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Exodus – Dei e Re ( Exodus: Gods and Kings)

mosedi Ridley Scott. Con Christian BaleJoel EdgertonJohn TurturroAaron PaulBen Mendelsohn. Gran Bretagna, USA, Spagna 2015.

Mosè (Bale), nipote del faraone Seti (Turturro) si prepara a guidare una spedizione contro gli ittiti a fianco del cugino Ramses (Edgerton) e l’indovina di corte (Indira Varma) predice che uno dei due giovani salverà la vita all’altro e diverrà re. Mosé salva Ramses e, al ritorno, il faraone (che preferirebbe lui come successore, piuttosto che il figlio), si convince a mandarlo ad indagare in una provincia, dove il corrotto viceré Hegep (Mendelson) sovrintende con metodi disumani al lavoro di migliaia di schiavi ebrei. Qui Mosè smaschera le malversazioni del notabile e viene avvicinato dal rabbino Nun (Ben Kingsley), che gli rivela che lui non è figlio della sorella di Seti, Bitia (Hiam Abbas), che, invece, lo aveva raccolto dal Nilo dove la madre lo aveva nascosto insieme alla sorella maggiore Miriam (Tara Fitzgerald), rimasta a corte come ancella. Mosè è turbato ma non gli crede (le spie del viceré, intanto, avevano sentito tutto) e torna alla reggia in tempo per assistere alla morte di Seti e all’incoronazione di Ramses. Hegep, portato al cospetto del faraone per essere giustiziato, rivela ciò che le sue spie avevano sentito e Ramses chiede, al cospetto di Mosè, a Bitia e a Miriam se la storia che ha sentito sia vera e, quando sta per tagliare un braccio alla serva, Mosè, per salvarla, conferma tutto. La madre di Ramses, Tuya (Sigourney Weaver), vorrebbe che fosse condannato a morte ma il figlio lo esilia nel deserto. Qui lui, dopo essere sopravvissuto a varie insidie, arriva nel villaggio dello sceicco-pastore Jetro (KIevork Malykian) e, poco dopo, sposa la di lui figlia Zipporah (Maria Valverde), dalla quale ha un figlio, Gershom (Hal Heweston). Un giorno, travolto da una frana, vede accanto a sé un bambino, Malak (Isaac Andrews) che lo sprona ad andare a liberare il suo popolo. Mosè capisce che il fanciullo è la voce di Dio e parte per Menfi. Qui va dal faraone e cerca di convincerlo a liberare gli ebrei ma, per tutta risposta, questi vengono perseguitati ferocemente. Malak , che solo lui può vedere, gli comunica che sta per scatenare terribili piaghe sugli egiziani ed ecco i coccodrilli che, divorando i pescatori, arrossano di samgue il Nilo, le rane, le cavallette, la grandine, le malattie e la carestia che devastano il regno del faraone. Questi però non è intenzionato a cedere e allora Malak comunica a Mosè (che ne è inorridito: quello è stato pur sempre il suo popolo per anni) che farà morire tutti i figli primogeniti degli egiziani. Tra questi c’è anche il bambino di Ramses che, distrutto dal dolore, acconsente a lasciare liberi gli ebrei, che in quattrocentomila partono per la terra promessa oltre il Mar Rosso. Sul mare sono raggiunti dalle truppe del faraone ma Dio prosciuga le acque per farli passare, scatenandole poi sugli armati egiziani. Giunto sul monte Sinai, Mosè incide le tavole della Legge e poco dopo, alle soglie di Canaan muore lasciando la guida del popolo a Joshua (Aaron Paul).
Nel 1956 Cecil B. DeMille, maestro del colossal, diresse I dieci comandamenti, remake del suo film muto del ’23 e fu subito capolavoro. Scott è regista ben diverso: raffinato e discontinuo, alterna titoli di fondamentale valore, (I duellanti, Blade runner, Thelma e Louise) , film di notevole impatto (Alien, Black rain, Il gladiatore) a pesanti flop (in particolare gli ultimi due: Prometheus e The counselor). Qui è andato sul sicuro, mettendo insime la scenografica storia di Mosè e il prestigioso Bale ma, a differenza del semplicistico DeMille, ha dato alla messa in scena dell’Esodo la sua intellettuale visone laica: Mosè è spesso attraversato da dubbi e il suo rapporto con Dio (non a caso incarnato in un antipatico ragazzino) è anche conflittuale, Bale, peraltro, non è stato a caso il problematico Batman- cavaliere oscuro dell’ultima trilogia ed è ben diverso dal granitico Hesto/ Ben Hur i cui unici rovelli erano di natura narcisistica. Exodus è certamente un buon film ma le ingenue e un po’ rozze certezze di DeMille ancora affascinano (riproposte dalle televisioni almeno una volta all’anno) gli spettatori. In fondo, questa è la miglior controprova della riuscita di un colossal.




Cinema abbandonati: nuovi “fantasmi urbani” di Roma

cinemaL’indifferenza distrugge le sale storiche della capitale
“Fantasmi urbani”. Così 120 studenti della facoltà di Architettura della Sapienza hanno definito 13 dei tanti cinema abbandonati di Roma, in questi mesi oggetto di una serie di video-inchieste in cui vengono esaminate le varie problematiche che hanno portato sale storiche, veri e proprio presidi culturali, alla chiusura.
“Si mira soprattutto a sensibilizzare gli enti preposti alla salvaguardia di veri e propri monumenti di architettura moderna”
In giugno la facoltà di Architettura della Sapienza di Roma ha affidato agli studenti del corso di laurea in gestione del processo edilizio, guidato dal professor Silvano Curcio, il compito di organizzare un censimento sui cinema abbandonati della capitale. I 120 studenti del primo anno, suddivisi in 13 gruppi di lavoro, hanno scavato nella storia di questi motori culturali ormai caduti nel dimenticatoio, raccogliendo informazioni dagli archivi pubblici e privati, diffuse sul web o contenute nelle biblioteche, arricchendole con delle testimonianze video dei cittadini. Delle 50 sale abbandonate individuate ne sono state scelte 13: Sala Troisi, Cinema Paris, Metropolitan, Volturno, Cinema Airone, Puccini, Augustus, Africa, Apollo, Avorio, Missouri, Impero, Quirinale.
Come spiega il professor Silvano Curcio si tratta di “veri e propri monumenti di architettura moderna”, per cui “con questa video inchiesta si intende portare alla conoscenza di tutti la triste situazione in cui riversano questi edifici, che hanno segnato la storia dei quartieri in cui si trovano, ma soprattutto si mira a sensibilizzare gli enti preposti alla loro salvaguardia sperando che facciano qualcosa al più presto per impedire la loro estinzione e conversione in sale scommesse o bingo, distruggendo tutta la loro importanza storica, architettonica e socio-culturale”.
Che fine fanno i cinema a Roma?
Indignazione, nostalgia, voglia di ritrovare un luogo di aggregazione sociale sono i sentimenti che emergono dalle interviste che gli studenti della Sapienza hanno svolto sul territorio. Dai cinema più noti, come il Metropolitan, a pochi passi da piazza del Popolo, a quelli “di quartiere”, come il Puccini, il problema che emerge è lo stesso: la scarsa volontà di enti privati o pubblici di investire per riqualificare pezzi storici della capitale. Molti dei cinema abbandonati hanno origine nel periodo mussoliniano, quando la proiezione di un film rappresentava in tutto il mondo un momento culminante di aggregazione sociale. Lo era il Puccini, unico divertimento del quartiere di Casalbertone che, nato tra gli anni Quaranta e Cinquanta, chiuse negli anni ’60 per diventare uno dei tanti fantasmi urbani di Roma, raggiungendo il culmine del suo degrado nel 2001 quando le forze dell’ordine vi scoprirono un deposito di motorini urbani. Nonostante l’edificio sia di architettura anonima, esercitava una grande capacità attrattiva e le tante associazioni del territorio ne chiedono quanto meno la sua messa in sicurezza.
E che dire dell’ex cinema Induno, nel 1997 rinominato in onore dell’attore Sala Troisi? Chiuso lo scorso anno, mantiene vivi i ricordi di chi lo definisce il cinema “dei bambini e dei cartoni animati”, pieno di ragazzi soprattutto a Natale, un cinema popolare accessibile a tutti. O ancora del cinema Metropolitan, sito in via del Corso, di cui gli abitanti intervistati ricordano con piacere quando la sala proiettava molti film in lingua originale e il cinema si riempiva di stranieri che vivono a Roma. Auspicando per questo spazio una ridestinazione d’uso sempre in ambito artistico, come potrebbe essere un laboratorio teatrale, oggi devono tuttavia rassegnarsi a vivere in un centro storico pieno di negozi, ma senza un punto di ritrovo, di cultura.
Contro tale prospettiva c’è chi si è opposto, ha reagito. Si tratta degli occupanti del Cinema America che l’autunno scorso hanno manifestato tutto il loro diniego per il progetto di trasformazione del locale in una palazzina residenziale, trasformando il cinema in un vivace centro culturale, ricco di iniziative. Tramite offerta libera, per esempio, chiunque può entrare per vedere uno spettacolo, principalmente cineforum. Così come l’idea della biblioteca-sala studio: un aperitivo che si tiene ogni giovedi il cui ingresso si paga con un libro, di modo tale da permettere la creazione di una lista di volumi che possano permettere, soprattutto agli studenti della zona, di usufruire di questi spazi per studiare e leggere.
Un esempio dalla Francia
Tra gli intervistati, chiamati a raccontare i loro ricordi sul Cinema Paris, un ambiente culturale in tutti i sensi, un luogo, a detta del proprietario Alberto Francesconi, “dove c’erano beni culturali e si faceva attività culturale”, uno studente francese in Erasmus spiega come la Francia ha cercato di sviluppare un approccio alla cultura nel quale gli interessi economici vengono messi in secondo piano rispetto a quelli culturali. Gli enti locali hanno la possibilità di finanziare i centri culturali, in particolare i cinema, che altrimenti non riuscirebbero ad essere autosufficienti. Ad esempio pratico, nel 2003 il comune di Parigi ha deciso di acquistare il cinema Le Luxor, conservandone il ruolo di cinema di quartiere, sotto la spinta della mobilitazione da parte delle associazioni del quartiere, iniziata due anni prima. Perchè il comune di Roma non potrebbe fare altrimenti con i suoi cinema storici, invece di lasciarli al degrado ed aggiungere alle sue tante rovine altri “fantasmi urbani”?
Sabrina Valentini
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