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#Spiazziamoli all’ Università Roma Tre

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La gravità e la diffusione dei fatti messi in luce dall’indagine “Mondo di mezzo” della Procura di Roma, rendono urgente una reazione civile e sociale diffusa nella città e nei luoghi della formazione.
Da questa idea nasce “SPIAZZIAMOLI”, una rete di associazioni che scelgono di contrastare le mafie in modo autentico che nella giornata del 6 e del 7 marzo mettono in campo 50 iniziative sul tema di Mafia Capitale all’interno della città di Roma.

Noi studenti e studentesse di Link Roma Tre abbiamo deciso di aderire a SPIAZZIAMOLI perché crediamo sia necessario parlare di contrasto alle mafie anche nelle Università,
perché crediamo che l’informazione e la formazione sul tema rappresentino il primo necessario passo verso un’azione comune, perché la mafia uccide il territorio, accentua le diseguaglianze, saccheggia le nostre risorse e rompere il silenzio sulle mafie significa aprire una discussione pubblica sul futuro di questa città, promuovere la trasparenza nelle amministrazioni locali, promuovere i diritti sociali e civili come antidoto al ricatto dei clan, valorizzare le buone pratiche, per costruire una nuova stagione di impegno profondo, che coinvolga i territori e lavori sui diritti e la partecipazione.
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Per approfondire la tematica, capirne le dinamiche, i protagonisti, e capire come si affronta un fenomeno di tale complessità ne parliamo con

– Lirio Abbate – Giornalista de L’Espresso

– Celeste Costantino – ex portavoce di “Associazione antimafie daSud”

– Marco Genovese – Referente di “Libera.Associazioni,nomi,numeri contro le mafie”

– Prof. Eligio Resta – Filosifa del Diritto, Roma Tre
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L’incontro si terrà

il 6 Marzo alle ore 9.30
in Aula 7
nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre




#Spiazziamoli al Mitreo Arte Contemporanea

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#Spiazziamoli a Corviale

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Aprire una fase costituente della Capitale d’Italia

La proposta di organizzare a Roma, il 6 e il 7 Marzo, “Spiazziamoli”: 50 Piazze Contro le Mafie va sostenuta con convinzione perché è la prima iniziativa concreta con cui la società civile risponde “dal basso” allo scenario gravemente preoccupante emerso con l’inchiesta “Mondo di mezzo” e le altre indagini su ‘ndrangheta e camorra. Si tratta di “riprenderci la città” e ricomporre il tessuto sociale che il sistema mafioso ha disgregato. Deve, tuttavia, essere chiaro il quadro entro cui l’associazione mafiosa ha potuto costituirsi e proliferare: un’estrema debolezza e frantumazione della politica e dell’intera classe dirigente della città, un’impressionante inefficienza, inadeguatezza e farraginosità delle istituzioni locali, una caduta verticale delle funzioni di rappresentanza degli interessi (sindacati, organizzazioni imprenditoriali, terzo settore).   Occorre, dunque, dar vita ad un’opera di lunga lena per creare una nuova classe dirigente e per dotare Roma di istituzioni adeguate per una Capitale. Le due cose devono necessariamente marciare insieme perché l’una tiene l’altra. Si tratta di aprire una vero e proprio processo costituente che deve partire dai cittadini e dalle loro forme associative di base.

Nella Costituzione c’è scritto: “Roma è la Capitale d’Italia. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”. La norma non esplicita a quale categoria di ente locale debba essere ricondotta Roma. Se si segue solo un criterio territoriale si può ricondurre Roma a uno dei livelli territoriali previsti dalla Costituzione: comune, provincia, città metropolitana, regione. Se invece si segue anche un criterio funzionale, la città di Roma è da ricondurre ad un nuovo e diverso ente locale da aggiungere ad essi. Mi sembra che il secondo criterio sia importante alla pari del primo per dare una veste giuridica adeguata alla Capitale d’Italia. Non ci si può infatti limitare alla sola dimensione territoriale, perché lo statuto giuridico della Capitale è connotato da un rapporto di immedesimazione funzionale con la Repubblica e il suo ordinamento.

Se si utilizza esclusivamente il criterio territoriale, quattro sembrano essere le possibilità su cui ragionare: 1) Roma capitale è una forma particolare di comune; 2) Roma capitale è una forma particolare di città metropolitana; 3) Roma capitale è una forma particolare di provincia; 4) Roma capitale è una forma particolare di regione. Se si prendono in considerazione sia il criterio territoriale che quello funzionale, alle quattro possibilità prese prima in esame va aggiunta un’altra ipotesi: Roma capitale è un nuovo ed ulteriore ente autonomo, diverso e non assimilabile a nessun altro.

A quest’ultima ipotesi riconducono criteri di razionalità rispondenti ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, leale collaborazione, efficienza e buon andamento. A me sembra, infatti, del tutto irrazionale la scelta effettuata in questi mesi di creare una città metropolitana di Roma all’interno della quale è ricompreso il comune autonomo di Roma capitale. E questo perché quest’ultimo, in virtù della sua autonomia speciale prevista dalla Costituzione, potrebbe ben possedere poteri e competenze pari, se non maggiori, e comunque confliggenti, rispetto a quelli del “contenitore” in cui è ricompreso.

Così da un lato viene reso vano il ruolo di “supercomune” che dovrebbe svolgere la città metropolitana, in quanto il suo comune principale “sfuggirebbe”, per così dire, al suo controllo; dall’altro viene limitata l’autonomia di Roma capitale che dovrebbe fare i conti, quotidianamente, con la difficile relazione di convivenza con la sua città metropolitana di riferimento. Ne viene fuori un’organizzazione complessivamente inefficiente, inadeguata e farraginosa, tra l’altro completamente esorbitante da un’ottica sussidiaria, che rappresenterebbe l’esatto capovolgimento degli obiettivi prefigurati dal dettato costituzionale.

Si fa ancora in tempo a raddrizzare il processo avviato aprendo una vera e propria fase costituente di Roma capitale. Si tratta di lottare per trasformare i municipi in comuni autonomi e intorno ad essi sollecitare l’iniziativa dei comuni e delle comunità contermini per aderire al processo costituente che deve dar vita al nuovo soggetto istituzionale. Occorre un grande movimento dal basso per dare istituzioni dignitose a cittadini che desiderano vivere in una vera Capitale. “Spiazziamoli” può costituire una prima occasione per far crescere nelle comunità locali questa consapevolezza politica e culturale.

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Aprire una fase costituente della Capitale d’Italia

La proposta di organizzare a Roma, il 6 e il 7 Marzo, “Spiazziamoli”: 50 Piazze Contro le Mafie va sostenuta con convinzione perché è la prima iniziativa concreta con cui la società civile risponde “dal basso” allo scenario gravemente preoccupante emerso con l’inchiesta “Mondo di mezzo” e le altre indagini su ‘ndrangheta e camorra. Si tratta di “riprenderci la città” e ricomporre il tessuto sociale che il sistema mafioso ha disgregato. Deve, tuttavia, essere chiaro il quadro entro cui l’associazione mafiosa ha potuto costituirsi e proliferare: un’estrema debolezza e frantumazione della politica e dell’intera classe dirigente della città, un’impressionante inefficienza, inadeguatezza e farraginosità delle istituzioni locali, una caduta verticale delle funzioni di rappresentanza degli interessi (sindacati, organizzazioni imprenditoriali, terzo settore).   Occorre, dunque, dar vita ad un’opera di lunga lena per creare una nuova classe dirigente e per dotare Roma di istituzioni adeguate per una Capitale. Le due cose devono necessariamente marciare insieme perché l’una tiene l’altra. Si tratta di aprire una vero e proprio processo costituente che deve partire dai cittadini e dalle loro forme associative di base.

Nella Costituzione c’è scritto: “Roma è la Capitale d’Italia. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”. La norma non esplicita a quale categoria di ente locale debba essere ricondotta Roma. Se si segue solo un criterio territoriale si può ricondurre Roma a uno dei livelli territoriali previsti dalla Costituzione: comune, provincia, città metropolitana, regione. Se invece si segue anche un criterio funzionale, la città di Roma è da ricondurre ad un nuovo e diverso ente locale da aggiungere ad essi. Mi sembra che il secondo criterio sia importante alla pari del primo per dare una veste giuridica adeguata alla Capitale d’Italia. Non ci si può infatti limitare alla sola dimensione territoriale, perché lo statuto giuridico della Capitale è connotato da un rapporto di immedesimazione funzionale con la Repubblica e il suo ordinamento.

Se si utilizza esclusivamente il criterio territoriale, quattro sembrano essere le possibilità su cui ragionare: 1) Roma capitale è una forma particolare di comune; 2) Roma capitale è una forma particolare di città metropolitana; 3) Roma capitale è una forma particolare di provincia; 4) Roma capitale è una forma particolare di regione. Se si prendono in considerazione sia il criterio territoriale che quello funzionale, alle quattro possibilità prese prima in esame va aggiunta un’altra ipotesi: Roma capitale è un nuovo ed ulteriore ente autonomo, diverso e non assimilabile a nessun altro.

A quest’ultima ipotesi riconducono criteri di razionalità rispondenti ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, leale collaborazione, efficienza e buon andamento. A me sembra, infatti, del tutto irrazionale la scelta effettuata in questi mesi di creare una città metropolitana di Roma all’interno della quale è ricompreso il comune autonomo di Roma capitale. E questo perché quest’ultimo, in virtù della sua autonomia speciale prevista dalla Costituzione, potrebbe ben possedere poteri e competenze pari, se non maggiori, e comunque confliggenti, rispetto a quelli del “contenitore” in cui è ricompreso.

Così da un lato viene reso vano il ruolo di “supercomune” che dovrebbe svolgere la città metropolitana, in quanto il suo comune principale “sfuggirebbe”, per così dire, al suo controllo; dall’altro viene limitata l’autonomia di Roma capitale che dovrebbe fare i conti, quotidianamente, con la difficile relazione di convivenza con la sua città metropolitana di riferimento. Ne viene fuori un’organizzazione complessivamente inefficiente, inadeguata e farraginosa, tra l’altro completamente esorbitante da un’ottica sussidiaria, che rappresenterebbe l’esatto capovolgimento degli obiettivi prefigurati dal dettato costituzionale.

Si fa ancora in tempo a raddrizzare il processo avviato aprendo una vera e propria fase costituente di Roma capitale. Si tratta di lottare per trasformare i municipi in comuni autonomi e intorno ad essi sollecitare l’iniziativa dei comuni e delle comunità contermini per aderire al processo costituente che deve dar vita al nuovo soggetto istituzionale. Occorre un grande movimento dal basso per dare istituzioni dignitose a cittadini che desiderano vivere in una vera Capitale. “Spiazziamoli” può costituire una prima occasione per far crescere nelle comunità locali questa consapevolezza politica e culturale.

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il 6 e 7 marzo a Roma

spiazziamoliCondividi il documento che centinaia di associazioni e cittadini hanno scritto in queste settimane di lavoro, partecipa anche tu a “Spiazziamoli – 50 piazze contro le mafie e per la democrazia” che si svolgerà a Roma il 6 e 7 marzo con eventi in tutta la città. Sarà una grande festa della partecipazione e del protagonismo delle cittadine e dei cittadini romani di fronte alla quale i rappresentati istituzionali non potranno che stare ad ascoltare. Per riuscirci, ti chiediamo di seguire poche e semplici regole a garanzia dei tanti e diversi che stanno facendo insieme Spiazziamoli.

1. Aderire a Spiazziamoli! significa organizzare un evento. Se non puoi, è altrettanto importante partecipare: sostenendo, promuovendo, pubblicizzando l’evento, dando una mano a organizzare uno o più eventi. Sarà una straordinaria occasione per conoscerci e costruire un pezzo di percorso insieme.

2. È possibile (ne saremmo felici) organizzare iniziative di ogni tipo (spettacoli, performance, sit in, flash mob, presentazioni, dibattiti, assemblee, volantinaggi, biciclettate, camminate, etc) e a tutte le ore del giorno e della notte del 6 e 7 marzo.

3. Ogni gruppo/associazione organizza l’iniziativa in autonomia ma ci piacerebbe trovare il modo di avviare collaborazioni e momenti di confronto tra singoli e tra realtà organizzate.

4. Ogni gruppo/associazione che aderisce deve proporre la sua iniziativa scrivendo a spiazziamoli@gmail.com, indicando titolo, tema, luogo, orario, programma, organizzazione organizzatrice e contatto. Una email di risposta vi confermerà che siete nel programma.

5. Tutte le iniziative devono essere pubblicizzate utilizzando i materiali di Spiazziamoli (loghi, grafiche, indicazione di sito, mail e pagina fb): ciascun appuntamento deve fare da effetto moltiplicatore. Per questa ragione tutte le realtà che aderiscono devono pubblicizzare il programma di Spiazziamoli sui propri mezzi di comunicazione (siti, pagina facebook, newsletter) Piccola avvertenza per i partiti: possono aderire (e quindi organizzare un evento) i circoli territoriali.

Cosa vogliamo  come aderire richiesta autorizzazioni spiazziamoli.it facebook.com/spiazziamoli




Nei Municipi di Roma co-progettare lo sviluppo locale

L’inchiesta “Mondo di mezzo” ha messo a nudo una realtà romana in cui emerge la crisi della rappresentanza non solo sul piano della politica e delle istituzioni ma anche su quello della società civile. Una crisi che viene da lontano e che dipende dal deteriorarsi delle forme tradizionali  con cui avvenivano le relazioni tra sistema politico e società civile e dalla messa in discussione dei sistemi di welfare edificati nelle società del benessere, i quali avevano anche modellato le forme della rappresentanza.

Approfittando dell’indebolirsi delle capacità dei corpi intermedi di svolgere la propria funzione primaria, l’associazione mafiosa si è insediata negli interstizi lasciati vuoti tra cittadini, formazioni sociali e istituzioni, laddove appunto le rappresentanze degli interessi dovrebbero cogliere e selezionare i bisogni sociali e tramutarli in richieste leggibili per la politica e per i cittadini.

In sostanza, la mafia non ha fatto altro che colmare vuoti e lacune della rappresentanza. Ha potuto così alimentare la corruzione e il malaffare anche nell’ambito dei servizi sociali destinati ai più deboli, trovando terreno fertile per coinvolgere nell’intreccio mafioso  perfino alcune cooperative sociali. La vera e propria attività lobbistica della mafia si esplica nella capacità di “creare” emergenze, pilotarne la percezione da parte dell’opinione pubblica e orientare le risorse pubbliche a vantaggio delle proprie attività.

Tale fenomeno dipende dall’intreccio di una serie di fattori: l’impoverimento di ampie fasce sociali dovuto alle debolezze strutturali del tessuto economico del Paese e all’acuirsi della crisi; l’assenza di una cultura del merito o, comunque, di regole efficaci per poterla affermare; l’ipertrofia normativa negli ambiti più diversi della pubblica amministrazione e dei rapporti tra questa e i soggetti economici e sociali; il frequente ricorso a procedure d’emergenza che eludono gli iter di garanzia e alimentano fatti degenerativi e relazioni perverse tra politica e istituzioni e tra società e istituzioni; l’assenza di una co-progettazione condivisa tra gli attori in gioco e i pubblici poteri in un quadro programmato e di ampio respiro; l’accumularsi di errori nell’azione pubblica di governo della città, specie in quella che avrebbe dovuto assicurare inclusione sociale ai suoi cittadini più vulnerabili (servizi essenziali di urbanizzazione, di sicurezza, abitativi, di cura degli anziani e dell’infanzia, etc.).

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L’altro elemento che a Roma sostanzia e acuisce la crisi della rappresentanza a tutti i livelli è il mancato riassetto delle istituzioni locali, le cui inefficienze rischiano di aggravarsi ulteriormente a seguito della recente istituzione della città metropolitana di Roma. Di fatto, si è semplicemente sostituita con questo nuovo ente la Provincia omonima, lasciando tutto come prima.

Si sono così arrestati tre percorsi innovativi che si erano avviati da circa quindici anni e che sembravano dover convergere in un unico riassetto complessivo: l’evoluzione dei Municipi in veri e propri Comuni; l’individuazione di un’area vasta coincidente coi Municipi di Roma, da trasformare in Comuni, più i Comuni e le Comunità della cintura romana; la confluenza delle funzioni speciali di Roma capitale e di quelle di area vasta nella città metropolitana.  L’aver frenato tali processi riformatori fa emergere in modo impietoso la fragilità delle istituzioni più prossime ai cittadini, quali sono i Municipi. Una fragilità che si ripercuote negativamente sulla capacità di selezionare i bisogni e sull’efficacia dei servizi alle persone e alle comunità. E il tutto contribuisce ad alimentare la sfiducia tra pubblica amministrazione e società.

C’è dunque un interesse comune delle istituzioni locali e delle organizzazioni di rappresentanza a supportare progetti territoriali da realizzare nei territori municipali al fine di promuovere: la partecipazione, la coesione, lo sviluppo locale, la legalità e l’integrazione.

Si tratta di affidare all’innovazione sociale un ruolo importante per invertire le tendenze in atto, innanzitutto mappando le comunità, i suoi leader naturali, la cittadinanza attiva e l’associazionismo diffuso, e poi strutturando, in modo sano e trasparente, gli spazi di definizione dei bisogni sociali partendo “dal basso”.

Lo sviluppo locale dovrebbe essere l’asse di progressione su cui tentare di rinforzare le funzioni della rappresentanza sociale e di incanalare il decentramento istituzionale, attivando energie oggi magari inespresse, formalizzandole e funzionalmente distribuendole fra singole responsabilità. Il fine è quello di far crescere le persone, la qualità umana dei singoli mediante l’aumento della buona occupazione e della relazionalità.

Il Terzo Settore potrebbe svolgere un ruolo determinante nel favorire la collaborazione tra i vari corpi intermedi e tra i diversi settori e competenze. Promuovendo la capacità di lavorare insieme, il non profit potrebbe meglio ricostruire la reputazione del proprio brand anche mediante l’introduzione di percorsi capaci di connettere la governance delle cooperative sociali e delle associazioni di volontariato con gli operatori e con gli utenti e di sostenere la valutazione partecipata dei servizi offerti ai cittadini.

Nell’ambito dei servizi sociali non ha senso che i soggetti non profit competano al massimo ribasso, magari tagliando le buste paga dei lavoratori o lesinando nell’offerta. Non si tratta di eliminare i bandi, che sono il modo per chiamare a raccolta le disponibilità del territorio, ma di sostituire le gare d’appalto con la co-progettazione pubblico-privata, laddove la normativa lo consente, chiamando a partecipare i portatori di bisogni (le famiglie) e i produttori (le fondazioni, le cooperative sociali, gli organismi di volontariato, le associazioni, gli operatori). In tal modo la cultura del merito si potrà esprimere nella capacità di declinare l’efficienza mediante processi riorganizzativi, fusioni, specializzazioni per aree di bisogno. E la cultura della sussidiarietà potrà crescere promuovendo “punti comunità” in ogni quartiere, gestiti in forma auto-organizzata dai soggetti sociali presenti e disponibili, nonché ridisegnando le maglie dei servizi sociali sul territorio in modo totalmente sussidiario.

I territori municipali presentano spesso forti elementi storico-culturali-ambientali che permettono sia di costruire concretamente un’identità in cui gli abitanti possano riconoscersi, sia di comporre un quadro d’insieme e una “visione” di sviluppo, a medio-lungo termine, capace di coinvolgere le aree più significative dei territori medesimi e i relativi processi trainanti, di trasformare la convivenza di una pluralità di etnie in opportunità e di attrarre anche investimenti dall’esterno e dall’estero.

Diventa a tal fine necessario far interagire i diversi ambiti della programmazione pubblica, tra cui i processi di trasformazione urbanistica (a partire dalla Carta dei Valori redatti dai Municipi in vista della Conferenza urbanistica cittadina), i piani di zona dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, i piani di assetto delle aree protette, etc.

Di primaria importanza è l’utilizzo integrato territoriale dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020, realizzando anche programmi di cooperazione con territori di altre capitali europee al fine di introdurre percorsi innovativi di riqualificazione urbana, agricolture civili e sviluppo locale. Si tratta di chiamare a raccolta le forze istituzionali, imprenditoriali, culturali e sociali locali (e anche forze esterne), disponibili a mettersi in gioco per prendere parte attiva allo sviluppo dei territori municipali.

La prima risorsa che dovrebbe essere messa a valore è la condivisione delle informazioni. Tutti i soggetti economici e sociali dei territori dovrebbero avere il massimo delle informazioni relative agli ambiti in cui operano. E tutti i buoni progetti dovrebbero essere messi in comune senza il timore che qualcuno li rubi, senza gelosie e con l’idea che insieme si potranno realizzare progetti migliori.




Lettera aperta a Nicola Zingaretti #due

Caro Presidente,

Le scriviamo per rappresentare alla Sua attenzione la grande opportunità di aumentare la qualità delle relazioni tra il Terzo Settore operante nella regione Lazio e l’organismo politico e amministrativo da lei rappresentato, così come già avviene in altre Regioni italiane che hanno codificato legislativamente tali relazioni. Una per tutte la legge della Regione Liguria.

Nel nostro territorio sono mancate le importanti funzioni legislative, di indirizzo, programmazione e pianificazione della Regione, cioè gli alti compiti che la Costituzione affida alle Regioni e che un regionalismo maturo avrebbe dovuto assumere come massimo obiettivo da affermare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una mancanza di visione istituzionale e di lungimiranza politica che ci fa ritrovare negli ultimi posti tra le Regioni in Italia. Le ragioni sono tante e complesse: lo status eccezionale di Roma, il suo peso e le sue contraddizioni sul territorio regionale, una visione ristretta all’amministrazione quotidiana e spesso alla pura emergenza, un prevalere di interessi di parte e, a volte, personali.

In questo contesto, il Terzo Settore è cresciuto e si è radicato nel tessuto civile ed economico della Regione come ha potuto, tentando di interpretare bisogni, di sperimentare proposte di welfare, salute, integrazione sociale e modelli educativi, di tutelare i diritti dei consumatori così come i diritti dei deboli, di confortare e accompagnare vite dolenti, di salvaguardare l’ambiente e lo sport non agonistico e, non ultimo, di promuovere la legalità. E ciò senza una legge quadro che permettesse una coerente azione di indirizzo e di azione, senza una chiara definizione dei ruoli, subendo una invasività della politica locale e una lettura spesso legalistica o formale, qualche volta arbitraria della pubblica amministrazione.

Siamo cresciuti e di questo si è avvantaggiata la cittadinanza e la qualità civica e partecipativa dei cittadini che hanno trovato possibilità di auto-organizzazione per fronteggiare i loro bisogni profondi. Siamo cresciuti anche senza leggi e regole di indirizzo in una devastante difformità di comportamento degli enti locali,  così come delle ASL.

Secondo l’Istat nel Lazio negli ultimi dieci anni siamo cresciuti del 33.5% come numero di organizzazioni e del 42,8% come numero di addetti rappresentando il 5,6% della forza lavoro regionale, anche se non siamo pagati per i servizi resi e se sono mancati criteri certi e profili professionali per il lavoro sociale.

Nel breve tempo della Sua presidenza abbiamo sentito con fermezza che il clima stagnante era stato messo da parte. Stiamo assistendo finalmente a una gestione corretta dei fondi, a un risanamento dei conti, soprattutto della sanità, a uno sforzo immane per risalire la china portando il Lazio tra le regioni virtuose. Stiamo assistendo a un ripensamento della organizzazione amministrativa e la spinta verso una integrazione socio-sanitaria ne è testimone.

Le notizie di cronaca provenienti dall’indagine della Procura di Roma denominata “Mondo di mezzo” indicano all’opinione pubblica i gravissimi comportamenti e le responsabilità di esponenti di alcune,  pochissime, cooperative sociali. L’indagine che vede la nostra condivisione e consenso fotografa reati e illeciti intollerabili, specialmente perché rivolti verso soggetti deboli.

La stragrande parte della famiglia del Terzo Settore ne è ferita e stupita. È questo il messaggio che vogliamo portarLe: lo stupore e la ferita di tanti operatori sociali, di tante organizzazioni di Cooperazione Sociale, di Associazioni di Promozione Sociale, di Volontariato che sentono in tutto ciò la negazione della loro scelta di vita e il contrario di tutto ciò per cui si sono impegnati e si impegnano quotidianamente.

La Regione Lazio, con lungimiranza ha promosso e sottoscritto un Patto per la Legalità con i soggetti imprenditoriali tra cui anche quelli di Terzo Settore. Alla luce dei fatti emersi, sentiamo l’urgenza di approfondire quel patto, perché vada allargato a tutto il Terzo Settore includendo così Associazioni e Volontariato che possono dare un grande contributo per contrastare quella cultura dell’illegalità nella quale prospera la corruzione e la presenza malavitosa.

È evidente che le responsabilità sono personali, sia nel Terzo Settore che nella imprenditoria, sia nella politica che nella pubblica amministrazione, ma regole chiare e fattive,  pianificazione delle risorse, tempi certi nei pagamenti e comportamenti coerenti, definizione delle competenze, chiarezza degli obbiettivi e controllo e verifica dei risultati, cioè una buona amministrazione, asciugano l’area grigia in cui discrezionalità e cattivi comportamenti allignano. Ci sono molte cose positive a livello legislativo che vorremmo condividere con Lei per accelerare il passo di alcuni provvedimenti, per ipotizzarne di nuovi, per dare un merito ai tanti operatori che con loro sforzo e impegno personale hanno aumentato la qualità di vita nella Regione.

Gianni Palumbo  [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio de Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] Vice presidente regionale AGCI

Roma, 5 febbraio 2015

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Lettera aperta a Ignazio Marino #uno

Caro Sindaco,

Le scriviamo una lettera aperta sulla cooperazione sociale, parte vitale e importante del terzo settore, che ha provato in questi giorni dolore e stupore per le ferite inferte al suo nome provenienti dalle notizie e dai fatti accertati dalla Procura della Repubblica di Roma nell’inchiesta denominata “Mondo di mezzo”.

Dolore e orgoglio per tutta la cooperazione sociale che non ha mai utilizzato tali sistemi, che non ha mai pensato il proprio agire come un “affare” da praticare sulla pelle dei deboli e degli esclusi, che non ha mai praticato la corruzione come un sistema per la soluzione dei nodi nei confronti con la Pubblica Amministrazione e con la politica.

Lei rappresenta il vertice dell’organizzazione territoriale che permette la libertà di agire dei cittadini nei processi amministrativi e la legittimità delle scelte economiche della comunità. La legalità e la trasparenza degli atti di Roma Capitale, sono il presupposto della convivenza e della partecipazione democratica dei cittadini romani al governo della città.

Pensi come si deve sentire nell’animo un dirigente, un impiegato, della Sua amministrazione, onesto e diligente, appassionato del proprio lavoro, della propria funzione pubblica – ne conosciamo tanti che onorano il Comune da Lei rappresentato – quando scopre che un proprio collega, nello stesso servizio, svolgeva una funzione ambigua o disonesta. E si ritrova confuso, nell’immaginario dei cittadini o nella comunicazione, in un unico insieme di sospetto e malaffare.

Lei sa che la cooperazione sociale opera in questa città da quarant’anni, già prima della creazione della legge 381/91. In questo lungo periodo è stata un punto di riferimento culturale, di promozione politica, di libertà e tutela dei diritti dei deboli, insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale. Quindi non vogliamo essere confusi con gli errori profondi compiuti da alcuni suoi dirigenti.

Oltre mille cooperative sociali insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale producono assistenza alle persone e inclusione lavorativa di soggetti fragili.  Nella regione Lazio, decine di migliaia di soci/lavoratori, operatori sociali, incontrano centinaia di migliaia di cittadini/utenti, spesso i più deboli, raggiunti quotidianamente, incontrati, confortati, accompagnati nelle loro vite.

Chiediamo quindi con forza di non essere confusi con scelte illegittime o illegali di alcuni, di pochi, che emergono dall’inchiesta. Le cooperative sociali oneste, corrette, competenti, la stragrande parte, sono le prime danneggiate da questi episodi, così come tutte le realtà di terzo settore.

La Sua scelta di presentare alla città un nuovo profilo nella Giunta allontanando ogni possibile contiguità con questo fenomeno malavitoso, aprendo una nuova fase nell’organizzazione amministrativa e negli indirizzi dell’ente locale, anche in attivazione della nuova Città Metropolitana, ci vede al suo fianco.

La Sua scelta di affidare una grande responsabilità all’assessore Danese per le politiche sociali – una personalità conosciuta da tutti nella città, competente e illuminata, una operatrice sociale, una dirigente nazionale del terzo settore – ci ha sollevato l’animo.

Alcune delle cause che hanno generato le gravissime violazioni vanno ricercate nella tendenza, sempre più frequente nell’amministrazione, a operare nell’emergenza ripetuta, oltre all’assenza di pianificazione e la mancata selezione dei migliori.

Le chiediamo quindi un incontro al più presto, insieme all’assessore Danese, per rilanciare le relazioni tra Roma Capitale e la cooperazione sociale, per approfondire la correttezza delle relazioni amministrative, correggendo storture che con evidenza si sono prodotte e riaffermando la dignità del lavoro sociale nella città anche attraverso un grande progetto di qualità urbana e inclusione sociale

Noi, come cooperazione sociale e forum del terzo settore ci costituiremo parte civile nel dibattimento che seguirà a tutela dell’onorabilità delle cooperative sociali e dei soci/lavoratori.

Noi abbiamo già iniziato una riflessione interna sui sistemi di selezione degli associati e dei dirigenti.

Noi non faremo sconti a nessuno in rappresentanza e tutela di una storia che ha reso più vivibile la qualità della vita nella nostra e nella Sua città.

In attesa di un Suo riscontro, porgiamo distinti saluti.

Forum Terzo Settore Lazio

Gianni Palumbo [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio De Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] [Vice presidente regionale AGCI]

Roma, 26 gennaio 2015

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Sergio Mattarella giura da Presidente della Repubblica: il testo del discorso

La corruzione in Italia ha raggiunto livelli inaccettabili» ha detto il nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento davanti alle Camere riunite. «La corruzione – ha proseguito – favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci». Forte anche il riferimento di Mattarella alla lotta alle mafie. «Allarmante – ha detto – è anche la diffusione delle mafie in luoghi diversi da quelli tradizionali». «Dobbiamo incoraggiare e sostenere l’attività della magistratura e delle forze dell’ordine» che combattono corruzione e mafia. «Per sconfiggere la Mafia – ha detto il presidente – serve una moltitudine di persone oneste e capaci»

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