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Google si prepara a investire in Italia. Eric Schmidt: «Ma serve la banda larga»

googleEccolo mister Google, Eric Schmidt. Fa il suo ingresso da star al Tempio di Adriano, in una delle più belle piazze di Roma. E la platea pende dalle sue labbra perché sta per fare un annuncio. Saluti di rito, una breve introduzione e via: «Abbiamo deciso – scandisce l’executive chairman del Colosso di Mountain View – di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il Made in Italy alla conquista dell’economia digitale».

Stavolta a parlare non è un politico o un imprenditore qualunque, ma il presidente di una delle più grandi e importanti aziende del mondo. Lo fa al Big Tent, evento organizzato nella Capitale da Google insieme ad Uniocamere, per discutere di come le tecnologie digitali possano fare da volano all’economia italiana, ma anche per raccontare le storie di chi, tra le migliaia di imprenditori del nostro Paese, ha già intrapreso il cammino della digitalizzazione.

Oltre a Schmidt, sul palco del Big tent si avvicendano il ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo, il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, il segretario generale Cgil Susanna Camusso e Francesco Sacco.

Anche se sugli aspetti concreti del progetto (a partire dall’entità dell’investimento) Eric Schmidt dice assai poco, il fatto che l’azienda più importante del web si interessi all’Italia è già una buona notizia. Mister Google si dice molto interessato dalle potenzialità di sviluppo del nostro Paese, ricordando che «l’Italia, in cui l’economia internet è a poco più del 2% del Pil, ha dalla sua un potenziale unico che deriva dalla sua tradizione. Ossia, da quello che all’estero siamo ormai abituati a chiamare il Made in Italy. Il sistema economico italiano, infatti, seppur penalizzato da un ritardo tecnologico, ha tutte le caratteristiche per risultare vincente su Internet: l’Italia è un brand fatto di prodotti, di stile di vita, di cultura e di luoghi, ed è riconosciuto e ricercato all’estero».

Ma c’è un «ma». E Schmidt non manca di porvi l’accento: «Il governo dovrà garantire la banda larga veloce ovunque, nulla può accadere senza questo», sottolinea. Lo stesso governo, d’altronde, è il primo partner annunciato del progetto di Google. Il ministro De Girolamo ha incontrato il presidente del motore di ricerca e insieme hanno già individuato alcune delle direzioni da prendere. Il progetto, che vedrà la luce nel 2014, punta alla valorizzazione del made in Italy agroalimentare.

«Portare l’economia italiana nel digitale non deve significare snaturare la vostra economia e abbandonarne i settori di punta nel tentativo di creare in Italia una nuova Silicon Valley; significa piuttosto utilizzare internet come tecnologia abilitante, come strumento per analizzare i mercati, far conoscere il proprio prodotto e raggiungere i potenziali clienti». Ma per far questo «serve una maggiore capacità delle imprese italiane, tutte, anche le più piccole, di farsi vedere agli occhi del mondo attraverso internet».

L’azienda di Mountain View, dice Schmidt, si prefigge di aiutare l’Italia a raggiungere questo obiettivo: «In un paese con il 40% di disoccupazione giovanile, trovare soluzioni alla portata del tessuto imprenditoriale che aiutino a far crescere il fatturato delle imprese, il Pil del paese e allo stesso tempo utilizzino il talento dei giovani, sembra essere imprescindibile.

Ecco perché, come Google, abbiamo deciso di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il Made in Italy alla conquista dell’economia digitale. Ci concentreremo su tre aree: I) far conoscere le eccellenze nascoste dell’Italia II) diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali III) valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale dell’economia italiana. L’Italia è straordinaria nel mondo, se questa straordinarietà riusciamo a portarla online, un piccolo pezzettino per volta, ne deriverà un grande contributo alla crescita del paese. E noi siamo qui per fare la nostra parte».
di Filippo Bernardi
articolo del Messaggero