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Efficienza energetica e rigenerazione urbanistica nelle periferie

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Con il Piano UE 20/20/20, contenuto nella Direttiva europea 2009/29/CE, l’Italia si trova ad affrontare, in maniera sempre più urgente, il problema dell’efficientamento energetico soprattutto per quel che riguarda il costruito esistente.

Si stima, infatti, che sul suolo italiano esistano circa 2.000.000 di abitazioni in precario stato di conservazione, che necessitano di essere demolite e ricostruite o recuperate: ampie aree urbane in cui insistono complessi di edifici che hanno ormai concluso, o stanno concludendo, il proprio ciclo di vita e che sono, dunque, destinate ad una sostanziale riqualificazione. Se lo Stato, da un lato, dovrebbe dare già il buon esempio, risolvendo il problema degli edifici pubblici entro la data di scadenza del 2020, dall’altro lato più del 70% del patrimonio esistente risulta oggi abbandonato a se stesso, non solo per quel che riguarda la manutenzione edilizia ma ancora più per quella energetica. In un paese, come il nostro, in cui lo spazio costruito risulta quasi la totalità della superficie nazionale, appare subito chiaro come il compito di riuscire a riqualificare il patrimonio edilizio sia senz’altro arduo e richieda sforzi non da poco.

Si è, così, di fronte ad una grande opportunità: affrontare il problema con una visione matura che cerchi, sinergicamente, di fare incastrare l’aspetto edilizio, quello urbanistico e ambientale con quello dell’innovazione tecnologica, per poter poi far fronte alle richieste, sempre più pressanti, delle politiche europee, che impongono non solo un cambiamento di rotta per quel che riguarda le risorse utilizzate – dal fossile al sostenibile – ma che, allo stesso tempo e in modo coerente, trattano sempre più temi come l’energia, il cambiamento climatico, le smart city e la sostenibilità, nell’ottica di quella programmazione 2014-2020 che fa, ormai, da obiettivo comune alle politiche direttive degli stati membri.

In una visione più locale, ovvero concentrandoci sui centri abitati italiani, si nota subito come la maggior parte dell’attenzione, in materia di efficientamento o di riqualificazione energetica, venga spesso rivolta o alle nuove costruzioni o agli edifici pubblici esistenti che, spesso, caratterizzano i nostri centri urbani, a volte anche quelli storici. Poche sono invece le idee spese per le aree più lontane dal centro e che costituiscono quelle periferie, spesso degradate e senza servizi, dove invece si concentra un’altissima densità di popolazione. Complessi edilizi da ripensare, da riqualificare o da ricostruire, potrebbero diventare i veri protagonisti di quella class action di rinnovamento energetico allo scopo di creare quartieri finalmente degni di questo nome, con spazi pubblici e privati ripensati in modo smart, in modo “intelligente”, accorciando quella distanza che spesso si è venuta a creare tra il centro, o i più centri, delle nostre città e, appunto, le periferie. Tutto ciò ovviamente non risulta così immediato, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che questa rigenerazione deve essere a bilancio zero, puntando ad abbattere drasticamente il consumo energetico edilizio (in particolare, nel settore civile, i consumi relativi al riscaldamento, al raffrescamento e all’acqua calda sanitaria, rappresentano attualmente il 22% del consumo primario nel Paese) e ponendosi come obiettivo non solo una sinergia tra professionisti ma anche un’attiva partecipazione dei cittadini, giustamente informati, che sono i primi fruitori dei luoghi, anonimi e non. Una trasformazione, questa, che porterebbe alla creazione di veri e propri Eco-Quartieri, come risultato dell’unione tra riqualificazione energetica e riqualificazione urbanistica, all’interno di strategie di intervento coerenti, che portino a tutti quei risultati che i P.R.U. o i P.R.U.S.S.T. non hanno realizzato concretamente, salvo dovute eccezioni, e che potrebbero, altresì, coniugarsi tranquillamente all’interno dei regolamenti edilizi “energetici” stipulati dai Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile del Patto dei Sindaci (PAES).

E’ con queste premesse che Audis (Associazione delle Aree Urbane Dismesse) e Legambiente promuovono il progetto Ecoquartieri in Italia: un patto per la rigenerazione urbana, una proposta per il rilancio economico, sociale, ambientale e culturale delle città e dei territori. Il progetto, infatti, inteso a contribuire all’affermazione della rigenerazione urbana e ambientale, come chiave strategica per lo sviluppo e la sostenibilità, si pone l’obiettivo di fare da traino verso una meta più grande: ripensare un nuovo modello di città e di territorio. Del resto è proprio nei quartieri che nascono le comunità, i servizi, i centri culturali e tutto ciò che può determinare un moderno vivere sostenibile. Questa riqualificazione, inoltre, non può essere condotta solo sulla base di interventi puntuali su singoli edifici ne, allo stesso modo, su piccole porzioni di territorio, spesso studiati in modo del tutto separato e sconnesso dal resto della città. Proprio in questo senso i professionisti sono chiamati ad agire su aree più ampie, messe in relazione dinamica con il contesto in cui si collocano, con lo scopo di riportare qualità e identità a quelle periferie dimenticate e facendone addirittura esempi virtuosi per la restante parte delle città. Diversi sono, pertanto, le tipologie di intervento che è possibile ipotizzare:

  • interventi innovativi e rispettosi, ovvero trasformazioni profonde che, tenendo conto della storia del luogo analizzato, servano a pensare a quei caratteri che possano portare ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile in situ;
  • interventi che riducano, drasticamente, l’enorme impatto ambientale che hanno, ad oggi, le nostre città sul territorio e che tengano conto, pertanto, della riduzione del consumo energetico del settore edilizio;
  • interventi che, come detto, coinvolgano i residenti, generando coesione e senso di appartenenza di quel luogo. Progettazione partecipata che dia modo ai cittadini, reali fruitori di quel quartiere, di formulare proposte concrete, in totale sinergia con le relative pubbliche amministrazioni e con le competenze professionali locali, uniche e vere risorse in grado di dare vita a progetti che tengano conto di quelle che sono le reali condizioni climatiche, del degrado del patrimonio, dei materiali compatibili con il contesto, del rispetto della storia del patrimonio edilizio esistente.
  • interventi, non in ultimo, che si rendano economicamente autosufficienti in tempi brevi, tralasciando quella burocrazia “delle carte” in cui spesso il nostro Paese ristagna.

Nel concreto, tenendo conto dell’effettiva applicabilità degli interventi, in particolar modo di quelli per l’efficienza energetica, e al loro rapporto costo/beneficio, occorre, dunque, tener conto:

  • dell’involucro edilizio: facendo riferimento ai parametri standard prescritti dal vigente decreto n.192/05, ci si riferisce a opere di coibentazioni dell’involucro, alla sostituzione di infissi, all’introduzione di elementi schermanti, ecc;
  • degli impianti termici ed elettrici. In tal senso l’ENEA, in collaborazione con il CRESME, ha effettuato una ricerca per la determinazione del parco immobiliare nazionale e della sua distribuzione sul territorio nazionale, attraverso lo studio del sistema elettrico italiano, in modo da determinare un quadro generico dello stato di fatto e dare avvio alla progettazione di interventi integrati, come la sostituzione degli impianti termici esistenti con nuovi impianti ad alta efficienza e, laddove sia possibile, con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Proprio in tal senso, il convegno annuale di Italcementi, tenutosi a Bergamo lo scorso 24 gennaio, ha visto la partecipazione di nomi illustri del mondo dell’architettura mondiale, sia nell’ambito dell’architettura che in quello della pianificazione urbana, mettendo in luce una serie di problematiche sulla rigenerazione architettonica ed energetica del territorio, da esempi concreti di città, in cui queste tematiche sono state applicate con dei notevoli risultati, al ruolo dei materiali innovativi e delle nuove tecnologie pro-sostenibilità. “Le nostre città, e in particolare le nostre periferie, hanno bisogno di mirati e studiati interventi di riqualificazione, che portino ad una vera rinascita atta a migliorare la vita delle persone che le vivono“, ha spiegato il presidente  Giampiero Pesenti. Del resto città estere come Berlino, Londra, Marsiglia, Parigi hanno fatto scuola, riqualificando le zone più vecchie e degradate, le quali hanno lasciato il posto a quartieri più sostenibili, ad energia quasi-zero e, dunque, più vivibili, contribuendo, anche, alla rinascita sociale ed economica dell’intera città: si ricordino, tra le prime esperienze, il quartiere Vauban a Friburgo, il Solarcity a Linz, prima città disegnata sull’insolazione di quel territorio, il BedZED a Londra, l’Hammarby Sjostad a Stoccolma o il Gwl Terrein ad Amsterdam. Anche alcune città italiane non sono da meno: Genova si fa strada, tra le città portuali, per la creazione del progetto Porto Green, che prevede l’approvigionamento di energia con microimpianti eolici. Torino, Milano e la stessa Genova hanno firmato un protocollo d’intesa per la realizzazione di piattaforme logistiche per i trasporti e le aree urbane, nell’ottica di trasformare l’ormai ex triangolo d’oro dell’industria italiana, in un’area completamente smart. Padova è diventata il punto di riferimento, a livello nazionale, per il progetto “Cortili Ecologici”, insieme a Milano, Cinisello Balsamo e Roma, per adottare abitudini sostenibili e soluzioni intelligenti, mirate a ottenere il 30% di riduzione del consumo domestico di acqua calda sanitaria e il 15% del risparmio energetico nelle abitazioni e nei rifiuti prodotti. E al sud ? Esempi d’eccellenza non mancano neppure nell’Italia meridionale come la cittadina di Baronissi, in provincia di Salerno, che si contraddistingue per tali tematiche applicate ai quartieri periferici ovvero risparmio energetico, isolamento dell’involucro degli edifici esistenti, differenziazione dei rifiuti con sistemi di raccolta interrati e  illuminazione con lampade a led per i sistemi della mobilità. In quest’ottica, tra gli interventi italiani, quello dell’architetto Mario Cucinella, fondatore della Building Green Future, e da sempre impegnato nel campo della sostenibilità, che ha dichiarato come, spesso, per migliorare la vita di un quartiere, a maggior ragione se periferico, può bastare il “minimo intervento”: un giardino, un orto sociale a km zero, un centro culturale, un percorso studiato, insomma non un intervento da “archistar” ma progetti puntuali, mirati e interconnessi, che favoriscano l’incontro tra le persone, che ne migliorino la qualità della vita e che lo facciano in modo non dispendioso, ne in termini di energia, ne in termini di risorse economiche.

In conclusione, nella visione del progetto “Ecoquartieri italiani”, c’è la chiara consapevolezza di come sia difficilissimo intervenire nelle nostre città, sia per la complessità delle procedure burocratiche da applicare per dare avvio agli eventuali interventi, sia per la gestione e i costi degli stessi, sia per la proprietà frammentata dei quartieri periferici. Sono questi, dunque, i reali motivi di questo vuoto, di quel gap che porta l’Italia ad essere un paese arretrato, sotto il punto di vista dell’innovazione energetica e della sostenibilità, rispetto agli altri paese europei. E, in questo contesto, diventa sempre più pressante l’esigenza di semplificazione, di condizioni di vantaggio per gli imprenditori che intendono investire in questi progetti e, dunque, di un network di professionisti che, con un approccio più sensibile, possa sviluppare idee di intervento concrete, che trasformino l’esistente in edifici a energia zero, sfruttando non solo i nuovi materiali e le nuove tecnologie ma anche i materiali presenti in loco, riscoprendo quelle maestranze e quelle tecnologie costruttive, anche del passato, atte a ottenere l’obiettivo di sostenibilità e di riqualificazione energetica senza, però, perdere l’identità dei luoghi in cui questi interventi andrebbero a collocarsi. E’ necessaria, pertanto, la stesura di una concreta normativa di riferimento, che renda possibili queste trasformazioni, senz’altro complesse, in modo da individuare i parametri da raggiungere, in termini di prestazioni energetiche, di uso e consumo delle risorse naturali, ma anche le procedure di attuazione urbanistica, come ad esempio la cessione gratuita di aree pubbliche o i possibili vantaggi fiscali per coloro che intendessero, nel privato, riqualificare energeticamente la loro proprietà.

Sopra tutto questo, poi, una regia nazionale, con degli obiettivi precisi, che possa coordinare quelle esperienze, per ora rimaste isolate, disseminate nel nostro Paese – e che sebbene siano meritevoli, restano incapaci di dare una vera e propria svolta – senza perdersi nel “mai finito” degli eterni incompiuti italiani.

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