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Dal vuoto urbano nasce l’«Espace imaginaire»

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Saint Denis, dove i cittadini ripensano il quartiere.
A Saint Denis, comune della periferia nord di Parigi ci si chiedeva cosa fare dei 5 mila metri quadri di vuoto urbano fino ad un anno fa occupati da un palazzone poi demolito. La risposta è stata l’Espace imaginaire, un progetto pensato all’insegna della green economy e della partecipazione e realizzato per e con gli abitanti della cittadina. Un punto di incontro dove poter curare un orto urbano, partecipare ad attività ricreative – dai film ai laboratori di riciclo – mangiare prodotti a km zero, portare i propri bimbi a scoprire la magia della natura grazie ad uno spazio dedicato alla biodiversità. La regola dell’Espace imaginaire, inaugurato a giugno scorso, è non buttare via niente: tutti i materiali usati per la sua realizzazione sono stati recuperati dalle imprese locali e trasformati in loco. Lo scorso anno il comune di Saint Denis ha lanciato un bando per progetti temporanei che riguardassero quest’ampia porzione di territorio. A vincere la call sono state le associazioni Interazioni Urbane e Mains D’Oeuvres con il loro progetto partecipato e a rifiuti zero, che ha preso vita grazie al costante dialogo con i residenti, le associazioni attive sul territorio e i tanti lavoratori presenti nel quartiere. Nell’attesa di veder sorgere proprio lì il CNAM, il Conservatorio nazionale di arti e mestieri, quest’area sarà animata dall’Espace imaginaire per due anni. “Dopo una prima fase di mapping iniziata a gennaio scorso in cui sono emerse criticità e punti forti, abbiamo stabilito, sempre insieme agli abitanti, quali attività inserire su questo terreno. Da qui sono stati creati i laboratori di quartiere e per ogni progetto abbiamo formato un gruppo tematico che doveva occuparsi del suo sviluppo. La terza fase è stata quella del recupero dei materiali, infine quella dell’autocostruzione”, spiega a Corriere Sociale Lorenzo Fauvette, architetto e project manager di Interazioni urbane. Ad oggi, con i 13 mila euro previsti dal bando, che con le sovvenzioni dalla regione sono arrivati a 17 mila – sono stati creati uno spazio principale con quattro container, ognuno dedicato ad un’attività. C’è un bistrot a km zero alimentato in parte dai prodotti degli orti urbani, in parte dall’invenduto del mercato rionale lì accanto, il magazzino dove trovare gli strumenti da costruzione e un tavolo di lavoro, uno spazio polifunzionale dedicato alla proiezione dei film e ad altre attività culturali, fino al uno spazio dedicato alla biodiversità. Un modo per sensibilizzare i più piccoli a preservare la natura attraverso l’osservazione diretta di insetti e piccoli animali. Così i residenti si stanno riappropriando di uno spazio pieno di potenziale. “Saranno state oltre cento le persone coinvolte nel processo di realizzazione del progetto. Nella costruzione ci hanno aiutato molti abitanti, adulti e bambini, e poi senza tetto e rifugiati sia a Parigi che provenienti da Roma”. Perché oltre all’economia circolare, l’Espace imaginaire ha come punto forte l’inclusione sociale. Elemento senza il quale un quartiere, in qualsiasi città del mondo, sopravvive male.] A Saint Denis, comune della periferia nord di Parigi ci si chiedeva cosa fare dei 5 mila metri quadri di vuoto urbano fino ad un anno fa occupati da un palazzone poi demolito. La risposta è stata l’Espace imaginaire, un progetto pensato all’insegna della green economy e della partecipazione e realizzato per e con gli abitanti della cittadina.

Un punto di incontro dove poter curare un orto urbano, partecipare ad attività ricreative – dai film ai laboratori di riciclo – mangiare prodotti a km zero, portare i propri bimbi a scoprire la magia della natura grazie ad uno spazio dedicato alla biodiversità.

La regola dell’Espace imaginaire, inaugurato a giugno scorso, è non buttare via niente: tutti i materiali usati per la sua realizzazione sono stati recuperati dalle imprese locali e trasformati in loco.

Lo scorso anno il comune di Saint Denis ha lanciato un bando per progetti temporanei che riguardassero quest’ampia porzione di territorio. A vincere la call sono state le associazioni Interazioni Urbane e Mains D’Oeuvres con il loro progetto partecipato e a rifiuti zero, che ha preso vita grazie al costante dialogo con i residenti, le associazioni attive sul territorio e i tanti lavoratori presenti nel quartiere.

Nell’attesa di veder sorgere proprio lì il CNAM, il Conservatorio nazionale di arti e mestieri, quest’area sarà animata dall’Espace imaginaire per due anni.

“Dopo una prima fase di mapping iniziata a gennaio scorso in cui sono emerse criticità e punti forti, abbiamo stabilito, sempre insieme agli abitanti, quali attività inserire su questo terreno. Da qui sono stati creati i laboratori di quartiere e per ogni progetto abbiamo formato un gruppo tematico che doveva occuparsi del suo sviluppo. La terza fase è stata quella del recupero dei materiali, infine quella dell’autocostruzione”, spiega a Corriere Sociale Lorenzo Fauvette, architetto e project manager di Interazioni urbane.

Ad oggi, con i 13 mila euro previsti dal bando, che con le sovvenzioni dalla regione sono arrivati a 17 mila – sono stati creati uno spazio principale con quattro container, ognuno dedicato ad un’attività.

C’è un bistrot a km zero alimentato in parte dai prodotti degli orti urbani, in parte dall’invenduto del mercato rionale lì accanto, il magazzino dove trovare gli strumenti da costruzione e un tavolo di lavoro, uno spazio polifunzionale dedicato alla proiezione dei film e ad altre attività culturali, fino al uno spazio dedicato alla biodiversità.

Un modo per sensibilizzare i più piccoli a preservare la natura attraverso l’osservazione diretta di insetti e piccoli animali.

Così i residenti si stanno riappropriando di uno spazio pieno di potenziale.

“Saranno state oltre cento le persone coinvolte nel processo di realizzazione del progetto. Nella costruzione ci hanno aiutato molti abitanti, adulti e bambini, e poi senza tetto e rifugiati sia a Parigi che provenienti da Roma”.

Perché oltre all’economia circolare, l’Espace imaginaire ha come punto forte l’inclusione sociale. Elemento senza il quale un quartiere, in qualsiasi città del mondo, sopravvive male.

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