gestione del vecchio lunapark dell’Eur, non del Macro.
Un museo d’arte contemporanea è un’altra cosa. È una infrastruttura strategica per la civiltà di un popolo, non un luogo di svago. Lo si lasci in povertà piuttosto che agghindarlo con ridicole baracconate. Lo si lasci nella povertà in cui l’arte non ha mai avuto difficoltà di fiorire, una povertà dignitosa che esalta l’intelligenza e la creatività.
Esempi non ne mancano proprio a Roma. Mi verrebbe da citare il Teatro Valle, che però, pur capace di una programmazione notevole, è reo di non aver ancora mai proposto un convincente piano di gestione economica che possa mettere a tacere le critiche strumentali, superando nei fatti e non solo nelle intenzioni la fase dell’occupazione. Ma ancor più calzante è l’esempio del MAAM, citato qualche giorno fa con le stesse intenzioni da Giuseppe Gallo in una lettera scritta a La Repubblica. Stiamo parlando di un museo creato senza un euro, solo con la passione e la serietà divGiorgio de Finis e con la collaborazione di tutta la scena artistica romana. Un museo senza soldi ma con molte idee e soprattutto con una grande consapevolezza di quale debba essere oggi il rapporto fra arte e società. La cultura come strumento reale di superamento dei conflitti che quotidianamente dilaniano il tessuto civile di una metropoli cresciuta male come Roma, è stata la bandiera di questa iniziativa finita addirittura sulNew York Times.
Di fatto il MAAM è già il museo d’arte contemporanea della città. Se non altro perché è l’unico museo che vive nella contemporaneità, divenendo elemento dialettico e altamente politico, che trasforma e migliora, che generà comunità e dialogo non solo tra chi l’arte già la apprezza o la fa, ma soprattutto tra coloro a cui l’arte può realmente aprire mondi. Ecco perché al MAAM nessuno dice mai di no, me compreso, anche se non ci sono soldi.
Se l’assessore (alla cultura, ribadisco) avesse, nella sua necessità di conoscenza e monitoraggio, seguito l’esempio di Pasolini e avesse girato “per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone” in cerca delle energie già attive nella sua città, e se fosse passata magari anche per la Prenestina, dove si trova il MAAM, forse le sarebbe venuto in mente di portare quell’esperienza periferica (che però sta girando il mondo) nel cuore stesso delle istituzioni culturali, per cambiarle, per svecchiarle, per riattivarle. Ammetto di aver augurato alla mia città di avere Giorgio de Finis alla direzione del Macro. E penso che, se l’assessore avesse avuto un po’ di intelligenza politica, avrebbe capito che quella sarebbe stata una mossa capace di farle stringere un patto con la scena culturale romana, dando sostegno alle attività migliori di un tessuto culturale che comunque continua a evolversi con o senza la benevolenza delle istituzioni. Sarebbe stato certo un patto temporaneo, in attesa che il museo diventi una fondazione autonoma capace di darsi una governance e di trovare un direttore tramite un vero concorso internazionale. Il patto, invece, l’assessore pare abbia premura di stringerlo con Enel, facendogli trasformare il Macro in quello che rischia di diventare un museo aziendale. Una mossa coerente, come si diceva in apertura, con quanto fin qui si è avuto modo di vedere, ma una mossa radicalmente sbagliata.

Carsten Höller, Double Carousel with Zöllner Stripes - MACRO, Roma - courtesy Enel Contemporanea e l'artista

Carsten Höller, Double Carousel with Zöllner Stripes – MACRO, Roma – courtesy Enel Contemporanea e l’artista

Non si pensi a chi scrive come a qualcuno contrario alla presenza dei privati nella gestione delle risorse pubbliche. Ma si badi bene che è essenziale non rovesciare l’ordine dei valori se si vuol operare con profitto. Non è la presenza di sponsor a decidere la prosperità di un museo. È la qualità della proposta artistica a portare prestigio all’istituzione ed è a seguito di tale prestigio culturale che si generano rapporti solidi di fiducia con sponsor e donatori. Se c’è una progettualità di qualità, d’eccellenza e, diciamolo pure, d’avanguardia (che in un museo d’arte contemporanea non guasta), allora Enel – che è un’azienda fatta di teste pensanti – avrà tutto l’interesse a partecipare comunque, a dare il suo contributo in termini economici, avendone in cambio la necessaria visibilità. E così sarebbe anche per i collezionisti, che potrebbero impreziosire con prestiti e donazioni una collezione che attualmente non è degna nemmeno di un museo di provincia. Ma ragionare all’inverso, pensare prima agli sponsor e poi (di conseguenza!) ai progetti rivela una condotta ingenua, miope, che nessuna comunità culturale potrà mai appoggiare.
L’assessore può certamente fare il suo Macro a dispetto della città come ha fatto fin qui, trasformandolo in un museo senza arte e senza artisti. L’arte continuerà a farsi altrove. Non è mai stato un problema. Ma quando un amministratore viene “mollato” dalla sua comunità di riferimento, qualcuno vuol forse dirmi in virtù di cosa quella comunità dovrebbe continuare a pagargli lo stipendio? Glielo paghi Enel.

Gian Maria Tosatti

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“Siamo pentiti di aver fatto eleggere Ignazio Marino”. Il mondo della cultura romano in rivolta dopo il Palladium-gate di Romaeuropa

"una scatola vuota"

Antefatto di cui vi abbiamo già parlato: la Fondazione Romaeuropa – che organizza a Roma uno dei più prestigiosi festival di teatro contemporaneo a livello nazionale – è stata impossibilitata per i tagli a continuare ad utilizzare il Teatro Palladium, di proprietà dell’Università Roma Tre, dove allestiva una stagione teatrale aggiuntiva al festival. Sono arrivate Regione e Comune che, belli belli, hanno messo sul piatto un “progetto di rilancio” che è sembrato a molti solo un blitz per sfilare la struttura alla Fondazione. Con tanto di hashtag dedicato (#Laversionediromaeuropa), pompato giorni prima sui social network, la Fondazione ha deciso di dire la propria sulla faccenda nella sua sede romana.
Una folla notevole, inaspettata forse. Una folla carica di energia e di voglia, ha detto qualcuno, una folla triste e sempre più sfiduciata, ha sottolineato non senza ragione qualcun altro. Al di là dei problemi attorno al Palladium, il tema è politico e generale. Ed è emerso da molti degli interventi della conferenza aperta che la Fondazione Romaeuropa ha organizzato nella sua sede romana: “cosa vuole fare il Comune di Roma sulla cultura? Quali sono i progetti sugli spazi, sulle strutture, sui contenitori culturali e sui loro contenuti?”. Questo il mood. Purtroppo a domande legittime, non esistono risposte concrete. Da mesi. E un mondo come quello della cultura, specie se di alto livello, che si confronta sul palcoscenico internazionale, se rimane senza risposte e nell’incertezza, perde autorevolezza. E se perde autorevolezza nei confronti di partner e competitor mondiali, muore. “Il Comune di Roma si sta rendendo conto che questo atteggiamento uccide talenti, strutture, sacrifici e anni di costruzione di una narrazione e di un prestigio?”. Non si sa.
Restano i fatti che sono abbastanza inconfutabili, anche se ci piacerebbe essere smentiti fin da domani. Il Macro fermo, qualche teatro ripartito dopo mesi di agonia. AltaRoma – se parliamo di moda – annichilita dall’immobilismo dell’amministrazione. Le Biblioteche in ambasce. La Soprintendenza ferma ai box in attesa di Soprintendente.
E allora giù, è inevitabile, con le richieste di dimissioni per l’assessore comunale alla cultura Flavia Barca. Giù anche con chiavi di lettura pesanti secondo le quali non ci sarebbe “un disegno o chissà quale macchinazione dietro a tutto ciò, solo incapacità. Questa storia è la fotocopia di quel che è successo a noi” per dirla con l’ex direttore del Macro Bartolomeo Pietromarchi, applauditissimo. Fino ad arrivare a Monica Scanu, candidata croppiana (a proposito, l’ex assessore era in prima fila) che da candidata consigliera comunale ha raccolto voti a favore di Ignazio Marino durante le elezioni amministrative nell’ambito di un accordo Croppi-Marino ad oggi completamente disatteso: “mi sento pentita di aver sostenuto il Sindaco”, ha dichiarato la Scanu, “non mi rivedo in quello che sta succedendo. Sono davvero afflitta”. L’allegro chirurgo, insomma, si starebbe giocando il consenso di chi lo ha sostenuto strenuamente contro Alemanno, se ne rende conto?

Fabrizio Grifasi, capo di Romaeuropa assieme a Monique Veaute, ha sottolineato come al Teatro Palladium non ci sia nulla da rilanciare perché si rilanciano, semmai, le cose in crisi. Qui i dati erano tutti in salita, fuorché quello del sostegno pubblico. Non è un problema di contenuti né di lamentele (forse eccessive in questa circostanza, anche con derive completamente fuori asse della serie “spostiamo gli spettacoli all’ex Mattatoio” gentilmente offerto da Roberto Grossi, neorettore dell’Accademia, oppure grida belluine tipo: “occupiamo il Palladium”), è un problema di comunicazione (il mondo della cultura non riesce ad avere una interlocuzione serena con il suo assessore, e questo deve cambiare) ed un problema di risorse. Che non ci sono più, non ci saranno più, saranno sempre meno in mancanza di rivoluzioni gestionali che sarebbero alla portata – sia a livello nazionale che locale – ma che invece non vengono neppure contemplate. “Budget zero per il 2014 al Palladium? Non è vero”, tuona l’assessoreFlavia Barca, spiegando che “i capitoli a budget zero, in questa fase durante la quale il bilancio non è stato ancora neppure discusso, sono tantissimi, ma ciò non significa che poi non si riusciranno a trovare risorse”. Okkay, assessore, ma vi siete impossessati di un teatro due minuti dopo di chi ha dovuto rinunciare a gestirlo, stremato dalle insicurezze finanziarie. “Non è andata così. Romaeuropa ha dichiarato l’impossibilità di organizzare la stagione prossima, i padroni di casa dell’Università Roma Tre – il teatro è il loro – hanno manifestato la volontà di non chiudere la struttura, la Regione si è fatta avanti con un progetto orientato sulla formazione e io ho partecipato a questa presentazione, dicendo che, per qualsiasi iniziativa volta a salvare lo spazio, il Comune c’era come interlocutore”. E Romaeuropa? “Ma nessuno ha detto che Romaeuropa non possa far parte del prossimo progetto sul Palladium. Tra l’altro io ho sempre difeso e considerato valido il loro progetto, lo scorso anno complessivamente gli abbiamo dato 750mila euro a fronte dei 950mila euro dell’anno precedente, un taglio molto inferiore rispetto ad altre realtà”. Decisione troppo precipitosa di Grifasi e dei suoi, dunque, o melina insostenibile da parte del Comune? In entrambi i casi occorre rendersi conto che l’offerta cultura della città ci sta rimettendo. Dai musei, alle biblioteche, alla moda, ai festival. Necessario per l’assessore Flavia Barca cambiare passo e aggredire il problema con un atteggiamento differente rispetto a quello adottato fino ad oggi.

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