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È italiana la super stampante 3D

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Sfornerà case a basso costo.
Viaggio nella fabbrica di Ravenna dove c’è la macchina più grande del pianeta: dodici metri per sette. Gli esemplari di questo tipo costano sempre meno, sono alla portata di tutti e facili da usare. “Ora stiamo provando a mescolare terra e paglia per vedere se ne esce qualcosa di abitabile”.
Se le stampanti 3D avessero un cuore, quel cuore batterebbe dalle parti di Ravenna, a Massalombarda. Qui c’è un capannone, o meglio una fabbrica di strani oggetti, dove il motto di chi ci lavora è questo: “Siamo sognatori, siamo realizzatori, siamo makers: partiamo dalla stampa 3D per salvare il mondo”. Qui hanno realizzato la stampante 3D più grande del pianeta: è alta dodici metri, base sette, e dicono che servirà per costruire case. Stamparle per l’esattezza. Soprattutto nei paesi poveri.

La stampante, una strana torre metallica che ricorda i ponteggi dei palazzi, si chiama Delta e verrà presentata al mondo alla prossima Maker Faire di Roma a metà ottobre. È stata realizzata da un team di giovani guidati da un meraviglioso artigiano di 55 anni: si chiama Massimo Moretti, ha passato una vita a fare prodotti, dice, “le aziende venivano da me, mi dicevano cosa volevano realizzare e io facevo tutto, dal disegno al prodotto, spesso costruendo pure le macchine”.
“Ecco la stampande 3D più grande del mondo: farà case low cost”

Il Centro Sviluppo Progetti di Moretti ancora esiste, ma la storia è cambiata quando ha scoperto le stampanti 3D, la manifattura additiva, ovvero la possibilità di realizzare un oggetto non tagliando o segando qualcosa, ma invece aggiungendo materiale. E se ne è innamorato. Le stampanti 3D non sono un fatto recente: è recente il loro boom, dovuto al fatto che costano sempre meno, a volte meno di mille euro, e che sono alla portata di tutti perché sono facili da usare. La prima stampante 3D di Massimo Moretti infatti, attorno al 2000, gli costò più di 40 mila euro: “Erano tutti i miei risparmi, ma ne valeva la pena. Era una Zeta Corp ed era grande come un congelatore orizzontale. La volevo non solo per stamparci oggetti ma per smontarla, capire come era stata costruita e farmene una tutta mia”. I risparmi però finirono prima che Moretti potesse sviluppare un software che la facesse funzionare.

Finché, verso il 2005, accade un piccolo miracolo: un professore universitario britannico, Adrian Bowyer, realizza una stampante 3D che tutti possono rifarsi a casa (e in grado di stamparsi i pezzi necessari per montarne una nuova). Si chiama RepRap e tutte le informazioni per farla funzionare sono in rete, disponibili per tutti, gratis. Open Source, che bella parola. Quando la notizia della RepRap arriva in Romagna, Moretti festeggia: “Hanno cambiato il mondo, loro sì, sono stati dei santi”. Moretti si convince che presto la stampa 3D sarà lo standard della manifattura, servirà agli artigiani ma anche agli ingegneri. Stampare case, il suo pallino. A km zero.

Moretti non è il primo ad aver immaginato che una casa possa essere stampata in 3D: curiosamente ma non troppo, visto la nostra tradizione artigiana e meccanica, già Enrico Dini, a Pisa, nel 2011 si era costruito una macchina – la D-Shape – che ha fatto il giro del mondo. Dini era partito per stampare case sulla luna, usando la polvere del nostro satellite, e si è poi specializzato nello stampare bellissime barriere coralline artificiali.

Ma torniamo a Moretti che tre anni fa mette su un team di “laureati disoccupati” con il compito di inventare una stampante 3D adatta al sogno di edilizia popolare. “C’era il problema dell’estrusore, cioé di come far funzionare il meccanismo dal quale esce il materiale da stampare”. Moretti si accorge che quello che ha in mente lui in natura già c’è: lo fanno le vespe vasaie. Chiama la società Wasp, e con un inglese maccheronico decide che quelle quattro lettere non sono solo la traduzione di “vespa” ma stanno per “World Advanced Saving Project”, che è come dire “siamo in missione per salvare il mondo”. Non sarà troppo? “In un certo senso sì, e infatti ci prendiamo in giro da soli, ma in realtà ci crediamo davvero”.

In cosa credono? Nel fatto che farsi una vera casa debba poter essere un diritto per tutti. E quindi tutta la ricerca del suo team la indirizza verso la possibilità di stampare uno strano miscuglio di argilla e paglia. “È più difficile che con il cemento, ma funziona”. Lo vedremo presto, in Sardegna, nel Sulcis, dove è appena arrivata una stampante che presto inizierà a miscelare terra e paglia per vedere se ne esce una casa abitabile.

Per arrivare al risultato di oggi Moretti ha investito un sacco di soldi, tutto quello che ha guadagnato con la vendita di stampanti più piccole. Tecnologicamente sono dei gioiellini, le Wasp. E sono state usate per fare di tutto, non solo i giocattolini di plastica che vedete di solito uscire dalle stampanti 3D. “Qualche mese fa abbiamo consegnato a Pompei delle copie dei loro famosi calchi. Ce le avevano chieste per poterle mandare nel mondo, lasciando gli originali al sicuro”. È il nuovo Made in Italy.

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