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La sedia della felicità

di Carlo Mazzacurati. Con Valerio MastandreaIsabella RagoneseGiuseppe BattistonKatia RicciarelliRaul Cremona  Italia 2013

Iesolo. Dino (Mastandrea), fa il tatuatore e se la passa maluccio: un cliente (Daniele Craco) al quale ha tatuato una balena lo paga con un grosso pesce , che lui cerca di rifilare all’ex-moglie (Lucia Mascino) con la quale ha un forte arretrato nel versamento degli alimenti. Bruna (Ragonese) gestisce un centro estetico e ne perde costantemente gli arredi, sequestrati da Volpato (Natalino Balasso) che glieli ha affittati e che lei non riesce a saldare. Bruna ha una cliente in carcere ,Norma Pecche (Ricciarelli), madre di un famoso rapinatore; Norma le muore tra le braccia e le confida di aver nascosto un ricco bottino in una delle otto sedie del suo salotto. Giunta alla villa di Norma, Bruna, che, braccata da un cinghiale, ha chiamato in soccorso Dino, scopre che le sedie sono state sequestrate. Dino ottiene, corteggiando la magistrato Pamela (Roberta Da Soller), gli indirizzi dei compratori. Partono così le ricerche, che coinvolgono, Infruttuosamente, il mago Kasimir (Cremona),due gemelli (Antonio Albanese), un bambino cinese, un pescivendolo afasico (Roberto Citran) e sua sorella (Maria Paiato); proprio da questi ultimi trovano padre Weiner (Battiston), il confessore di Norma, anche lui alla ricerca del tesoro; con il prete vanno da una veggente, Armida (Milena Vukotich) che li spedisce da un fioraio e indiano (Marco Marzocca) ma anche la sua sedia è vuota. Dino ha esaurito gli indirizzi, Armida muore e, quando non sembrano esserci più speranze, una televendita d’arte, gestita da due cialtroni (Silvio Orlando e Fabrizio Bentivoglio), li fa arrivare ad un pittore naif (Mirko Artuso) e a suo fratello (Roberto Abbiati), che nella loro eremitica malga tengono l’ultima sedia.

Dal racconto russo “Le 12 sedie” di Il’ja Arnol’dovic Il’f e Evgenji Petrovic Petrov sono stati tratti numerosi film – tra questi Una su 13 (1969) di Nicolas Gessener e Luciano Lucignani con Vittorio Gassman, Orson Welles e Sharon Tate (l’’ultimo girato dalla moglie di Polanski prima di essere uccisa) e Il mistero delle 12 sedie (1970) di e con Mel Brooks (il più fedele al testo originario e nel quale Dom DeLuise aveva il ruolo del prete). Mazzacurati lo ha usato come pretesto per raccontare, con la poetica ironia che gli è propria, il piccolo mondo di provincia che è l’habitat dei suoi lavori migliori. E’ scomparso da poco e ci mancheranno i suoi ritratti in punta di penna e la sua dolce abilità nel fare del set una casa di amici che lavorano lietamente insieme e qui molti di loro hanno accettato piccole, amichevoli partecipazioni per essergli, una volta di più, accanto.




X-Men: Giorni di un futuro passato

di Bryan Singer. Con Hugh JackmanJames McAvoyMichael FassbenderJennifer LawrenceHalle Berry USA 2014.

In un futuro prossimo, il professor Charles Xavier (Patrick Stewart) e Erik Lehnsherr/Magneto(Ian McKellen), tornati alleati, sono, insieme a pochi X- Men superstiti assediati dalle Sentinelle, giganteschi robot, creati dal prof. Task (Peter Dinklage) per distruggerli. Le Sentinelle sono pressoché invincibili perché hanno catturato il DNA di Raven/Mistica (Lawrence) quando lei ha ucciso Task. Logan/Wolverine (Jackman) viene spedito nel passato per fermare Mistica e al suo arrivo trova Charles (McAvoy), che a seguito del conflitto a Cuba (vedi X-Men – L’inizio) è malridotto, senza poteri e dipendente dagli antidolorifici, con lui c’è solo Hank/Bestia (Nicholas Hoult) mentre Magneto (Fassbender) è rinchiuso in un inaccessibile sotterraneo del Pentagono con l’accusa di aver ucciso Kennedy (in realtà lui aveva solo tentato di deviare il proiettile). Con l’aiuto di Quicksilver (Evan Peters) i tre riescono a liberare Magneto, che però non condivide i loro piani (è convinto che il razzismo degli umani vada combattuto strenuamente). Intanto Nixon (Mark Camacho) dà a Stark l’incarico di costruire le Sentinelle. Il giorno della presentazione delle nuove armi Xavier, Logan e Hank sono tra il pubblico per fermare Raven, che si è mimetizzata nel capo della sicurezza presidenziale; Xavier, con i suoi poteri, si fa tele -trasportare in uno Stadio e arriva anche lui alla Casa Bianca. Lotta finale e sconfitta delle Sentinelle. Questo (se si considerano anche i due Wolverine) è il settimo episodio delle serie X-Men ma è un doppio sequel: sia di X-Men – Conflitto finale, per la parte futuribile che, per il flash-back centrale, di X-Men- L’inizio. Rispetto a Conflitto finale ci sono molte licenze narrative (lì Xavier moriva e Magneto perdeva i poteri) ma è probabile che Singer , che in quell’episodio era stato sostituito da Brett Ratner, abbia voluto riprendere le fila di un proprio discorso mantenendo se mai la coerenza con L’inizio, che era stato diretto da Matthew Vaughn ma da lui prodotto e coordinato nella scrittura. Comunque Bryan Singer è tornato alla guida della macchina e la sua inconfondibile mano di creatore di perfetti labirinti narrativi (lo sappiamo dal tempo de I soliti sospetti) ci ha ridato il fascino dei super-mutanti Marvel senza inutili dispersioni moraleggianti. Unico neo: il povero Nixon sembra uno dei Muppets. Tra gli X-Men ci sono anche Omar Sy (Quasi amici) ed Ellen Page (Juno ma anche X-Men- Conflitto finale).




Saving Mr. Banks

di John Lee Hancock. Con Tom HanksEmma ThompsonColin FarrellPaul GiamattiJason Schwartzman USA 2013

Pamela Travers (Thompson) – siamo nel 1961 a Londra – è da vent’anni assediata da Walt Disney (Hanks) che vuole i diritti del suo libro, “Mary Poppins”, per farne un film. Ora però è rimasta senza soldi ed è costretta a volare a Los Angeles per incontrare Disney. “Mary Poppins” per lei non è solo un libro per bambini , dentro il racconto ci sono gli echi profondi della sua dolorosa infanzia: la piccola Ginty Goff (Annie Rose Bukley) – è il vero nome della scrittrice- vive in Australia con due fratellini , la mamma Margareth (Ruth Wilson) ed il padre Travers (Farrell), un poeta mancato che annega nell’alcool i suoi fallimenti come bancario – lo stesso lavoro di papà Banks , il datore di lavoro della magica tata Mary Poppins ; i continui fallimenti, l’alcolismo e la malferma salute del marito spingono Margareth, costantemente depressa, a tentare il suicidio; ma , nel momento più cupo della famiglia Goof, ecco arrivare , con tano di valigione e ombrello con testa di pappagallo, la zia Ellie (Rachel Griffiths) a mettere un po’ a posto le cose; fallirà però nel miracolo di non far morire papà Travers. La scrittrice è perciò durissima con lo sceneggiatore Don Da Gradi (Bradley Whitford e con gli autori delle canzoni, Richard (Schartzman) e Robert (B.J. Nonak) Sherman e con lo stesso Disney : vuole evitare che un racconto così impastato dei propri dolori divenga una melensa fiaba Disney . Quando scopre che è prevista una sequenza a cartoni animati (con addirittura dei pinguini danzanti!) lascia tutto e torna a Londra. Lì la raggiunge Disney che, raccontandole della propria durissima infanzia con un padre padrone, la convince a lasciare – come ha fatto lui con le sue opere – che il suo personaggio esca da lei per parlare a tutti i bambini.

“Saving mr. Banks” è un tipico prodotto disneyano, non tanto perché racconta una storia della Disney ma per lo spirito che lo pervade: piccole persone con tanti problemi riescono a trovare impensabili soluzioni con un po’ di buna volontà e di ottimismo nonostante tutto. E’ la grande filosofia dell’ “american way of life”, forse un po’ grossolana ideologicamente ma perfetta per comporre deliziose opere cinematografiche come questa. Se poi ai grandi Hanks e Thompson si aggiunge un imperdibile Paul Giamatti – nel ruolo di Ralph, l’autista a cui la Travers, dopo averlo bistrattato, si apre con confidenza – va detto che il film vale proprio il biglietto.




Gigolò per caso – Fading gigolo

di John Turturro. Con John TurturroWoody AllenSharon StoneSofía VergaraVanessa Paradis USA 2013

Murray (Allen) vende libri rari e il suo amico Fioravante (Turturro), di tanto in tanto, lavora con lui; gli affari vanno male e Murray è costretto a chiudere ma la sua dermatologa, la signora Parker (Stone) gli ha chiesto se può presentarle un gigolò e lui convince Fioravante – non bello, non giovane ma esperto e gentile- a farsi avanti. L’incontro, dopo qualche timidezza iniziale, va bene e i due amici decidono di mettersi in affari, con i nomi d’arte di Virgil (Fioravante) e Don Bongo (Murray). Tutto procede e molte facoltose signore si avvalgono dei servizi del disponibile Virgil, tra questa la focosa Selima (Vergara), amica della Parker. Un giorno Murray porta da Fioravante Avigal (Paradis), giovane vedova di un rabbino della comunità ortodossa; lui si limita a praticarle un massaggio rilassante e a farla ballare e così farà in una serie di incontri successivi. Un giorno però Murray viene sequestrato da Dovi (Liev Schreiber )- un poliziotto innamorato di Avigal – e   sottoposto ad un vero e proprio processo dalla severa comunità, mentre Fioravante , impegnato in un menage a trois con la Parker e Selima, fa cilecca e capisce di essere innamorato della vedova. Murray, difeso dell’ avvocato Sol (Bob Balaban), viene assolto e spiega a Dovi che Avigal ha bisogno delle attenzioni che Fioravante aveva saputo darle; il poliziotto si dichiara e lei saluta per sempre, con gratitudine, Fioravante. Quest’ultimo ha deciso di partire ma, proprio quando i due amici si stanno salutando, l’avvenente Loan (Loan Chabanol)… Turturro è al suo quinto film da regista (sesto, se si considera l’incompiuto Prove per una tragedia siciliana) e si conferma autore sensibile ma non sempre capace di dare una composizione unitaria alle proprie opere. Disperso in troppi rivoli , con un cast –paradossalmente- troppo ricco , Gigolò per caso si salva per la solida confezione (merito anche dei nostri Marco Pontecorvo alla direzione della fotografia e Simona Paggi al montaggio) e, soprattutto, per la presenza di Woody Allen in un ruolo non originalissimo ma appoggiato sul suo tradizionale, e sempre divertente, cinismo ebraico. Interessante la colonna sonora, dove troviamo anche vecchie canzoni popolari italiane (echi, probabilmente, del suo precedente Passione) quali Il torrente, nella versione francese di Dalidà e Tu sì ‘na cosa grande, cantata da M’Barka Ben Taleb, conosciuta da Turturro sul set di Passione e da allora sua compagna.




The monuments men

di George Clooney. Con George ClooneyMatt DamonBill MurrayJohn GoodmanJean Dujardin.  USA, Germania 2014.

Lo storico d’arte, Frank Stokes(Clooney), viene incaricato di formare una compagnia speciale di esperti d’arte; recluta così gli americani James Granger (Damon), curatore del Met, Walter Garfield (Goodman),scultore, Richard Campbell( Murray), architetto e Preston Savitz(Bob Balaban), mercante d’arte e due esperti europei :l’inglese Donald Jeffries (Hugh Bonneville) ed il francese Jean Claude Clermont (Dujardin),       . Giunti in Europa i Monumnets Men – così fu chiamato il reparto, al quale si unisce,quale interprete, il soldato ebreo tedesco Sam Epstein(Dimitri Leonidas) – cercano di indicare alle truppe alleate i bersagli da evitare per non distruggere tesori d’arte ma questa parte della missione si rivela pressochèimpossibile ( la guerra ha le sue brutali esigenze)e si danno da fare per recuperare l’enorme quantità di opere che i tedeschi stanno trafugando, in Francia ed in Belgio, per portarle in Germania , dove è in allestimento un grandioso Museo Hitler. Nel frattempo a Parigi, le SS, agli ordini di Goering (UdoKroschwald)stanno raccogliendo , sotto lo sguardo inorridito di Claire Simone (CateBlanchett ), funzionaria delle Belle Arti francesi , migliaia di quadri e sculture e , poco prima della disfatta, le caricano su di un treno diretto in Germania. Alla liberazione della Francia, Claire viene ingiustamente imprigionata come collaborazionista e James , che è entrato in contatto con lei la fa scarcerare e cerca di avere notizie delle opere trafugate. Lei, all’inizio, teme che anche gli americani vogliano portarsi via i monumenti trafugati, poi , anche perché si è un po’ innamorata del bell’americano , gli consegna un quaderno con tutte le notizie utili ad identificare quadri e sculture. In una chiesa a Bruges Donald                  muore, eroicamente, nel tentativo di salvare una Madonna con Bambino di Michelangelo                   e , di li a poco, anche Jean Claude cade vittima di un’imboscata tedesca. Gli altri , riunitisi in Germania, riusciranno a recuperare in una miniera di sale, insieme a tanti altri capolavori, linestimabile Polittico di Ghent e la scultura di Michelangelo , salvandole anche dai russi, ai quali quella zona della Germania era stata assegnata e che avevano intenzione di portare in patria le opere recuperate.

Clooney non è un regista di particolare spessore (anche se “Goodmorning e goodluck” era un film di buona resa) ma qui, verrebbe da dire, non ci prova neanche : mette insieme un notevolissimo cast , prevalentemente di amici, prende un libro di successo che racconta , romanzandola , una storia assai interessante ma non sceglie un perno centrale del racconto, anzi, lo spezzetta in tanti aneddoti slegati tra di loro. Niente a che vedere, insomma, non solo con “Il treno” del grandissimo Frankenheimer , che raccontava la stessa storia vista dalla parte dei francesi ma neanche con “Il tesoro del Prado” , un bel documentario spagnolo sul tentativo da parte del governo spagnolo , negli anni della guerra civile, di sottrarre le opere d’arte racchiuse nel museo ai franchisti.




Maldamore

di Angelo Longoni. Con Ambra AngioliniLuisa RanieriAlessio BoniLuca Zingaretti, Eugenio Franceschini. Italia 2014

Veronica (Angiolini) è sposata con Marco (Zingaretti), il fratello di lei ,il musicista Paolo (Boni), è sposato con Sandra (Ranieri); una sera sono tutti e quattro insieme per festeggiare il compleanno della figlia seienne di Veronica e Marco. I due maschi si appartano e si confidano di essere stati entrambi infedeli : Paolo ha avuto una storia in un viaggio di lavoro, mentre Marco, adultero compulsivo, ha un’amante giovanissima, Beba (Miriam Dalmazio); i due non si sono accorti che il walkie-talkie della bambina è acceso e le due mogli sentono tutto e scoppia la tragedia: Veronica caccia Marco e Sandra, dopo aver confessato a Paolo di essergli stata anche lei infedele, se ne va di casa. Paolo re-incontra per lavoro Sabrina (Eleonora Ivone) , la fidanzata precedente che lui aveva lasciato per Sandra e che ancora ce l’ha con lui. Veronica, intanto, viene pressantemente corteggiata da Luigi (Franceschini), vicino di casa ventenne mentre a Sandra confessa il suo amore il collega Antonio (Ettore Bassi), igienista compulsivo. Marco incontra in un bar Lidia (Claudia Gerini), che lo porta a casa sua per fare l’amore ma, ubriaca, lo ammanetta e poi si addormenta, Beba, chiamata in soccorso, lo libera ma lo lascia per sempre. Le due coppie, dopo qualche giro di sesso in letti estranei, tornano insieme forse più consapevoli. Longoni è regista di buon mestiere e quando può mettere mano ad un progetto solido (vedi il “Caravaggio” televisivo) tira fuori un buon prodotto. Stavolta, però, siamo alle viste di una tipica simil-pochade, di quelle che riempiono i cartelloni dei nostri teatri minori. Niente da dire, ovviamente sulla pochade, sia nell’accezione tradizionalmente teatrale, che nella versione (casareccia ma professionale) del De Sica (con Boldi o con Ghini) delle commedie natalizie: il meccanismo ad orologeria (entra il marito, esce l’amante – si apre l’armadio, si chiude la porta) è , quando oliato alla perfezione, sempre godibile. “Maldamore” è solo una commediola con pochissimi spunti comici e con un cast inadeguato al genere (la più in parte, per dire, è Ambra!). Produce e fa un cameo la Cucinotta.




Sotto una buona stella

di Carlo Verdone. Con Carlo VerdonePaola CortellesiTea FalcoLorenzo RichelmyEleonora Sergio.  Italia 2014

Federico Picchioni (Verdone) ha un buon lavoro come promoter finanziario ed una compagna bella e giovane,Gemma ( Sergio). Durante un party per festeggiare il compleanno della fidanzata , Federico riceve una drammatica telefonata dai figli : la loro madre e sua ex moglie sta morendo. Il giorno dopo , a seguito di un blitz della Finanza, la società per la quale lavorava viene chiusi e lui si trova senza lavoro e con parte dei risparmi bloccati. E’ costretto così a disdire l’affitto dell’appartamento dei due figli ed ad ospitarli in casa propria. I due ragazzi sono Niccolò (Richelmy), musicista di buona vena ma ancora in cerca di scritture e Lea (Falco) , poetessa sbandata con bambina di colore senza padre a carico. La convivenza si fa subito difficile e gli antichi rancori dei ragazzi inducono Gemma ad andarsene. Federico è solo e si trova a fare il padre per la prima volta e, per di più , di due ragazzi, grandi, problematici e risentiti. Interviene nella loro vita Luisa   (Cortellesi), una tagliatrice di teste che – in preda ai sensi di colpa- passa le notti a cercare lavoro per quelli che ha licenziato. Federico e Luisa diventano inseparabili amici e, grazie a questa nuova armonia, anche il rapporto con i ragazzi sembra aver trovato una sistemazione. Forse tra i due c’è qualcosa di più di un’amicizia (e un bacio, non proprio finto, che i due si scambiano durante il matrimonio del fratello di lei – a cui lei lo aveva presentato come il proprio fidanzato- lo fa venir timidamente fuori ). Lea ,intanto, si è messa con il giornalista britannico Rivhard (Simon Blackhall) e, dopo una fuga d’amore che aveva preoccupato tutti, decide di partire con lui per l’Inghilterra. Di li a poco la seguirà anche Niccolò . Federico , rimasto solo, incolpa , ingiustamente, Luisa di avergli fatto allontanare i figli che, dopo tanto tempo, aveva ritrovato. Lite, riappacificazione – con due finti, rumorosissimi accoppiamenti per far ingelosire l’altro – e lieto fine.

Verdone è sempre stato un attore ed autore comico venato di malinconia e , da qualche anno a questa parte , questa caratteristica si è andata accentuando fino a sfociare in “Grande, grosso e Verdone” in una vera e propria cupezza. Quando, però, come in questo caso con la bravissima Cortellesi ( o con Giallini nel precedente “Posti in piedi in paradiso”) , azzecca il partner e gli affida le sfaccettature più ironiche il film fila perfettamente : ai momenti di piacevole commedia, la sua regia e l’autorevolezza della sua presenza di interprete danno una solida completezza: Verdone è ormai l’ultimo. Autorevole, autore della grande commedia italiana. Teniamocelo caro.




Quello che so sull’amore

Un film di Gabriele Muccino. Con Gerard Butler, Jessica Biel, Dennis Quaid, Catherine Zeta-Jones, Uma Thurman

George (Butler) è un ex campione di soccer (il calcio per gli americani); ora vive alla giornata e spera di trovare lavoro come cronista sportivo; si è anche trasferito in appartamentino vicino alla sua ex moglie Stacie (Biel), perchè spera di riconquistare almeno l’affetto di loro figlio Lewis (Noha Lomax). La mossa vincente sembra essere quella di allenare la squadra di calcio nella quale gioca il ragazzino ma le mamme deglli altri giocatori lo pressano da vicino , sia perché dia un ruolo di titolare al loro rampollo sia per portarselo a letto; tra queste ci sono Denise (Zeta-Jones), ex telecronista che gli procura un contratto con la mitica ESPN (il più importante network sportivo mondiale) e Patti (Thurman), moglie in crisi di Carl (Dennis Quaid), uomo d’affari volgare e violento. Compiendo mille errori , George alla fine capirà che il figlio e la moglie, che non ha mai cessato di amare, valgono un percorso di crescita e di stabilizzazione.

In America , è noto, il film non è andato benissimo ma la Medusa lo ha fatto uscire da noi con oltre 400 copie ed i primi segnali sembrano buoni . Il film non è certamente l’opera più personale di Muccino ma, forse proprio per questo, lo laurea regista a tutto tondo : ha gestito bene un cast pesante , ha confermato il proprio talento nel alternare sapientemente sorrisi e commozione ed , infine, ha comunque aggiunto un’altra storia piacevole e credibile di maturazione di un maschio affetto fa sindrome di Peter Pan – in fondo il tema centrale di tutta la sua filmografia.




Smetto quando voglio – Italia 2013

di Sydney Sibilia. Con Edoardo LeoValeria SolarinoValerio ApreaPaolo CalabresiLibero de Rienzo.

Pietro (Leo) è un brillante neurobiologo, ricercatore precario; quando sembra che stia per arrivare la sospirata e meritatissima assunzione a tempo indeterminato, piccole manovre clientelari fanno promuovere un suo collega molto meno titolato e lui perde anche il contratto annuale; alla sua compagna Giulia (Solarino), assistente sociale che lavora alle tossicodipendenze, che aspetta pure un figlio non ha il coraggio di dire la verità. La sua specialità è l’isolamento di molecole e così con l’aiuto di Alberto(Stefano Fresi), un chimico di valore che fa il lavapiatti in un ristorante cinese, ricava da una molecola – che non appare negli elenchi del Ministero della Sanità tra quelle dopanti – delle pillole che, per legge non sono classificabili come droghe. Il problema è come diffonderle ( questo è, comunque, un reato ma minore) e così mette insieme un team di giovani talenti nelle stesse condizioni sue e di Alberto : Mattia (Valerio Aprea) e Giorgio (Lorenzo Lavia), due latinisti che fanno i benzinai alle dipendenze di un gestore bengalese, Arturo (Calabresi) dottissimo archeologo che fa lo stradino, Andrea (Pietro Sermonti) ,antropologo che non trova lavoro come guardiano perché i datori di lavoro sono messi in allarme dal suo eccezionale curriculum e Bartolomeo (de Rienzo) , microeconomista , che convive con una ragazza rom e tenta, con costante insuccesso, di usare parametri algoritmici per il poker. In breve le loro pillole vanno a ruba e loro diventano ricchissimi (mentre Giulia racconta preoccupata a Pietro che una nuova irresistibile sostanza sta facendo ricadere molti dei suoi assistiti).Tutto andrebbe per il meglio ma , da un lato, i nostri eroi – nonostante i buoni propositi iniziali- spendono e spandono platealmente e, dall’altro, si fa vivo il terribile Murena (Neri Marcorè) , il boss dello spaccio che non può tollerare l’arrivo di questi intrusi. Quasi lieto fine ,con il Murena – scopriremo che il soprannome gli viene dall’essere stato , in passato, un rispettato ma disoccupato biologo marino- arrestato , gli improbabili spacciatori di nuovo in bolletta e Pietro , in carcere, che aiuta Giulia e il figlio dando lezioni ai detenuti.

Sibilla è al suo primo lungometraggio ma ha al suo attivo dei corti molto brillanti; “Smetto quando voglio” è uno dei migliori esordi di questo periodo ( lui sembra proprio avere un buon futuro da regista) ed è un ottimo esempio di come qualcuno tra i migliori registi esordienti stia uscendo dal tunnel dell’autorialità per cercare nuove, originali strade nella commedia : basti pensare a due esordi , lontani tra di loro per mezzi produttivi ma in linea con questa tendenza :”Fuga di cervelli” di Paolo Ruffini e “Spaghetti story” di Ciro De Caro.




300 – L’alba di un impero. 300 – Rise of An Empire

di Noam Murro. Con Sullivan StapletonEva GreenLena HeadeyAndrei ClaudeMark Killeen. USA 2014

Siamo nel 480 a.c. e il generale Ateniese Temistocle (Stapleton) cerca di convincere la regina spartana Gorgo(Headey) – il cui marito Leonida (Gerald Butler) , come narra il precedente “300”, è appena partito per le Termopili – ad unire la flotta spartana alle forze delle altre città greche alleate contro l’invasione del potente esercito del re persiano Serse (Rodrigo Santoro); Gorgo orgogliosamente rifiuta, temendo che alla fine della guerra Atene primeggi su tutta la Grecia. Artemisia (Green) ,la ex-schiava greca che ha salvato dalla morte Serse, rendendolo un dio-re e che ora comanda la flotta persiana scopre tra i propri ufficiali un traditore: si tratta di Scylia (Callan Mulvey) che , vistosi scoperto, si tuffa in mare e raggiunge i suoi per combattere a fianco di Temistocle. La flotta greca , ancorchè assai meno potente di quella persiana, dà battaglia in mare aperto e per due giorni le astuzie di Temistocle danno la vittoria agli elleni; ma, il terzo giorno Artemisia – che aveva tentato di convincere Temistocle, seducendolo, a passare con lei – mette in campo delle navi esplosive e sbaraglia la flotta greca. Nella battaglia perisce anche Scylia che lascia al giovanissimo figlio Calisto (Jack O’Connell) – che si era arruolato di nascosto- il compito di tenere alto l’onore della sua gente. Leonida ed i suoi sono morti e Temistocle, che nel frattempo ha fatto radunare navi e soldati a Salamina, torna da Gorgo per chiedere di nuovo aiuto. La battaglia di Salamina sarà durissima ma l’arrivo degli spartani, guidati da Gorgo e l’uccisione di Artemisia daranno la vittoria definitiva ai greci.

Il film viene sette anni il fortunato “300” ma non è propriamente un sequel, semmai un co-equel ( brutta parola inventata da me ora): gli eventi dei due film sono paralleli. Inevitabilmente la storia ha molti anacronismi – Artemisia era davvero una donna-ammiraglio ma non era affatto una trovatella greca e non muore a Salamina, Gorgo non si è mai sognata di scendere personalmente in battaglia e via fantasticando – ma è inevitabile in un racconto di questo tipo. L’operazione è comunque riuscita e sta avendo buon successo in patria e da noi (il graphic-noveller Steve Miller – “Sin city”, “300”- continua a trasformare i suoi libri in successi cinematografici ), anche se il passaggio di regia da Zack Snyder (specialista in supereroi ed effetti speciali , vedi “Watchmen” e “L’uomo d’acciaio”) a Murro fa perdere in essenzialità al racconto: il primo “300” era un inno alla forza ed al coraggio, intesi come mito fondante della storia dell’umanità, questo è un buon film di strategia militare con l’elmo e la corazza.