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Corviale, al Teatro Mitreo arrivano i padri dell’economia

Il Meetup “Amici di Beppe Grillo Roma XI” ha organizzato un incontro di presentazione del best seller “Sei lezioni di economia”. Oltre all’autore del saggio, partecipano accademici ed economisti.
I padri dell’economia arrivano a Corviale. Grazie agli “Amici di Beppe Grillo” del Meetup Roma XI, al Teatro Mitreo è stato organizzato un appuntamento in grado di mettere insieme cultura ed approfondimento scientifico.

L’INIZIATIVA – Sabato 29 ottobre, in via Mazzacurati sarà infatti presentato il libro “Sei lezioni di Economia”. Una sorta di best seller della divulgazione economica, che ripercorre la storia dell’economia moderna a partire da Adam Smith, passando per Ricardo e Marx fino ai marginalisti e a Keynes: nel suo linguaggio chiaro e con un taglio prettamente divulgativo, l’autore Sergio Cesaratto, offre numerosi spunti di riflessioni sulla crisi odierna e su una serie di argomenti importanti come Euro, Unione Europea, politiche della crescita e del lavoro.

GLI OSPITI – All’incontro, che si svolgera in via Mazzacurati 61, oltre all’autore prenderanno parte Alberto Bagnai, saggista e professore associato di politica economica presso l’Università D’Annunzio di Pescara. Sarà presente anche il professor Gennaro Zezza, associato di economia politica presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, già impegnato nel programma di ristrutturazione del debito durante il periodo della crisi greca.

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Economia sociale: chi guida il processo?

Clean energy won’t save us”, così esordiva un articolo apparso sul quotidiano The Guardian qualche giorno fa, “only a new economy system can” chiudeva il pezzo, riproponendo un tema per certi versi classico, ma che è da declinare in uno scenario mutato sia in termini di opportunità che di rischi. Le opportunità sono legate alla disponibilità di tecnologie che consentono di produrre energia da fonti rinnovabili. I rischi derivano invece alla mancata o parziale affermazione di modelli di consumo autenticamente “equi e sostenibili”.

In parole povere: possiamo riempire i tetti delle nostre case di pannelli solari continuando comunque a consumare come abbiamo sempre fatto, cioè troppo e in modo diseguale. Il ragionamento si potrebbe generalizzare anche ad altre infrastrutture che, in teoria, possono abilitare modelli economici e di sviluppo in grado di affermare un nuovo paradigma, sia perché hanno una chiara connotazione alternativa rispetto al modello dominante, sia perché hanno i numeri per farlo, in termini di diffusione, impatto economico, capacità di influenzare le politiche.

L’articolo e altre prese di posizione similari sono utili perché contribuiscono, tra l’altro, a evidenziare i “nervi scoperti” nell’evoluzione recente dell’economia sociale e solidale. Sì perché è chiaro che da qualche tempo il “sociale” esonda fuori dagli schemi politico-culturali e giuridico organizzativi entro i quali è stato elaborato, diventando un elemento di valore conteso da una pluralità di soggetti: gli enti pubblici per risolvere il deficit (crescente) di partecipazione democratica e soprattutto l’economia capitalista per correggere le esternalità negative (ambientali e sociali) recuperando legittimità presso i propri “portatori di interesse”.

Rimangono invece poco chiare le conseguenze che investono il vasto e articolato campo popolato da attori variamente denominati: terzo settore, nonprofit, impresa sociale, ecc. Un dettaglio non da poco considerando la rilevanza di questi ultimi soggetti e soprattutto la ancor più rilevante crescita della domanda di socialità, relazione, coesione che si manifesta nella nostra società: dal nuovo civismo dei beni comuni che alimenta la rigenerazione di immobili e spazi pubblici, alla “nuova distribuzione organizzata” dei gruppi di acquisto. Una sfida importante che si riscontra anche all’interno di importanti riforme normative in fase di implementazione.

La nuova legge quadro sul terzo settore appena approvata (l. n. 106/2016) definisce anche in termini giuridici un comparto ampio e variegato (associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, fondazioni ecc.) che fino ad oggi era solo un concetto a uso di ricercatori e addetti ai lavori. Ma potremmo aggiungere anche altri dispositivi come la norma sulle “società benefit” inserita nella legge di stabilità 2016 rivolta alle imprese di capitali intenzionate a gestire in modo più stabile e continuativo la loro azione sociale incorporandola nei processi produttivi e non relegandola in iniziative di responsabilità sociale ispirate a una logica filantropica e redistributiva.

Esiste quindi uno spettro, se non ancora reale certamente potenziale, più ampio e variegato di attori impegnati nella produzione e redistribuzione di valore sociale. Per questo può essere utile non tanto delineare lo scenario prossimo venturo, ma piuttosto evidenziare le ambivalenze che caratterizzano una fase ancora molto fluida dove i diversi attori sono chiamati a ridefinire i loro schemi di cooperazione / competizione.

Ora sono la guida di nuove politiche pubbliche e di strumenti finanziari che fanno leva sull’investimento

La prima ambivalenza è generata dalla nuova asset class di strumenti finanziari di tipo “pay for success”, dove l’investimento delle risorse – sia nell’allocazione che nel ritorno – è guidata da indicatori di impatto sociale che, nelle intenzioni dei promotori, misurano non solo gli scostamenti rispetto a obiettivi progettuali e profili organizzativi predefiniti, ma piuttosto catturano elementi di valore multidimensionale e ad ampio raggio: beneficiari (diretti e indiretti) delle attività, contesti socio economici di riferimento e, non da ultimo, sistemi di regolazione e di policy. Una sperimentazione in tal senso è stata avviata dalla Regione Sardegna che ha istituito un fondo di social impact investing a favore di iniziative di inserimento lavorativo di fasce deboli della popolazione.

Otto milioni di euro riconvertiti da risorsa redistributiva (fondi strutturali europei) a investimento sociale, sostituendo i tradizionali contributi in prestiti, capitale di rischio e obbligazioni legati alla performance sociale misurata guardando alla capacità di reinserimento attivo nel mercato del lavoro. Prove tecniche per l’adozione ad ampio raggio di strumenti che remunerano, in forme e modi diversi, l’impatto sociale capace di generare risparmi nella spesa pubblica.

Una trasformazione rilevante, dopo che per anni queste misure erano considerate valori immateriali non catturabili se non da specialisti del settore innamorati del loro lavoro e desiderosi di comunicarli a chi invece rispetto a questi stessi elementi faceva, letteralmente, “orecchie da mercante”. Ora invece sono la guida di nuove politiche pubbliche e di strumenti finanziari che fanno leva non sulla redistribuzione, ma sull’investimento delle risorse e che interessano, per evidenti ragioni, una parte sempre più consistente della finanza mainstream.

La seconda ambivalenza viene invece da quella che è – o dovrebbe essere – una delle principali industrie del Paese cioè il turismo. Sempre più spesso, infatti l’incontro domanda-offerta in questo ambito avviene attraverso siti e portali che, come affermano gli esperti, disintermediano le classiche catene di fornitura, mettendo direttamente in contatto utente e fruitore attraverso il medium della “collaborazione” (sharing), anzi spesso ibridando i ruoli per cui al tempo stesso si è produttori e consumatori trasformando casa propria in una struttura turistica.

L’aspetto più interessante di questo processo ormai più che maturo e quasi totalmente monopolizzato da quelli che Morozov chiama “i signori del silicio”, è la tendenza a ricercare e a “mettere a valore aggiunto” le relazioni. Tripadvisor, Booking e altri big player sono sempre più alla caccia di startup di turismo esperienziale come potrebbe essere Destinazione Umana che nel suo “catalogo” turistico non ha solo mete intese come luoghi ricchi di attrattori turistico-culturali, ma anche e soprattutto persone disposte a re-intermediare il bene più ricercato per fare qualità turistica, ovvero le relazioni tra le persone e le comunità di riferimento. Quel “gusto degli altri”, come si intitolava un film di qualche anno fa, che fa apparire uno stesso luogo – magari in apparenza non così attrattivo – sotto occhi completamente diversi.

Terza e ultima ambivalenza ce la racconta, anzi ce la rendiconta, Symbola, una fondazione che lavora ormai da tempo sulle qualità che caratterizzano il nostro famoso “made in Italy”. Nel suo ultimo rapporto emblematicamente intitolato Coesione è competizione emerge non solo che queste qualità sono plurime, legate cioè a fattori intrinseci di prodotti e servizi, ma legate, ad esempio, anche alle competenze del capitale umano e dei sostrati fiduciari che alimentano iniziative sociali ed economiche (ben conosciute e indagate dalla letteratura scientifica e divulgativa sui distretti industriali).

L’aspetto che emerge in modo più rilevate è che tutto questo complesso di risorse che alimenta la coesione soprattutto su scala locale è all’origine della competitività delle imprese in termini economici, occupazionali e di posizionamento nei mercati. Insomma le nostre PMI manifattuiriere, le “multinazionali tascabili” dello sviluppo locale che ci hanno fatto conoscere ricercatori come Aldo Bonomi, Enzo Rullani funzionano meglio se sono più consapevolmente e intenzionalmente “sociali”. Un dato rilevante perché, aggiungiamo, è riferito non a singole esperienze di imprenditori illuminati, ma a performance registrate su campioni rappresentativi e su settori forti della nostra economia: manifattura di qualità, agroalimentare ecc.

Dunque il nuovo sistema economico che avanza è fatto, fra l’altro, di finanza che impatta socialmente, di tecnologia che disintermedia con le relazioni e di economia che ha il suo “core business” negli asset locali? Se è così le organizzazioni sociali come si posizionano in questo quadro? La tendenza immediata può essere quella di segmentare il campo, di tracciare i confini e da additare il “nemico”: il vero sociale, la vera innovazione, ecc. Ma forse è una strategia di corto respiro perché quel che è mutato, nel profondo, è la struttura della società e delle sue articolazioni organizzative.

Una società dove settori sempre più variegati e rilevanti come i giovani millennials, la parte degli esclusi, le nuove forme di socialità sono, come ricorda un interessante articolo apparso su Stanford Social Innovation Review, sempre più “agnostici” rispetto al sociale incorporato esclusivamente nel nonprofit e sono sempre più attratti da un valore che si manifesta e viene rendicontato come impatto (positivo) effettivamente realizzato per i beneficiari di queste iniziative: singoli individui, famiglie, comunità locali.

È importante guardare ai sistemi che governano la distribuzione delle quote di potere e delle risorse generate

Una prospettiva che richiede una maggiore attenzione alla rendicontazione e alla valutazione, facendo in modo che la coesione non sia solo un valore declamato, ma anche reificato in misure ed indicatori come peraltro comincia ad avvenire grazie a modelli come il BES (Benessere Equo e Sostenibile) realizzato in Italia non da un gruppo di attivisti ma, anche questo segno dei tempi, dall’istituto italiano di statistica (Istat).

In secondo luogo è parimenti importante guardare non solo all’architettura formale, ma al concreto funzionamento delle organizzazioni e in particolare dei sistemi che governano la distribuzione delle quote di potere e delle risorse generate. Non è, in parole povere, una questione da diritto societario, ma di management di relazioni complesse e ad ampio raggio che, nel loro insieme, non sono solo da informare e coinvolgere ma da inserire in processi di co-produzione di nuovi modelli di valore.

La vera partita per la nuova imprenditorialità che avanza non sta nel definirsi fuori o dentro il terzo settore, ma nel riuscire ad allargare il perimetro del mercato con nuovi meccanismi di produzione del valore: meccanismi inclusivi e coesivi. L’alba di questa diversità possiamo coglierla nelle 97 start up innovative a vocazione sociale ( di cui 9 cooperative) che segnano, attraverso la tecnologia, una discontinuità nelle attività proposte rispetto alle tradizionali esperienze; una diversità, trainata dalla spinta dei giovani, da assumere come ricchezza e come valore per rigenerare gran parte delle filiere sociali spesso pietrificate dalla rigida cultura della progettazione e delle tariffe.

La partita è aperta e l’economia sociale e solidale ha la possibilità di guidare questo processo e di scegliere il suo ruolo, forte di un’esperienza pluriennale. Un vantaggio non da poco che sarebbe un peccato concentrare nel buco nero di un dibattito autoreferenziale.

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coesione-e-competizione




Un altro social possibile

Se per Freud il retaggio del passato costruisce incrostazioni falde e trabocchetti nell’inconscio, l’odierno tecno-inconscio collettivo si nutre della nostra libidine esibizionistica e voyeuristica.
Ma noi che sappiamo che il tecnico è politico vogliamo destrutturare un modello in cui moltitudini condividono pensieri foto video da cui ristrettissime élite estraggono valore tenendolo tutto per sé.
La teoria base del plusvalore c’insegna che bisogna costruire nuovi modelli di estrazione di valore perché i produttori di senso si riapproprino del frutto della propria creatività.
E’ come se qualcuno avesse messo a disposizione del genio di Van Gogh tele pennelli e colori e in cambio divenisse in automatico possessore e gestore delle sue opere.
Il cambio di paradigma necessita della riappropriazione dei mezzi di produzione da parte di utenti/produttori.
Ora che internet esce dalle nuvole ed entra nelle cose la produzione di informazioni produrrà direttamente oggetti d’uso.
Il salto sarà quindi da consumo ad uso: altro che condivisione.

stampante 3 D che costruisce case

stampante 3 D che costruisce case




Bilancio, con approvazione: Roma riparte sul serio

E’ stata una giornata storica per Roma quella di ieri perchè l’approvazione del bilancio di previsione 2015 da parte dell’Assemblea capitolina, una manovra da 6,318 miliardi di euro che sancisce, dopo quasi due anni di risanamento portato avanti dal Sindaco Marino e dalla sua Maggioranza, un cambio di rotta rispetto al passato e pone le basi per un vero sviluppo della città. – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI

Ereditavamo nel 2013 un Comune sull’orlo del fallimento, con più di 800 milioni di euro di debito che in questi mesi abbiamo risanato grazie ad una azione fondata sulla trasparenza e sul rigore che ha portato finalmente l’istituzione alla legalità contabile approvando, primi tra i Comuni italiani, il Bilancio di Previsione 2015 e, con oltre un anno di anticipo, chiudendo il Piano di Rientro Triennale predisposto dal Governo giungendo così al risanamento finanziario.

Ora la Città può crescere, forte di una solidità finanziaria che le permette di guardare al futuro programmando azioni concrete che si traducono in maggiori servizi e minori tasse ai cittadini, tutela per le classi più deboli, un piano di investimenti di 164 milioni di euro che porterà nuove opere e che risanerà le tante ferite del nostro tessuto urbano.

A titolo esemplificativo, viene alzata da 10.000 euro a 12.000 euro la soglia di reddito che garantirà ad oltre 83.000 cittadini l’esenzione dal pagamento dell’addizionale IRPEF; per la prima volta, dal 1986, diminuisce per tutti la tariffa sui rifiuti dell’1,5% grazie ad un risparmio di 50 milioni di euro frutto di una gestione più efficiente fondata su un aumento della quota rifiuti differenziati (con obiettivo del 50% nel 2015) e un nuovo sistema di gestione del ciclo che ha spezzato il monopolio di “Malagrotta”, dicendo “no” a discariche ed inceneritori ed investando sul porta a porta e su na nuova politica industriale; la famiglia con ISEE al di sotto dei 20.000€ non pagherà nulla per il terzo figlio iscritto alle scuole comunali mentre per ISEE tra i 20.000€ e i 40.000€ la tariffa sarà del 30%.

Risorse pari a 150 milioni di euro sono venute grazie al coraggio dell’amministrazione di rimettere ordine al sistema delle partecipate cedendo quote nelle aziende non strategiche per le finalità che l’Amministrazione deve perseguire come, ACEA ATO2, Aeroporti di Roma, Centro Agroalimentare Romano, il Centro Ingrosso Fiori, la Centrale del Latte il Banco del Credito Cooperativo.
Riprendono poi fiato le strutture dipartimentali che possono contare su risorse aggiuntive grazie all’approvaizone da parte dell’Assemblea capitolina del maxi-emendamento che fa segnare un +7,3 milioni di euro per il Dipartimento Scuola, +9,3 milioni di euro per il SIMU (manutenzioni strade, ponti e gallerie, caditoie), + 4 milioni di euro per il Dipartimento Ambiente mentre anche per quest’anno sarà garantita l’Estate Romana con lo stanziamento di 2 milioni di euro trasferiti al Dipartimento Cultura.

 Una vera opera di rilancio, che non lascia indietro le periferie e coinvolge e responsabilizza i Municipi: si partirà dai luoghi lontani dal centro con nuova illuminazione pubblica fatta a led che interesserà 198 mila punti luce, con un investimento di 47 milioni di euro oltre alla possibilità data ad ogni Municipio di poter decidere e programmare opere manutentive e di rigenerazione urbana contando su un milioni di euro messo a disposizione da questa manovra.

 Con questa manovra e con il percorso virtuoso messo in atto, Roma si candida ad essere esempio di risanamento per tutti i Comuni italiani, mostrando che con il buon governo, con la trasparenza e con il rigore una città può tornare a sperare e a crescere ed i propri cittadini tornare ad essere orgogliosi del luogo in cui vivono.

 




100 anni di Federico Caffè: l’eredità di un maestro e le politiche europee *

 

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Mario Draghi, presidente BCE, ricorda Federico caffè e parla delle misure BCE contro la crisi

<<Ciao Ignazio!>> sussurra Mario Draghi, interrompendo la sua relazione. Era entrato nella sala il governatore della banca d’ Italia Ignazio Visco, in deciso ritardo dalla pausa pranzo. Si accomoda in prima fila, accanto al rettore della terza università di Roma, Mario Panizza, nell’ aula magna della Facoltà di Economia in cui si svolge un convegno importante, in occasione del centenario della nascita di Federico Caffè. Caffè era l’economista per eccellenza, docente universitario, consulente della banca d’ Italia e dei cittadini -come amava definirsi- , che ha fatto perdere misteriosamente le sue tracce ormai 27 anni fa.
La giornata è iniziata poco dopo le 9 ed è terminata nel tardo pomeriggio, perché gli interventi sono stati molti, lunghi e articolati; la maggior parte anche appassionati, al limite della commozione. In cattedra si alternano alcuni tra i più famosi allievi di Caffè e l’impressione che si ha è quella di trovarsi di fronte ai membri del gotha della politica economica italiana, un insieme di menti che hanno determinato e indirizzato le politiche economiche del paese, dietro le quinte. A dimostrazione del clima estremamente amichevole, sembra quasi una rimpatriata, ci sono i saluti, per niente istituzionali ma calorosi tra baci e abbracci e pacche sulle spalle. Nella prima mattinata i relatori analizzano la figura e gli insegnamenti del loro maestro, indicando collegamenti con il presente ed evidenziando la genialità del precursore che è stato Caffè, oltre ai suoi pregi e difetti come persona. Alle 15 fa il suo ingresso nella sala il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi. Quando era studente di Caffè, ricorda la sua capacità di guardare dentro i suoi studenti e provare amore e fiducia verso di loro. I 30 minuti successivi trascorrono con un’ interessante panoramica sulla reazioni della BCE alla crisi del 2008, partendo da quanto la disoccupazione sia degradante e iniqua per l’uomo e per la sua dignità, consegnando i soliti dati allarmanti alla platea studentesca. Rivendica a gran voce le misure, convenzionali e non, che ha adottato Bruxelles: l’abbattimento dei tassi d’ interesse da 1.5% del novembre 2009 allo 0.05% odierno; l’interesse negativo sui depositi della banche nel suo istituto per stimolare il credito e quindi la ripresa, come anche il credito diretto agli istituti di 1000 miliardi a 3 anni. Snodo cruciale del discorso sono anche le misure non convenzionali di politica monetaria: le linee di credito alle banche ad un interesse vicino allo zero per finanziare famiglie e imprese e della direzione presa per arrivare ad una vigilanza unica del mercato bancario culminata con gli stress test di qualche giorno fa. L’ ennesima immissione di liquidità è garantita dall’acquisto di particolari titoli bancari (ABS e COVERED BOND) mirati a trasformare i crediti, di prima categoria, in capo alle banche in liquidità per il sistema economico. La strategia che sta dietro queste misure è una politica monetaria molto espansiva, che vorrebbe far ripartire i consumi e gli investimenti per riportare l’Europa a crescere. Draghi ha parlato della necessità di passare dalla riflessione all’ azione, che però non può essere appannaggio esclusivo della banca centrale, perché se una caratteristica fondamentale dei rapporti economici è la fiducia, quando si parla di nazioni, la riduzione del rischio paese e l’aumento di fiducia dei mercati è una precisa responsabilità politica che corre attraverso le riforme strutturali per la competitività, per un fisco, una burocrazia e un mondo del lavoro più agili e uniformi che però devono garantire chiarezza e soprattutto diritti nel raggiungimento degli obiettivi macroeconomici. Draghi si è sentito più volte solo di fronte alle diverse necessità dei paesi dell’eurozona e alle critiche ricevute specialmente dal fronte tedesco nei confronti del suo operato. Ma l’unione monetaria, ha ribadito nelle ultime battute, non è perdita di sovranità, che viene comunque meno quando lo stato è vittima di un enorme debito pubblico, ma condivisione delle scelte per creare fiducia e forza nelle scelte del lungo viaggio quale è l’Europa. Come sempre il governatore è stato accompagnato dalle polemiche perché ritenuto uno dei responsabili del disagio sociale, mutato ormai tra la gente comune in rabbia, rassegnazione e sfiducia provocato dalle politiche di austerità. Come da copione all’esterno dell’edificio si sono presentati un centinaio di studenti in corteo appartenenti alla rete Link che con il lancio di uova e vernice hanno chiarito qual è il clima di intolleranza verso la figura di Draghi. Ma anche dentro l’aula magna  la tensione si è alzata.
Al termine dell’incontro, mentre il governatore salutava e si dirigeva all’ uscita un giovane ricercatore si è alzato e forte della sua prenotazione per le domande, ha chiesto di poterle rivolgere direttamente al governatore ricevendo come risposta un no categorico con la rassicurazione che qualcun’ altro gli avrebbe dato risposta. Le considerazioni da fare sarebbero molte: in primo luogo durante l’incontro è stato citato Caffè e il suo pensiero riguardo la prepotenza e pericolosità dei poteri forti dell’economia che lui chiamava “incappucciati della finanza”, al suo amore per gli studenti. La domanda per lui era proprio rivolta in questa direzione e vorrei invitare i lettori a riflettere su questo: siamo veramente sicuri che ci sia stato un favoritismo nei confronti del mondo della finanza a discapito dei cittadini o l’austerity deriva dal fatto che le politiche fiscali (spesa pubblica e tasse) non essendo controllabili dall’Europa hanno aperto il terreno alle condizioni durissime di salvataggio della BCE? Una risposta oggettiva è difficilissima da dare. Si può affermare però che l’Europa nel disegno dei suoi padri nasce per tutelare pace e crescita duratura attuando una netta scelta di campo: l’essere umano e i suoi diritti al centro. Se Federico Caffè, scoprendo il cappuccio, potrebbe trovare il suo allievo Draghi questo non è possibile dirlo, ma sicuramente avrebbe combattuto per difendere il capitale umano che in Europa si sta degradando, cercando di salvare le persone dalla povertà e cambiando un sistema finanziario che troppo spesso antepone profitti enormi alla sua missione di pubblica utilità, non imponendo sacrifici impensabili e polarizzazione delle ricchezze per interi popoli.
L’Europa non deve essere un onere finanziario e sociale ma una scelta politica che operi a vantaggio dei cittadini.

Francesco Lomonaco

* Resoconto didattico di uno studente di Economia dell’Università di Roma Tre