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Non ci sarà smart city senza utilizzo dei dati. Siamo pronti?

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I dati saranno l’infrastruttura delle città intelligenti ma privacy e sicurezza ne limitano lo sviluppo. Servono nuove idee e un approccio ‘smart’ per garantire accesso e protezione.
Cos’è che fa funzionare una città? Le sue infrastrutture. Strade, tubature, reti idriche ed elettriche e i sistemi di trasporti. Eliminiamoli e non avremo più una città.
L’accesso ai dati e la capacità di utilizzarli rappresenterà l’infrastruttura fisica dei centri iper-connessi. Una visione di città intelligente, efficiente ed avanguardistica non può esistere senza dati. Ne hanno bisogno i servizi pubblici per migliorare la sicurezza e la qualità della vita dei cittadini così come le società tecnologiche che hanno bisogno di creare interazione e proattività per definire i dispositivi di una città moderna. Le smart city non potranno vivere senza utilizzare i dati eppure questa visione di città improntata a una libera circolazione e messa a disposizione di informazioni che oggi definiremmo private spaventa. Ma se vogliamo evolverci questo è un punto da superare. Ad affrontare l’argomento è Matthew Fawcett in un interessante articolo pubblicato qualche giorno fa su Forbes, con l’obiettivo di far riflettere sulle contraddizioni che stanno immobilizzando l’innovazione e di spronare a fare di più.

Le smart city emergenti utilizzano attualmente i dati i modi nuovi e diversi e con vari gradi di successo. Barcellona, ad esempio, ha dotato i cassonetti pubblici con sensori che misurano il livello di pienezza, rendendo quindi molto più efficiente il servizio di raccolta della nettezza urbana, che interviene solo quando ce ne è bisogno. Questo è chiaramente un esempio di come l’accesso alle informazioni offre solo benefici senza andare ad intaccare la cosiddetta privacy. Altri casi hanno però dimostrato una maggiore controversia. Come il programma di controllo aereo di Baltimora che, pensato per combattere la criminalità, ha dovuto affrontare delle accese reazioni per essere stato istituito senza metterne a conoscenza i viaggiatori.

La grande contraddizione: utilizzo vs protezione dei dati

Tutte le società, sia pubbliche sia private, sono in corsa per poter raccogliere e sfruttare i dati in modi nuovi e creativi e per poter competere nel mondo digitale. Questa situazione crea tensione. Come si può colmare il divario fra la necessità di accedere ai dati e il muro da parte dei cittadini che chiedono privacy, sicurezza e garanzia del rispetto delle leggi vigenti?

La questione, secondo Fawcett, è idiosincratica. Il concetto di ‘personale’ non è chiaro e stride con una realtà in cui pressoché tutti accettiamo di utilizzare la tecnologia e i servizi ad essa legati fornendo i nostri dati ma allo stesso tempo chiediamo una maggiore protezione e controllo sulle modalità con cui questi dati sono raccolti e utilizzati.
I legislatori stanno cercando di mediare e di redigere nuove leggi che garantiscano più protezione ma sembra difficile farlo in un modo che evolve sempre più verso una condivisione. Prendiamo in considerazione la direttiva sulla protezione dei dati dell’UE, che regola la tutela dei dati personali, e sancisce il “diritto all’oblio”. Anche se il concetto è semplice questo diritto si è dimostrato difficile da definire e garantire nella pratica. Una volta che le informazioni sono state diffuse non esiste un pulsante da premere per cancellare tutto con un click.

Protezione dei dati personali, una materia complessa

La verità è che la protezione dei dati personali solleva nuove domande e crea gravi problemi di gestione. Il problema è stratificato. Fawcett lo distingue in tre livelli:

– La Privacy è un problema individuale e sociale. Come possono gli utenti fare in modo che i loro dati non siano senza il loro permesso? La semplice partecipazione al mondo digitale comporta un consenso alla fruizione di alcune informazioni personali?
– La Sicurezza è un problema sia aziendale che governativo. Quali standard devono soddisfare le organizzazioni per proteggere da minacce le informazioni personali di cui dispongono?
– La Sovranità è infine una questione nazionale, il che la rende la più imprevedibile. Quali promesse possono essere fatte ai cittadini? Cosa uno Stato può o non può garantire, anche in base alla legislazione internazionale? Ad esempio quali sono i dati che la Germania considera propriamente tedeschi ai fini della sicurezza nazionale o per altri scopi?

Le città intelligenti chiedono un approccio intelligente alla gestione dei dati

Le smart city faranno fatica a districarsi in queste contraddizioni normative.
“Le leggi- scrive Fawcett- hanno sempre bloccato le innovazioni tecnologiche. Abbiamo costruito strade prima di aver realizzato semafori, corsie e il codice della strada. E’ illegale registrare la voce di una persona senza il suo permesso, ma è legale (nella maggior parte dei casi) registrarne un video Perché? Poiché la tecnologia di registrazione del suono è venuta prima.”
Non servono nuove leggi, secondo Fawcett, ma nuove idee. La sfida di città intelligenti che debbano allo stesso tempo rendere accessibili i dati e proteggere i cittadini a cui appartengono, non può essere affrontata soltanto dai politici o dai tecnici o dalle associazioni dei consumatori. E’ una questione che richiede uno spirito di collaborazione e la messa in campo di abilità e conoscenze diverse. Insomma, le città intelligenti chiedono un approccio altrettanto intelligente alla gestione dei dati.

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