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Periferie romane assediate dal disagio sociale e dalla criminalità organizzata.

In campo la Commissione d’inchiesta parlamentare e quella anti-mafia della Regione Lazio
Il tempo sembra essersi fermato nelle periferie romane. In queste ore sono iniziate le ‘ispezioni’ della Commissione parlamentare di inchiesta, che ha scoperto una condizione dei quartieri periferici romani ai limiti della sopportazione umana. A descrivere la situazione il presidente della speciale commissione, Andrea Causin che con queste parole ha descritto la situazione: “Le audizioni dei rappresentanti dei consorzi di autorecupero‎ delle periferie, delle associazioni per la rigenerazione urbana e dei comitati e associazioni degli abitanti dei Piani di Zona di Roma, sono un contributo prezioso per i lavori della commissione da me presieduta. Il dialogo e il confronto con chi ogni giorno vive i problemi e cerca soluzioni, è fondamentale ed imprescindibile”.

Il quadro che emerge a Roma è drammatico e preoccupante. Opere primarie mai completate e un miraggio la presenza di polizia e carabinieri

“Il quadro che emerge su Roma è drammatico e preoccupante. Opere di urbanizzazione primarie mai completate, piani di zona privi di rete elettrica, telefonica, del gas, e allacci fognari, con la conseguenza che i cittadini sono costretti in alcuni casi a pagare di tasca propria. In alcuni quartieri, come la Borghesiana e Tor Bella Monaca, la presenza delle forze dell’ordine è un miraggio, il tasso di abbandono scolastico è elevatissimo, vi è presenza di piazze dello spaccio aperte 24 ore al giorno‎, lotti di terreno dove sono state edificate abitazioni per residenza agevolata che tutt’oggi risultano di proprietà di società malavitose. Le denunce dei rappresentati dei comitati e degli abitanti dei Piani di Zona di Roma saranno parte integrante della relazione che la commissione periferie presenterà al Parlamento. Non solo. Trasmetteremo al sindaco di Roma, Virginia Raggi, al presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti e alle istituzioni competenti, le relazioni dei comitati e delle associazioni ascoltate oggi”, conclude.

In Regione le audizioni del presidenti di IV e VI Municipio, quadranti ricchi di potenzialità ma assediati dalla criminalità

E mentre la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle periferie va avanti con il suo lavoro, stessa cosa fa quella antimafia della Regone Lazio. E’ cominciato infatti l’ascolto dei presidenti dei municipi di Roma, a partire da quelli che amministrano i territori menzionati dal capo della polizia, Franco Gabrielli, durante l’audizione in Commissione parlamentare sulle periferie. L’incontro con i presidenti del IV e del VI municipio, ha permesso alla Commissione di approfondire le problematiche di zone quali San Basilio, Tor Bella Monaca e Ponte di Nona. Quartieri difficili ma al contempo ricchi di potenzialità, dove il basso livello dei servizi si associa spesso alle piazze dello spaccio, alla delinquenza minorile, a un’aspettativa di vita inferiore rispetto agli altri quartieri”. E’ quanto afferma la vice presidente della Commissione regionale sulla criminalità e le infiltrazioni mafiose nel Lazio, Marta Bonafoni.
“Un’audizione necessaria, quindi, per ascoltare questi territori, ma anche per individuarne le criticità maggiori e per chiedere risposte a chi si trova adesso a governarli – prosegue Bonafoni – Ripartire dal sociale, dalla cultura, dalla rigenerazione urbana sono le parole d’ordine emerse nel corso dell’audizione, ma anche la necessità di non criminalizzare i territori e di valorizzarne le risorse migliori, le associazioni, i comitati e le realtà che più di ogni altro conoscono il quartiere in cui vivono. Recepire prima di tutto le loro istanze, dunque, a partire dal grido di allarme lanciato proprio oggi dai rappresentanti di consorzi di autorecupero delle periferie e dalle associazioni per la rigenerazione urbana della Capitale, che durante la seduta della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni delle città e delle loro periferie hanno descritto una situazione di abbandono inquietante. A questo degrado e a questa solitudine vanno trovate risposte nella partecipazione e nell’inclusione, quali strumenti a disposizione delle istituzioni per ridurre quel divario tutt’oggi presente tra la politica e i bisogni delle periferie”.

Giordano (Cgil Regione Lazio): “Sempre più evidente nelle periferie lo sfilacciamento dei rapporti sociali”
“Dai recenti fatti di San Basilio e del Trullo, dove è stato negato a due famiglie immigrate l’accesso all’abitazione di edilizia popolare loro assegnata, alla nuova manifestazione di sabato scorso: il dibattito cittadino continua a riaccendersi sul tema della casa mostrando come sia stretta la connessione con il sistema del welfare romano, il razzismo, il disagio sociale delle periferie, l’aumento della disoccupazione in un contesto politico di maggioranza e opposizione inconcludente”. Così, in una nota, Roberto Giordano, segretario della Cgil regionale. “Non apparteniamo alla squadra dei detrattori a prescindere – continua -. Crediamo anzi che la politica debba essere sempre protagonista ma siamo preoccupati per il sempre più evidente sfilacciamento dei rapporti sociali. Discutere di casa significa discutere del destino della città, dei quartieri e dei suoi abitanti. Chi ha manifestato sabato abita da più di dieci anni nei Caat, con un patrimonio che tra Ater e Comune di Roma ammonta a circa 73mila appartamenti e che totalizza il 47% del mercato degli affitti della Capitale”. “Nel patrimonio pubblico – precisa – vi sono molte rendite di posizione che non possono più essere tollerate e che vanno affrontate in maniera sistemica. Se si applicasse il Dgr 18 della Regione Lazio sull’emergenza abitativa e il nuovo Piano sociale di Roma, in fase di avvio, analizzando le criticità esistenti, si potrebbe davvero affrontare l’emergenza abitativa. Una maggiore mobilità del patrimonio Erp, la riforma degli enti gestori, la costituzione di un osservatorio e di un’agenzia per la casa, la rimodulazione degli alloggi: tutto ciò consentirebbe di evitare un nuovo consumo di suolo e ulteriori speculazioni. Naturalmente per fare questo ci vuole una regia politica, una politica appunto che torni a essere protagonista”.

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Noi cittadini di serie b, abbandonati dallo Stato

Le periferie romane in Parlamento: “Noi cittadini di serie b, abbandonati dallo Stato”
Una decina di comitati di quartiere sono stati ascoltati a Palazzo San Macuto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città
Abbandono, degrado, criminalità, ma anche problemi di salute e in alcuni casi addirittura assenza dei servizi essenziali come acqua potabile, fognature o illuminazione. Da Tor Bella Monaca a Castelverde, da Borghesiana al Parco degli Acquedotti passando per Corcolle e Don Bosco, i rappresentanti di una decina di comitati di quartiere della periferia romana sono stati invitati e ascoltati questa mattina a Palazzo San Macuto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, presieduta da Andrea Causin (Area popolare-Ncd).

Tema centrale, senza dubbio, la sicurezza: “Troppo spesso siamo rimasti inascoltati in questi decenni – ha detto Riccardo Pulcinelli dell’Anacipe – nell’ultimo anno il numero di reati a Roma è diminuito del 15%, e allora ci domandiamo: perchè la percezione di sicurezza è ancora così bassa? Ci viene il dubbio che i cittadini, tra lentezza giudiziaria e burocrazia, hanno rinunciato a denunciare i reati. Oltretutto parliamo magari di Tor Bella Monaca e San Basilio, dove ci sono caserme e commissariati, e allora nella zona est dove la presenza delle forze dell’ordine è miraggio cosa dobbiamo pensare? In periferia il rapporto numerico forze dell’ordine/cittadini è vergognoso rispetto al centro. Percepiamo lo stato di abbandono in cui le istituzioni, soprattutto il Comune, ci hanno lasciato: enormi quartieri dormitorio dove vengono riversati immigrati e creati campi nomadi, senza mezzi pubblici adeguati, illuminazione a giorni alterni, parchi nel degrado. Zone in cui nascono veri e propri ghetti e zone franche”.

ECCO LE QUATTRO PERIFERIE PIU’ A RISCHIO DI ROMA

Andrea de Carolis, ex assessore della giunta M5S del VI municipio, esponente di Quartieri riuniti in evoluzione, parla di Roma est: “Noi non è che ci sentiamo, noi siamo abbandonati dallo Stato. Siamo ricchi di umanità, abbiamo la massima concentrazione di giovani, siamo pieni di bellezze naturali e archeologiche, da Villa Adriana alla necropoli dell’Osa, eppure siamo tagliati fuori da tutto. Ci siamo opposti all’ecomostro di Rocca Cencia perchè siamo già primi nei dati sulla diffusione del cancro da parte del dipartimento epidemiologico. C’è una condizione di illegalità diffusa, come nell’ex cava dell’Osa o nelle discariche di Lunghezza e Lunghezzina, siamo esposti ai veleni degli inceneritori. Ma noi ci siamo rivoltati contro questa Terra dei fuochi di Roma, ci siamo attrezzati per reagire e abbiamo proposto la creazione del parco nazionale dell’Agro romano: abbiamo avviato l’iter, ma ora vi chiediamo di aiutarci in questo percorso”.

C’è anche Matteo Gasbarri, dell’associazione Tor Più Bella: “Il municipio VI ha il dato di speranza di vita più basso di Roma, è una piazza di spaccio chiusa dove la droga si vende nei pianerottoli, nei palazzi, un caso unico. Solo tra febbraio e luglio 2016 sono state arrestate 200 persone nel raggio di 500 metri e i clan godono di consenso sociale, sostituendosi al welfare statale tramite la ‘retta’ per le persone meno abbienti”. Amedeo Del Vecchio, presidente di Valle Margherita e rappresentante dei consorzi di Valle Borghesiana: “Il toponimo Valle Borghesiana è bloccato per motivi di forma, perchè i lotti non sono di proprietà di chi li occupa ma sono di proprietà di malviventi riconducibili a Mafia Capitale e alla banda della Magliana. Noi non siamo solo abbandonati, ma dobbiamo combattere in prima linea incontrandoci con persone che, durante le riunioni, mettono la pistola sul tavolo”.

Per Francesco Giordano del Consorzio Osa “a Roma ci sono ancora interi quartieri senza acqua potabile a al buio, nonostante ci siano tutti i fondi necessari. Questo fa rabbrividire”. E ancora: Dario Piermarini, dell’Associazione per la rigenerazione di via Flavio Stilicone, ha spiegato che “nel VII municipio, un territorio grande come Bari, il filo conduttore sono la criminalità e il degrado”, mentre al Parco degli Acquedotti, ha raccontato Luciano Di Vico, dell’omonima associazione di volontari, “ci sono occupazioni abusive, spaccio, meretricio, furti e scippi grazie a barriere naturali incolte come arbusti, fusti e canne che diventano facile covo per persone poco rispettabili”. Da segnalare, infine, la proposta di Salvatore Codispoti, presidente dell’Unione borgate: “Proponiamo alla commissione un’assemblea in periferia dove siate voi a venire da noi per raccogliere le testimonianze dirette dei cittadini e rendervi conto con i vostri occhi della situazione che viviamo ogni giorno”.

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I deputati in missione tra periferie e campi rom. «Qui c’è il fallimento dello Stato»

A Montecitorio è stata costituita una commissione di inchiesta sulla sicurezza e il degrado delle nostre periferie. Prima di Natale le prime visite a San Basilio e Tor Sapienza, presto i deputati saranno a Milano, Napoli e Palermo. Un viaggio per capire i motivi e trovare soluzioni all’esclusione.

«A San Basilio ho visto con i miei occhi il fallimento dello Stato». Pochi giorni prima di Natale, il deputato Andrea Causin ha guidato la delegazione parlamentare in alcune delle zone più difficili della Capitale. Veneziano, esponente di Area Popolare, da pochi mesi è il presidente della commissione di inchiesta sulla sicurezza e il degrado delle periferie italiane. In meno di un anno, i venti deputati che ne fanno parte effettueranno una decina di “missioni”. Visiteranno le aree del Paese più colpite dal fenomeno dell’esclusione sociale, tra povertà e assenza di lavoro, solitudine e criminalità. Contesti urbani spesso mal progettati, dove è palpabile la distanza, non solo geografica, dal centro cittadino.

Lo scorso 20 dicembre si è deciso di partire da Roma. San Basilio e Tor Sapienza, due periferie difficili. «Abbiamo preparato questi incontri con grande umiltà – continua Causin – E quello che abbiamo trovato mi ha molto sorpreso». Tra palazzine occupate e discariche abusive, «finalmente ho capito perché tanta gente si sente distante dalla politica e dalle istituzioni». Territori complicati, spesso al centro delle cronache, dove però non mancano segnali positivi. Frutto dell’impegno di tanti residenti. A San Basilio i deputati hanno visitato le case popolari e si sono confrontati con le realtà che vivono quotidianamente il quartiere. Il parroco, le istituzioni del IV municipio, le forze dell’ordine, gli insegnanti e le associazioni impegnate sul territorio.

San Basilio e Tor Sapienza, due periferie difficili. «Abbiamo preparato questi incontri con grande umiltà – racconta il parlamentare – E quello che abbiamo trovato mi ha molto sorpreso». Tra palazzine occupate e discariche abusive, «finalmente ho capito perché tanta gente si sente distante dalla politica e dalle istituzioni»

Dal confronto sono emerse diverse criticità, tutte componenti dello stesso disagio. La mancanza di case e di lavoro, la solitudine e l’esclusione sociale. Senza dimenticare un tema tipico della realtà romana: la forte percezione di immobilità, diretta conseguenza di investimenti mancati e progetti mai ultimati. Sullo sfondo, un quartiere dove lo Stato sembra essersi fatto da parte. E dove il controllo del territorio da parte della criminalità è tangibile. «Io l’ho avvertito chiaramente» racconta Causin. Proprio qui, alcune settimane fa, una famiglia marocchina è stata allontanata nonostante avesse regolarmente ottenuto un alloggio popolare. Non è una storia di razzismo. Non solo, almeno. Dietro a quella vicenda, come ha raccontato ai deputati il parroco di San Basilio, si nasconde soprattutto un tema di illegalità. Il controllo del territorio, di una piazza di spaccio, da parte di un sistema che non può permettere la presenza dello Stato e l’attribuzione di case popolari attraverso regolari bandi e graduatorie.

Dopo San Basilio, Tor Sapienza. Altra periferia romana, altro territorio difficile. Qui, un paio di anni fa, si è consumata una rivolta popolare contro alcuni giovani profughi eritrei ospiti di una piccola struttura. Ancora una volta razzismo, ma non solo. La vicenda nascondeva anche un altro tema: la rivalità tra cooperative d’accoglienza e il business dei richiedenti asilo. Da queste parti la commissione ha visitato il campo rom di via Salviati. Per molti parlamentari è stata una sorpresa. Bambini nel fango, baracche, degrado, abbandono. «Uno scenario toccante – ricorda Causin – Mi sono reso conto delle condizioni subumane in cui vivono alcune persone, nelle nostre città».

Quando riprenderanno i lavori parlamentari, l’impegno della commissione entrerà nel vivo. I prossimi due mesi saranno dedicati allo studio e all’acquisizione di dati sulle principali situazioni di disagio: un’istantanea delle periferie italiane, con particolare attenzione alle grandi città metropolitane. In questa fase saranno ascoltati il presidente dell’Istat e il capo della Polizia, ma anche il sottosegretario che riceverà le deleghe per il piano periferie del governo e l’architetto Renzo Piano, che sta coordinando una grande opera di “rammendo” delle periferie. Accanto al lavoro teorico, si tornerà sul campo. Dopo San Basilio e Tor Sapienza, i membri della commissione andranno a Milano (probabilmente presso i quartieri Corvetto e Pioltello), Napoli e Palermo. Si cercherà di fotografare le maggiori situazioni di difficoltà, inquadrando le tante componenti del disagio. Quella geografica è solo la più superficiale: «Spesso ci si dimentica che la periferia è ovunque – racconta Milena Santerini, deputata di Democrazia Solidale – Centro democratico ed esponente della commissione di inchiesta – Il carcere di San Vittore è nel centro di Milano, eppure è una periferia. Dove ci sono esclusione ed emarginazione, anche quella è periferia».

Dopo San Basilio, Tor Sapienza. Altra periferia romana, altro territorio difficile. Qui, un paio di anni fa, si è consumata una rivolta popolare contro alcuni giovani profughi eritrei ospiti di una piccola struttura. Da queste parti la commissione ha visitato il campo rom di via Salviati. Per molti parlamentari è stata una sorpresa. Bambini nel fango, baracche, degrado, abbandono

Entro un anno, la commissione dovrà stilare un documento conclusivo. Un’analisi sul disagio delle periferie italiane attraverso l’esame di una serie di fattori: l’urbanistica, la composizione sociale, la disoccupazione. Ma anche la povertà ed esclusione sociale. Senza dimenticare la mobilità, le infrastrutture e il trasporto, tutti elementi che contribuiscono ad acuire la solitudine di molti quartieri. E ancora la diffusione di scuole, servizi, strutture religiose e sanitarie. Inevitabilmente, la presenza di stranieri e migranti. Ecco la prima grande sfida. «Troppe volte – continua Milena Santerini – in periferie dove mancano case, lavoro e trasporti si prende un campo rom o uno stabile occupato da rifugiati come la causa del degrado». La ricerca di un colpevole può allontanare dalla soluzione del problema. Scegliere un capro espiatorio rischia di sottostimare il disagio dei cittadini senza comprendere le tante cause del problema.

Ma si deve anche guardare al futuro. La commissione ha l’obiettivo di raccontare le esperienze positive trovate nelle periferie. Le persone e le attività che si occupano di ricucire le lacerazioni sociali, il variegato mondo del volontariato. Il documento conclusivo dovrà puntare l’attenzione sugli investimenti e la progettualità. Spesso il degrado è la diretta conseguenza dell’assenza di politiche abitative e della mobilità, della poca attenzione verso i giovani e il sociale. Ecco perché la commissione dovrà offrire spunti al Parlamento sul piano legislativo e della gestione dei fondi a disposizione. Difficile fare previsioni. Il calendario dei lavori dipenderà ovviamente dalla durata dell’esecutivo. Se il governo proseguirà il suo cammino, la commissione farà altrettanto. «In ogni caso il nostro impegno non si esaurirà a breve – racconta il presidente Causin – Un argomento così importante dovrà essere approfondito anche nella prossima legislatura».

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Periferie, una Commissione di inchiesta valuterà il degrado delle città.

Un anno di tempo per lo studio di struttura urbanistica, trasporto urbano, scuole, impianti produttivi e sportivi e per l’invio di proposte di intervento.
Lo stato delle periferie e le condizioni di degrado delle città saranno esaminate da una Commissione parlamentare di inchiesta. La Commissione, istituita con una delibera della Camera dei Deputati, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, avrà un anno di tempo per un lavoro articolato in tre fasi.

Periferie e Commissione parlamentare di inchiesta
Nella prima fase la Commissione parlamentare di inchiesta condurrà una indagine sui potenziali fattori di disagio. Saranno passate in rassegna la struttura urbanistica dei quartieri, la presenza di infrastrutture di trasporto e le condizioni della mobilità urbana. Verranno valutati anche la composizione sociale degli abitanti, la presenza di attività produttive, di lavoro sommerso o precario, la situazione dei giovani e la distribuzione di strutture collettive, come scuole, presidi sanitari e impianti sportivi.

Si passerà quindi alla seconda fase in cui la Commissione ascolterà le proposte di associazioni e organizzazioni operanti sul territorio.

Nella terza e ultima fase la Commissione inoltrerà alla Camera proposte di intervento, anche di carattere normativo.

Per lo svolgimento di questo lavoro sono previsti dodici mesi. Alle attività parteciperanno 20 deputati che saranno nominati dal Presidente della Camera. Al funzionamento della Commissione sono stati destinati 50mila euro.

delibera

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