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Bando periferie urbane, 10mila euro a progetto: domande entro venerdì 11 novembre

C’è tempo fino a venerdì prossimo 11 novembre per partecipare al bando per la progettazione di interventi di riqualificazione di aree urbane periferiche promosso dalla direzione generale Arte e Architettura contemporanee e periferie urbane del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e dal Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori.

Chi può partecipare
Il concorso di idee è a procedura aperta e possono parteciparvi ingegneri e architetti con meno di 35 anni di età iscritti ai rispettivi albi. Ogni concorrente potrà partecipare al bando optando solo per una delle dieci aree oggetto del concorso.
Il bando si concluderà con la proclamazione di un vincitore per ciascuna area, al quale sarà affidato dal relativo comune l’incarico per le successive fasi progettuali, secondo l’impegno assunto dalle amministrazioni all’atto della presentazione della loro proposta.

Gli interventi
Le proposte riguardano aree che necessitano di interventi per il Ri.U.So e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti, per finalità d’interesse pubblico, il miglioramento della qualità del decoro urbano, l’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, il potenziamento delle prestazioni e dei servizi di scala urbana, la mobilità sostenibile e l’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative.

Le aree
Le aree oggetto del bando sono 10: Aprilia (Latina) – Area in quartiere Toscanini; Corato (Bari) – Area “Case minime” in rione Belvedere; Empoli (Firenze) – Area ex Casa Cioni in frazione Avane; Marsala (Trapani) – Area nel Parco della Salinella; Palermo – Area “Cittadella dello sport” in quartiere S. Filippo Neri (Zen); Reggio Calabria – Area in rioni Trabocchetto e Sant’Anna; Ruvo di Puglia (Bari) – Area ex Convento in rione Cappuccini; San Bonifacio (Verona) – Area in quartiere Praissola; Santu Lussurgiu (Oristano) – Area ex Collegio Carta-Meloni; Sassari – Area in quartiere Latte Dolce.

Risorse
Per l’attuazione dell’iniziativa, la direzione generale finanzierà i premi dei vincitori del concorso di idee, per un importo complessivo di 100mila euro. Ai dieci concorrenti che hanno sviluppato le proposte classificate al primo posto, una per ciascuna area, andrà un premio di 10mila euro.

La piattaforma “Concorrimi”
Come già avvenuto per il bando dedicato all’edilizia scolastica “Scuole Innovative“, anche il concorso per le periferie fa affidamento sul sistema “Concorrimi”, la piattaforma sviluppata dall’Ordine architetti di Milano per incentivare la trasparenza e la pubblicità nelle procedure di concorso.

Scadenza
Il termine ultimo per la consegna delle proposte è l’11 novembre 2016. A seguito della chiusura del bando, verrà elaborata una graduatoria di merito per ciascuna delle dieci aree oggetto del concorso.

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Nuova Babilonia, la città fluida dei nomadi digitali

Dall’utopia di Constant, concepita ad Alba 60 anni fa, alla Senseable City aperta alla condivisione, in cui ognuno è libero di muoversi e decidere dove vivere
La meno conosciuta delle rivoluzioni urbane del XX secolo iniziava esattamente sessant’anni fa, per caso, in un campo nomadi alla periferia di Alba, nelle Langhe. È qui che Constant Nieuwenhuys, l’artista olandese per tutti noto come Constant, passeggiando su un appezzamento di terreno di proprietà dell’amico pittore Pinot Gallizio, ebbe un’intuizione che avrebbe cambiato il nostro modo di guardare alle città, al loro funzionamento e alla loro bellezza. In quelle settimane, su quel terreno ai bordi del fiume Tanaro era ospitato un gruppo di Sinti. Avvicinandosi alla comunità, e osservandone i ritmi, Constant intravide la possibilità di un’architettura nuova, al cui interno immaginare un’esistenza condotta in movimento perpetuo.
In altre parole, quel giorno d’autunno del 1956, ad Alba, era stato piantato il primo seme di New Babylon (la Nuova Babilonia): l’utopia urbana e artistica su cui Constant avrebbe lavorato nei vent’anni successivi. Nei tanti disegni e modellini oggi conservati al Gemeentemuseum dell’Aia, New Babylon si presenta come un insediamento esteso all’infinito: una rete di enormi piattaforme sopraelevate che attraversano l’intera Europa. Una via di mezzo tra una grande autostrada abitata e un intreccio di scale, vele e impalcature. In questo «campo per nomadi su scala planetaria» ogni individuo avrebbe potuto condurre un’esistenza fluida, libero di riconfigurare sia il suo luogo di residenza, sia il suo spazio domestico, sia la sua attitudine al lavoro. New Babylon sarebbe stata abitata da un uomo nuovo – chiamato Homo ludens riprendendo la definizione dello storico olandese Johan Huizinga – la cui vita flessibile avrebbe abbattuto ogni distinzione tra lavoro e arte.
L’architettura dinamica
A sessant’anni di distanza, il lavoro di Constant appare oggi più che mai attuale: capace di anticipare in modo straordinario alcuni paradigmi che definiscono la vita del XXI secolo, quali la mobilità a basso costo o l’ibridazione tra lavoro e tempo libero. Fino all’idea – fondamentale – che la città si possa rappresentare come una trama di flussi. A partire dalla New Babylon, dire «architettura dinamica» non è più un ossimoro.
In quegli stessi anni il sociologo francese Paul-Henry Chombart de Lauwe aveva realizzato, con gran fatica, una mappa di tutti i movimenti di una studentessa a Parigi durante un intero anno. La povera ragazza, tracciata nel suo peregrinare ricorrente tra casa borghese nel XVI Arrondissement, scuola a Sciences Po e lezioni di piano, era poi diventata un facile sberleffo del Sessantotto. Oggi, grazie al Gps e servizi come la Location History di Google, quella mappa è disponibile in potenza per ciascuno di noi.
Insomma, nell’epoca digitale i flussi ci circondano. E proprio a partire da una loro analisi possiamo capire meglio la nostra città, odierna Babilonia. Come Constant aveva intuito, i flussi sono oggi uno dei soggetti di indagine più importanti per il futuro dell’architettura: proprio per questo li ritroviamo al centro di molti progetti su cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, sia al Senseable City Lab del Mit, sia presso lo studio Carlo Ratti Associati. Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di capire come riprogettare lo spazio a partire dalle scie di dati che la quotidianità lascia dietro di sé, in proporzioni crescenti.
Il mondo di Homo ludens
Ad esempio nell’estate 2006, con il progetto «Real Time Rome», abbiamo usato i dati dalla rete cellulare di Roma per interpretare la mobilità locale. Erano le ore della finale dei campionati mondiali di calcio: quella sera, con meraviglia, abbiamo iniziato a vedere milioni di persone palpitare e muoversi in sincrono. Era la prima volta che informazioni di questo tipo – Big Data alla scala urbana – venivano usate per leggere la città. Il disegno della metropoli in festa sembrava dare forma a un unico cuore pulsante – richiamando quell’idea, cara a Jorge Luis Borges, che le strade della città «sono le viscere dell’anima mia».
Constant sognava che ogni stanza dell’Homo ludens potesse essere rimodulata e riconfigurata – secondo un ventaglio di luci, pareti mobili o scale. Anche questo è per noi un campo di ricerca, che parte sempre dal flusso dei dati per dargli forma costruita. L’idea che l’architettura possa diventare come una terza pelle, sincronizzandosi con le nostre esigenze, ci sta guidando nei progetti di nuovi ambienti di lavoro a Singapore come a Torino.
Quale nome dare a questa nuova metropoli progettata a partire dai flussi? La definizione che più ci piace è Senseable City: una città che sente i dati, e che è allo stesso tempo una città sensibile, vicina all’uomo e al suo bisogno di bellezza. Si tratta di un ambiente aperto, portato alla condivisione, in cui ognuno è libero di muoversi e decidere dove vivere. Una città che deve non poco alla Nuova Babilonia.
Sempre più forte, in rete, assistiamo al crescere di una nuova generazione creativa – di programmatori, makers, scrittori – che si ribattezzano «nomadi digitali». Questi ragazzi, forse senza saperlo, stanno a loro volta dando nuova linfa proprio alle idee di Constant. Lavorando e allo stesso tempo svagandosi: una settimana in un co-working su una spiaggia della Tailandia, un giorno in un caffè a Città del Messico, un mese in una stanza di AirBnB in un villaggio norvegese. Provando, insomma, a realizzare le speranze dell’Homo ludens. Non soltanto nelle grandi metropoli, ma anche nelle discrete periferie del mondo – un po’ come accadde ai margini di Alba, quel giorno d’autunno del 1956.

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Le opere di Le Corbusier sulla lista dell’UNESCO

Si tratta in particolare della Villa Le Lac a Corseaux (VD), e dello stabile Clarté a Ginevra.
L’opera architettonica di Le Corbusier è stata iscritta sulla lista del Patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Lo rende noto oggi l’Ufficio federale della cultura.

L’iscrizione comprende 17 luoghi in sette Paesi (Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Argentina, Giappone, India), volti a dimostrare la dimensione planetaria dell’opera di Charles-Edouard Jeanneret-Gris, detto Le Corbusier, nato a La Chaux-de-Fonds (NE) nel 1887 e deceduto in Francia nel 1965.

Delle opere dell’architetto realizzate in Svizzera sono state iscritte Villa Le Lac in riva al lago Lemano (Corseaux, VD) e l’Immeuble Clarté (Ginevra, GE).

L’opera di Le Corbusier ha apportato un contributo fondamentale al Movimento Moderno, una corrente che tra il 1910 e il 1960 diede il via a un dibattito globale sulla funzione dell’architettura, creò un nuovo linguaggio architettonico e sviluppò le tecniche di costruzione cercando di rispondere alle esigenze della società moderna.

I lavori di Le Corbusier rappresentano un approccio innovativo in termini di spazi e progettazione che ha esercitato grande influsso sull’edilizia in molte parti del mondo. In occasione della sua 40a seduta, il Comitato del patrimonio mondiale ha riconosciuto lo straordinario valore universale della serie di opere scelte di Le Corbusier. I 17 oggetti ripartiti in sette Paesi incarnano soluzioni architettoniche e costruttive eccezionali per rispondere alle sfide della società del Novecento.

La candidatura dell’opera è stata presentata già due volte al Comitato del patrimonio mondiale, sotto l’egida della Francia. Sia nel 2009 che nel 2011 era tuttavia stata respinta con la richiesta di rielaborare il dossier presentato. Gli Stati interessati hanno pertanto ridefinito la serie riducendo tra l’altro il numero di oggetti.

Charles-Edouard Jeanneret nasce il 6 ottobre 1887 a La Chaux-de-Fonds, importante centro dell’orologeria svizzera dell’epoca. Nel 1917 si trasferisce a Parigi dove lavora come architetto e dal 1920 assume lo pseudonimo di Le Corbusier. Muore il 27 agosto 1965 a Roquebrune-Cap-Martin, in Costa Azzurra

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Come l’architettura urbana influenza lo stato d’animo

Alcune ricerche confermano che vivere in un quartiere monotono aumenti lo stress e peggiori la qualità della vita.
Nella nostra vita quotidiana non ci capita spesso di pensare molto su come lo spazio in cui ci muoviamo e interagiamo influenzi i nostri stati mentali, ma diversi studi dimostrano in che modo l’architettura e l’ambiente siano in grado di condizionarci emotivamente.

Una ricerca condotta da Justin Hollander – professore di urbanistica presso la Tufts University, Massachusetts – ha dimostrato come il design architettonico influisca sulla salute delle persone, dimostrando che un ambiente ben disegnato, variegato e non monotono migliorerebbe la qualità della vita.

GLI STIMOLI DEGLI EDIFICI COMPLESSI. Anche la psicologia cognitiva ha studiato l’impatto dell’architettura sulla vita quotidiana conducendo una serie di esperimenti sul campo. Una ricerca condotta da Colin Ellard – neuroscienziato presso l’Università di Waterloo – ha monitorato le diverse reazione di alcuni volontari, utilizzando dei sensori cutanei mentre passeggiavano in un quartiere di New York. I risultati dell’esperimento hanno evidenziato che l’attività cerebrale aumentava davanti a negozi, ristoranti ed edifici complessi e vivaci, mentre si abbassava drasticamente quando i volontari incontravano sul loro cammino architetture prive di movimento.

I RISCHI DI UN AMBIENTE MONOTONO. Altri studi hanno messo in relazione la maggiore incidenza di alcuni disturbi, come il deficit dell’attenzione, con luoghi poco attraenti e monotoni. Un edificio che non produce stimoli, non attiva la nostra mente e aumenta anche il livello di stress; di più, un ambiente disordinato e caotico provoca effetti deleteri sulla nostra salute mentale. Il segreto sta quindi nel trovare il giusto equilibrio tra ordine e movimento.

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Fare tanto con poco in luoghi marginali

E’ il messaggio del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2016
Il tema svelato da Tam associati: «Taking care – Progettare per il bene comune»

Il Padiglione Italia alla 15a Biennale di Architettura di Venezia parlerà della capacità dell’architettura di saper creare bellezza e di operare per il bene comune in luoghi marginali, nonostante la scarsità di risorse. Un’assenza di mezzi che spesso – come alcuni esempi italiani di rigenerazione ci insegnano – viene bilanciata dalle energie del luogo, da associazioni, da cittadini attaccati al loro territorio e pronti ad agire, se interpellati. Energie capaci di sostenere le idee e di facilitarne la realizzazione.

Un messaggio rivolto non solo agli architetti interessati ad operare per il bene comune, ma anche ai committenti e ai decisori politici. È quanto è emerso dalla presentazione dei contenuti dell’allestimento curato da Tam Associati all’interno del Padiglione che rappresenterà l’Italia alla Biennale.
Qual è la buona architettura e in che modo questa può fare il bene della comunità, è il tema al quale dare risposta. Un tema non scontato se per buona architettura, come ha affermato Massimo Lepore (curatore dell’allestimento insieme a Simone Sfriso e a Raul Pantaleo), intendiamo quella capace di creare bellezza e armonia intorno a sé, tanto da generare condivisione, appropriazione e rispetto del luogo.

«La cura dei luoghi è attenzione agli individui», ha ricordato ancora l’architetto Lepore. Dunque è soprattutto una responsabilità dei decisori politici, è obbligo della politica affrontare i problemi delle periferie, promuovere l’inclusione e la lotta alla marginalità. E se si dimostra che si possono ottenere risultati anche con poco, impegnando piccole risorse, allora si dimostra anche che le azioni sono possibili e che non ci sono alibi per iniziare ad agire.
I progetti in mostra e la creazione di dispositivi mobili sostenuti dal crowdfunding

In mostra ci saranno progetti realizzati che sono stati in grado di trasformare i luoghi a vantaggio delle comunità. Progetti di piccola scala ma ricchi di energia. Saranno venti gli studi italiani che parteciperanno, pronti ad evidenziare molteplici approcci, varietà di attori, pluralità di obiettivi dei lavori svolti. La selezione spazia in campi come l’abitare, il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura e valorizza il rapporto tra una committenza variegata (pubblica, privata, associativa, civica) e un’architettura parte attiva nel processo di partecipazione e condivisione.
20 progetti di studi italiani all’interno del Padiglione Italia

Non si conoscono i nomi dei partecipanti, non sono stati svelati. Così come restano avvolti nel mistero i nomi dei progettisti chiamati a progettare cinque dispositivi mobili insieme ad associazioni nazionali impegnate nel contrasto alla marginalità in aree periferiche del nostro Paese.

Saranno realizzati 5 artefatti personalizzati in un lavoro congiunto tra progettisti e associazioni, che porteranno – in un progetto complessivo di sussidiarietà sociale -, qualità, bellezza e diritti laddove manchino o risultino limitati.

Per la realizzazione dei dispositivi all’apertura della Biennale sarà attivata un’azione di crowdfunding, in modo da ottenere altre risorse oltre a quelle messe in campo dagli sponsor.

La selezione dei progetti spazia in campi come l’abitare, il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura e valorizza il rapporto tra una committenza variegata (pubblica, privata, associativa, civica) e un’architettura parte attiva nel processo di partecipazione e condivisione.

L’allestimento di Taking care avviene inoltre all’insegna del ‘low-cost’, privilegiando la riduzione del superfluo e la creazione di valore aggiunto, ottimizzando costi, efficienza e riuso.
Le domande da cui è partita la scelta dei progetti del Padiglione Italia

In cosa risiede il valore sociale dell’architettura?
Quali sono i parametri che permettono di definire un’opera di architettura come esemplare?
Perché una comunità dovrebbe riconoscersi nel lavoro dei suoi architetti?
Come può l’architettura contribuire a creare un bene comune che tutti utilizzano e di cui tutti si appropriano?
In che modo parlare di architettura laddove i mezzi sono limitati?
Le periferie sono sempre più periferie dei diritti: come può l’architettura promuovere l’inclusione e la lotta alla marginalità?

PADIGLIONE ITALIA
Biennale di Architettura 2016

28 maggio – 27 novembre 2016
Tese delle Vergini, Arsenale 30122 Venezia.

Sito ufficiale del Padiglione Italia 2016: www.takingcare.it

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Italia tra periferie e riscatto

Biennale Architettura: il Padiglione Italia della prossima mostra di Venezia si intitola “Taking care”. Gli ideatori: progettare per il bene comune riduce esclusione e marginalità.
Architettura come servizio alla comunità, attenzione agli individui, attenzione agli spazi, ai luoghi e alle risorse. Ecco la spinta propulsiva che ha portato alla creazione del Padiglione Italia dal titolo: «Taking care», sottotitolo, Progettare per il bene comune, che sarà aperto per la 15. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, presentata (lunedì 4 aprile) a Roma. «Un’architettura che faccia la differenza» è il proposito di TaMassociati, il team curatoriale dell’edizione 2016 del Padiglione, composto da Massimo Lepore, Raul Pantaleo e Simone Sfriso. «Un’architettura partecipata e intelligente, in grado di scardinare gli status quo e di immaginare un futuro migliore». Un progetto proposto alla Biennale Architettura 2016 con l’intenzione di radicarsi e riprodursi al di fuori di essa, per generare una nuova consapevolezza civica. Un’architettura al servizio del bene comune sociale, baluardo contro le frontiere create da marginalità ed esclusione.
Un progetto molto apprezzato dal Ministro Dario Franceschini, ospite alla presentazione assieme al presidente della Biennale Venezia Paolo Baratta. E proprio il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha sottolineato quanto questo procedere per il bene comune debba interessare soprattutto le periferie, in quanto rappresentano «la vera sfida del XXI secolo, luoghi in cui vive lavora e sogna la grande maggioranza degli abitanti delle nostre città. Organizzare questi spazi, connetterli ai grandi flussi metropolitani rispettandone le identità, restituire loro bellezza e armonia è il grande ruolo che gioca l’architettura in questo contesto». Politiche perciò, volte a sostenere processi virtuosi di riqualificazione.
Il tema di Biennale Architettura 2016 è stato scelto dal Direttore artistico Alejandro Aravena, proprio perché indagasse la necessità di comprendere in un unico insieme, l’architettura con la qualità della vita delle persone. E infatti il presidente Baratta avverte: «Abbiamo temuto che l’architettura rischiasse di non avere altre alternative, oltre a quella della realizzazione di interventi spettacolari o di bricolage. Questa Biennale vuol dirci che l’architettura è partecipe di una grande finalità: dar forma allo spazio comune».
All’interno del Padiglione Italia, venti progetti di studi italiani in cui si evidenziano differenti approcci. La selezione spazia in campi come l’abitare, il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura e valorizza il rapporto con la committenza, pubblica o privata, associativa o civica. Nel percorso espositivo, una rassegna di scatti fotografici e cinque progetti inediti realizzati in un lavoro congiunto tra progettisti e associazioni nazionali impegnate nel contrasto alla marginalità in aree periferiche del Paese.

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Biennale di architettura, Sfriso è il curatore del padiglione Italia

Lo annuncia il ministro Dario Franceschini. La scelta è avvenuta dopo una selezione tra dieci personalità invitate a presentare un progetto espositivo.
Sarà Simone Sfriso il curatore del padiglione Italia alla 15. Biennale di architettura di Venezia: lo annuncia il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che specifica come la scelta sia avvenuta a seguito di una procedura di selezione a cui sono state invitate dieci personalità di elevata competenza e professionalità del panorama dell’architettura nazionale, tutte invitate a presentare un proprio progetto espositivo.

I progetti, in linea con il tema specificato dal curatore della mostra Alejandro Aravena, indagano la necessità di coniugare l’architettura con l’esigenza di una migliore qualità dell’ambiente edificato e quindi della vita delle persone. La proposta di Sfriso, secondo Franceschini, affronta con coraggio il tema della riqualificazione delle periferie urbane, luoghi che costituiscono la grande sfida del secolo, su cui investire con interventi di riqualificazione e innesti di architettura contemporanea. “Ecco perché – spiega il ministro – è stato espressamente chiesto ai curatori di affrontare il tema delle periferie e dello sviluppo delle città, una scelta in continuità con l’azione del governo che con la recente riforma del Mibact ha creato una direzione generale ad hoc nel ministero e approvato norme che incentivano i Comuni, anche economicamente, a trasferire molte iniziative culturali dai centri storici alle periferie urbane”.

Sfriso è stato scelto da Franceschini nell’ambito della terna proposta dal direttore generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane. Il titolo della sua proposta curatoriale, “Taking Care – progettare per il bene comune”, vuole essere una prova tangibile di come l’architettura possa contribuire a diffondere e rendere efficaci i principi di cultura, socialità, partecipazione, salute, integrazione, legalità in qualsiasi luogo e a qualsiasi scala.
Il nuovo curatore del padiglione Italia è nato nel 1966: nella sua carriera ha svolto l’attività di progettista e consulente nei settori dell’architettura bioecologica della riqualificazione urbana e degli spazi pubblici, della pianificazione e direzione dei cantieri urbani. Si è occupato inoltre degli aspetti progettuali ed esecutivi nei processi di progettazione partecipata e comunicativa. Nel 2013 ha ottenuto il premio Aga Khan per l’architettura per l’eccellenza rappresentata dal Centro Salam di cardiochirurgia in Sudan, il premio internazionale Ius-Capocchin per la realizzazione dell’ospedale pediatrico più sostenibile al mondo e il Curry Stone Design Prize per l’insieme della sostenibilità (sociale e ambientale) dei recenti progetti realizzati nel mondo. Nel 2014 ha vinto lo Zumtobel Group Award per l’innovazione e la sostenibilità rappresentate dall’ospedale pediatrico di Port Sudan. È Architetto Italiano dell’anno 2014.

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