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Il suono dei tulipani

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Ci sono diversi modi con i quali raccontare il cambiamento sociale. Comune-info ha scelto una periferia, un gruppo di bizzarri giardinieri e una indisciplinata streetband. Il racconto di cosa hanno combinato è in questo reportage.

Corviale, Roma. È domenica 7 ottobre e sono da poco passate le tre del pomeriggio. Un’auto rallenta in via Poggio del Verde, la strada che circonda il Serpentone di palazzi più noto di Roma. Dal finestrino una voce timidamente chiede dov’è il giardino dei tulipani. Il passaparola on line e i volantini attaccati ai pali della luce nel quartiere hanno dunque funzionato. Del resto oggi non è un giorno qualsiasi, ma l’International Tulip Guerrilla Gardening Day.

I tulipani sono semplici da piantare e non vogliono troppe cure, hanno fatto sapere i Giardinieri sovversivi, il gruppo di guerrilla gardening promotore della giornata di festa. Per questo potranno crescere spontaneamente e fiorire la prossima primavera. L’appuntamento è sotto il ponte pedonale a metà del Serpentone, «con bulbi di tulipani e palette». C’è anche la Titubanda. Si sente e si vede.

Il cielo è grigio come i palazzoni di questa periferia. Ma un lampo di musica e fiori sta per colorare improvvisamente il quartiere. Cominciano quelli della Titubanda: hanno quasi quindici anni alle spalle di presenza vagante e autogestita nelle strade di Roma, fuori da ogni logica di profitto. In fondo oggi si sentono a loro agio e alla loro passione festaiola è difficile resistere. Lo dimostra la passeggiata nel serpentone fino alle scalinate di un anfiteatro che qui hanno visto utilizzare solo un’estate, per qualche giorno, alcuni anni fa. La maggior parte dei citofoni dei palazzi sono rotti oppure senza nome. La vita dei los de abajo è la storia dei senza nome. Per far sapere della festa, non potendo citofonare, meglio un po’ di musica. Qualcuno si affaccia dal balcone attirato dalle note di questa stravagante fanfara, una mamma con la figlia in braccio comincia a muoversi lentamente dietro la finestra al ritmo della musica, alcuni bambini strillano e salutano dietro i panni stesi.

La signora Maria dice di aver letto il volantino. Una cosa del genere, lei che vive a Corviale da diciannove anni con due figli, non l’aveva mai vista. «I ragazzi sono sempre in casa, qui non c’è mai nulla da fare». Aldo invece ha un’eta indefinibile e passa molto tempo in strada. Dice di aver suonato con i Pink Floyd e con i Genesis, ma che ora si esibisce solo in un centro commerciale. Adora la musica. È cresciuto a Corviale e vive da solo con la madre anziana, il cui unico pensiero oggi è chi si prenderà cura di Aldo e della sua disabilità tra qualche anno. Ma oggi per fortuna c’è una strana festa a cui pensare e Aldo è proprio contento di seguire giardinieri e musicanti.

Marco invece ha undici anni, un pallone tra i piedi e una maglietta giallorossa troppo stretta per il suo pancione. Oggi è piuttosto contento per tre buone ragioni: si è potuto svegliare tardi, non ha mai visto una banda suonare a Corviale, la sua Roma ha vinto due a zero. Quando la passeggiata della Titubanda si conclude arrivano le zappe, i rastrelli e le palette. I vasi con i tulipani e altri fiori da seminare sono state regalati da alcuni vivai e dai cittadini di NoPup, con i quali Giardinieri sovversivi hanno promosso il giorno prima un’iniziativa in viale Leonardo Da Vinci (contro il Piano urbano parcheggi approvato dal Comune). Un’economia del dono che fa molto bene alla città e poco al suo Pil. Intanto, diversi infilano i guanti, si comincia. Tra loro c’è anche Elvira che ha dodici anni e non ha mai avuto tra le mani una zappa. L’afferra, sorride e un po’ impacciata guarda la nonna mentre inizia a scavare.

Giardinieri sovversivi è composto da uno zoccolo duro di circa venti persone. Lo scorso anno, in occasione della giornata nazionale di guerrilla gardening promossa insieme a Badili badola di Torino, Roma ha visto altre persone munirsi di rastrelli, come alcuni gruppi di studenti di architettura e altri già impegnati con gli orti urbani. Emulazione e contagio sono i modi con i quali in tutto il mondo si moltiplicano esperienze di questo tipo. L’obiettivo non è solo recuperare spazi di verde ma, prima di tutto, ricomporre legami sociali, pensare e sperimentare una città diversa.

A Roma i primi appuntamenti sono nati due anni fa, l’ultima domenica del mese. Era la Critical gardening. Il desiderio di formarsi un po’ con i saperi della botanica ha convinto i giardinieri a programmare meno azioni ma più curate, creative e in periferia: a Tor Bella Monaca, ad esempio, con i ragazzi del Cubo libro, e a Tor Pignattara, sotto l’acquedotto Alessandrino. Oppure al Pigneto, dove quelli del Forte Fanfulla hanno portato avanti nel tempo quanto cominciato da Giardinieri sovversivi, prendendosi cura di alcune aiuole, mentre i promotori di Fermento di terra hanno avviato un orto urbano. Come dire, la crepa aperta con rastrelli e bulbi ha generato in poco tempo un circuito virtuoso di relazioni sociali e di cura del territorio.

«A Corviale abbiamo scelto di seminare in un pezzo di prato accanto al parchetto giochi – dice Vanessa – Per i bambini e i loro nonni sarà più facile difendere e curare questo piccolo giardino. E lasceremo qualche cartello per raccontare chi e perché ha piantato questi fiori». Sulle panchine del parchetto, cioè due altalene e uno scivolo, sono seduti alcuni anziani. Anna ascolta la Titubanda e commenta: «Mai vista una cosa del genere. Neanche la parrocchia fa più qualcosa. Perfino la processione ora ha smesso di passare sotto i palazzi». Una ragazza intanto legge Apocalypse Baby di Virginie Despentes, noir on the road tutto al femminile ambientato tra le adolescenti e lo squallore di alcuni sobborghi della periferia parigina.

«Chi non ha una zappa a disposizione può sempre ballare oppure bere un bicchiere di vino rosso», dice una ragazza della Titubanda durante una sosta. «Una volta zappando abbiamo trovato un cellulare», racconta Mario, maglietta nera con il pugno verde disegnato sopra la scritta Giardinieri sovversivi. Isabella invece scatta qualche foto. Alcuni cani sdraiati, tra cui Petra, giardiniera sovversiva a quattro zampe, sembrano apprezzare la musica e la compagnia.

Sulla piccola staccionata di protezione del giardino, un paio di scritte colorate avvertono: «Tulipani», «I fiori non si rubano». A carponi, rovistando nella terra, i giardinieri, diversi per età e sensibilità culturali, si lasciano alle spalle il ritmo convulso della quotidianità moderna, il grigio delle periferie. Hanno trovato il tempo per conversare tra loro. Scrive Richard Reynolds, considerato uno dei promotori del movimento internazionale della guerrilla gardening: «Scavare l’uno accanto all’altro, mettere una pianta in un vaso, discutere la posizione dei fiori, condividere la scarsità delle cazzuole, sono compiti ordinari di giardinaggio che diventano occasioni di conversazione. E ragioni per ricomporre legami con le persone e con i luoghi in cui viviamo…». Giardini e relazioni diverse crescono lentamente insieme, lontano dalle logiche di mercato, perfino in periferia. Germogli di una città diversa.

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