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L’abbiamo fatta grossa

 di Carlo Verdone. Con Carlo VerdoneAntonio AlbaneseAnna KasyanFrancesca FiumeClotilde Sabatino

L’attore Yuri Pelagatti (Albanese) da quando è stato lasciato dalla moglie Carla (Sabatino) non riesce più a lavorare: qualunque frase relativa all’amore o al tradimento lo blocca, immobile e senza memoria, in scena. Va, perciò, dall’investigatore Arturo Merlino (Verdone) perché raccolga le prove della relazione tra la moglie e l’avvocato Franciosa (Federigo Ceci); il detective scrive polizieschi pseudo autobiografici – che nessuno pubblica – il cui protagonista è un eroe da hard boiled novel ma in realtà è un povero diavolo che vive con la vecchia zia Elide (Virginia Da Brescia) e uno dei suoi incarichi più costanti è quello di riacchiappare il gatto di un generale il pensione (Giuliano Montaldo) e sua moglie (Vera Pescarolo, vera moglie del regista). Arturo, con l’aiuto della vicina Giorgia (Fiume), una ragazza cinese che parla romanesco, travestito da indiano venditore di fiori, riesce a piazzare una cimice nel tavolo del ristorante dove la coppia era andata a pranzare. I due, però, cambiano tavolo e la coppia che si siede al loro posto viene registrata mentre parla di un misterioso appuntamento per consegnare una valigetta con delle fotografie. Yuri, che da giovane aveva posato per delle foto porno, teme che quelle siano il contenuto della valigetta. I due si mettono il passamontagna e nel luogo convenuto, armati di due pistole giocattolo, si fanno consegnare la valigetta; Yuri vede che al volante non c’è la moglie e, sorpreso, si toglie il passamontagna. Quando aprono la valigetta i due trovano un milione di euro. Yuri vorrebbe tenerli ma Arturo, ex-carabiniere, si oppone e il bottino viene nascosto nel cappotto dello zio morto che Elide tiene come una reliquia. Ciascuno, di nascosto dall’altro, intasca una piccola somma: Yuri paga alla moglie gli arretrati degli alimenti e Arturo porta a cena la cassiera del bar con la vocazione del canto lirico, Lena ( Kasyan), della quale è innamorato. Yuri ottiene anche un piccolo ruolo in una pièce e invita Arturo e Lena alla prima. Tra gli spettatori c’è però la donna della valigetta, che lo riconosce e avverte l’uomo elegante (Massimo Popolizio) che è seduto accanto a lei. Yuri, a sua volta, la riconosce e scappa dal palcoscenico, mentre Arturo, che lo ha seguìto, sente l’uomo elegante impartire ordini minacciosi che li riguardano. Yuri si rifugia a casa dell’investigatore e, quando questi – accompagnato da Lena (che si sente una Bond-girl) – va nella comune nella quale l’attore vive, la trova messa a soqquadro. Un malvivente che era andato da Arturo per spaventarlo, viene messo inavvertitamente k.o. e, poco dopo, si presenta l’uomo elegante che, con minacce e promesse di ricompensa, gli intima di ridargli i soldi. Arturo accetta ma, quando con Yuri aprono l’armadio, si avvedono che l’indumento è sparito. Lo ha dato alla parrocchia la zia e, al centro di smistamento, lo recuperano dal vagabondo che lo aveva avuto, dandogli in cambio di un paio di colorate scarpe da tennis. I soldi ci sono ma una recente pioggia li ha infracidati; in un vicino solarium li asciugano alla bell’e meglio; sono, però, in ritardo e i malviventi rapiscono Lena. Portano il milione al nuovo appuntamento e, in cambio, Lena viene liberata e, nonostante l’uomo elegante si sia accorto del piccolo ammanco, ottengono anche la generosa ricompensa promessa. Queste banconote, però, sono false e i due vengono arrestati; al processo li difende, volutamente male, Franciosa e la condanna è pesante: cinque anni. In compenso, Carla, che è indignata per il comportamento di Franciosa, e Lena, che è andata a vivere da zia Elena, li aspetteranno, innamorate. In prigione i due ricevono un premio per le loro qualità letterarie (Arturo) e di recitazione (Yuri) e a consegnarglielo sarà un sottosegretario che altri non è che l’uomo elegante. Una eduardiana (L’oro di Napoli) e liberatoria pernacchia sarà la risposta al suo pistolotto sull’onestà e la redenzione.

Verdone ha spesso lavorato in coppia: con Castellitto (Stasera a casa di Alice), con Sordi (Troppo forte, In viaggio con papà), con la Buy (Maledetto il giorno che ti ho incontrato e Ma che colpa abbiamo noi?), con Montesano (I due carabinieri) con Pozzetto (7 chili in 7 giorni), con la Gerini (Viaggi di nozze, Sono pazzo di Iris Blonde, Grande, grosso e Verdone), con Muccino (Il mio miglior nemico), con inevitabili alternarsi di ruoli comici e di spalla ma, ultimamente, ha accentuato la capacità di dare spazio ad un altro comico: lo ha fatto con Giallini in Posti in piedi in Paradiso e con la Cortellesi in Sotto una buona stella. Ora, con Albanese, sembra aver costituito, almeno per questo film, un sodalizio alla Tognazzi e Vianell in cui lui si è ritagliato lo spazio (alla Vianello) di spalla comica. Il sodalizio della vecchia ditta era durato molti anni, tra televisione, 7 riviste e 22 film (23 se si conta Il giorno più corto in cui ciascuno appariva separatamente per pochi secondi); erano film (spesso, guarda caso, con una trama giallo-comica) senza grandi pretese, alcuni molto legati al loro successo televisivo (vedi Tu che ne dici? che richiamava il tormentone di Un,due,tre: “Tu che ne dici?” “Io dico che piace!”) ma di grande efficacia comica. Verdone è intelligente e niente affatto snob e con questa nuova formula sta scongiurando il rischio di stancare il pubblico dopo anni di successi. Il suo tocco è, semmai, nella solida regia e nel sempre sorprendente lavoro di casting (Montaldo e signora sono invece solo un ammicco agli addetti ai lavori che conoscono la simpatia, un po’ guitta, del regista di Sacco e Vanzetti).