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Georgia. Il fascino della funivia di Stalin

People pass a cable car station that is not running during a power cut in the town of ChiaturaL’incredibile rete di teleferiche della città di Chiatura, nata negli anni ’50 per servire le miniere di manganese, unico modo per trasportare lavoratori e metallo. E il suo legame con il dittatore.
La chiamano la funivia di Stalin. Definizione impropria, ma fino a un certo punto. Perché è vero che la rete degli “impianti di risalita” che solcano i cieli della città georgiana di Chiatura, a 220 chilometri a Nord-ovest di Tbilisi, fu varata nel 1954, cioè un anno dopo la morte del leader sovietico, ma l’opera e la sua città sono strettamente legate con il controverso Iosif Vissarionovich, che georgiano era d’origine e che in questa città ebbe i suoi primi importanti successi politici.

E’ un incredibile network di teleferiche, nato per servire le miniere di manganese della città, trasportando sia i minatori che la materia prima. Delle 21 coppie di cabine che si inerpicavano per un’estensione complessiva di oltre 6mila metri, ancora 15 rimangono in servizio, pressoché identiche rispetto a 50 anni fa, nel loro esterno in metallo dal look retrò e vagamente lugubre. E seppure la città e il suo contorno, pur scosceso, circondato da boschi e incastonato nella valle del fiume Qvirila, non abbiano una vocazione turistica naturale, a maggior ragione addobbate come sono da tanta edilizia socialista-reale, è l’audacia dell’opera in sé a ergersi ad attrazione: chi l’ha vista la definisce come una delle opere ingegneristiche più affascinanti del pianeta.

Tutto nato per necessità, in un’area che già alla fine dell’Ottocento era diventata un importante “nodo” minerario, e dove nel periodo di massimo splendore si estraeva il 60 per cento dell’intera produzione mondiale di manganese. La costruzione di una città funzionale all’estrazione del metallo è del 1905, ma ci vollero quasi 50 anni prima di realizzare quel progetto che, data l’orografia, ben presto si intuì indispensabile: a tutt’oggi, infatti, la via aerea è nettamente la più veloce ed efficiente per domare i multipli saliscendi della zona.

E’ a quel punto che entra in scena Stalin. Il futuro dittatore sovietico, durante la Rivoluzione Russa del 1905 (la Georgia fa parte dell’Impero russo da circa un secolo) è attivissimo propagandista nella zona. E proprio a Chiatura lascia il segno, conquistandola con la sua oratoria alla causa dei Bolscevichi, unica città in un’area menscevica. Nacque così la leggenda del “sergente maggiore Koba” – così era stato battezzato in quei giorni – che Stalin riuscì a far vivere sino a dopo la sua morte, nonostante le ripetute deportazioni (o forse anche per quello, visto che ebbero come vittime le minoranze etniche) che ordinò dalle aree del Caucaso alla Siberia.

Quali siano i meriti del sergente maggiore Koba nel progetto, resta tutto da verificare. E’ un fatto che i primi leader del movimento operaio avessero ben chiari i problemi della città, dove circa 4mila minatori erano costretti a turni massacranti, dell’ordine delle 18 ore, con frequenti pernotti in miniera, anche a causa delle difficoltà logistiche, poi risolte dalla rete di teleferiche. Che oggi continuano a trasportare lavoratori e metallo, ma cominciano ad attirare l’attenzione dei turisti. Nonostante la loro palese arretratezza e i trascorsi non proprio edificanti della rete di trasporto aereo via cavo della Georgia, dove nella capitale Tbilisi un incidente alla funivia che collega la Rustaveli Avenue al Monte Mtatsminda provocò morti e feriti.

di Arturo Cocchi

http://viaggi.repubblica.it/articolo/georgia-il-fascino-della-funivia-di-stalin/228296?ref=HREC2-13




E’ il paesaggio più bello dell’anno e si trova in Australia

giardinoil giardino più bello del mondo
Il giardino botanico di Cranbourne ha vinto il premio come migliore progetto paesaggistico al World Architecture Festival 2013. Ospitato all’interno di una vecchia cava di sabbia, vicino a Melbourne, il giardino si presenta come un viaggio attraverso la flora australiana: dalla costa al deserto, tra costruzioni e laghi artificiali. 170,000 piante per 1700 specie: “E’ una raccolta di diversità – commentano i giudici – con un forte comune denominatore: l’evocazione dell’identità australiana senza bisogno di parole né di cartelli, solo la straordinaria flora del continente”
repubblica.it




Expò 2015: nel 2013 pronti il 50% dei padiglioni

expoRegione Liguria e Regione Lombardia lavorano insieme per Expo’ 2015 e rafforzano la collaborazione in campo turistico e dell’attrattività dei rispettivi territori, con le loro eccellenze e specificità, per creare le condizioni e dar vita a un sistema sovraregionale di coordinamento delle politiche regionali sul quale fondare la competitivita’ dell’offerta turistica anche in vista di Expo’ 2015.
Inoltre va avanti l’organizzazione dell’evento ed entro la fine dell’anno saranno pronti il 50% di lotti padiglioni.
International Participants Meeting, arrivato alla sua terza edizione, ”e’ un appuntamento fondamentale perche’ l’esposizione universale e’ costruita con la partecipazione dei Paesi ed e’ veramente un lavoro cooperativo che nasce da un dialogo continuo”, ha spiegato il Commissario unico per Expo 2015 Giuseppe Sala.
Entro la fine del 2013 – ha spiegato Sala – saranno pronti 30 lotti per i padiglioni, che rappresentano il 50 per cento del totale. Per febbraio 2014 saranno pronti il 75 per cento dei lotti e ad aprile 2014 il 100 per cento. ”Proprio questo pomeriggio – ha aggiunto Sala – porteremo i delegati a vedere i lavori del sito espositivo di Expo e gli mostreremo quelli che saranno i loro padiglioni. Speriamo che possano trarre dalla visita un giudizio positivo sull’andamento dei lavori”.

www.regioni.it




RICOSTRUIRE IL PAESE. UN EDIFICIO ALLA VOLTA

rigenerazioneLe ricchezze ed i risparmi del nostro paese sono stati tradizionalmente investiti nel mattone: il patrimonio immobiliare delle famiglie italiane ammonta a 6.355 miliardi di euro, pari a 4,2 volte il PIL nazionale e rappresenta quindi uno dei principali asset nazionali.

Una risorsa che però sta perdendo valore: il nostro patrimonio immobiliare è il secondo più vecchio d’Europa. 2 miliardi di metri quadri, ovvero circa l’85% del totale, necessitano di interventi di riqualificazione.

Questi numeri includono le nostre case, sicurezza delle nostre famiglie.

Sono le nostre città, simbolo della nostra qualità di vita.

Sono i nostri risparmi, fondamento del nostro sviluppo.

Con la prima edizione di REbuild abbiamo aperto un capitolo mettendo in chiaro alcune cose: non c’è più crescita per il mercato nazionale tradizionale delle costruzioni; la riduzione del consumo di suolo costituisce un vincolo inscindibile per la ripresa del settore; la frammentazione tra la filiera edile, finanziaria e tecnologica blocca nuove possibili strade; la redditività nella gestione dei patrimoni perde quota e i processi di valorizzazione sono difficilmente finanziabili con le vecchie prassi di mercato.

Durante i mesi trascorsi dopo la prima edizione di REbuild, abbiamo visto un’accelerazione ed una convergenza verso il tema della riqualificazione. E non solo a livello italiano. Dall’Inghilterra alla Germania si stanno sviluppando strategie nazionali e strumenti dedicati. In Germania 1 euro investito in riqualificazione genera 2-5 euro di gettito fiscale derivato principalmente da nuova occupazione. Alcune di queste esperienze sono ormai note e largamente testate. Il patrimonio immobiliare, se riqualificato, può contribuire alla crescita del paese, anziché essere solo oggetto di tassazioni.

Per questo la seconda edizione di REbuild vuole spostare ancora di più l’attenzione sul fare.

Le numerose buone pratiche presentate a Riva del Garda durante l’appuntamento dell’anno passato ne hanno dimostrato la fattibilità in termini di mercato: anche le idee più complesse si possono realizzare. Assieme. Per crescere bisogna allargare il proprio network: REbuild sarà l’occasione di incontrare operatori che vogliono mettere in campo approcci pioneristici al mercato.

Non un incontro “da fiera”, con qualche battuta e troppe business card: l’evento è limitato a 500 partecipanti. Pragmaticità e fattibilità sono le nostre linee guida per l’organizzazione della convention.

Alla prima edizione hanno partecipato tanti dei principali leader di mercato, portando le migliori idee ed esempi sulla riqualificazione e gestione sostenibile dei patrimoni immobiliari.

http://www.rebuilditalia.it/rebuild/




Ater, ancora pochi sgomberi eseguiti, sollecitato Comune

ater“L’Ater ha da tempo sollecitato l’amministrazione comunale ad attivare le procedure di sgombero in armonia con una operazione di carattere piu’ generale, volta al ripristino della legalita’ e al contrasto del fenomeno delle occupazioni abusive, che il direttore generale Renato Panella, sta attuando anche di concerto con la Procura di Roma. Oggi dunque il via ai primi sfratti. Pochi ancora gli sgomberi eseguiti su centinaia di decreti di rilascio che gia’ da tempo sono stati preparati ed inviati dall’Ater al Comune di Roma che ha il compito di attuarli”. Lo comunica l’Ater in una nota.

“La direzione generale dell’Ater auspica che nei tempi piu’ rapidi possibili vengano effettuati tutti gli sgomberi previsti ed indicati dall’Ater al Comune di Roma – dichiara il direttore generale Renato Panella – al fine di evitare che una operazione meritoria e dovuta non venga strumentalizzata solo per evidenziare sgomberi che colpiscono i soggetti cosiddetti ‘eccellenti’. L’Ater ringrazia per la fattiva collaborazione il comandante Di Maggio e l’unita’ organizzativa Spe”.

Adnkronos




Una passeggiata narrante all’ ombra del Serpentone

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Corviale visto da Via Portuense

Avendo partecipato alla passeggiata, ciò che mi ha colpito è la libertà di vivere in maniera soggettiva quest’esperienza e allo stesso tempo poterla condividere con più persone.

Elisa ci racconterà come ha riscoperto il proprio quartiere durante la passeggiata e come ci si può emozionare davanti a un particolare, come un graffito, finora mai visto.

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Lato estremo a sud di Corviale

Ne abbiamo parlato anche con il presidente del Comitato Inquilini Angelo Scamponi che ha il suo ufficio nel piano terra del terzo lotto. Il comitato è stato attivo fin da subito, fin dai primi insediamenti negli appartamenti e da sempre si è contraddistinto per la forza con cui ha combattuto la lotta per ottenere i servizi primari per lo stabile: dalla linea di autobus che percorrono tutta la via, agli ascensori che funzionino fino al nono piano. Negli androni dei ballatoi moltissimi giovani si radunano, parlano, nascondono i loro segreti e le loro storie, tanto da sembrare infastiditi dalla nostra intromissione. Ma se a qualcuno di loro si chiede “Tu dove abiti?” risponderanno con tono deciso “Abito a Corviale”.

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Caselle di posta di un intero lotto

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la Cavea di Corviale

Introduzione di Ivan Selloni

Racconto  e  fotografie di Elisa Longo




Caudo: «Un patto civico con i costruttori ma no al ricatto dei metri cubi in più»

ediliziaNon è aumentando la “moneta urbanistica” (i metri cubi edificabili), magari con la conferma di atti illegittimi della Giunta Alemanno, che si rigenerano la periferie, ma eliminando la stretta creditizia.

ASSESSORE Caudo, i costruttori di Roma chiedono al Comune regole certe e tempi brevi per ottenere le concessioni. Anche perché, dicono, senza certezze le banche non aprono le borse…

«Con le associazioni dei costruttori, fin dall’insediamento, abbiamo aperto un tavolo operativo. Concordo con il presidente Bianchi, quando indica la rigenerazione urbana come un’opportunità anche per gli imprenditori. Delle sue argomentazioni mi sembra centrale quella dell’accesso al credito che è questione di rilevanza strategica».

Come risolvere il problema?

«Intanto diciamo che è un problema comune, perché la difficoltà di accesso al credito per le imprese ha fatto lievitare nei nostri uffici le giacenze dei permessi a costruire, già pronti ma non ritirati. I cantieri non aprono e le imprese sono in difficoltà. In difficoltà è anche il Comune che vede diminuire l’incasso degli oneri di urbanizzazione. Erano circa cento milioni di euro l’anno, prima della crisi, oggi siamo intorno ai 41 milioni di euro. E questo è un problema di risorse per le politiche sociali e i servizi ».

Perché i permessi non vengono ritirati?

«Per la mancanza di risorse economiche. Ad oggi abbiamo circa 700 permessi di costruzione non ritirati. Dall’aprile di quest’anno sono aumentati di ben 200».

Come sbloccare la situazione?

«Va sbloccata insieme: il Comune, le imprese, il sistema economico della città da una parte e il sistema creditizio dall’altro. Riporto qui quanto è emerso negli incontri che ho organizzato in proposito con gli istituti di credito.

Qual è la soluzione?

«Le banche sarebbero disposte ad aumentare la loro disponibilità al credito verso le imprese a fronte di una maggiore presenza anche di garanzie del sistema regionale ».

Come ci si può muovere?

«Proponiamo un patto civico tra Comune e imprese per rendere credibile nei confronti del sistema creditizio le proposte progettuali. L’obiettivo potrebbe essere di ridurre del 20% le giacenze entro l’anno. Oggi le difficoltà di finanziamento spingono le imprese a ricorrere a quella che viene definita la “moneta urbanistica”».

Ossia?

Le quantità edificabili sono utilizzate come garanzia ma il ricorso alla sola “moneta urbanistica” deforma il sistema economico e costruisce una città poco vivibile ».

In concreto?

«Riconosciamo l’esigenza di poter utilizzare queste garanzie ma dobbiamo anche riportare il ragionamento alla qualità dei quartieri che si realizzano, che non è solo misurabile in metri cubi. Per questo il patto che proponiamo è “civico”, perché aiuta le imprese e rende gli interventi urbanistici più sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale».

Paolo Boccacci

La Repubblica




COSA DICE L’UE SUL CONSUMO DI SUOLO

suolo
La necessità di limitare il consumo di suolo e in particolare di suolo agricolo (8 metri quadrati al secondo, in base ai dati di ISPRA) è ormai entrata a tutti gli effetti nell’agenda politica nazionale. Dopo il DDL Catania, presentato dall’omonimo Ministro del governo Monti e arrivato fino all’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, nell’attuale legislatura sono stati depositati tre disegni di legge di iniziativa parlamentare che hanno come obiettivo dichiarato la limitazione del consumo di suolo, a cui va aggiunto un ulteriore disegno di legge promosso direttamente dal governo Letta.

Questi disegni di legge hanno suscitato un acceso dibattito sui principali quotidiani trovando critici e sostenitori. Senza entrare nel merito del dibattito, un dato abbastanza sorprendente è che nessuna delle quattro proposte pare prendere le mosse dagli indirizzi e dai principi espressi in tema di consumo di suolo a livello comunitario. Nella comunicazione della Commissione Europea “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” [COM(2011) 571] uno specifico capitolo viene dedicato a terra (Land) e suoli (Soils). Per queste risorse, considerate a un tempo strategiche e vitali, viene fissato un obiettivo molto ambizioso e insieme di vasta portata, per quanto comporta a livello urbanistico e territoriale: entro il 2020 le politiche comunitarie dovranno tenere conto dei loro impatti diretti e indiretti sull’uso del territorio, a scala europea e globale, e il trend del consumo di suolo dovrà essere sulla strada per raggiungere l’obiettivo del consumo netto di suolo zero nel 2050.

Purtroppo nella versione italiana della Comunicazione questo fondamentale principio del consumo netto di suolo zero (no net land take) non viene adeguatamente riportato e forse ciò può spiegare il suo mancato richiamo nei disegni di legge citati. Manca infatti nella traduzione italiana la parola chiave “netto”, un aggettivo solo all’apparenza accessorio che è stato invece volutamente inserito per le profonde implicazioni che sottende.

Consumo netto di suolo zero non significa infatti congelare l’infrastruttura urbana impedendo in assoluto di occupare nuovo territorio. Al contrario esso consente l’occupazione di spazi liberi purché questo avvenga a saldo zero, de-sigillando o ripristinando ad usi agricoli o seminaturali aree di pari superficie in precedenza urbanizzate e impermeabilizzate. E’ questa una specificazione fondamentale che introduce anche nella pianificazione urbanistica e territoriale il principio del riciclo e dell’economia circolare, già espresso nella strategia Europa 2020, con l’obiettivo finale di disaccoppiare lo sviluppo urbano dal consumo della risorsa suolo.

Con l’introduzione del termine “netto”, l’obiettivo del consumo di suolo zero da vincolo di fatto impraticabile si trasforma in motore di una nuova stagione di trasformazione urbana, fondata sulla riqualificazione dell’esistente e sul ridisegno del territorio urbanizzato, che non deve essere più considerato come un dato acquisito e irreversibile, ma come un corpo suscettibile di essere ridisegnato e ricucito secondo nuove e più funzionali orditure in grado anche di recuperare i guasti di uno sviluppo passato, di carattere spesso incontrollato e disperso, rivelatosi alla fine inefficiente ed anti-economico.

La sfida qui, più che fissare degli obiettivi quantitativi di consumo di suolo o enunciare principi generali di riuso che vengono poi sistematicamente disattesi, è quella di trovare gli strumenti e i meccanismi regolativi che consentano di avviare questo processo di rigenerazione urbana a consumo netto zero garantendo l’indispensabile sostenibilità economica degli interventi edilizi e infrastrutturali, sia per gli operatori immobiliari privati che per i soggetti pubblici.

E’ in quest’ottica, e come strumento di accompagnamento all’obiettivo fissato dalla Comunicazione sull’uso efficiente delle risorse, che la Commissione Europea ha successivamente pubblicato le Linee guida sulle migliori pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo [SWD (2012) 101].

Il documento si rivolge agli Stati membri, agli enti locali, agli operatori del settore e in generale ai cittadini e ha come fine quello di fornire informazioni sul livello di impermeabilizzazione del suolo nell’Unione Europea, sulle cause e gli impatti, nonché sugli esempi di buone pratiche per contrastarlo. L’impermeabilizzazione del suolo è uno degli effetti del “consumo di suolo”, ma non coincide con quanto usualmente si intende con questa espressione, che riguarda piuttosto l’occupazione di aree agricole o semi- naturali per usi urbani (land take). In media circa la metà delle superfici urbanizzate risultano effettivamente impermeabilizzate con totale perdita delle funzioni del suolo. Anche in questo caso l’ordine delle parole del titolo non è casuale o secondario, ma stabilisce una precisa gerarchia di priorità in vista del raggiungimento dell’obiettivo più generale di fermare l’incremento di superfici impermeabilizzate e quindi il consumo effettivo di suolo.

Limitare l’impermeabilizzazione resta il principio di fondo che deve avere sempre la priorità su mitigare e compensare gli impatti, in quanto la perdita di suolo è di fatto irreversibile . Ai fini della limitazione è importante fissare obiettivi quantitativi che devono però essere accompagnati da adeguate misure di monitoraggio e controllo. La mitigazione interviene quando si occupano nuove aree per ridurre in situ le conseguenze negative dell’impermeabilizzazione del suolo, ad esempio utilizzando materiali di copertura permeabili che garantiscano l’invarianza idraulica. La compensazione dovrebbe essere utilizzata solo quando non è possibile limitare e mitigare e si traduce in interventi in aree diverse da quelle occupate per “compensare” su scala territoriale la perdita di funzioni dei suoli impermeabilizzati. Esempi di compensazione sono: il riutilizzo del suolo rimosso per ripristini in altri luoghi, la bonifica di siti contaminati, la rimozione o sostituzione di coperture impermeabili (manti stradali, edifici) con ripristino a verde (de- sealing), l’imposizione di un extra onere da utilizzare per interventi di tutela e risanamento dei suoli. In Europa, in particolare in Olanda e Germania, la compensazione è già oggi obbligatoria sia per gli interventi infrastrutturali che per le nuove lottizzazioni.

Sebbene la compensazione venga ultima come ordine di priorità nella gerarchia delle linee guida, essa agisce da rinforzo per limitare il consumo di suolo e può diventare la chiave per attuare la politica del consumo netto di suolo zero, soprattutto se intesa come ripristino di aree precedentemente occupate. E’ quello che succede in città come Dresda o Stoccarda dove sono stati introdotti regolamenti urbanistici che vincolano la costruzione sul terreno libero al recupero e ripristino, da parte del soggetto attuatore, di altri spazi già impermeabilizzati presenti all’interno del Comune.

Si tratta di fatto di una sorta di perequazione che attribuisce crediti di impermeabilizzazione a spazi costruiti relitti o inutilizzati (edifici e strutture con relative pertinenze in disuso quali parcheggi, aree cortilizie, piazzali) che una volta acquisiti attraverso il ripristino preventivo possono essere sfruttati per nuova occupazione di suolo in altre aree individuate dalla pianificazione comunale. E’ un modo questo di attivare un motore di riciclo delle aree urbane che consente di ridisegnare le città a parità di occupazione di suolo.

La priorità nelle politiche di contenimento del consumo di suolo rimane comunque quella di favorire la rigenerazione e riqualificazione del tessuto urbano esistente intervenendo sulle aree dismesse e sul patrimonio edilizio. Questo si interseca con un altro pilastro della strategia di Europa 2020 che è quello della de-carbonizzazione dell’economia e della transizione energetica. Un terzo dei consumi energetici, a livello nazionale come comunitario, proviene dal settore domestico e abitativo. La stragrande maggioranza degli immobili sono stati costruiti prima degli anni `90 e presentano pessime prestazioni energetiche (in molti casi consumi superiori di 10 volte alla classe A), bassa qualitá abitativa, inadeguati accorgimenti antisismici. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni e del consumo di combustibili fossili è soprattutto lì che bisogna intervenire.

La “grande opera” del futuro deve quindi essere la riqualificazione edilizia promuovendo il riciclo delle aree e dei materiali di costruzione, nonché l`uso di tecniche di bio-edilizia che valorizzino le filiere produttive locali. Per fare questo bisogna approntare adeguate politiche regolative, fiscali e di facilitazione al credito con l`obiettivo di rendere più conveniente il recupero dell`esistente piuttosto che la costruzione del nuovo e orientare di conseguenza il mercato immobiliare. Tra queste azioni, oltre al vincolo del consumo netto di suolo zero, si annoverano:

1. defiscalizzazioni per interventi di ristrutturazione, di adeguamento sismico e di miglioramento energetico sulla base del modello già sperimentato con successo del 55 e ora 65%;

2. esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, riduzione di altri oneri (occupazione di suolo pubblico, permessi, conversioni di uso), possibilità di incentivi volumetrici per interventi di riqualificazione, recupero, ristrutturazione che comportano un significativo abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni;

3. forme agevolate di finanziamento e di ulteriore esenzione fiscali per condomini che deliberano di investire nella riqualificazione dell`immobile;

4. promozione e facilitazione d interventi sullo schema ESCO (Energy Service Company) con rafforzamento dello strumento incentivante dei certificati bianchi e del conto termico;

5. riforma della fiscalità comunale con disaccoppiamento delle entrate dal consumo di territorio e divieto di utilizzo degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente;

6. incremento del carico fiscale per immobili e locali sfitti e, di converso, incentivi e facilitazioni per chi affitta;

7. adozione, a livello comunale, di un’anagrafe digitale degli edifici che incroci dati catastali, utenze, prestazioni energetiche, caratteristiche costruttive, previsioni urbanistiche, finalizzata al monitoraggio del livello di occupazione e di utilizzo degli immobili e alla pianificazione di interventi per la riqualificazione energetica e abitativa dei quartieri (master plan);

Ecco quindi che l’obiettivo comunitario del consumo netto di suolo zero va inteso non solo come un vincolo di una politica ambientale tesa a tutelare una risorsa strategica e vitale come il suolo, ma anche come stimolo e propulsore per avviare il grande cantiere della riqualificazione e del riassetto urbano in grado di rilanciare il settore delle costruzioni e di rendere al contempo più sostenibili e vivibili le nostre città. E’ solo su queste basi che si può uscire dalla crisi e costruire un reale e duraturo sviluppo coniugando le esigenze di sostenibilità e di tutela ambientale con quelle altrettanto stringenti di garantire lavoro e reddito di impresa.