1

Le banche del tempo versione sharing

È un’esperienza che ha anticipato la sharing economy che oggi è diffusa in tutta Italia: sono oltre 500 i casi. Quello più innovativo, in Brianza a Carnate, lo abbiamo raccontato sul numero di Vita Bookazine in edicola che sarà presentato a SharItaly domani

Non riesci più a pagare le bollette? Dona il corrispettivo di ore di lavoro alla tua cittadina e ti vengono pagate con il Fondo solidale attivato da Comune parrocchia e associazioni. Hai bisogno di beni di prima necessità? Presta servizio all’emporio della solidarietà e in cambio avrai diritto a ricevere quello che ti serve. C’è un fenomeno che, all’apparenza silente ma sempre in movimento, sta creando legami tra le persone rafforzando il loro senso di appartenenza a una comunità: è l’evoluzione sempre più sociale delle banche del tempo, che oggi sono 500 in tutta Italia e coinvolgono almeno 50mila cittadini di ogni cultura, reddito, provenienza o religione. Reciprocità è il punto di partenza di ogni realtà del genere, di solito riconosciuta come Aps, Associazione di promozione sociale.

«Il concetto è sempre lo stesso: circolano ore, non soldi, ma ora sempre più Comuni stanno capendo la portata di questo tipo di economia condivisa e scelgono di investirci in termini di idee e risorse», spiega Maurizio Riva, fondatore nel 2009 della Banca del tempo di Carnate, paesotto nella Brianza monzese di cui Riva è stato anche sindaco. Non una Banca a caso: nel 2014, in virtù delle sperimentazioni sociali che ha attivato sul proprio territorio, la Bdt di Carnate — che oggi ha 90 soci — è stata invitata a raccontarsi come case study al Parlamento europeo, dopo avere vinto un bando Ue da 32mila euro che ha permesso di creare una partnership con un ente caritatevole belga per scambiarsi buone prassi in termini di aiuto solidaristico. «Due i progetti che abbiamo avviato e che sono già stati replicati da altri Comuni», sottolinea Riva. «“L’aiuto vien donando” ha creato un meccanismo per cui se, per esempio, qualcuno è in difficoltà a pagare luce o gas, riceve l’aiuto economico del fondo solidale cittadino, che può ripagare “lavorando” per il corrispettivo di 10 euro all’ora arrivando a saldare fino al 50% della cifra. Questo perché molte persone hanno difficoltà ad accettare aiuti per motivi di orgoglio: dando in cambio ore di la- voro, hanno meno remore e si lasciano aiutare», racconta Riva, che sottolinea il sostegno ricevuto per il progetto anche da Fondazione Monza Brianza e Fondazione Cariplo.

link all’articolo




Lo specchio costa 3 ore

Al Mercato di Piazza Grande si paga in volontariato.
Dal 14 maggio ogni fine settimana c’è #socialweekend: un centinaio di mobili recuperati da Piazza Grande grazie al progetto “Cambia il finale” di Hera e Last Minute Market potranno essere acquistati in cambio di volontariato. Grazie al Mercato, l’associazione ha dato lavoro a 11 persone svantaggiate.
“Uno specchio può costare tre ore, una camera da letto cinque. Ma il tempo è indicativo, ognuno dona quello che può”. Alessandro Tortelli, presidente dell’associazione Amici di Piazza Grande, spiega così il #socialweekend, la nuova iniziativa del Mercato di Piazza Grande realizzata in collaborazione con Last Minute Market ed Hera. Obiettivo? Vendere mobili e oggetti in cambio di ore di volontariato. Ogni fine settimana i visitatori potranno scegliere i pezzi contrassegnati dal bollino #socialweekend e, dopo aver lasciato i dati necessari per essere ricontattati e un’indicazione di massima circa la disponibilità a donare il proprio tempo a Piazza Grande, potranno portarli via senza pagare. “Ognuno potrà scegliere in base alle sue attitudini o competenze di dedicare un po’ del suo tempo a una delle attività che l’associazione porta avanti a favore delle persone senza dimora, come l’unità mobile, la scuola per i senzatetto o le attività per i migranti – spiega Tortelli – Il nostro obiettivo è evitare che mobili ancora in buone condizioni finiscano in discarica. È la nostra versione del ‘Black Friday’ solo che lo sconto diventa volontariato”.

Piazza Grande è una delle 19 onlus coinvolte nel progetto “Cambia il finale” promosso da Hera in collaborazione con Last Minute Market nei comuni in cui è presente la multiutility da Rimini a Modena. “Il progetto è innovativo – spiega Barbara Sentimenti della direzione ambientale di Hera – I cittadini possono donare beni ingombranti prima che si trasformino in rifiuto rispondendo a un obiettivo ambientale perché in questo modo alimentano il riuso. Poi ci sono i risvolti sociali, con questo progetto si sostengono le attività delle onlus che ritirano i beni presso i cittadini e si sostiene l’inserimento di persone svantaggiate nelle stesse”. I cittadini possono chiedere il ritiro chiamando il numero verde di Hera, “i nostri operatori sono formati per dare come prima indicazione la possibilità di donare i beni che sono ancora in buone condizioni”, oppure possono chiamare direttamente l’associazione che poi si occuperà del ritiro. Nel 2015 con il progetto “Cambia il finale” sono state ritirate 714 tonnellate di materiale, per circa 94 mila pezzi. Da quanto è attivo il progetto (marzo 2014) sono 1.200 le tonnellate di materiale recuperate. “Il gruppo crede molto in questo progetto e intende portarlo avanti anche nel 2016”, conclude Sentimenti.

Grazie al progetto “Cambia il finale” nel 2015 Piazza Grande ha registrato 1.373 contatti telefonici e ha ritirato materiale per oltre 100 tonnellate. I mobili raccolti sono stati utilizzati per arredare 93 appartamenti destinati ad accogliere persone senza dimora (a oggi sono 87 gli adulti e circa 66 le famiglie inserite) e per allestire lo spazio espositivo del Mercato di Piazza Grande. “Obiettivo del Mercato è arredare casa per chi non ce l’ha, dare un lavoro a chi non ce l’ha o l’ha perso e ridurre lo spreco – spiega Tortelli – Grazie alle vendite di mobili e oggetti del Mercato l’associazione ha dato lavoro a 11 persone svantaggiate”. Da dicembre a oggi sono circa 2 mila le persone che hanno visitato il mercato e sono diventati clienti-donatori.

link all’articolo




Le banche del tempo compiono vent’anni e hanno un futuro

Avete mai pensato di poter depositare il vostro tempo in banca? E di staccare un assegno pagando in ore? All’interno di una Banca del Tempo questo è possibile. Le Banche del Tempo sono istituti di credito dove si contabilizzano crediti e debiti usando come unità di misura l’ora. Sono nate nel 1995 a Sant’Arcangelo di Romagna (RN) dall’intuizione di un sindaco donna e di alcune amministratrici, con lo scopo di valorizzare il tempo di lavoro delle donne ancora oggi ignorato dal mercato (persino escluso dalle voci che compongono il PIL). Così è nata l’idea di una Banca dove due ore impiegate a riparare una tapparella rotta valessero quanto due ore spese a preparare una torta.

«Servono a risolvere piccoli problemi del quotidiano», dice Marialuisa Petrucci, presidente dell’Associazione Nazionale delle Banche del Tempo, «ad esempio ho bisogno di qualcuno che mi accompagni in macchina per un servizio, qualcuno che mi faccia un orlo o qualcuno che mi insegni a fare una torta. È un modo di condividere i propri saperi e le proprie passioni con altre persone. L’originalità della Banca del Tempo sta in due valori fondamentali: quello della reciprocità e quindi dello scambio paritario, e quello del dono di sé agli altri».

Nate in tempi di crisi

Le prime esperienze europee di Banche del Tempo sono sorte in un clima di crisi economica dove ci si aggregava per sostenersi a vicenda: in Inghilterra nascono durante il Governo della Tatcher e in Francia con un gruppo di mamme che mantengono aperto un asilo alternando i turni a vicenda. In Italia, invece, è la profonda crisi sociale a prevalere sui fattori economici, in particolar modo dal 2008 ad oggi: il sentirsi espulsi dalla società, il vivere un egocentrismo esasperato, il bisogno di ricostruire relazioni.

«In una società in cui il tempo schiaccia qualsiasi tipo di valore della persona – continua Petrucci – noi recuperiamo e mettiamo al centro la dimensione del tempo, una dimensione comune a tutti. Il tempo elimina le differenze sociali, culturali, di genere. Nella Banca del Tempo siamo tutti uguali come persone, dallo scienziato che tiene una conferenza alla mamma che prepara una torta. In questo caso il tempo supera il denaro in quanto valore intrinseco della persona».

Attualmente le Banche del Tempo in Italia sono circa 500 con 25.000 correntisti iscritti all’Associazione nazionale (dati 2014 de l’Associazione Nazionale delle Banche del Tempo) che depositano e prelevano “ore” attraverso i diversi sportelli. Teresa è una di loro e dal 2011, nella Banca del Tempo Longhena di Roma, scambia le sue lezioni di inglese con delle visite guidate. «Mi piaceva l’idea che non circolasse denaro e che ognuno mettesse a disposizione ciò che sapeva fare. Avendo studiato un po’ di lingue, insegno il francese ai bambini il sabato e l’inglese alle signore il mercoledì. In cambio vado a visitare musei o altre visite itineranti organizzate da un altro correntista».

Il valore della reciprocità

Per diventare correntisti di queste Banche, occorre recarsi presso lo sportello del proprio quartiere e sostenere un breve colloquio conoscitivo con l’operatore. Quest’ultimo compila una scheda personalizzata con l’attività che sono disposto a svolgere e con quella che richiedo in cambio. Terminata la procedura il correntista riceve il tesserino di iscrizione e il libretto degli assegni che può utilizzare (e successivamente depositare) ogni qual volta richiederà una prestazione. Lo scambio avviene sempre attraverso l’operatore di sportello che mette in comunicazione chi da e chi riceve.

Le Banche del Tempo fanno parte della grande famiglia del volontariato, anche se non rappresentano una forma di volontariato: in questo sistema chi dà deve ricevere e chi riceve deve dare. «Per i correntisti il principio non è il volontariato» ci dice Lucia Salvemini, direttrice della Banca del Tempo Longhena, «Siamo davanti a un altro tipo di economia. Noi teniamo il conto delle ore delle persone che danno e che ricevono e cerchiamo che il conteggio vada sempre in pari». Eppure capita spesso che le stesse Banche creino una vera e propria rete solidale con le altre realtà sociali e culturali del territorio come le scuole, le biblioteche, le palestre, i centri giovanili, i centri anziani ecc. «Una della caratteristiche più interessanti della nostra Banca è che dialoghiamo anche con altre esperienze sociali del territorio: abbiamo stretto rapporti con una scuola qui vicino, abbiamo riorganizzato la biblioteca organizzando le letture per i bambini e ci sono nostri correntisti che restituiscono le loro ore in queste altre strutture».

La sfida: i giovani

Sono molteplici le sfide che oggi le Banche del Tempo vogliono intraprendere, tra cui un maggior coinvolgimento di giovani correntisti. «I valori che trasmette una Banca del Tempo sono evidentemente educativi – spiega Marialuisa Petrucci – ecco perché siamo partiti con alcuni progetti direttamente all’interno delle scuole e delle università. Lo scambio generazionale è uno dei nostri punti forza: io giovane che conosco le nuove tecnologie e so navigare su internet posso insegnarlo a chi è più grande e si trova in difficoltà».

Avranno un futuro queste Banche? «Le Banche del Tempo hanno un futuro perché lo hanno costruito su radici e valori antichi dell’uomo: quello della solidarietà, dall’aiuto e di percepire l’altro come una persona».

vai all’articolo originale