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Fotografi e registi si aggirano per la metropoli. Ma quanti di loro guardano in modo libero?

foto di  Rudy Burckhardt

foto di Rudy Burckhardt

Uno dei territori espressivi più raffigurati, fotografati, filmati è senza dubbio quello della metropoli. Un esercito di cineasti, cameramen, videoartisti, fotografi è sempre in azione nei grandi agglomerati urbani del mondo, un esercito (rapace) pronto a catturare con l’ausilio dei dispositivi ottici le diverse facce della città, le cosiddette storie che dentro di essa si svolgono.

Il più delle volte, però, quando mi trovo a visionare lavori fotografici, film, video il cui fulcro espressivo è la metropoli riscontro lo stesso problema. Si palesano davanti ai miei occhi stereotipi, luoghi comuni, storie già viste e straviste, banalità, inchieste visive sterili. E i risultati più deprimenti non posso che riscontrali in quelle operazioni foto-video-cinematografiche che si collocano nel solco di un’impostazione di tipo “politico-ideologico”, impostazione che, di fatto, impone una visione bloccata e unidirezionale all’artista visivo (o al fotogiornalista) negandogli la gratificazione della ricerca, della scoperta, dello stupore.

La questione della rappresentazione della metropoli nell’ambito delle arti visive tecnologiche e dei massmedia è, dunque, aspetto assai complesso, denso di insidie. Il pericolo è quello di essere risucchiati in un labirinto in cui la città si autorappresenta in maniera autonoma e si autocolloca nella mente di fotografi e registi attraverso quelle che potrei definire pre-esistenze, cioè un sistema di idee già impiantato nell’immaginario collettivo e individuale.

Come risolvere questo problema? Il discorso è molto lungo e merita più di un post. Per il momento mi limito a segnalarvi alcune esperienze creative nelle quali gli autori hanno cercato di recuperare il senso dell’atto del guardare (estraneo al concetto di facile emozione e di rappresentazione semplicistica della realtà) e nelle quali hanno tentato di restituire un reale peso al punto di vista esterno sulla città, un modo, questo, per riacquistare la lucidità dello sguardo che solo un senso di sana “estraneità mentale” ai contesti che si guardano può fornire.

Prendiamo il caso di due fotografi molto diversi tra loro e che hanno operato in epoche distanti: lo svizzero-americano Rudy Burckhardt nel 1940 sentiva già il bisogno di guardare la città da un punto di vista “altro” attraverso una distanza in grado di cogliere l’animo della metropoli in una sorta di scambio bi-direzionale di visioni. Lo stesso discorso sembra essere affrontato dalla finlandese Elina Brotherus nel suo lavoro intitolato Last one in my Line (2012), opera nella quale la fotografa raffigura se stessa nell’atto di guardare la città, e la città apparentemente immobile restituisce il suo sguardo.

Che dire poi dei due capolavori della videoartista/cineasta belga Chantal Akerman: Scende la notte su Shanghai (ep. Lo stato del mondo – 2007) e News from Home (1977), opere nelle quali l’artista europea raffigura con il suo metodo creativo apparentemente algido, ma in verità profondissimo, due megalopoli come Shanghai, appunto, e New York?

E ancora come rapportarsi al modo in cui l’ultra newyorkese Martin Scorsese ha “dipinto”, ponendosi in una condizione di distanza creativa, la sua città nello spot dedicato a una nota casa di moda italiana? Una New York spettrale, straniante, enigmatica, incredibilmente vuota, praticamente deserta e vicina all’immaginario metropolitano di Michelangelo Antonioni (penso alla scena finale de L’eclisse) nella quale un uomo e una donna si incontrano. Il loro rapporto sembra quasi poter esistere grazie allo sguardo della metropoli stessa così come dimostra l’inquadratura finale in cui New York è vista, ancora una volta, da un punto di vista “altro” che la rende non tanto il palcoscenico in cui i due personaggi si relazionano quanto piuttosto un terzo personaggio che dialoga intimamente con loro.

Ebbene, quelli che ho appena fatto sono solo degli esempi che vi consegno e che rappresentano dei modelli di sguardi liberi sulla città (modelli che sarebbero utili a tanti fotografi e registi). È proprio questa tipologia di sguardi, privi di preconcetti, che cercherò di proporvi in altri futuri post.

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Comunicare una ministoria in pochi secondi




I giudici Ue: un sito web può linkare opere protette disponibili in accesso libero su un altro portale

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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) 13 febbraio 2014 «Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Diritto d’autore e diritti connessi – Direttiva 2001/29/CE – Società dell’informazione – Armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi – Articolo 3, paragrafo 1 – Comunicazione al pubblico – Nozione – Collegamenti Internet (“collegamenti cliccabili”) tramite i quali si accede ad opere protette»

Nella causa C‑466/12, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Svea hovrätt (Svezia), con decisione del 18 settembre 2012, pervenuta in
cancelleria il 18 ottobre 2012, nel procedimento Nils X., Sten W.,Madelaine Y.,Pia A.
contro
Retriever Sverige AB,
LA CORTE (Quarta Sezione), composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, M. Safjan, J. Malenovský (relatore), A. Prechal e
S. Rodin, giudici, avvocato generale: E. Sharpston cancelliere: C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 novembre 2013, considerate le osservazioni presentate:
– per N. X., S. W. e M. Y., da O. Wilöf, förbundsjurist;
– per P. A., da R. Gómez Cabaleiro, abogado, e M. Wadsted, advokat;
– per la Retriever Sverige AB, da J. Åberg, M. Bruder, e C. Rockström, advokater;
– per il governo francese, da D. Colas, F.‑X. Bréchot e B. Beaupère-Manokha, in qualità di
agenti;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino,
avvocato dello Stato;
– per il governo del Regno Unito, da J. Beeko, in qualità di agente, assistita da N. Saunders,
barrister;
– per la Commissione europea, da J. Samnadda e J. Enegren, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza
conclusioni, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1,
della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001,
sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella societ�
dell’informazione (GU L 167, pag. 10).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia avviata dai sigg. X. e W.,
nonché dalle sig.re Y. e A., nei confronti della società Retriever Sverige AB (in prosieguo: la
«Retriever Sverige») ai fini del risarcimento del preteso danno da essi subìto per effetto
dell’inserimento sul sito Internet di tale società di collegamenti cliccabili («ipertestuali») che
rinviano ad articoli di cui i medesimi sono titolari del relativo diritto d’autore.
Contesto normativo , Il diritto internazionale
Il Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore
3 L’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) ha adottato a Ginevra, il 20
dicembre 1996, il Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «Trattato dell’OMPI sul
diritto d’autore»). Esso è stato approvato a nome della Comunità europea con la decisione
2000/278/CE del Consiglio, del 16 marzo 2000 (GU L 89, pag. 6).
4 L’articolo 1, paragrafo 4, del Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore prevede che le parti
contraenti devono conformarsi agli articoli da 1 a 21 della Convenzione per la protezione delle
opere artistiche e letterarie, firmata a Berna il 9 settembre 1886 (Atto di Parigi del 24 luglio 1971),
nel testo risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»).
La Convenzione di Berna
5 L’articolo 20 della Convenzione di Berna, intitolato «Accordi particolari tra i Paesi
dell’Unione», dispone quanto segue:
«I Governi dei Paesi dell’Unione si riservano il diritto di concludere tra loro accordi particolari, in
quanto questi conferiscano agli autori diritti più estesi di quelli concessi dalla Convenzione, ovvero
contengano altre stipulazioni che non siano in contrasto con la presente Convenzione. Rimangono
applicabili le disposizioni degli accordi esistenti che soddisfino le condizioni precitate».
Il diritto dell’Unione
6 I considerando 1, 4, 6, 7, 9 e 19 della direttiva 2001/29 enunciano:
«(1) Il trattato prevede l’instaurazione di un mercato interno, e la creazione di un sistema che
garantisca l’assenza di distorsioni della concorrenza nel mercato interno. L’armonizzazione delle
legislazioni degli Stati membri relative al diritto d’autore e ai diritti connessi contribuisce al
raggiungimento di tali obiettivi. (…)
(4) Un quadro giuridico armonizzato in materia di diritto d’autore e di diritti connessi, creando
una maggiore certezza del diritto e prevedendo un elevato livello di protezione della propriet�
intellettuale, promuoverà notevoli investimenti in attività creatrici ed innovatrici, segnatamente
nelle infrastrutture delle reti, e di conseguenza una crescita e una maggiore competitivit�
dell’industria europea per quanto riguarda sia la fornitura di contenuti che le tecnologie
dell’informazione nonché, più in generale, numerosi settori industriali e culturali. (…)
(…)
(6) Senza un’armonizzazione a livello comunitario, la produzione legislativa già avviata a livello
nazionale in una serie di Stati membri per rispondere alle sfide tecnologiche può generare differenze
significative in materia di protezione e, di conseguenza, restrizioni alla libera circolazione dei
servizi e prodotti che contengono proprietà intellettuale o su di essa si basano, determinando una
nuova frammentazione del mercato interno nonché un’incoerenza normativa. L’impatto di tali
differenze ed incertezze normative diverrà più significativo con l’ulteriore sviluppo della societ�
dell’informazione che ha già incrementato notevolmente lo sfruttamento transfrontaliero della
proprietà intellettuale. Tale sviluppo è destinato ad accrescersi ulteriormente. L’esistenza di
sensibili differenze e incertezze giuridiche in materia di protezione potrebbe ostacolare la
realizzazione di economie di scala per i nuovi prodotti e servizi contenenti diritti d’autore e diritti
connessi.
(7) Anche il quadro giuridico comunitario relativo alla protezione del diritto d’autore e dei diritti
connessi dovrebbe, di conseguenza, essere adattato e completato per il buon funzionamento del
mercato interno. A tal fine dovrebbero essere modificate le disposizioni nazionali sul diritto
d’autore e sui diritti connessi che siano notevolmente difformi nei vari Stati membri o che diano
luogo a incertezze giuridiche ostacolanti il buon funzionamento del mercato interno e l’adeguato
sviluppo della società dell’informazione in Europa, e dovrebbero essere evitate risposte nazionali
incoerenti rispetto agli sviluppi tecnologici, mentre non è necessario eliminare o prevenire le
differenze che non incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno.
(…)
(9) Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da
un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione
intellettuale. La loro protezione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo della creativit�
nell’interesse di autori, interpreti o esecutori, produttori e consumatori, nonché della cultura,
dell’industria e del pubblico in generale. (…) (…)
(19) I diritti morali dei titolari dei diritti devono essere esercitati in base al diritto degli Stati
membri nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Berna, sulla protezione delle opere
letterarie e artistiche, del trattato WIPO sul diritto d’autore e del trattato WIPO sulle interpretazioni,
le esecuzioni e i fonogrammi (…)».
7 L’articolo 3 della direttiva di cui trattasi così dispone:
«1. Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi
comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione
del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel
momento scelti individualmente. (…)
3. I diritti di cui ai paragrafi 1 e 2 non si esauriscono con alcun atto di comunicazione al pubblico
o con la loro messa a disposizione del pubblico, come indicato nel presente articolo».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8 I ricorrenti nel procedimento principale, tutti giornalisti, sono i redattori di taluni articoli
pubblicati, da un lato, sul giornale Göteborgs-Posten e, dall’altro lato, sul sito Internet del
Göteborgs-Posten. La Retriever Sverige gestisce un sito Internet che fornisce ai suoi clienti,
secondo le loro necessità, liste di collegamenti Internet cliccabili verso articoli pubblicati da altri siti
Internet. È pacifico inter partes che gli articoli erano liberamente accessibili sul sito del giornale
Göteborgs-Posten. Secondo i ricorrenti nel procedimento principale, se il cliente clicca su uno di
questi collegamenti non si rende conto chiaramente di essere trasferito su un altro sito per accedere
all’opera di suo interesse. Per contro, secondo la Retriever Sverige il cliente è consapevole del fatto
che cliccando su uno di questi collegamenti viene trasferito su un altro sito.
9 I ricorrenti nella causa principale hanno citato la Retriever Sverige dinanzi allo Stockholms
tingsrätt (Tribunale di Stoccolma) per ottenere il risarcimento del danno derivante dal fatto che tale
società avrebbe sfruttato, senza la loro autorizzazione, taluni loro articoli, mettendoli a disposizione
dei suoi clienti.
10 Con sentenza dell’11 giugno 2010 lo Stockholms tingsrätt ha respinto la domanda. Contro
tale sentenza i ricorrenti nel procedimento principale hanno quindi proposto appello dinanzi allo
Svea hovrätt (Corte d’appello di Svea).
11 I ricorrenti nel procedimento principale hanno giustamente fanno valere dinanzi a tal giudice
che la Retriever Sverige ha violato il loro diritto esclusivo di mettere le loro rispettive opere a
disposizione del pubblico, nel senso che, grazie ai servizi offerti dal suo sito Internet, i suoi clienti
avrebbero avuto accesso alle loro opere.
12 La Retriever Sverige adduce a sua difesa che la fornitura di liste di collegamenti Internet
verso opere messe a disposizione del pubblico su altri siti Internet non costituisce un atto idoneo a
ledere i diritti d’autore. La Retriever Sverige sostiene altresì di non aver effettuato alcuna
trasmissione di una qualsiasi opera protetta, essendosi limitata a segnalare ai suoi clienti i siti
Internet in cui si trovano le opere di loro interesse.
13 Alla luce di queste considerazioni, lo Svea hovrätt ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il fatto che un soggetto diverso dal titolare del diritto d’autore su una determinata opera
fornisca un collegamento cliccabile alla stessa sul proprio sito Internet si configuri come
comunicazione al pubblico dell’opera ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della [direttiva 2001/29].
2) Se sia rilevante, ai fini della soluzione della prima questione, il fatto che l’opera alla quale
rimanda il collegamento si trovi su un sito Internet accessibile a chiunque senza limitazioni oppure
che l’accesso sia in qualche modo limitato.
3) Se, ai fini della soluzione della prima questione, si debba distinguere il caso in cui l’opera,
dopo che l’utente abbia cliccato il collegamento, sia presentata su un altro sito Internet da quello in
cui l’opera sia presentata con modalità tali da offrire al cliente l’impressione di restare nello stesso
sito Internet.
4) Se uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela del diritto esclusivo dell’autore
includendo nella nozione di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quante
stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29».
Sulle tre questioni pregiudiziali
14 Con le sue prime tre questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del
rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 debba essere
interpretato nel senso che costituisce un atto di comunicazione al pubblico, come previsto da tale
disposizione, la fornitura su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere protette
disponibili su un altro sito Internet, fermo restando che le opere di cui trattasi sono liberamente
accessibili su questo altro sito.
15 A tale proposito, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 prevede che qualsiasi
comunicazione di un’opera al pubblico deve essere autorizzata dal titolare del diritto d’autore.
16 Da tale disposizione risulta quindi che la nozione di comunicazione al pubblico consta di due
elementi cumulativi, vale a dire «un atto di comunicazione» di un’opera e la comunicazione di
quest’ultima a un «pubblico» (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2013, ITV Broadcasting e a.,
C‑607/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 21 e 31).
17 Per quanto riguarda il primo di tali elementi, ossia l’esistenza di un «atto di comunicazione»,
tale nozione deve essere intesa in senso ampio (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2011,
Football Association Premier League e a., C‑403/08 e C‑429/08, Racc. pag. I‑9083, punto 193) e
ciò allo scopo di garantire, come risulta segnatamente dai considerando 4 e 9 della direttiva
2001/29, un elevato livello di protezione ai titolari del diritto d’autore.
18 Nel caso di specie, occorre rilevare che il fatto di mettere a disposizione su un sito Internet
dei collegamenti cliccabili verso opere protette, pubblicate senza alcun limite di accesso su un altro
sito, offre agli utilizzatori del primo sito un accesso diretto a tali opere.
19 Orbene, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, perché vi sia «atto
di comunicazione» è sufficiente, in particolare, che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in
modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, senza che sia determinante
che utilizzino o meno tale possibilità (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE,
C‑306/05, Racc. pag. I‑11519, punto 43).
20 Ne consegue che in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il fatto di
fornire collegamenti cliccabili verso opere tutelate deve essere qualificato come «messa a
disposizione» e, di conseguenza, come «atto di comunicazione», nel senso di detta disposizione.
21 Per quanto riguarda il secondo degli elementi summenzionati, ossia che l’opera protetta deve
essere effettivamente comunicata ad un «pubblico», dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva
2001/29 discende che, con «pubblico», tale disposizione si riferisce ad un numero indeterminato di
destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole (sentenze
citate SGAE, punti 37 e 38, nonché ITV Broadcasting e a., punto 32).
22 Orbene, un atto di comunicazione, come quello compiuto dal gestore di un sito Internet
tramite i collegamenti cliccabili, è diretto a tutti gli utilizzatori potenziali del sito gestito da tale
soggetto, vale a dire un numero indeterminato e piuttosto considerevole di destinatari.
23 Pertanto, si deve ritenere che tale gestore effettui una comunicazione ad un pubblico.
24 Ciò premesso, come risulta da costante giurisprudenza, per ricadere nella nozione di
«comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, occorre
che una comunicazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante le
stesse opere della comunicazione iniziale ed effettuata in Internet come la comunicazione iniziale,
quindi con le stesse modalità tecniche, sia rivolta ad un pubblico nuovo, cioè ad un pubblico che i
titolari del diritto d’autore non abbiano considerato, al momento in cui abbiano autorizzato la
comunicazione iniziale al pubblico (v., per analogia, sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42; ordinanza
del 18 marzo 2010, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai
Optikoakoustikon Ergon, C‑136/09, punto 38, nonché sentenza ITV Broadcasting e a., cit., punto 39).

25 Nel caso di specie si deve rilevare che la messa a disposizione delle opere di cui trattasi

tramite un collegamento cliccabile, come quello esaminato nel procedimento principale, non porta a
comunicare le opere di cui trattasi ad un pubblico nuovo.
26 Infatti, il pubblico cui la comunicazione iniziale era diretta era costituito dal complesso dei
potenziali visitatori del sito considerato, poiché, essendo a conoscenza del fatto che l’accesso alle
opere su tale sito non era assoggettato ad alcuna misura restrittiva, tutti gli internauti potevano avere
liberamente accesso ad esse.
27 Si deve pertanto dichiarare che, qualora il complesso degli utilizzatori di un altro sito, ai quali
siano state comunicate le opere di cui trattasi tramite un collegamento cliccabile, potesse
direttamente accedere a tali opere sul sito sul quale siano state inizialmente comunicate, senza
intervento del gestore dell’altro sito, gli utilizzatori del sito gestito da quest’ultimo devono essere
considerati come potenziali destinatari della comunicazione iniziale e, quindi, ricompresi nel
pubblico previsto dai titolari del diritto d’autore al momento in cui hanno autorizzato la
comunicazione iniziale.
28 Di conseguenza, in mancanza di un pubblico nuovo, l’autorizzazione dei titolari del diritto
d’autore non è necessaria per una comunicazione al pubblico come quella di cui al procedimento
principale.
29 Tale constatazione non potrebbe essere rimessa in discussione nel caso in cui il giudice del
rinvio dovesse rilevare – cosa che non risulta chiaramente dagli atti – che, quando gli internauti
cliccano sul collegamento in esame, l’opera appare dando l’impressione di essere a disposizione sul
sito in cui si trova tale collegamento, mentre in realtà proviene da un altro sito.
30 Infatti, tale circostanza aggiuntiva non modifica affatto la conclusione secondo cui la
fornitura su un sito di un collegamento cliccabile verso un’opera protetta, pubblicata e liberamente
accessibile su un altro sito, ha l’effetto di mettere a disposizione degli utilizzatori del primo sito
l’opera medesima e costituisce, quindi, una comunicazione al pubblico. Tuttavia, dal momento che
non vi è un pubblico nuovo, per tale comunicazione al pubblico in ogni caso non è necessaria
l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore.
31 Per contro, nell’ipotesi in cui un collegamento cliccabile consenta agli utilizzatori del sito in
cui si trova tale collegamento di eludere misure restrittive adottate dal sito in cui l’opera protetta si
trova per limitare l’accesso del pubblico ai soli abbonati e, in tal modo, costituisca un intervento
senza il quale tali utilizzatori non potrebbero beneficiare delle opere diffuse, il complesso di tali
utilizzatori dovrà essere considerato quale pubblico nuovo, che non è stato preso in considerazione
dai titolari del diritto d’autore al momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale,
ragion per cui per tale comunicazione al pubblico si impone l’autorizzazione dei titolari. Ciò
avviene, in particolare, allorché l’opera non sia più a disposizione del pubblico sul sito in cui sia
stata comunicata inizialmente o sia ormai disponibile su tale sito esclusivamente per un pubblico
ristretto, mentre sia accessibile su un altro sito Internet senza autorizzazione degli aventi diritto.
32 Pertanto, occorre rispondere alle prime tre questioni proposte che l’articolo 3, paragrafo 1,
della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che non costituisce un atto di
comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet
di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet.
Sulla quarta questione
33 Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo
1, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che osti a che uno Stato membro possa
stabilire una tutela maggiore per i titolari del diritto d’autore, prevedendo che la nozione di
comunicazione al pubblico comprenda più forme di messa a disposizione di quante stabilite in tale
articolo.
34 A tale proposito, risulta segnatamente dai considerando 1, 6 e 7 della direttiva 2001/29 che
quest’ultima è volta, in particolare, a rimediare all’incoerenza normativa e all’incertezza giuridica
che accompagnano la protezione del diritto d’autore. Orbene, ammettere che uno Stato membro
possa stabilire una tutela maggiore per i titolari del diritto d’autore prevedendo che la nozione di
comunicazione al pubblico comprenda altresì operazioni diverse da quelle elencate all’articolo 3,
paragrafo 1, della direttiva 2001/29, avrebbe l’effetto di creare incoerenza normativa e, quindi,
incertezza giuridica per i terzi.
35 Di conseguenza, l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2001/29 risulterebbe inevitabilmente
compromesso se la nozione di comunicazione al pubblico potesse essere intesa dai diversi Stati
membri come comprendente più forme di messa a disposizione di quelle stabilite all’articolo 3,
paragrafo 1, di tale direttiva.
36 È pur vero che il considerando 7 della summenzionata direttiva non è finalizzato a sopprimere
o a prevenire le disparità che non incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno.
Tuttavia, si deve rilevare che, se agli Stati membri dovesse essere riconosciuta la facoltà di stabilire
che la nozione di comunicazione al pubblico comprende più forme di messa a disposizione rispetto
a quelle previste all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva stessa, il funzionamento del mercato
interno ne risulterebbe necessariamente compromesso.
37 Ne consegue che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 non può essere inteso nel
senso che consenta agli Stati membri di stabilire una tutela maggiore per i titolari del diritto
d’autore, prevedendo che la nozione di comunicazione al pubblico comprenda più forme di messa a
disposizione di quelle disposte da tale articolo.
38 Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza, dedotta dai ricorrenti nel procedimento
principale nelle loro osservazioni scritte, che l’articolo 20 della Convenzione di Berna prevede che i
Paesi firmatari possano concludere «accordi particolari» per conferire ai titolari di diritti d’autore
diritti più ampi di quelli riconosciuti da tale Convenzione.
39 A tale proposito, è sufficiente rammentare che, allorché una convenzione consenta a uno
Stato membro di adottare un provvedimento che risulti contrario al diritto dell’Unione, senza
tuttavia obbligarlo in tal senso, lo Stato membro deve astenersi dall’adottarlo (sentenza del 9
febbraio 2012, Luksan, C‑277/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62).
40 Poiché l’obiettivo della direttiva 2001/29 risulterebbe inevitabilmente compromesso se la
nozione di comunicazione al pubblico fosse intesa come comprendente più forme di messa di
disposizione di quante stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, uno Stato membro deve
evitare di utilizzare la facoltà attribuitagli dall’articolo 20 della Convenzione di Berna.
41 Di conseguenza, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 3,
paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato
membro possa stabilire una maggiore tutela dei titolari del diritto d’autore, includendo nella nozione
di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quelle disposte da tale articolo.
Sulle spese
42 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi
nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un atto di
comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet
di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet.
2) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta a
che uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela dei titolari del diritto d’autore,
includendo nella nozione di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quelle
disposte da tale articolo.

 




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Simone Marchetti
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RNEWS si rinnova. Il primo telegiornale online di un grande quotidiano – prodotto da RepubblicaTv, trasmesso da Repubblica. it e in onda su laEffe, la tv Feltrinelli sul canale 50 del dtt – si ripresenta da oggi in una nuova edizione più ricca e più estesa: ogni giorno, dal lunedì al venerdì, 15 minuti di notizie, analisi, approfondimenti e commenti con le firme e gli inviati di Repubblica. La formula elaborata in questi primi mesi, che ha portato RNews a superare la media di 70mila visualizzazioni al giorno, si perfeziona: alle 13.45 va in onda una edizione più lunga (15 minuti di durata contro i 10 attuali) e alle 19.45 la riproposta delle opinioni e delle storie del giorno con il rullo aggiornato delle notizie.

Una formula insieme più asciutta e più elaborata. Più spazio ai commenti delle firme, un notiziario più rapido e dinamico, un maggiore utilizzo dei collegamenti video per garantire la fruizione di un prodotto ancora più televisivo e allo stesso tempo sempre più appetibile per il web, capace di durare – in tv e online – ben oltre l’attuale segmento segnato dalle due edizioni quotidiane. Come nelle edizioni precedenti, ogni giorno RNews continuerà a rilanciare e a far rivivere il giornalismo dell’intero Sistema Repubblica, con le inchieste e i reportage di Affari & Finanza, del Venerdì e di D, le anteprime della Domenica di Repubblica e di Cult, gli approfondimenti di Salute e di Viaggi, le esclusive digitali di Repubblica. it e di RSera.

Riprendendo l’innovazione avviata in questi mesi con Twitter Time, dal lunedì al venerdì RNews continuerà poi a proporre alle 13.45 l’hashstag per commentare le notizie e i temi del giorno. I tweet degli utenti e dei telespettatori verranno quindi raccolti e rilanciati per tutta la giornata su Repubblica. it: esaltando così l’interattività del primo e unico telegiornale prodotto da un quotidiano, trasmesso dalla tv e aggiornato in tempo reale su Internet.

La nuova edizione di RNews è solo l’ultimo passo del lungo cammino di RepubblicaTv, che a novembre 2013 ha registrato 218 mila utenti unici giornalieri, 2,5 milioni di utenti unici nel mese, 431mila pagine viste al giorno e 13 milioni di pagine viste nel mese. Ampliando la straordinaria offerta di dirette e video, nei mesi recenti RepubblicaTv ha lanciato tra l’altro nuovi format televisivi ideati esclusivamente per il web: da WebNotte, il programma di Ernesto Assante e Gino Castaldo che fra diretta e on demand viaggia verso il mezzo milione di visualizzazioni, a WebCorner, lo speciale curato da Fabrizio Bocca e in onda in occasione dei grandi eventi sportivi, fino a RPrima, il programma dedicato alle anteprime al cinema, nella musica e in libreria, in una formula innovativa tra approfondimento e show interattivo.
di FRANCESCO FASIOLO
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Le radio sfidano Apple: chi vince conquista milioni di smartphone

radioIN USA DUE NUOVI SERVIZI, TRA CUI I-TUNES, CREANO PALINSESTI AUTOMATICI BASATI SU ALGORITMI SU MISURA PER OGNI UTENTE. LE EMITTENTI RISPONDONO CON IL SISTEMA DIGITALE DAB+ CHE ASSICURA PIÙ QUALITÀ DI SUONO E NON BRUCIA BANDA COME LO STREAMING
Non l’hanno uccisa 60 anni di tv e non la ucciderà nemmeno Internet. Ma la “cara vecchia radio” sta affrontando un passaggio difficile. Nel mondo e anche in Italia. Nel mercato nordamericano, che da solo fa il 53% dei circa 34 miliardi di dollari di ricavi pubblicitari globali attratti dal più antico dei media elettronici, da due mesi è stato lanciato i-Tunes Radio e in poche settimane ha raccolto 20 milioni di utenti. non si tratta di utenti unici, va bene, e 9 su dieci continuano a ascoltare radio sui loro iPhone anche attraverso Spotify e Pandora, ma l’arrivo di Apple è un segnale importante e imprime un’accelerazione al mercato in una direzione che mette a rischio il core business stesso della radiofonia. Il lavoro di una stazione radio, come chiamiamo ancora per abitudine le emittenti, consiste nella produzione di contenuti audio in forma di palinsesti. Che poi questi palinsesti viaggino sulle tradizionali onde radio terrestri, onde medie, Fm o nel nuovo standard digitale Dab, oppure via satellite o via Internet non importa, da questo punto di vista. E’ un business che non è stato finora neanche intaccato in modo particolare da Spotify. La piattaforma svedese è infatti un social network a pagamento per distribuire musica. Si paga un canone mensile sui 10 dollari oppure vi si accede gratis ma con la presenza di pubblicità e con un sostanziale limite di file scaricabili. E comunque è solo musica. Anche i-Tunes radio per ora è solo musica, ma non è un social
network. Come un altro servizio Internet americano, Pandora, invia agli utenti non la lista delle canzoni che piacciono ai loro amici su Facebook, come Spotify, ma la musica che piace a ogni singolo utente. Questo almeno secondo i calcoli di un algoritmo che analizza gusti, scelte e abitudini di ognuno. Fin qui, ancora, nulla di nuovo: è una nicchia. Pandora ha il 7% di quota d’ascolto negli Usa. Nei primi sei mesi 2013 ha fatturato 233 milioni di dollari, tutti in pubblicità e con una crescita del 46%, ma ancora perde molti soldi. Ma il punto è che invece Apple ha promesso che non si limiterà alla musica e che presto aggiungerà anche le news, le previsioni del tempo e i talk i programmi di intrattenimento. Che non produrrà ma pescherà dalla Rete un po’ come Google News è fatto con le notizie dei media tradizionali. In questo modo ognuno avrà la sua “stazione radio” personalizzata automaticamente dall’algoritmo di Apple. Il massimo del risparmio di tempo perché il sistema scarta automaticamente ciò che ognuno di noi scarterebbe di persona o piuttosto una specie di Truman Show radiofonico? La partita è appena iniziata e l’esito non è affatto scontato in favore dei nuovi servizi (così come Google News non ha fagocitato i giornali online) ma per il mercato radiofonico è comunque il segnale che è ora di darsi una mossa. Perché è in forte ritardo sulla digitalizzazione, soprattutto in Europa. Negli Usa, che hanno il vantaggio di essere un unico mercato da 300 milioni di utenti la radio non è certo un mercato residuale. Due gruppi si dividono la fetta più grande del mercato. Uno è Clear Channel, una syndacation di distribuzione e gestione della pubblicità che raccoglie 840 stazioni radio Usa e altre 140 tra Australia e Nuova Zelanda, con un fatturato annuo di 1,5 miliardi di dollari. Clear Channel ha creato un nuovo marchio per Internet, si chiama i-Heart Radio e riunisce sul web ben 1500 stazioni radiofoniche, le versioni online di quelle via etere più un numero imprecisato di radio native online, che esistono cioè solo su Internet. Diverso invece l’approccio al mercato di Sirius Xm, che è una vera e propria pay radio. Si riceve unicamente da satellite e si rivolge soprattutto al pubblico di chi ascolta la radio in auto. Sirius ha 25 milioni di abbonati che pagano un canone tra i 14 e i 18 dollari al mese, a seconda della presenza o meno di spot (o un pacchetto annuo da 199 dollari) per un fatturato che nei primi 9 mesi del 2013 ha raggiunto i 2,8 miliardi di dollari. Le dimensioni e i risultati di Sirius Xm dicono che la vera sfida nella radio è la mobilità. Non solo perché la radio si ascolta prevalentemente in macchina (anche in Italia) ma soprattutto perché anche i giovani che ascoltano la radio via Internet lo fanno sempre più spesso in mobilità. E questo significa una cosa ben precisa: che la nuova frontiera del business radiofonico – ed è una frontiera globale, che vale su tutti i mercati, dalle Americhe, all’Europa, all’Asia – è una sola. Ossia come mettere la radio dentro gli smartphone (e in misura minore nelle tavolette). Visto dall’Italia il problema è stavolta uguale al resto d’Europa. «Oggi in Italia la penetrazione degli smart device è al 50%, vuol dire che la metà degli utenti può già potenzialmente ascoltare programmi radio in streaming attraverso le app del telefono. Nel 2017 arriverà al 95%», spiega Andrea Samaja, Consulting, partner di Pwc (Pricewaterhouse Coopers), che ha appena pubblicato le sue previsioni sul mercato globale di Entertainment & Media fino al 2017. Si tratta, per ora, di un utilizzo sporadico. Anche perché lo streaming radio, consuma parecchia banda e quindi gli utenti la usano con parsimonia. La soluzione sarebbe ovviamente quella di trasformare gli smartphone in radio. E possibilmente in radio digitale Dab+ che consentirebbe al settore, che è ancora analogico, di digitalizzarsi più in fretta. Gli operatori cellulari però non ne vogliono sapere perché sarebbe traffico sottratto alle loro reti. Esiste, per esempio, una versione del Samsung Galaxy 4 dotato di ricevitore Dab, ma è solo sul mercato coreano. Senza digitale la partita è problematica. La programmazione delle radio attuali e la loro distribuzione attraverso il caos delle frequenze Fm non sono sufficienti a riconquistare il pubblico giovanile e il rischio è di regalarlo tutto ai nuovi servizi Internet. «Il digitale può fare la differenza. Può ad esempio dare due driver nuovi per questa generazione, ossia il suono di qualità e l’arricchimento dei contenuti da offrire – aggiunge Samaja – ma finora le imprese radiofoniche hanno esitato ad investire sul digitale a causa di una doppia incertezza: sullo standard tecnologico e sui sistemi di misurazione degli ascolti». Se il settore riuscirà a risolvere questi due problemi, la sfida con Internet sarebbe tutt’altro che perduta.
Stefano Carli
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