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Lei (Her)

herdi Spike Jonze. Con Joaquin PhoenixScarlett JohanssonAmy AdamsRooney MaraOlivia Wilde   USA 2013.

Theodore (Phoenix) lavora in un network che offre vari servizi ad una clientela sempre meno capace di vivere una vita di normali relazioni, lui scrive lettere d’amore (o comunque affettuose) cui il computer provvederà a fornire una grafia personalizzata. Theodore è stato lasciato dalla moglie Catherine (Mara), alla quale è riluttante a concedere il divorzio e, quando torna a casa si collega con il suo OS (sistema operativo) dal quale trae notizie, svago e , talora, sesso. Un giorno il suo server gli  propone di collegarsi con  un nuovo sistema  più progredito  Lui accetta ed ecco il  nuovo efficientissimo server, Samantha (Johansson): lei gli organizza la vita, lo incoraggia, gli migliora le lettere che scrive per lavoro e, soprattutto, è una piacevolissima compagnia. Lui ha un’amica , Amy (Adams), che sta attraversando un periodo di crisi con il marito Charles (Matt Lescher) ; Amy ha varie volte provato a farlo uscire con una sua amica (Wilde) ma lui, ancora preso dalla moglie si è sempre sottratto. Sarà Samantha a convincerlo ad andarci a cena ma la ragazza – anche lei segnata da varie delusioni – pretende da lui un impegno immediato. Thedore scappa e quella notte fa sesso virtuale con Samantha, che sembra rispondere con una partecipazione pari alla sua . Ormai Theodore è totalmente preso da Samantha : va a cena con Catherine e le firma le carte del divorzio e dice a tutti di avere una nuova ragazza. Un giorno Samantha lo convince ad uscire con Isabella (Portia Doubleday), una ragazza che , in qualche modo, dovrebbe essere il suo clone umano. Theodore, riluttante, accetta ma l’incontro va malissimo. A questo punto Theodore dichiara apertamente di avere un relazione con un software , tanto da convincere Amy a  fare lo stesso ma, un giorno Samantha scompare temporaneamente:  si sta resettando sulla base delle indicazioni del filosofo informatico Alan Watts (Brian Cox);  Theodore, geloso, le chiede se c’è qualcun altro e, inorridito, scopre che, contemporaneamente  a lui, lei è in contatto con 8.316 clienti e che ne ama 641. Spike Jonze sin dal primo film , “Essere John Malkovich” , ha composte storie nelle quali l’evasione nell’irrealtà è la chiave narrativa centrale. Ora, verrebbe da dire, ha fatto il film perfetto: “Lei” è tutto pervaso da una poetica  fuga dall’”umano”, anche la scelta di non dare indicazioni di luogo (le riprese sono state fatte a Los Angeles ed a Shangai) e di tempo (nei pochi esterni nessun oggetto individua un’ epoca)  dà al bellissimo racconto uno straniamento efficacissimo. Gli attori, a partire dal grandissimo Joaquin Phoenix, sono bravissimi. Il film ha avutoil Golden Globe e l’Oscar per la sceneggiatura  e forse, meritava di più. A Roma è stata premiatala Johansson ( probabilmente per riconoscenza da red carpet).




Allacciate le cinture

Kasia Smutniak, Pila Polonia (34)

Kasia Smutniak, Pila Polonia (34)

di Ferzan Ozpetek. Con Kasia SmutniakFrancesco ArcaFilippo ScicchitanoFrancesco SciannaCarolina Crescentini Italia 2013

Elena (Smutniak) fa la  cameriera in un bar al centro di Lecce ma sogna, insieme all’amico e collega Fabio (Scicchitano) di aprire un locale alla moda. Un giorno incontra per caso Antonio (Arca), un meccanico coatto e  razzista e ci litiga. Poco dopo la sua amica Silvia (Crescentini) si presenta ad una festa con il nuovo fidanzato , del quale aveva magnificato le doti virili: è proprio Antonio.  Lui ed Elena – che è fidanzata con il benestante ed affettuoso Giorgio (Scianna) – sulle prime si ignorano ma poi, complice la rivelazione della di lui dislessia, finiscono nudi sulla spiaggia a fare l’amore ed a scoprire di amarsi. Conosciamo nel frattempo Anna (Carla Signoris), la madre di Anna e Dora (Elena Sofia Ricci), che Anna chiama zia (ma scopriremo che è l’amante di Anna) e che va e viene da viaggi e pratiche di vario esoterismo , cambiandosi ogni volta nome. Tredici anni dopo Elena ha aperto con successo il locale insieme a Fabio ed è sposata con Antonio – che è   rimasto machista e superficiale –  e madre di due figli. Un giorno per caso scopre di avere un tumore al seno e, dopo averlo comunicato ai suoi cari, va da Marcia (Luisa Ranieri), prosperosa parrucchiera amante del marito e la convince a lasciarlo. In ospedale trova la dottoressa Diana (Giulia Michelini) che aveva conosciuto ed incoraggiato da studentessa e si trova in stanza con Egle (Paola Minaccioni) , una malata terminale che si fa forza raccontandosi di una imminente guarigione. Una notte Antonio va a trovarla in clinica e, superando le di lei ritrosie, fa l’unica cosa che sa fare per comunicarle amore e protezione: ci fa sesso, con grande divertimento di Egle che , nel letto accanto, fingeva di dormire. La morte di quest’ultima determina in Elena una reazione di sfiducia ma sarà il rozzo ed inaffidabile Antonio a riportarla amorevolmente a guarire nella clinica dalla quale era fuggita.

Ozpetek è, dobbiamo rassegnarcene, un autore prolifico e discontinuo : ci ha dato degli ottimi film come questo, ma è caduto in curiose trappole narrative, ad esempio con gli appesantiti “Magnifica presenza” e “Cuore sacro”. Si  può a questo punto dire che l’Ozpetek migliore – ed anche quello con migliore presa sul pubblico – è quello che, senza sovrastrutture ideologizzanti, si tuffa sfacciatamente ed elegantemente nel melò. Questo film , più di altri suoi, ha un legame con il Sirk di “Magnica ossessione” e di “ Come le foglie al vento” e non è certo un paragone da poco!




Video > Paola Cortellesi e Riccardo Milani al Mitreo Arte contemporanea

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12 anni schiavo

 12-anni-schiavo-polemica-bimdi Steve McQueen. Con Chiwetel EjioforMichael FassbenderBenedict CumberbatchPaul DanoPaul Giamatti. USA 2013

Solomon Northup (Elijiofor) è un violinista nero e vive libero nella città di Saratoga con la moglie cuoca Anne (Kensey Scott) ed i figli Margareth (Quvenzhanè Wallis, la bambina di “Re della terra  selvaggia”) e Alonzo (Cameron Ziegler) ; un giorno  del 1841 Anne parte coi figli per un periodo di lavoro e Solomon accetta da due artisti di circo un ingaggio come musicista; i due lo fanno ubriacare e lo vendono ad mercante di schiavi, Theophilus Freeman (Giamatti). Giunto in Georgia, gli viene assegnato il  nome Platts e viene venduto al proprietario terriero Ford (Cumberbatch); lui è , in fondo, un brav’uomo e lo tiene in considerazione ma il suo sorvegliante Tibeats (Dano), invidioso, prima cerca di impiccarlo e poi minaccia di ucciderlo. Il pavido Ford   per non avere guai lo vende ad Edwin Epps (Fassbender), padrone sadico e maniaco che usa spesso e con violenza la frusta e che ha una relazione morbosa con la schiava Patsey (Lupita Ngoyo) . La moglie di Epps, Mary (Sarah Paulson) è gelosa e maltratta continuamente Patsey, la quale una notta supplica invano Solomon di ucciderla. Dopo un breve periodo con un padrone più umano, il giudice Turner (Bryan Batt), Solomon, tornato da Epps , cerca di far recapitare una lettera ai suoi amici di Saratoga ma l’ex-sovrintendente Armsby (Garrett Dilahunt ) a cui aveva chiesto di farlo lo denuncia e Solomon si salva per il rotto della cuffia dall’impiccagione. Solo il capomastro Bass (Brad Pitt), un canadese abolizionista, accetta di aiutarlo e, dopo 12 anni , Solomon può tornare dalla propria famiglia ma le leggi dell’epoca non gli consentivano di testimoniare contro i bianchi ed i suoi aguzzini finirono impuniti.

Mcqueen nasce come video-artista e nei suoi precedenti film (“Shame” e “Hunger”) questa sua matrice è molto, forse troppo, presente : la tensione viene spesso come raggelata da rarefatte atmosfere che sono, talora, dispersive. Qui – forse anche per la partecipazione dell’afro-britannico regista alla vicenda tratta  da un libro autobiografico – invece solo le sequenze dedicate alla splendida natura della Georgia sono intrise di una qualche, peraltro avvincente e pertinente, pittoricità. Per il resto McQueen firma il suo lavoro più completo e riuscito con un cast eccezionale ed una capacità di sintesi, narrativa ed emotiva, notevolissima. Oltre a Brad Pitt, produce il mitico Arnon Milchan, cui dobbiamo, tra gli altri,  “Pretty woman”.

 




Video > La grande Bellezza

Sabrina Ferilli, esclusa dal red carpet Di Los Angeles, ha dichiarato di puntare all'oscar 2015. Gran carattere!

Gran carattere Sabrina Ferilli, esclusa dal red carpet di Los Angeles, ha dichiarato di puntare all’Oscar 2015…vai all’intervista

Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni ServilloCarlo Verdone,Carlo BuccirossoSabrina FerilliPamela Villoresi

Jep Gambardella (Servillo) è un giornalista di costume di 65 anni ; arrivato a Roma sull’onda del successo di un suo unico romanzo giovanile , ci è rimasto e si è ritrovato al centro della vita mondana della città : ha un solo vero amico, lo scrittore fallito Romano (Verdone) e vive un rapporto affettuosamente (quasi) filiale con la direttrice del suo giornale , Dadina (Giovanna Vignola ) nana e tosta che gli prepara risotti e minestroni e lo rassicura sulla sua capacità professionale ; il giro, che, distante e un po’ brillo, frequenta comprende un commerciante erotomane ( Buccirosso) con moglie disperatamente allegra ( Iaia Forte), una intellettuale femminista che scrive robaccia per la televisione (Galatea Ranzi), una mondana ( Villoresi) che cerca nelle feste conforto dall’angoscia di un figlio malato di mente , una ex-diva televisiva (Serena Grandi) compulsivamente cocainomane , un commerciante d’arte (Lillo Petrolo) che non si perita di sfruttare una bambina-pittrice prodigio, un chiurgo estetico (Massimo Popolizio) che riceve centinaia di clienti al giorno, un cardinale ( Roberto Herlitzka) prodigo di costose ricette di cucina e di superficiali insegnamenti morali, un gestore di night (Massimo De Francovich ) addicted di eroina, la cui figlia, Ramona ( Ferilli) , ormai più che quarantenne fa , per disperato bisogno di danaro , ancora la spogliarellista. Proprio con Ramona , dopo tante brevi, insulse relazioni- vedi l’incontro con la noiosa Ornella ( Isabella Ferrari )- Jep ha un sussulto di quell’affetto che sembrava sopito dalla prima giovinezza e che riaffiora quando il marito (Luciano Virgilio )della sua prima fidanzatina gli comunica che alla sua morte ha scoperto che lui, Jep, è stato per lei l’unico amore. La morte di Ramona, la partenza del deluso Romano e l’incontro con una sorta di Madre Teresa centoquattrenne inducono Gambardella a ricercare i luoghi del suo primo amore e della sua perduta ispirazione artistica.

Il film , presentato pochi giorni fa a Cannes, ha fatto molto discutere : a molti nostri critici non è piaciuto – lo hanno visto come una sorta di “Dolce vita” senz’anima e , soprattutto (male dei mali!) senza una riconoscibile critica sociale ; altri (per lo più stranieri) ,invece, lo hanno trovato bellissimo e doloroso come tutta la filmografia di Sorrentino . Le sue storie sono , infatti, pervase da un profondo senso di solitudine , che rende umani e vicini a noi i personaggi che le vivono , i quali , guarda caso, sono sempre , in qualche modo, dei “mostri” : il contabile di malavita de “Le conseguenze dell’amore”, lo squallido usurario de “L’amico di famiglia”, l’Andreotti de “Il divo” ,l’egocentrica pop-star di “This must be the place” sono , come Jep, angosciosamente soli e non possono trovare riscatto in un amore che non è dato loro di conoscere, se non perdendovisi definitivamente e il vero, unico amore di Gambardella è la splendida  (e splendidamente fotografata da Luca Bigazzi) e voracemente distruttiva Roma dei terrazzi abusivi, dei palazzi in decadimento e della promiscuità senza valori comuni . Il cast è stellarmente teatrale e a tutti i personaggi la costumista Daniela Ciancio dà un tocco di riconoscibilità . Se c’è un paragone possibile con il capolavoro di Fellini (ma in realtà non serve) è nella capacità de “La grande bellezza” di raccontare il nulla nel quale siamo dolorosamente immersi.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=hpPz0Umsff4




VIDEO CORVIALE > Lezioni di rap per imparare a studiare

A Corviale, periferia romana, lasciare la scuola è quasi una moda. E chi molla spesso diventa una delle piccole pedine della criminalità locale. “Luogo comune”, il centro di aggregazione del quartiere, offre una seconda possibilità. Daniele, Paola, Mariangela sono maestri di strada moderni. Hanno salvato tanti ragazzi che ogni giorno passano il pomeriggio con loro.




Ciak si gira “Scusate se esisto!”

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Repubblica.Roma.it foto > Palazzi, attici, saloni e fontane Ecco la Roma della Grande Bellezza

Dallo straordinario Palazzo Pamphili, in piazza Navona, dove Jep va a letto con Isabella Ferrari-Orietta, alla fontana dentro il cortile di Palazzo Taverna dove si cerca "La Santa"; dalla scritta "Martini" che torreggia alle spalle dell'attico della festa per i 65 anni del protagonista, a un passo dall'ambasciata americana di via Veneto, al Fontanone del Gianicolo ripreso dagli archi del monumento. Ecco alcuni luoghi della Roma nascosta e meravigliosa nel film premio Oscar "La Grande Bellezza". Costantino D'Orazio, storico dell'arte, ha realizzato un ebook che è una guida di cento pagine tra i suggestivi e segreti luoghi capitolini in cui è stato girato il film (in foto una delle scene cult del film, la festa per i 65 anni di Jep Gambardella)

Dallo straordinario Palazzo Pamphili, in piazza Navona, dove Jep va a letto con Isabella Ferrari-Orietta, alla fontana dentro il cortile di Palazzo Taverna dove si cerca “La Santa”; dalla scritta “Martini” che torreggia alle spalle dell’attico della festa per i 65 anni del protagonista, a un passo dall’ambasciata americana di via Veneto, al Fontanone del Gianicolo ripreso dagli archi del monumento. Ecco alcuni luoghi della Roma nascosta e meravigliosa nel film premio Oscar…clicca sull’immagine




skiTG24 gallery > il “Serpentone” di Roma nelle foto di Andrea Boccalini

Inaugurato alla galleria Mitreo Arte contemporanea di Roma il reportage dedicato a Corviale e firmato dal fotografo umbro Andrea Boccalini

Inaugurato alla galleria Mitreo Arte contemporanea di Roma il reportage dedicato a Corviale e firmato dal fotografo umbro Andrea Boccalini. Fino al 1 marzo alla galleria Mitreo-Arte contemporanea, la mostra del fotografo umbro dedicata al villaggio-grattacielo Corviale, progettato nella Capitale negli anni ’70.Scenario su cui si muovono migliaia di storie, non sempre di degrado umano. Clicca sull’immagine 

 

 




Skiantos di un Freak che non sei altro, salutaci le sbarbine in cielo. Bologna dice addio al suo poeta Rock

Antoni Roberto detto Freak leader degli Skiantos (59)

Antoni Roberto detto Freak leader degli Skiantos (59)

Era il figlio di una Bologna che pulsava attorno al Dams, Roberto Antoni. Quella di Gilles Deleuze e Jacques Lacan, dei circoli filosofici e letterari di una post avanguardia, dotta e stralunata. Antoni, prima ancora di diventare “Freak”, si laureò con una tesi sui Beatles seduto su una pila di lp che sapevano di rivoluzione. Quando fondò gli Skiantos Francesco Lorusso, militante di Lotta continua con simpatie per l’Autonomia, doveva ancora morire in via Mascarella, la mattina dell’11 marzo 1977. Si aprì un’altra stagione. Non era più la città cantata da Francesco Guccini e Lucio Dalla, piuttosto aspettava in silenzio quella bomba che distrusse tutto la mattina del 2 agosto 1980, quel giorno che cambiò la storia. Della città e dell’Italia.

È in quei tre anni che crebbero gli Skiantos, cuciti attorno alla figura di Freak, il leader indiscusso. Resta negli annali della musica il concerto al Pala Dozza, anno 1979, quando invece di suonare si misero a cucinare un piatto di spaghetti e alle urla rispondeva lui, Antoni: “Questa è avanguardia, pubblico di merda”. Antoni non è arrivato ai 60 anni di età, ma non l’aveva messo nemmeno in conto. “Se non altro la malattia mi ha fatto smettere con la droga”, diceva. Con la solita leggerezza e la sfrontatezza con la quale affrontò la vita, alla quale rubò il possibile, con tutto quelle che ne sarebbe venuto fuori. Quando non era l’eroina, a consumarselo, ci pensava il vino rosso.

All’essere un talento di insuccesso si era abituato, così come ci aveva abituati a quell’innato sarcasmo che lo portava a dire seriamente, almeno quanto seriamente riuscì a confrontarsi con la sua esistenza, che “se uno si impegna può stare male ovunque”. Aveva capito tutto molto tempo prima, questo sicuramente. Aveva capito che tanto valeva la pena buttarla in vacca. A raccontarlo oggi che non c’è più sembra quasi che la musica sia un elemento marginale. Niente di più falso: gli Skiantos furono prima di tutto raffinati musicisti e la sete di relegarli a una stagione di rock demenziale era solo questione tra critici. In realtà furono il punk italiano, prima di tutto. Aprirono una strada nella Bologna che sarebbe venuta dopo, a partire da Luca Carboni. Sulla “poetica” dei suoi Skiantos, Freak spiegava: “Nelle nostre canzoni abbiamo sempre mescolato due livelli, quello alto, escatologico, di impegno politico, e quello basso, scatologico, gergale… Ma la poesia ci insegna che non ci sono parole proibite, è solo la retorica che le divide in auliche o di basso livello. Ed è proprio la retorica, intesa come atteggiamento di supponenza ed ipocrisia, che rende volgari le cose”.

Di sopravvivenza Roberto Antoni, classe 1954, se ne intendeva. “Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire. A me capita di cominciare a scavare”. È sopravvissuto al suo amico Andrea Pazienza e alla crudezza dolce di Pier Vittorio Tondelli, alla droga e alla morte di una compagna. Cicatrici, sogni, delusioni, rospi, ritorni per chi ha inciso una massima eterna: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”. I propositi sono raccontati nei titoli dei suoi libri. Vademecum per giovani artisti, 6 non più di 6. Come fare un tema decente e rimediare un voto sufficiente. Per sopravvivere alla tossicodipendenza: manuale di prevenzione, Badilate di cultura. Per istinto, il ragazzo del Dams, anticipatore del Movimento del ‘77 ha sempre cercato di insegnare qualcosa, a prendersi sul serio mostrando di non farlo. Fino al concerto alla Woodstock politica di Beppe Grillo e dei suoi a Cesena, a fine estate 2010.

Nelle sue molte vite, da Beppe Starnazza agli Avanzi di Balera, Freak ha creato anche una band con Alessandra Mostacci, pianista classica e compagna anche nella vita, fino all’ultimo. La sua filosofia, perché alla fine di quella si tratta, è nell’ultimo disco degli Skiantos: Dio ci deve delle spiegazioni (possibilmente comprensibili). Ci mancherà, Roberto. Mancherà a tutti quelli che lo hanno sempre apprezzato e cercato di comprendere, per quanto i suoi ragionamenti fossero comprensibili. Mancherà a una Bologna che, per fortuna o purtroppo, non esiste più. Né più grassa, umana, dotta. Neppure più rossa, come la sua vocazione avrebbe voluto. Sbiadita, di un arancio sempre più chiaro.

    Il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/13/addio-freak-antoni-ero-un-ribelle-mamma/879679/

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un capolavoro di testo e arrangiamento, imperdibile satira della vita. Grazie Roberto