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Tra scienza e coerenza – L’alba del pianeta delle scimmie

Un film di Rupert Wyatt con James Franco (Will Rodman), Freida Pinto (Caroline Aranha), Andy Serkis (Cesare), John Lithgow (Charles Rodman). Titolo originale Rise of the Planet of the Apes, casa di produzione Chernin Entertainment, distribuzione in Italia 20th Century Fox

Secondo il Regista: « Tutto questo è parte di una mitologia e deve essere visto come tale. Non è la continuazione degli altri film; è una storia originale. Deve soddisfare le persone a cui piacquero quei film. L’obiettivo è infatti raggiungere e attirare quei fan esattamente come è successo per Batman Begins »

Non avrei puntato molto su un film come “L’alba del pianeta delle scimmie” ma in Biblioteca Renato Nicolini mi hanno convinto. E devo ricredermi. Un genere che oscilla tra la fantascienza, l’azione e il tema drammatico, che, a primo impatto, non attira tutti. L’alba del pianeta delle scimmie è il riavvio della serie cinematografica Il pianeta delle scimmie, tratta dall’omonimo romanzo di Pierre Boulle del 1963, uscito nelle sale nel 2011. Willis è un giovane sperimentatore di un importante casa farmaceutica di Los Angeles e sta cercando, sperimentando sugli scimpanzè, un farmaco che guarisca il morbo di Alzaimer. È un farmaco genico che potrebbe guarire centinaia di persone anziane, che vivono in condizioni deprimenti. Anche il padre di Willis ne è affetto. Ma è proprio quando le sue condizioni psicofisiche si aggravano che una scimmia del laboratorio, durante un trattamento, scappa dal reparto e invade il centro sperimentale creando danni e caos.

La sua reazione era dovuta alla nascita di un piccolo scimpanzé che proteggeva nella sua angusta cella, ma chi se ne accorge, sa che è troppo tardi: la mamma è già morta e Willis trova riparo al cucciolo portandolo nella sua villa. Willis si accorge che le cure geniche somministrate alla madre sono passate geneticamente al cucciolo, soprannominato Cesare.
Vengono affinate le ricerche e i progressi intellettivi di Cesare sono visibili, tangibili: il suo quoziente aumenta giorno dopo giorno, anno dopo anno, impara la lingua dei segni e cammina su due gambe. È proprio quando i test verificano e superano tutte le competenze acquisibili dai primati che il papà di Willis si aggrava e, non del tutto consapevole, somministra al vecchio padre una dose dell’ ALZ-112, virus in grado di potenziare i ricettori neuronali.
Dopo un breve periodo di lucidità in cui lo stato mentale del padre, controllato e studiato dal figlio, appare lucido e controllato, Willis scopre che la cura ha prodotto degli anticorpi e che la malattia è ricomparsa più forte di prima. E, l’ormai adulto, primate viene allontanato dalla sua prima casa. Sarà l’affetto verso l’umano che l’ha salvato a ricondurlo sulle tracce della libertà? 

Di grandissimo effetto scenico e grafico , L’alba del pianeta delle scimmie è un film a cavallo tra moralismo e anticonformismo. Una storia che alimenta lo spirito tecnologico, l’avanzata rombante della scienza e delle sperimentazioni. Ma a rompere questo idillio del progresso c’è la crudeltà del genere umano, che in questa pellicola appare ancora più brutale. Gabbie, reti e trappole per animali e specie più deboli di noi. Citando un vecchio film di Hal Ashby (Harold & Maude): “Gli zoo sono pieni di animali, le prigioni traboccano di poveri diavoli. Oh mio Dio, come è possibile che al mondo ci sia ancora posto per una sola gabbia (….) La coerenza non è decisamente una caratteristica umana”. Un film che tocca le corde dell’animo umano passando tra sentimenti di solidarietà, spirito di sopravvivenza, giustizia e coraggio. Un film visto con gli occhi degli animali.

Elisa Longo

 

 

 




Hai mai “letto” una canzone? She’s Leaving Home, The Beatles. Un fatto di cronaca.

Marzo 1966. Lo schizzinoso Radio Corriere TV, settimanale ufficiale della RAI, decide sfrontatamente di mettere in copertina la foto del quartetto di Liverpool che stava facendo girare la testa a tutto il mondo; un evento storico, che, anche in Italia, seppur con qualche dubbio, in coloro che non volevano accettare le new entry del panorama musicale, stava via via avvicinandosi; Lo speciale Appuntamento con i Beatles, difeso e voluto da un finissimo intellettuale come Mario Carpitella, uno di quei giovani dirigenti progressisti e illuminati che la gerentocrazia Rai amava chiamare “corsari”, fu un altro segnale che qualcosa anche nel belpaese stava cambiando.

L’ultima hit dei temibili scarafaggi è Michelle, una ballata dolcissima e melodica che scala le classifiche per 27 settimane, conquistando la vetta e stracciando tutti i record di vendite beatlesiane in Italia. La febbre è esplosa: e di lì a poco non ci sarebbe più stata una cura. Prossimi a registrare il loro terzo film musicale, dopo il grande successo di A Hard Days Night e di HELP!  La band dedica ormai tutto il tempo a cercare nuovi suoni e registrare qualcosa di inedito. Il successo e la vetta si ha con Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band La Banda del Club dei Cuori Solitari del sergente Pepper un disco che a detta di BIG, settimanale dedicato alla musica e al cinema, sarebbe divenuto un cult.

sgt-peppers-lonely-hearts-club-bandRegistrata venerdì 17 marzo 1967, She’s Leaving Home può ben rappresentare lo stile ballad maccartiniano. Tratta da un fatto di cronaca, apparso sul Daily Mirror del 27 febbraio 1967 con il titolo Ragazza da dieci e lode lascia la macchina e svanisce nel nulla, narrava la storia di Melanie Coe, una bionda studentessa della Grammar School di Skinner a Standford Hill, che scomparve lasciando la sua auto parcheggiata vicino casa, tutti i vestiti nell’armadio e il libretto degli assegni nella sua stanza. Un caso strano ma vero, emblema di un gap generazionale del dopoguerra con cui molti giovani si confrontavano.Il baronetto Sir Mc Cartney a riguardo disse «è una ragazza molto più giovane di Eleonor Rigby, ma è lo stesso tipo di solitudine». In realtà, Melanie era scappata con un croupier che aveva conosciuto in un locale e con il quale andò a vivere in un appartamento a Sussex Gardens, a Londra. Nel testo, invece, il suo amante viene descritto come un uomo che commerciava in automobili. La magia con la quale Paul Mc Cartney sviluppò l’atmosfera di questa storia d’amore da una parte, e l’immenso dolore dei genitori dall’altra, imperniò tutta la canzone di struggente dolcezza melodica, come uno dei più alti momenti di lirica pop. Il testo tiene conto del tormento familiare per l’inaspettata scomparsa e della difficoltà a comprendere un gesto così incomprensibile: what did we do that was wrong/cosa abbiamo fatto di male .

Il risultato è un felice incastro di voci e sentimento. Dal punto di vista metrico, le terzine in anafora she is/leaving/home (lei se ne va di casa) sono ripetute due volte, mentre she is/having/fun (lei si diverte) impreziosisce la chiusura. Paul voleva che fosse George Martin, il loro arrangiatore, a curare la traccia ma in quel periodo era impegnato con Cilla Black, una cantante del periodo del Cavern Club con la quale Lennon fece amicizia; ed è grazie a lui che la neo pop singer venne in contatto con il suo futuro manager, Brian Epstein. Per l’arrangiamento viene contattato Mike Linder e per la prima volta, tra i musicisti, c’è una donna ad eseguire, all’arpa, un loro brano, Sheila Bromberg. Gli arrangiamenti, volutamente dolci, sono eseguiti dai soli violini, violoncelli e contrabassi, oltre allo strumento femminile. Realizzato in due giorni, il brano viene inserito nell’ottavo e, forse, miglior prodotto del quartetto di Liverpool che esce negli USA il primo giugno del 1967 e in Gran Bretagna il giorno seguente. Traccia numero sei. La celeberrima copertina ricca di personaggi famosi, celebrità, morte o viventi, venne da un’idea di Paul, e fu criticata da tutti, per primo Brian Epstein che credeva non mettesse in luce il gruppo di Liverpool. A discapito di tutti coloro che non credettero nel progetto, e di chi tentava, con scarso successo, di imitarli, l’album fu un trionfo clamoroso, e scalò le classifiche internazionali. Il resto è solo orecchio e buon gusto.  

Elisa Longo




La Rivoluzione della Luna: Andrea Camilleri e il ritorno al romanzo storico, tra passato, presente e futuro.

Elisa Longo

Elisa Longo

<<In tutte le cronologie dei Vicerè di Spagna in Sicilia, fatta eccezione di una sola, arrivati al 1677, si trova puntualmente scritto che in quell’anno muore a Palermo il Vicerè don Angel de Guzmán e che succede alla sua carica il cardinale Luis Fernando de Portocarrero>>.

Nessuno sa, invece, che viene omesso un piccolo ma importantissimo dettaglio, inspiegabilmente o troppo furbescamente, viene nascosta una storia. Non viene raccontato che tra la morte di Don Angel e l’ascesa al potere di Portocarrero, il defunto regnante lasciava un testamento al Consiglio Regio: l’inizio di un cambiamento. Capitava spesso, e non era la prima volta, che un Vicerè, in punto di morte, nominasse come successore un suo congiunto. La vedova italo-spagnola Eleonora di Mora fu l’unica donna al mondo in quell’epoca ad assurgere a un così alto incarico politico e amministrativo.

Romanzo che esce dagli schemi della serie tanto acclamata di Montalbano e delle sue avventure, La rivoluzione della luna è una fabula di nicchia, una storia non-ricordata negli archivi politici e che solo la meticolosità e la curiosità dell’autore siciliano hanno portato alla luce. Sono state spolverate carte e scartoffie, cercando il nodo centrale di una storia che molti preferiscono non vedere.

Il moto di rivoluzione della luna dura ventotto giorni, gli stessi rappresentati in questo romanzo breve. Giorni che creano scompiglio, confusione, che capovolgono il naturale corso del potere. Romantica e scellerata,la storia narrata da Camilleri parla del futuro e del presente, di politica e di donne, di ingiustizia e di sopraffazione.

L’ambientazione seicentesca lascia spazio a una storia teatralizzata in cui accadono eventi mirabili, in un contesto di malaffare e correità. La splendida neoregnante, «na fimmina àvuta, slanciata, tutta vistuta di nìvuro, la facci ammucciata un vilu nìvuro spisso», viene a presentarsi nella sala del Gran Consiglio sconvolgendo non solo l’occhio ma anche il cuore dei Consiglieri. «’Sta cosa è pejo di ’na rivoluzioni!», afferma uno di loro; e di lì a poco, una ventata di fresco e di rinnovamento sovverte l’ordine costituito: vengono arrestati ecclesiastici pedofili e corruttori, viene fatto abbassare il costo del pane, la dote regale viene utilizzata per il bene comune. Un sottilissimo filo che lega ieri e oggi, un giro di boa che si conclude con la vittoria del Bene e del vivere civile.

Dietro a questo importante cambiamento ci sono i pregiudizi di un popolo maschilista e retrogrado, ci sono le malelingue che si sfogano su una donna «così messa bene, la quali, è cosa cognita, vali meno assà di un omo. E certe vote, meno ancora d’una bona vestia. E se putacaso si metti ’n testa che lei vale chiossà, abbisogna subito rimittirla a posto».

«Li fimmini sunno bone sulo a lettu», si dice delle donne, e in particolare di un’eroina di cui l’autore va fiero.

Un racconto fuori dalle righe, preso dallo scaffale delle storie, da quella «biblioteca dei racconti da narrare da cui tutti gli scrittori attingono». L’impasto linguistico, in cui il lettore si deve calare lentamente, è dovuto alla presenza bipolare di siciliano, “camillerese”, come viene definito dall’autore stesso, e italo-spagnolo; il ritmo frizzante viene accentuato dai notevoli cambi di scena; il tutto corredato dalla penna di uno scrittore profondamente calato nel proprio territorio.

«È da anni che dico di fare un passo indietro, provando a imitare il governo di Le donne al parlamento di Aristofane, per riflettere. Sarò considerato un rinunciatario ma voglio dire una cosa fondamentale: il coraggio delle donne, enorme rispetto al sesso “forte”, è lo stesso coraggio che le porta a generare vita e ad averne fiducia», così Camilleri, con un tono quasi commosso, parla del suo ultimo romanzo.

Un giallo imprevedibile ma ordinato, coerente e scottante, che lancia un messaggio potente e lascia intravedere le delusioni dell’attuale politica corrotta e malandata, che si rinnova nel tempo, ma anche le speranze di chi nella rivoluzione crede ancora.

Andrea Camilleri, Sellerio Editore, Sellerio, pg. 288,  14 euro.

Elisa Longo