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Studio Enel: con l’efficienza energetica +2% Pil e aumento degli occupati del 2%

efficienzaL’Italia potrebbe ridurre i consumi totali di energia tra il 12 e il 18%, risparmiando fino a 72 milioni di tonnellate di CO2 al 2020
È stato presentato oggi a Roma in una conferenza lo studio “Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia”, realizzato dalla Fondazione Centro Studi Enel e dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.
Alla conferenza hanno preso parte il Presidente di Enel e Presidente del Comitato Scientifico Internazionale Fondazione Centro Studi Enel, Paolo Andrea Colombo; l’Amministratore Delegato, Direttore Generale del Gruppo e Presidente della Fondazione Centro Studi Enel, Fulvio Conti; il Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari e il Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Guido Bortoni.
I rappresentanti delle istituzioni e gli esperti del mondo accademico e dell’industria hanno evidenziato l’importanza dell’efficienza come strumento strategico di politica energetica e volano per la ripresa economica del Paese.
Secondo lo studio (CLICCA QUI), l’applicazione di strumenti e sistemi per l’efficienza energetica potrebbero generare un impatto sul sistema economico nazionale pari al 2% del PIL e un risparmio compreso tra 50 e 72 milioni di tonnellate di CO2 al 2020. A ciò si aggiungerebbe un aumento degli occupati fino al 2% a fronte di una riduzione dei consumi totali di energia compresi tra il 12 e il 18%.
I potenziali di risparmio nei due scenari
“Dall’analisi delle tecnologie e degli scenari al 2020 emerge – si legge nello studio – che il potenziale di risparmio legato alle applicazioni di tecnologie per l’efficienza energetica è notevole, con risparmi annui a regime sui consumi finali al 2020 di 288 TWh in uno scenario di sviluppo ottimo e di 195 TWh in uno scenario di sviluppo moderato e che gran parte del risparmio energetico annuo conseguibile al 2020 (il 95% circa) riguarda interventi nel patrimonio edilizio (residenziale, terziario e industriale), rispettivamente 273 TWh e 183 TWh per gli scenari di sviluppo ottimo e moderato”.
I benefici
Il Report fornisce uno sguardo d’insieme ai benefici per il Paese associabili a tali ipotesi di penetrazione al 2020, mostrando come “i vantaggi siano consistenti. Allo scenario di sviluppo ottimo, infatti, è associato un risparmio annuo a regime di emissioni di CO2, calcolato sulla base della riduzione dei consumi finali di energia, di 72 milioni di tonnellate (circa 50 milioni nello scenario di sviluppo moderato), a fronte di un volume d’affari complessivo di 512 miliardi di euro (circa 350 miliardi di euro nello scenario di sviluppo moderato) nell’intervallo di tempo considerato (che si traduce in un volume di affari annuale di circa 64 miliardi di euro) e di una ricaduta sul sistema industriale complessiva pari a 3.726.637 Unità di Lavoro Annue – ULA (circa 2,5 milioni nello scenario di sviluppo moderato) nell’intervallo di tempo considerato (che si traduce in circa 460.000 ULA all’anno). Inoltre, assumendo l’italianità dell’intera filiera, l’incidenza del volume d’affari annuo sul PIL sarebbe compresa tra il 2 e il 4% e gli operatori legati all’efficienza energetica coprirebbero annualmente una percentuale compresa tra l’1,2% e il 2% del totale occupati”.
Gli ostacoli
Le principali difficoltà nella realizzazione di politiche che aumentino l’efficienza energetica riguardano fattori culturali, economici, regolatorio-normativi e tecnologici. Si va dalla scarsa efficienza nell’allocazione degli incentivi rispetto alle reali esigenze del mercato, come gli aiuti destinati a tecnologie diffuse e ormai mature, alla difficoltà di accesso e alla scarsa aderenza alle reali esigenze degli operatori. A questo si aggiunge la complessità regolatoria, in particolare nei casi di tecnologie legate all’utilizzo di energia elettrica, accompagnate dalla mancanza di un sistema Paese a supporto dell’efficienza energetica.
Sul fronte dei benefici, numerosi sono soprattutto quelli legati alla riduzione dei consumi energetici, sia in termini di decarbonizzazione di alcuni settori come quello dei trasporti e del riscaldamento, sia di diminuzione degli inquinanti, specie nelle città. Tuttavia, sottolinea lo studio, questi miglioramenti sono limitati da una serie di fattori economici e regolatori, tra cui la struttura della tariffa elettrica fortemente progressiva e le difficoltà di accesso a forme contrattuali diverse da quelle standard.
Il ruolo delle utility
Inoltre, lo studio riconosce alle utility un ruolo importante nell’abbattimento delle barriere che ostacolano la diffusione dell’efficienza energetica. Le aziende elettriche, infatti, possono agire come system integrator delle tecnologie su scala nazionale in un’ottica di lungo periodo che favorisca lo sviluppo di una filiera industriale integrata. Infine, unendo scala e capillarità, le utility possono fungere da hub per offrire un servizio “chiavi in mano” al cliente con caratteristiche di economicità, competenza tecnica, affidabilità, semplificazione e disponibilità finanziaria.
L’efficienza deve diventare un “pensare comune”
In conclusione, secondo il report “I numeri sembrano dimostrare che l’Italia abbia le carte in regola per puntare senza esitazioni sull’efficienza energetica, per garantirsi uno sviluppo sostenibile e ricadute economiche e occupazionali positive. L’efficienza energetica può inoltre rappresentare un trampolino per sviluppare e dare slancio, in un’ottica strategica di lungo periodo, a filiere industriali che possono rappresentare l’ossatura del Paese in un futuro a medio-lungo termine”. Tuttavia, l’Italia deve esercitare “uno sforzo congiunto, che parta dalle istituzioni – con il ruolo cruciale in tal senso del policy maker – e arrivi ai singoli cittadini, affinché l’efficienza energetica diventi un “pensar comune”, un tema di primaria importanza. Solo così sarà possibile sviluppare un approccio integrato al tema dell’efficienza energetica che potrà portare a effetti moltiplicativi sui benefici ottenibili”.

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E’ a Pechino il primo edificio certificato LEED 4

parkviewUn edificio energeticamente efficiente grazie a una strategia a 360° che comprende luci a Led, riciclaggio delle acque grigie e un nuovo concetto di spazio lavorativo
Il record di primo edificio certificato con l’ultima versione della certificazione LEED (v 4) è lo showroom pechinese di Haworth, gruppo produttore di arredi per l’ufficio.
VALUTATA ANCHE LA VICINANZA AI MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICI. Al Parkview Green Building – questo il nome dell’edificio di Pechino – sono stati assegnati 71 punti su un massimo di 110, valutando attentamente aspetti quali la sua prestazione energetica e la qualità dell’aria interna. La struttura è situata nel distretto di Chaoyang e offre agli inquilini un facile e immediato accesso a mezzi di trasporto pubblici e piste ciclabili.
UN NUOVO CONCETTO DI SPAZIO LAVORATIVO FLESSIBILE. All’interno è stato ideato e messo in pratica un nuovo concetto di spazio lavorativo, il cosiddetto “Club”, vale a dire un’area di lavoro open space all’insegna della flessibilità, suddivisa solo da leggeri divisori mobili da disporre secondo le diverse esigenze quotidiane e le situazioni di lavoro. Secondo Steve Kooy, responsabile degli aspetti di sostenibilità globale di Haworth, questa “flessibilità di lavoro consente di risparmiare tempo e denaro, riducendo gli sprechi”.
QUALITÀ DELL’ARIA INTERNA E MATERIALI DI RICICLO. Durante tutto il processo costruttivo, circa il 60 per cento degli elementi interni non strutturali sono stati riutilizzati e anche il mobilio è stato realizzato partendo da materiali di riciclo. Altro aspetto importante è quello dell’aria interna, che nello showroom di Pechino supera la qualità ambientale interna richiesta del 35 per cento. Tutte le vernici e i rivestimenti interni soddisfano inoltre i limiti di COV (Composti organici volatili) richiesti.
ILLUMINAZIONE A LED E RICICLAGGIO DELLE ACQUE GRIGIE. Ancora, l’ottimizzazione del sistema HVAC di tutto l’edificio, infissi di ultima generazione e un progetto di illuminazione interamente basato sulla tecnologia LED consentono di ridurre il consumo energetico del 59 per cento (rispetto al fabbisogno energetico ASHRAE). Lo showroom utilizza anche un sistema di riciclaggio delle acque grigie, riducendo fino al 53 per cento del consumo idrico rispetto al calcolo basale. L’auspicio del gruppo è che il progetto possa essere da esempio a livello internazionale, in particolare nel settore commerciale, da sempre in testa per consumi e costi energetici.
LA NUOVA VERSIONE DEL LEED PRESTA PIÙ ATTENZIONE ALL’EFFICIENZA ENERGETICA. L’ultima versione del celebre certificato USA, messo a punto negli scorsi mesi dal Green Building Council introduce delle novità, come ad esempio il credito “Building Product Disclosure and Optimization”, contenuto all’interno della categoria “Materiali e risorse” e stabilito per incoraggiare un approvvigionamento dei materiali da costruzione più responsabile e meno dispendioso.La nuova versione, inoltre, assegna più punti alla categoria “Efficienza energetica”, ma soprattutto risulta adattabile al mercato e al contesto locali, considerando le dovute differenze geografiche, economiche e climatiche.

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Il 5% del territorio europeo coperto da edifici, strade e ferrovie

crostaPubblicato da Eurostat LUCAS, indagine sullo stato di utilizzo del suolo in UE
Nel 2012 le foreste e altri terreni boschivi occupavano all’incirca il 40% della superficie totale dell’Unione europea, le terre coltivate rappresentano un quarto del totale, i prati un quinto, mentre gli edifici, le strade e le ferrovie rappresentavano solamente il 5%.

E’ quanto dichiarato da Eurostat, ufficio statistico dell’Unione europea, con la pubblicazione di LUCAS, studio che contiene la più completa indagine sullo stato di utilizzo del suolo.

FORESTE. Compilato grazie ai dati raccolti in 27 Stati membri dell’EU da 750 geometri di campo e da 270.000 punti di monitoraggio, il documento rivela che più della metà del territorio di Svezia, Finlandia, Estonia, Slovenia e Lettonia è coperto di foreste. In particolare in Svezia il verde è pari al 76% della superficie totale, in Finlandia 72%, Estonia 61%, Slovenia 60% e Lettonia 56%.

TERRENI COLTIVATI. Le percentuali più elevate di terreni coltivati sono stati invece osservati in Danimarca (49%), seguita da Ungheria (47%), Romania (36%), Repubblica Ceca e Polonia – entrambe con il 34 % -, Germania (33%), Bulgaria e Italia (entrambe 32%) e Francia (31%).

PRATERIE E TERRENI AGRICOLI. Dall’indagine è inoltre risultato che l’Irlanda per più di due terzi è coperto da praterie naturali o terreni agricoli (67%) e in questo è seguita dal Regno Unito (40%), dai Paesi Bassi (38%), dal Lussemburgo (37%) e dal Belgio (32%).

PRESENZA D’ACQUA. Per quanto riguarda la presenza di acqua, al primo posto, con il 16% troviamo la Finlandia, seguita dalla Svezia (12%) e dall’Olanda (11%), mentre la più alta percentuale di territorio arbusto lo hanno Cipro (21%), Grecia (19%), Malta (15%), la Spagna e il Portogallo (entrambe 12%).

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Roma – Fiumicino in catamarano

catamaranoSette fermate e 80 minuti di percorrenza sul fiume Tevere per il nuovo collegamento tra Fiumicino e il centro di Roma. Approvato il progetto di un catamarano pensato tanto per i turisti quanto per i pendolari.
Partirà nella primavera del 2015 il nuovo collegamento della capitale con il mare di Fiumicino. Si tratta di un avveniristico catamarano che, percorrendo il fiume Tevere, collegherà il Porto di Traiano con Ripa Grande, nel centro di Roma all’altezza di Porta Portese.
Secondo il progetto, presentato e approvato ieri in conferenza dei servizi, il battello percorrerà l’intero itinerario in 80 minuti e sono previste sette fermate, tra cui gli scavi di Ostia antica, la Fiera di Roma, l’Eur (metro Marconi) e la Basilica di San Paolo.
Il costo complessivo dell’opera sarà intorno ai 5 milioni di euro; l’autorità portuale dovrà provvedere a bonificare il corso d’acqua, realizzare i ponti mobili e sistemare le banchine di attracco, mentre il Comune di Fiumicino si occuperà dei bandi di gara per l’esercizio della navigazione.
Un servizio di linea pensato per principalmente per i turisti, ma che nelle ore di punta potrebbe rivelarsi anche un’ottima alternativa all’auto per i pendolari che ogni giorno fanno la spola tra Fiumicino e Roma.

Marta Salvatori

http://www.easyviaggio.com/informazioni-viaggiatori/roma-fiumicino-in-catamarano-11248




Le agricolture sociali creano valori

fattorieE’ ormai scientificamente provato che talune peculiarità proprie del contesto rurale e del ciclo produttivo agricolo permettono di migliorare le condizioni di salute e di perseguire percorsi più efficaci di apprendimento, autostima e partecipazione.
In tutta la penisola sono alcune migliaia le esperienze in cui attività agricole e servizi alla persona si integrano e generano valore economico e altri valori: beni relazionali inclusivi, legami comunitari e civili. Sono pratiche che innovano i modelli tradizionali di welfare e creano nuovi mercati civili, locali e globali.
Tali iniziative riguardano l’inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate mediante le assunzioni, i tirocini e la formazione; l’organizzazione di servizi terapeutici e riabilitativi; le attività sociali rivolte all’infanzia, quelle educative per i minori in difficoltà, quelle con gli anziani e quelle di accoglienza e integrazione di migranti.

Si creano reti locali
Quando si progetta una fattoria sociale o un orto sociale si promuove innanzitutto un percorso partecipativo. Non è, infatti, sufficiente la volontà di una singola persona. Occorre mettere insieme competenze e professionalità di una pluralità di operatori: agricoltori, tecnici agricoli, educatori, psicologi, psicoterapeuti, ecc.
Le attività da organizzare spesso interagiscono coi servizi sociali territoriali e riguardano i bisogni delle persone, delle famiglie e della comunità locale. Tutti questi soggetti vanno coinvolti fin dall’inizio nella progettazione dell’iniziativa.
Si tratta, dunque, di promuovere un percorso partecipativo per costruire una rete, la cui dimensione varierà a seconda del contesto locale, cioè delle risorse agricole che si rendono disponibili, dei bisogni che si vogliono soddisfare, delle competenze che si mobilitano. L’iniziativa può essere assunta da chiunque abbia in testa un’idea progettuale e la condivide con altri.

Si valorizzano le peculiarità della campagna
E’ ormai scientificamente provato che talune peculiarità proprie del contesto rurale e del ciclo produttivo agricolo permettono di migliorare le condizioni di salute e di perseguire percorsi più efficaci di apprendimento, autostima e partecipazione.
In campagna le attività si svolgono all’aperto, interagendo con organismi viventi, e comprendono non solo la produzione di un bene ma anche la sua valorizzazione ed eventuale vendita in un rapporto diretto con il consumatore.
In un’azienda agricola i ritmi lavorativi non sono stressanti. E’ la natura a dettare i tempi! Gli ordinamenti produttivi sono versatili e le tecniche di produzione sono di vario tipo.
Nel pianificare le attività di coltivazione e di allevamento, quelle di lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione dei prodotti, nonché i servizi da erogare in una fattoria sociale, le scelte tengono conto di queste peculiarità, per poterle valorizzare al massimo.
Sono i processi produttivi a essere adattati alle persone da inserire e non viceversa. E in tal modo si recuperano o s’introducono processi e tecniche più sostenibili dal punto di vista ambientale.

Si innovano i modelli di welfare
Nelle fattorie sociali i disabili psichici passano dalla condizione di essere curati a quella di prendersi cura di qualcuno o di qualcosa. Essi non sono portatori di bisogni ma di storie. Non sono utenti od ospiti o beneficiari, ma ortolani o addetti alla vendita secondo il compito loro affidato. Essi si vedono in un rapporto di reciprocità, che esprime maggiore dignità. Non si sentono assistiti, ma soggetti all’interno di un contratto di mutuo vantaggio; e quindi sperimentano più libertà e più eguaglianza.
Nelle agricolture civili non c’è soltanto il mutuo vantaggio tra l’impresa e la persona coinvolta, ma anche il vantaggio per la società e per le istituzioni e il contenuto affettivo del dono-gratuità, non codificabile in nessuna norma o contratto.

Le forme sono molteplici
Le agricolture civili assumono la forma imprenditoriale, a carattere familiare o in cooperativa, ma prendono anche la forma della cittadinanza attiva.
Si tratta degli orti urbani e delle attività di piccoli produttori non professionali (hobby farmer’s). Sono combinazioni diversificate e originali di apporti lavorativi e professionali, motivazioni delle persone coinvolte e risorse inusuali del territorio. La loro gestione – per essere efficiente ed economicamente sostenibile – dovrebbe essere sempre affidata al coordinamento di soggetti imprenditoriali.

Si creano nuovi mercati civili locali e globali
La fase di progettazione di una fattoria sociale riguarda non solo l’organizzazione dell’offerta di beni e servizi ma anche la strutturazione della domanda. Si tratta di promuovere i gruppi di acquisto solidale (G.A.S.) e i gruppi interessati all’utilizzo dei servizi alla persona, nonché la stipula di accordi quadro con istituzioni pubbliche e private per rifornire mense collettive.
Strutturare la domanda di beni e servizi significa, dunque, creare mercati civili che garantiranno la sostenibilità economica del progetto. Si tratta di intercettare gruppi e istituzioni disponibili a sostenere le attività della fattoria sociale, diventando in modo stabile consumatori dei prodotti e utenti dei servizi. Ciò permetterà di compensare gli eventuali costi aggiuntivi per inserimenti lavorativi rispettosi della dignità umana e per servizi sociali non sempre e non del tutto sostenuti dal pubblico.
Rivitalizzare e creare mercati locali è importante, ma occorre farlo sempre con dinamicità e in modo innovativo, soprattutto ora che, nei paesi emergenti, entrano in scena milioni di cittadini che stanno modificando la propria dieta alimentare ed esprimono bisogni sociali nuovi e differenziati.
Le tecnologie digitali oggi fanno miracoli nel permettere la costruzione di relazioni intense tra territori di regioni e paesi anche molto lontani.
Ogni prodotto umano che comprendiamo e di cui godiamo diventa immediatamente nostro, quale che sia la sua origine. La lezione che ci viene dalla storia del Mediterraneo è di pensare i sistemi alimentari non come realtà semplici, dettate dalla “natura” dei luoghi, bensì come costruzioni complesse, legate a culture, stili di vita che i diversi popoli hanno imparato a condividere, a modificare, a contaminare, a creare giorno dopo giorno.
Le agricolture civili potrebbero favorire questa modalità come un percorso utile di confronto e integrazione delle diverse culture esistenti nel mondo.
Alfonso Pascale
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Siamo tutti statuine: nei supermarket la nostra copia in 3D

stampanteLa miniatura, alta 20 centimetri, è realizzata con una scansione del corpo e le stampanti di ultima generazione. Riproduce i tratti nel minimo dettaglio: è già in vendita a Londra e sarà tra i regali più ricercati del Natale 2013.
Il regalo-novità del Natale 2013 da mettere sotto l’albero siete voi. Bè, non proprio voi, impacchettati dalla testa ai piedi, bensì un modellino, un bambolotto, una versione ridotta del prodotto originale, peraltro identica in ogni più piccolo particolare. Si chiama “Mini-me” ed esce dalle stampanti in 3D che secondo gli economisti produrranno una nuova rivoluzione industriale. A Londra si può già comprare, per 40 sterline (circa 50 euro) nei supermercati Asda, e per un po’ di più, da 70 a 120 sterline (85-150 euro), da Selfridges, i grandi magazzini di Oxford street che competono con Harrods per la palma di più eleganti department stores della capitale. Ma conviene sbrigarsi, perché a dicembre, prevedono gli esperti di marketing, ci sarà la ressa per portarsi via una di queste statuine che sono la perfetta copia di chi le compra.
Non è neanche un anno che si sente parlare di stampanti tridimensionali: macchine potenzialmente in grado di fare anzi rifare tutto, da un portachiavi a un aeroplano, sicché in un giorno di un futuro non molto lontano non saranno più necessarie le fabbriche, basteranno le fotocopiatrici in 3D per darci una serie infinita di qualsiasi cosa di cui abbiamo bisogno. Ma se quello è il futuro e ad alcuni di noi sembra ancora fantascientifico (non a scienziati e futurologi, come Christopher Barnatt, autore di “3D Printing: the next industrial revolution”, e Chris Anderson, autore di “Makers: the new industrial revolution”, due fra i tanti studi sul fenomeno pubblicati negli ultimi mesi), il presente è già pronto a sbarcare sulle strade dello shopping natalizio. Ieri il Sun, tabloid popolare londinese, ha pubblicato il “mini-me” di un cronista, andato a farsi fare una copia tridimensionale di se stesso al supermarket Asda di York: modica spesa di 40 sterline, ma bisogna aspettare una settimana per farsi consegnare una bambola che ci somiglia come se ci guardassimo allo specchio. Uno specchio che fa sembrare più piccoli: è alta 20 centimetri. Ma riproduce qualsiasi dettaglio, dai vestiti che indossiamo al giornale che Daniel Jones, questo il nome del reporter del Sun, teneva in mano. Funziona così: un addetto ti scansiona con una macchinetta che tiene in mano, quindi un computer cuce insieme centinaia di minuscole immagini fino a costruire un ritratto in 3D, che viene poi inviato a una stampante da 100mila sterline (120mila euro) da cui sbuca il prodotto finito. La nostra mini-copia.
Prima di Natale sarà possibile sottoporsi alla medesima procedura in qualunque altro dei 27 supermarket dell’Asda sparsi per l’Inghilterra; e tra pochi giorni, dal 24 ottobre, lo stesso servizio sarà disponibile da Selfridges, nel cuore di Londra, dove i prezzi saranno un po’ più alti ma i tempi di consegna del “Mini-me” più brevi (due giorni). Nei grandi magazzini saranno in vendita anche stampanti in 3D per tutte le tasche, da 750 a 3mila sterline l’una, così come, nella corsa allo shopping di Natale, in negozi di elettronica come Curry e Maplin. “Prevediamo che le copie tridimensionali sostituiranno le fotografie come modo migliore per avere immagini di sé”, dice Phil Stout, capo del dipartimento digitale dell’Asda. “Che sia il primo giorno di scuola o la laurea, la cerimonia di nozze o il primo vagito di un bebè, ci sarà presto un Mini-me per tutte le occasioni da regalare a parenti, innamorati e amici”. Invece di bambole e soldatini, insomma, sotto l’albero del Natale 2013 cominceremo a trovare copie di noi stessi. C’è solo da augurarsi che si possano migliorare, rispetto all’originale, come Photoshop permette di fare con le foto. “Mi somiglia proprio”, scrive il giornalista del Sun rimirando il modellino di se stesso, “eccetto per il naso, naturalmente, il mio non è certo così grosso”.

ENRICO FRANCESCHINI

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I progetti del governo sui Fondi Europei coincidono con le linee del progetto Corviale

ueDalla Nota governativa sulla programmazione dei Fondi Europei 2014-2020:
“La valorizzazione dei beni ambientali e culturali – oggetto nei cicli precedenti di importanti investimenti di tutela e rifunzionalizzazione al fine di promuovere impresa e occupazione assume un ruolo estremamente importante nel programma
Il programma conferma, altresì, investimenti rilevanti sia per promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà, sia nell’investimento nella scuola e nella formazione.
Inoltre, viene proposto un nuovo programma di intervento sulle città. Le città possono essere il motore della ripresa dell’economia italiana, luoghi nei quali più facilmente nascono e sviluppano nuove imprese utilizzando i saperi delle persone. I programmi urbani saranno costruiti mirando ad una pluralità di ambiti fra loro integrati, fra cui spiccano per importanza le forme di mobilità sostenibile, gli interventi per l’efficienza e il risparmio energetico, per l’economia digitale e l’inclusione sociale.
(…)
azioni contro la dispersione scolastica e per rafforzare le competenze degli studenti.
La programmazione conterrà programmi operativi regionali, con interventi che richiedono attenzione alla dimensione territoriale (come le strategie regionali di specializzazione intelligente richieste dall’Unione Europea), e richiedono adattamenti e specificazioni; in una logica, tuttavia, di sempre maggiore integrazione fra le diverse misure sui territori.”




Programmazione dei Fondi europei 2014‐2020

soldiwww.governo.itNei prossimi giorni, dopo l’imminente definizione finale da parte delle istituzioni europee del bilancio pluriennale e dei regolamenti sulle politiche di coesione, il governo italiano su iniziativa del Ministro per la coesione territoriale presenterà alla Commissione europea la bozza dell’Accordo di partenariato (vedi allegato)sulla programmazione dei fondi strutturali 2014‐2020.
Si tratta di un documento importante, nel contesto della gravissima crisi che da tempo colpisce l’Italia. Queste politiche svolgeranno un ruolo fondamentale per la crescita, per il rilancio del sistema produttivo, l’incremento dell’occupazione e il miglioramento della coesione sociale nel nostro paese, in tutte le sue regioni.
In base ai principi europei, le politiche di coesione riguardano l’intero territorio nazionale, pur con modalità diverse: le regioni del centro nord sono incluse nel gruppo delle regioni europee più sviluppate; Sardegna, Abruzzo e Molise fra le regioni in transizione, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia, fra le regioni meno sviluppate.
In base agli stessi principi, alle Regioni è destinato, per il periodo 2014‐20, complessivamente un contributo europeo di circa 30 miliardi di euro, di cui 7 per le regioni più sviluppate, 1 per le regioni in transizione e 20 per le regioni meno sviluppate.
A tali cifre vanno aggiunti gli importi del cofinanziamento nazionale (obbligatorio per le politiche di coesione europee), pari agli stanziamenti comunitari. Nel quadro degli interventi per lo sviluppo regionale, le politiche comunitarie si sommano alle politiche nazionali, incardinate sul Fondo Sviluppo e Coesione che ha una allocazione nella legge di stabilità di circa 54 miliardi distribuiti negli anni di attività dei fondi.
Nel complesso le politiche di sviluppo e coesione conteranno su circa 100 miliardi di euro.
Tali risorse devono svolgere, nel ciclo 2014‐20, un ruolo duplice, ma strettamente integrato: da un lato continuare nell’azione di potenziamento e miglioramento dei contesti regionali; dall’altro assicurare un sostegno, strutturale e non congiunturale, ai processi di rafforzamento delle imprese, di incremento dell’occupazione, di miglioramento del tessuto sociale dopo la grande crisi.
A tal fine, la programmazione 2014‐20 opera una prima grande scelta innovativa rispetto alle esperienze precedenti di utilizzo dei fondi: quella di specializzare il Fondo Sviluppo e Coesione nel finanziamento delle grandi opere infrastrutturali, in particolare nel campo dei trasporti e dell’ambiente. Ciò consente di poter disporre di una tempistica di spesa più adatta a realizzazioni grandi e complesse sotto il profilo amministrativo e tecnico. Inoltre, permette di non vincolarsi alle scadenze che riguardano i fondi strutturali di solito difficilmente compatibili con la durata dei processi di realizzazione delle opere infrastrutturali.
Così, le politiche nazionali (Fondo Sviluppo e Coesione in corso e previsto per il 2014‐20) si orienteranno sulla infrastrutture più importanti, oltre che su ambiti nei quali le politiche europee
non intervengono; i Fondi Strutturali invece investiranno sulle imprese e sulle aree territoriali, sulle persone e sulle infrastrutture leggere, in coerenza con i regolamenti comunitari.
La strategia europea indica per i Fondi Strutturali 11 grandi aree di intervento. In questo quadro, la strategia italiana opera alcune scelte che tendono a concentrare le risorse in pochi obiettivi segnando una innovazione rispetto al passato ciclo di programmazione. In particolare, agli obiettivi ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione e competitività delle piccole e medie imprese è destinato il 37% delle risorse, con un incremento rispetto al ciclo di programmazione precedente del 10%. All’obiettivo promozione dell’occupazione è destinato il 14% delle risorse con un incremento rispetto al ciclo di programmazione precedente del 4,1%.
La valorizzazione dei beni ambientali e culturali – oggetto nei cicli precedenti di importanti investimenti di tutela e rifunzionalizzazione ‐ al fine di promuovere impresa e occupazione assume un ruolo estremamente importante nel programma
Il programma conferma, altresì, investimenti rilevanti sia per promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà, sia nell’investimento nella scuola e nella formazione.
Inoltre, viene proposto un nuovo programma di intervento sulle città. Le città possono essere il motore della ripresa dell’economia italiana, luoghi nei quali più facilmente nascono e sviluppano nuove imprese utilizzando i saperi delle persone. I programmi urbani saranno costruiti mirando ad una pluralità di ambiti fra loro integrati, fra cui spiccano per importanza le forme di mobilità sostenibile, gli interventi per l’efficienza e il risparmio energetico, per l’economia digitale e l’inclusione sociale.
Allo stesso modo attenzione particolare viene dedicata alle aree interne del paese, per rompere i vincoli dell’isolamento, garantire quantità e qualità dei servizi pubblici, mettendole in grado di contribuire maggiormente al rilancio del paese.
Nell’ambito della strategia nazionale, le azioni per il Mezzogiorno sono caratterizzati da uno sforzo maggiore di individuazione di interventi a scala macroregionale, evitando i rischi di isolamento delle programmazioni regionali e definendo temi comuni di lavoro, a partire dal rafforzamento di filiere produttive di specializzazione (nel manifatturiero, nell’agricoltura, nell’agroindustria e nel turismo di qualità) e dalla realizzazione di infrastrutture leggere di connessione e integrazione delle reti.
Le scelte per la programmazione di queste risorse sono finalizzate ad assicurarne un impatto rapido ed efficace sull’economia di tutte le regioni italiane, per accompagnare progressivamente i primi segnali di ripresa a partire dal 2014. Apprendendo dall’esperienza ciò ha portato ad alcune scelte di fondo di rilevante importanza.
Viene rafforzato il presidio nazionale dei Fondi Comunitari. Ciò non significa ricentralizzare la spesa, ma assicurare l’impegno e la responsabilità politica delle istituzioni nazionali per una loro efficiente e rapida attuazione, per la definizione di regole ed indirizzi comuni, per la coprogettazione, il sostegno tecnico e il monitoraggio di interventi e azioni, per un incisivo ruolo della costituenda Agenzia nazionale per la coesione territoriale. Le risorse europee mirano ad incrementare il benessere dei cittadini e la competitività delle imprese: è compito di tutte le istituzioni, a tutti i livelli, collaborare perché ciò accada, indipendentemente dalle specifiche responsabilità gestionali.
Presidio nazionale significa assicurare l’integrazione delle politiche comunitarie, oltre che con l’azione del Fondo Sviluppo e Coesione, anche con l’insieme delle politiche ordinarie; contemperare l’obiettivo di avere sull’intero territorio nazionale pratiche e metodi omogenei, con le opportune esigenze di adattarli agli specifici contesti territoriale; sostenere senza discriminazioni cittadini e imprese; promuovere interventi rapidi, valorizzando la diffusione delle buone pratiche da territorio a territorio.
A tal fine la programmazione conterrà alcuni schemi di intervento per l’intero territorio nazionale e/o per il Mezzogiorno, mirati a sostenere: i processi innovativi delle imprese, in particolare di minore dimensione, e di ampliamento della capacità produttiva, materiale e immateriale; l’assunzione a tempo indeterminato nelle imprese di giovani ad alta qualifica, come fondamentale elemento di un rafforzamento strutturale delle aziende; la riduzione del cuneo fiscale attraverso misure di decontribuzione attive su un periodo prolungato di tempo e coerenti con gli interventi già in corso; schemi di contrasto alla povertà attraverso l’inclusione attiva.
La programmazione conterrà altresì, all’interno di programmi operativi nazionali, per l’intero territorio nazionale e/o per il Mezzogiorno, azioni che richiedono una uniforme capacità attuativa, nell’interesse della parità di trattamento e del costo e dell’efficacia nella gestione delle misure: tipiche di questi casi sono le azioni contro la dispersione scolastica e per rafforzare le competenze degli studenti.
La programmazione conterrà programmi operativi regionali, con interventi che richiedono attenzione alla dimensione territoriale (come le strategie regionali di specializzazione intelligente richieste dall’Unione Europea), e richiedono adattamenti e specificazioni; in una logica, tuttavia, di sempre maggiore integrazione fra le diverse misure sui territori.
Per superare i rilevanti problemi attuativi di queste politiche, che hanno interessato in passato tutti i livelli istituzionali, centrali e regionali, pur con differenze significative, si prevede una notevole riduzione del numero dei programmi operativi e, soprattutto, al loro interno, del numero di azioni da perseguire.
I programmi diventano ovunque davvero operativi: non più solo documenti generali di orientamento. Dovranno indicare ciò che si farà, definendo con precisione i risultati attesi, le azioni per perseguirli e i tempi necessari. Sarà inoltre assicurata la collaborazione con il partenariato istituzionale e la trasparenza di tutte le informazioni anche attraverso il portale OpenCoesione.
http://www.opencoesione.gov.it/
bozza_dell_accordo_di_Partenariato