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L’agricoltura sempre più «urbana» Così il lavoro dei giovani è green

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I bandi di Regione Lazio e Comune di Roma per l’assegnazione di 430 ettari di terre pubbliche incolte agli under 40. Coldiretti: potrebbero nascere 6.500 imprese nel Lazio

L’Expo 2015 riporta in primo piano l’agricoltura e la sostenibilità territoriale. Una vera rivoluzione verde, un’ondata di ritorno alla terra sostenuta dalla crisi dell’economia che lascia a casa un giovane su due. Ma anche un’occasione per parlare in modo nuovo di agricoltura e mostrare quanto è lontana l’idea comune del contadino col cappello in testa: oggi si punta sui servizi, sulla prossimità del verde alle città e alle metropoli, alla conservazione della biodiversità. Il tutto sostenuto dalla scienza e dallo studio, fondamentale pilastro dell’agricoltura 2.0. Per anni, decenni, il lavoro nei campi è rimasto lontano dalle scelte dei ragazzi. Oggi invece le iscrizioni alle facoltà di agraria segnano il boom, e l’Istituto agrario di Roma ha triplicato il numero di iscritti negli ultimi dieci anni.

La Regione affida 330 ettari

Ed ha avuto ottimi risultati anche il bando «Terre ai giovani» per l’assegnazione di 330 ettari di terre pubbliche del Lazio. «Abbiamo ricevuto 118 domande, 118 piani aziendali – spiega Antonio Rosati, commissario straordinario Arsial- Una bella soddisfazione, anche perche’ era da 40 anni che nel Lazio, ma anche in Italia, non si mettevano a bando delle terre pubbliche per incrementare un settore, quello dell’agroalimentare, che oggi rappresenta un fattore molto importante di sviluppo».

Il bando del Comune di Roma

Una tendenza confermata anche dalla decisione del Comune di Roma di lanciare il primo bando per l’assegnazione di 100 ettari di agro romano (tutte terre pubbliche incolte) ad agricoltori under 40. Un bando che ha risposto concretamente alle richieste alla petizione lanciata su Change.org dalla cooperativa Coraggio e dalle associazioni Terra!Onlus e daSud (che aderiscono al Coordinamento Romano Accesso alla Terra) che in sole due settimane ha superato le 10.000 firme. «È un primo passo concreto per contrastare le speculazioni edilizie e ogni tipo di uso illecito del patrimonio pubblico, compresa la svendita, e che riconosce il valore dei beni comuni, soprattutto di quelli non riproducibili come la terra» affermano la cooperativa Coraggio, e le associazioni Terra!Onlus e daSud.

«L’accesso alla terra e il diritto al lavoro»

Sono quattro le prime aree (tutte comprensive di un casale e di un manufatto rurale da recuperare) che saranno assegnate ai giovani: Borghetto San Carlo, tenuta Cervelletta, tenuta Redicicoli e Tor de Cenci, per un totale di 100 ettari di terreno. «Borghetto San Carlo è il luogo simbolo che avevamo individuato per reclamare l’accesso alla terra, la tutela ambientale e il diritto al lavoro – spiegano i promotori della petizione – Il bando crea le condizioni per una gestione virtuosa che tenga conto degli squilibri sociali da ridurre, su cui un’amministrazione pubblica è chiamata a dare risposte». E l’amministrazione Marino ha promesso anche altri 500 ettari di terreni dopo l’estate.

 6.500 nuove imprese nel Lazio

L’assegnazione ai giovani delle terre pubbliche incolte è stata favorita dal governo Monti che in un decreto ha previsto la privatizzazione dei 338mila ettari di terreni agricoli di proprietà dello Stato, con la prelazione a favore degli under 40. Una legge che svecchierà l’agricoltura italiana (la più vecchia d’Europa insieme al Portogallo) e che, secondo Coldiretti, potrebbe portare alla nascita di 43 mila nuove imprese in tutta Italia e ben 130 mila nuovi posti di lavoro. Ben 6.500 aziende potrebbero crescere nel Lazio, la regione che ha le maggiori possibilità di “radicare” la sua crescita con la green economy. E non si tratta solo di coltivazioni, magari bio: le novelle aziende agricole sono “multifunzionali” e uniscono la vendita diretta alle fattorie didattiche, l’agriturismo all’asilo. Servizi alla città sempre più richiesti dalla città. L’unico problema, finora, è stato l’accesso alla terra.


CARLOTTA DE LEO (roma.corriere.it)

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DA CORVIALE RIPARTE L’UTOPIA DI PERIFERIE UMANE

AgriculturalUrbanism2Da simbolo di degrado a segnale di riscossa: le periferie diventano il fulcro della partita per il rilancio economico/sociale.

Il là l’ha dato Renzo Piano pianocon l’ovvia e semplice constatazione che nelle periferie c’è lo spazio e il bisogno del cambiamento urbanistico.

Ed è dalle periferie che può partire la grande chance delle smart city, le città dal volto umano che aiutano a salvare l’ambiente producendo nel contempo benessere, servizi, occupazione e cibo a km zero.

E’ questa la partita che può aiutare Renzirenzi a lanciare il grande piano keynesianokeynes che immagina per riaccendere l’economia e l’occupazione: partire dai bisogni dei cittadini più disagiati per costruire una macchina urbanistica  e amministrativa che offra risposte in termini di servizi e di vivibilità.

Scuole e ricerca, innovazione e green economy: questi i cardini di un “rammendo” delle periferie delineato da Piano.

Non a caso sono le stesse parole d’ordine del consorzio di associazioni che con corviale_domani_11 ha da tempo impostato un progetto complessivo di rigenerazione del Quadrante di Corviale.

Un consorzio che si è confrontato con urbanisti, amministratori, economisti, ricercatori senza perdere mai il contatto con le esigenze di servizi e sicurezza degli abitanti.

Ritrovare le ragioni dell’utopia significa proprio questo: coniugare il rilancio urbanistico/economico con i bisogni dei cittadini.

L’articolo di Francesco Erbani su REPUBBLICAdel 27 maggio “Basta costruire, gli architetti ora rigenerano” non a caso parte proprio dai progetti su Corviale dell’architetto Daniel Modigliani modiglianicommissario dell’Ater di “aprire il pian terreno e installarvi servizi e altre attività e per consentire il passaggio dalla strada agli orti che sono alle spalle dell’edificio, così da alimentare le relazioni con il quartiere.” Un’idea quindi di interazione tra la città del cemento e la campagna dei 1.200 ettari di parco del Quadrante da sempre propugnata da Alfonso Pascale pascaledi Corviale Domani con la realtà delle Fattorie Sociali che proprio il 6 giugno s’incontrano al Forum del Terzo Settore per la costituzione di una rete cittadina anche in previsione dell’Expo 2015 dedicata all’alimentazione. expoErbani su Corviale prosegue con  Modigliani: “Sul tetto sono previsti verde e impianti per la raccolta dell’acqua e il risparmio energetico” riprendendo il progetto del prof. Stefano PanunziAnnuncio-partenza-Corviale dell’Università del Molise tante volte propugnato nei due Forum che la direttrice del servizio di Architettura del  Ministero dei Beni Culturali Maria Grazia Bellisario

The Making of / Artisti al lavoro in tv

ha promosso con Corviale Domani.Last but not least il progetto di rigenerazione di Corviale sarà il 2 giugno alla trasmissione “I visionari” di Corrado Augias.augias

Quale auspicio maggiore per far ripartire da Corviale l’utopia di periferie umane.

Tommaso Capezzone




Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata della Terra

giornata-mondiale-della-terra-2014Quest’anno al centro dell’Earth day c’è il tema delle “green cities”. A fare emergere questo tema sono state le innumerevoli iniziative di agricoltura civile nelle aree periurbane e metropolitane che promuovono le persone, i beni relazionali, il capitale sociale, la cittadinanza attiva.

Queste forme di agricoltura hanno forti potenzialità di espansione nelle città perché concorrono a rafforzare e riqualificare i servizi alla persona e a promuovere modelli innovativi di welfare in grado di ridurre il disagio sociale, combattere le antiche e nuove povertà e rigenerare le bidonville.

La crescita della popolazione urbana si accompagna all’espandersi dell’esclusione sociale e delle disuguaglianze. Ma, nello stesso tempo, la vecchia contrapposizione centro/periferia che caratterizzava le città del passato, è sostituita da nuove polarità.

I territori metropolitani non sono più contrassegnati distintamente da città e campagna, ma da un continuum urbano-rurale, una rurbanizzazione che è frutto di un tessuto sociale dinamico come molteplicità dialettica di sistemi, reattiva e policentrica.

Gli imprenditori agricoli insediati nelle campagne urbane spesso provengono da altri settori o sono stati spinti a impegnarsi in agricoltura per sfuggire al disagio delle città e ritrovare il proprio equilibrio nel rapporto con gli altri e con la natura. Hanno, pertanto, sviluppato capacità e competenze nel mettere a valore i beni relazionali.

E’ per questo che nelle aree periurbane e metropolitane si va manifestando un’attenzione crescente alle fattorie sociali e agli orti urbani che s’intrecciano con la nascita di luoghi di ritrovo interetnico e di attività di aggregazione per i giovani coi loro tipici concerti e la loro musica.

Le persone che provengono da esperienze urbane s’incrociano con le comunità di immigrati che popolano le periferie e tentano percorsi condivisi di inclusione.

Nelle città stanno, inoltre, nascendo mercati civili dei prodotti alimentari (farmer’s market, gruppi di acquisto solidale e forniture di mense collettive con prodotti locali) e si creano inedite sinergie di tali economie coi percorsi turistici, culturali, archeologici e ambientali nelle aree protette.

Tali interazioni avvengono ancora in forme spontanee, non sono riconosciute e rimangono a volte in forme latenti. Eppure potrebbero avere un potenziale enorme qualora queste fossero poste al centro di percorsi di sviluppo locale capaci di generare occupazione e welfare produttivo e di contribuire alla rigenerazione urbana mediante la cura del verde, sia negli spazi aperti che nei grandi insediamenti abitativi (dall’accrescimento del patrimonio arboreo alla realizzazione di orti sui tetti).

Si tratterebbe di attualizzare l’antica idea di bonifica integrale come processo perenne e contestuale di trasformazione territoriale e di rigenerazione del tessuto comunitario – abbandonando ovviamente ogni risvolto dirigistico e utopico del passato – da declinare, mediante l’utilizzo diffuso delle nuove tecnologie, come bonifica della crosta urbana.

E’ ormai sempre più palese che le trasformazioni territoriali nelle aree metropolitane difficilmente si possono programmare e pianificare con gli strumenti utilizzati finora.

Si potrebbero però accompagnare con percorsi partecipativi condivisi in una logica di sussidiarietà e fondati sulla conoscenza.

In sostanza, ci vorrebbero nuovi occhi perché gli spazi aperti, quelli edificati, le attività non vanno più visti come entità rigide, separate e monofunzionali, ma andrebbero scomposti e ricostruiti in modo polivalente. I singoli soggetti e i gruppi che li compongono non vanno più separati per categorie e ingabbiati in determinati interessi specifici. Si tratterebbe di cogliere la molteplicità e, al contempo, l’unitarietà dei bisogni degli individui, ricomponendone i frammenti.

Anche i baraccati delle bidonville non vanno considerati un mondo a parte ma persone come tutte le altre che hanno bisogni identici a quelli espressi dalle altre. A tutti gli individui vanno messe a disposizione le opportunità per prendere coscienza di se stessi come individui e poter procedere alla propria liberazione.

Le agricolture civili hanno bisogno di competenze e professionalità multidisciplinari e devono poter disporre di spazi bonificati e restituiti all’attività agricola e di edifici funzionali ai nuovi ruoli. Così un welfare innovativo dismette le forme assistenzialistiche del passato per generare esso stesso – in forme imprenditoriali – ricchezza e occupazione.

Le campagne urbane e le periferie del mondo non sono tutte uguali. Pesa la variabilità storica. Ed è per questo che potranno meglio cogliere le opportunità della globalizzazione se acquisiscono la capacità di autorappresentarsi e costruire la propria immagine per evitare sia i rischi di omologazione (una sorta di ineluttabile e permanente problema di funzionamento dei grandi aggregati urbani) che la deriva delle chiusure identitarie (spesso con rigurgiti neo-protezionistici e autarchici).

Si tratta di considerare le campagne urbane e le periferie del mondo come risorse da valorizzare, integrando culture diverse e combinando continuamente attività in più settori e soggetti sociali di diversa estrazione e provenienza, legati tra loro da relazioni di tipo collaborativo. Ma questo è possibile se si esaltano la diversità e il pluralismo, ricercando le sinergie e le complementarità, e se si parte da una forte capacità delle periferie urbane di avere una chiara percezione di sé per fare in modo che gli scambi culturali ed economici con altre periferie del mondo globale siano reciprocamente arricchenti e improntate ad una relazionalità collaborativa.

Le arti e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono svolgere un ruolo cruciale. Possono, infatti, alimentare la capacità delle reti locali e le comunità-territorio, che stanno nascendo nelle campagne urbane, di costruire in modo creativo la propria immagine e di riscoprire in modo permanente il Genius loci come processo culturale di autocoscienza e di apertura agli altri.

Alfonso Pascale




Serata di finanziamento delle fattorie sociali alla casa del popolo di torpignatara

1abSi sono presentate una serie di esperienze di agricoltura sociale, giovani che hanno intrapreso questa scelta di vita mossi da una consapevolezza di un modello di sviluppo diverso che privilegi la vivibilità, la salute, la condivisione con la natura e i suoi ritmi. Presente anche chi ha fatto il cammino inverso tornando in città per creare un gruppo di acquisto solidale con cui distribuire i prodotti di piccoli produttori attenti alla qualità e alla biodiversità. E’ in questa chiave di rete e di scambio solidale che Alfonso Pascale,   lo studioso dell’agricoltura sociale, ha concluso bisogna costruire un nuovo modello di rapporti sociali non più basati sullo scambio economico ma sulla condivisione di valori e di progetti comuni.