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Il co-housing piace alle famiglie

Risparmio energetico e vita di comunità.
Un condominio con 7 famiglie e un progetto di vita condiviso: a Ferrara nasce il progetto Cohousing San Giorgio. Alloggi privati e spazi comuni, con un notevole risparmio economico e ambientale. E la spesa iniziale di acquisto della casa si ammortizza in 5 anni.
“Tramite il nostro progetto di cohousing puntiamo al risparmio delle famiglie, alla tutela dell’ambiente, alla solidarietà tra generazioni, a invertire un modello di vita in cui la solitudine e l’emarginazione sociale avanzano. Vogliamo promuovere nuove forme di quell’antico vicinato solidale che esisteva 50 anni fa, distaccandoci dalla direzione della società attuale” afferma Alida Nepa di Solidaria di Ferrara. È questo l’obiettivo dell’associazione estense impegnata a promuovere progetti di cohousing nel territorio e che oggi ha consegnato le chiavi di casa alle 7 famiglie che hanno aderito al progetto Cohousing San Giorgio.
Negli ultimi anni si sta diffondendo la necessità di uno stile di vita più ecologico e meno consumistico: il cohousing risponde a questa esigenza proponendo un modo di abitare condiviso, fatto di alloggi privati – in cui ognuno può mantenere la propria privacy – e di spazi comuni, come la lavanderia, la stireria, la ludoteca, il giardino, l’orto, dove è possibile svolgere insieme le attività. Si tratta quindi di una coabitazione intenzionale mirata a forme solidaristiche, di risparmio e di minor impatto sull’ambiente circostante. Questa tipologia di abitazione favorisce quindi l’inserimento di categorie svantaggiate o bisognose di cure particolari, le quali possono trovare in questi progetti un ambiente che risponde alle loro necessità. Per questo, dal 2013 l’associazione Solidaria ha radunato circa 60 famiglie interessate ai temi dell’abitare condiviso. Fra queste sono 7 quelle che stanno effettivamente traslocando nel condominio in questi giorni.
L’idea è nata dal basso, dalle persone stesse, che hanno gestito in autonomia la scelta dell’area in cui è sorto lo stabile: un lotto di circa 3500 mq a pochi passi dalla rinascimentale chiesa di S.Giorgio, a un paio di chilometri dal centro storico di Ferrara. “Le famiglie non si conoscevamo prima e la sfida è stata proprio questa: non conoscersi ma voler condividere il nostro quotidiano con altre persone, per migliorare la qualità di vita di tutti. Dal 2013 a oggi abbiamo imparato a conoscerci, aiutati durante il percorso da una ‘facilitatrice’ che ha potenziato la consapevolezza del potere del gruppo, portando alla luce gli eventuali conflitti e preoccupazioni e facendo sì che li risolvessimo collettivamente – spiega Alida Nepa, una degli inquilini –. La fase di progettazione partecipata è durata circa tre mesi, durante i quali abbiamo definito un progetto tagliato su misura in base delle esigenze specifiche di ogni abitante, dagli anziani soli, alle famiglie con bambini. In uno spazio di 70 mq abbiamo scelto di mettere a disposizione di tutti la sala in cui possono giocare i più piccoli – ma dove è possibile organizzare eventi e condividere hobby – la libreria, il camino, il bagno, la lavanderia, il giardino e l’orto”.
La parte architettonica è stata affidata allo studio bolognese Rizoma architetture: “Il fattore principale che contraddistingue la scelta di abitare in modo condiviso con gli altri è quello del tempo, cioè metterlo anche a disposizione degli altri, aiutarsi a vicenda nelle faccende quotidiane, farsi compagnia e far parte di una comunità – spiega Giovanni Franceschelli, architetto dello studio –. Inoltre questo tipo di scelta porta a un risparmio economico e ambientale da non sottovalutare”. L’edificio realizzato è infatti off-grid, cioè autosufficiente, non ha la connessione alla rete del gas, il sistema di smaltimento delle acque reflue viene effettuato in sito senza collegamento alla rete fognaria pubblica ed è stata installata una vasca di raccolta dell’acqua piovana di 12.700 litri, che consente l’irrigazione del giardino e dell’orto condiviso. La spesa iniziale di acquisto della casa viene ammortizzata, secondo i calcoli dei tecnici, nel giro di 5 anni: i pannelli fotovoltaici e la pompa di calore consentiranno infatti spese irrisorie per il riscaldamento e raffreddamento individuale, per l’uso delle lavatrici condominiali e l’utilizzo dei vasti spazi comuni. Nel bilancio dei consumi e dell’energia prodotta, a ciclo completo questi aspetti si tradurranno in una spesa per ogni famiglia prossima allo zero.
Cohousing Ferrara 2
La struttura del condominio è in legno e comprende 3 piani. In programma la realizzazione futura di un secondo edificio dove si svolgeranno le attività pubbliche di quartiere.

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Social Housing, progetto Ance per valorizzare gli immobili delle banche

Conferire gli asset immobiliari delle banche a un fondo partecipato da Cdp con l’obiettivo di destinarli all’edilizia sociale

Sottrarre alla crisi gli asset immobiliari delle banche, completarli e valorizzarli per destinarli al social housing.
Il progetto, elaborato dall’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance), mira anche a dare una soluzione al problema delle sofferenze bancarie (il cui valore è pari a circa 170 miliardi) che in Italia sono garantite da asset immobiliari nel 40% dei casi.

CONFERIMENTO DEGLI ASSET IMMOBILIARI A UN FONDO PARTECIPATO DA CDP. Il progetto, ora al vaglio dell’Esecutivo, dell’Abi, Anci, Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Alleanza delle cooperative, prevede il conferimento di tali asset immobiliari a un fondo partecipato da Cdp con l’obiettivo di destinarli al social housing.
In particolare, spiega una fonte riportata da Il Sole 24 Ore, è prevista la creazione di un fondo specifico per ogni banca aderente al programma. Ogni istituto bancario potrebbe coinvolgere la Cassa depositi e prestiti per individuare gli asset potenzialmente apportabili al fondo e valutarli. Successivamente la Cdp formulerebbe un’offerta all’istituto di credito e all’impresa costruttrice, oppure alla curatela nel caso di procedure giudiziarie. Una volta apportati gli immobili al fondo, l’impresa e la banca parteciperebbero con il 15-20% delle risorse necessarie, ragionevolmente sotto forma di equity.
VANTAGGI PER LE BANCHE E PER LE IMPRESE DI COSTRUZIONI. In questo modo le banche liberano dalle sofferenze i loro bilanci e le imprese edili hanno lavoro una volta apportati gli immobili da completare e valorizzare, per destinarli all’housing sociale.

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Coworking cohousing cooperative Corviale condiviso

188544_205020276179884_4280881_nPrima di cominciare a parlare di cultura a Corviale prima di fare piani e prospettive occorre avere una visione di quello che a Corviale serve per avere un’identità di comunità un’idea di comunità smart che costruisca il futuro senza dimenticare il passato.

Corviale condiviso significa identificare i nessi che già esistono e ricucirli in una trama che faccia intravedere tutta la rete di relazioni sociali culturali affettive che si muovono sotto la crosta del cemento e dell’asfalto portando alla luce le tante energie vitali che si muovono sottotraccia.

Un Corviale condiviso che si ritrova si mostra anche alla città e al resto di un mondo nella fase dell’interrogazione di nuove forme di relazioni di nuove forme dell’abitare di nuovi modelli di vita sociale culturale empatica.

Trovare questo bandolo della condivisione  è la cifra di un nuovo fare non più soggettivo e sconnesso ma sincronico empatico social.




Sei nonni sotto un tetto, si moltiplica il co-housing anti-crisi

cohousingA Roma con S.Egidio si sperimentano esperienze di comune

Sei nonni sotto un tetto. Accade a via Pratomagno, nel quartiere africano, a Roma dove si sperimenta la condivisione di una casa tra anziani. Per combattere la crisi ma anche la solitudine si dividono le bollette, la spesa ma anche il tempo. A via Pratomagno il coinquilino più anziano, Michele, ha 98 anni. Ma c’è anche Clinio, che ha vissuto per anni in strada e poi si è fermato; Francesco, ex macchinista tipografico soprannominato ‘il ministro degli Esteri’ o ‘delle minestre’ per via delle sue abilità culinarie. Poi ci sono Luigia, Oliviero e Angela. All’ingresso della casa si apre lo spazio comune: sulla destra c’è una cucina (alle 19 c’è già qualcosa che bolle in pentola), sulla sinistra una sala dominata dalla tv e dalle poltrone che dà su una terrazza. “Sono arrivato qui circa tre anni fa, prima stavo in un ‘ricovero’ – racconta Michele -. Sono stato lì 10 anni, poi ho saputo che qui c’era posto e sono venuto. Mi trovo bene, perchè lì eravamo 32 persone e qui 6. Ci facciamo compagnia. Andiamo d’accordo, mangiamo insieme, abbiamo le nostre camerette. Siamo tutti amici, viviamo insieme come facciamo a non essere uniti…”.

Nelle stanze, quattro in tutto per gli anziani, ognuno conserva con cura un po’ del suo passato: foto, quadri e ricordi mostrati con orgoglio. Come delle pipe intagliate nel legno da Francesco, uno della casa: “Sono arrivato il 18 dicembre del 2010 e sono il primo – racconta fiero – La giornata tipo? I primi si svegliano alle 7.30, qualcuno alle 9.30. Poi iniziamo a cucinare, in genere lo faccio io per tutti, per i belli e i brutti – scherza – Perché quando cucino io si mangia un po’ meglio. La mia specialità è la zuppa di fagioli. Dopo pranzo qualcuno esce, altrimenti stiamo qua”. Se facciamo feste e cene a casa? “Avoja! – risponde in romanesco Oliviero, classe 1933 -. Sempre, quasi tutte le domeniche, a volte c’è un compleanno, poi una cosa, un’altra!”.

“Qui ognuno contribuisce come può al mantenimento della casa – spiega Roberto Bortone, dellaComunità di Sant’Egidio – ogni anziano dà una parte in base al suo reddito per contribuire alle spese della casa, dalla badante alle pulizie, fino alle bollette e alla spesa”. Gli anziani “escono a fare la spesa, hanno rapporti di vicinato e questo è importante anche per la loro salute – dice Giovanna Sisti, anche lei di S.Egidio -. Questa è un’esperienza replicabile perchè ogni volta che due anziani mettono insieme le loro risorse, una casa, una pensione c’è la possibilità di una convivenza e quindi la possibilità di non andare in istituto. In un momento in cui il welfare è in crisi, le pensioni sono limitate e il problema della casa esiste la possibilità di fare delle convivenze è una rivoluzione anche culturale, una possibilità concreta di far fronte in modo sereno al momento della vecchiaia”. Tra i coinquilini di via Pratomagno si percepisce un rapporto ormai consolidato: scherzano, si stuzzicano. Una comune agée dove si condivide tutto e ci si aiuta. Anzi, qualcosa di meglio di una comune. “E’ come una famiglia – dice Angela con gli occhi da bambina- ed è quello che desideravo per la mia vecchiaia”

Paola Lo Mele (ANSA) 

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Cohousing, a Milano nuovo progetto “social” da cinquanta appartamenti

cohousing_6401Orti e frutteti in comune, spazi per i bambini o il bricolage. Presentato a Milano un piano edilizio,vicinio all’abbazia di Chiaravalle, secondo la formula della condivisione e del “mutuo soccorso” tra vicini. “Uno stile di vita sostenibile”

Cinquanta nuovi appartamenti nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle, poco fuori Milano, ricavati da una cascina del ‘600. E spazi comuni da condividere con gli altri condomini. E’ il nuovo progetto che dovrebbe nascere in cohousing entro la primavera del 2016, se tutto va bene. Il terreno che circonda la cascina potrebbe essere destinato a orti e frutteti, gli spazi comuni accogliere depandance per gli ospiti, spazi riservati ai bambini o al bricolage, piscina e fitness room. L’uso, comunque, lo decideranno gli acquirenti nel corso delle riunioni partecipate. Perché il cohousing prevede proprio questo: partecipazione, condivisione. Pur vivendo ciascuno nel proprio appartamento.

I prezzi non sono esattamente popolari: si va dai 2900 ai 3000 euro al metro quadrato. Ma è incluso il plus dei servizi comunitari, assicurano i promotori. E il risparmio si dovrebbe misurare sul lungo periodo in termini di consumi energetici: geotermia e pannelli fotovoltaici consentirebbero di riscaldare e raffreddare lo stabile praticamente a costo zero.

Il cohousing è una pratica già ampiamente diffusa nel Nord Europa che da qualche anno sta prendendo sempre più piede anche a Milano. Una sfida, in tempi di crisi, il cui obiettivo è favorire l’unione di forze e risorse. In fondo la si potrebbe vedere come la versione evoluta dei rapporti di buon vicinato, in passato improntati alla solidarietà e allo scambio e ormai scomparsi – o perlomeno resi sempre più anonimi – dagli orizzonti delle grandi città come Milano.

Ma non si tratta solo di questo. Perché lo spirito del cohouser prevede di collaborare all’organizzazione di attività collettive, dalla cura dell’orto alle feste di compleanno, ma anche di promuovere la creazione di gruppi di spesa a chilometro zero e incentivare forme di mobilità alternativa come il car sharing. Un “lavoro” quasi a tempo pieno (che inevitabilmente taglia fuori individualisti e pigroni). I progettisti, dal canto loro, dovrebbero impegnarsi a utilizzare fonti di energia rinnovabili per contenere consumi ed emissioni. Partecipazione, insomma, ma anche innovazione.

Il nuovo progetto di Cohousing Chiaravalle è stato presentato oggi da Newcoh, la stessa società che ha già realizzato 5 edifici tra capoluogo lombardo e hinterland, tra cui quello di Milano Bovisa e il più recente Terra Cielo a Rodano, in classe energetica A+.

Il cohousing, sostiene il responsabile del progetto Marco Bolis, nasce come risposta a un desiderio sempre più forte di socialità e di condivisione, oltre al bisogno di uno stile di vita sostenibile. “A Milano i vicini mi salutavano a malapena, la qualità della vita, con due bambini, era bassissima”, spiega Massimo Annibale Rossi, presidente di una Ong e tra gli abitanti del complesso Terra Cielo di Rodano. “Con il cohousing ho scoperto i vantaggi della vita comunitaria senza rinunciare alla privacy. Anche se le porte di casa mia sono quasi sempre aperte”.

A Chiaravalle resta un’incognita: la cascina è occupata da famiglie rom, che dovrebbero venire sgombrate e sistemate altrove prima dell’inizio dei lavori. Per loro niente cohousing.

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