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Venere in pelliccia

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pellicciaRegia : Roman Polanski;  attori : Emannuelle Seigner , Mathieu Amalric

Thomas ( Amalric)  sta uscendo da un teatro un po’ scalcagnato dove, tra gli scenari western di un precedente lavoro ( un musical belga tratto da “Ombre rosse”) , ha terminato i deludenti provini per il ruolo di Wanda nella versione teatrale di “Venere in pelliccia” di Von Sacher Masoch che lui ha curato. Bagnata di pioggia ed in ritardo entra Vanda(Seigner) , un’attrice cialtrona e volgarotta che insiste per fare il suo provino . Il  pur recalcitrante Thomas non riesce ad opporsi ma dalle prime letture appare affascinato dalla capacità dell’attrice a essere il personaggio. I due cominciano a provare, lui nel ruolo di Severin e lei in quello di Wanda (i due protagonisti del romanzo) e , mano a mano che la recita va avanti, lei lo coinvolge fino a  fargli perdere il senso del tempo e a costringerlo a lasciare per telefono la sua fidanzata ( una ragazza ricca, colta e salottiera, apprendiamo). Vanda/Wanda spinge il gioco fino a legarlo sul palcoscenico e , dopo aver improvvisato , nuda e con indosso la pelliccia di scena, una danza bacchica, a lasciarlo lì , allontanandosi nella notte.

Dopo “ Carnage”, Polanski dirige un altro film tratto da un dramma teatrale ( questo è la versione scenica di David Iles ) e ,soprattutto grazie alla chimica che si avverte tra i due protagonisti ( che erano già stati insieme ne “Lo scafandro e la farfalla” di Schnabel) , il racconto è avvincente . Amalric , truccato e pettinato come il regista, è bravissimo e la Seigner è sguaiatamente carnale . Quello che funziona meno è proprio il romanzo di partenza : sappiamo che Masoch vi aveva raccontato , con poche variazioni – Venezia anziché Firenze, l’amante un ufficiale greco anziché un attore italiano – , la propria personale esperienza con la scrittrice Fanny Pistor ; il romanzo ha avuto una gran fortuna extra-letteraria , tanto da far definire masochismo il piacere, descritto nel libro, della sofferenza ma qui finiscono i suo pregi : il racconto è mal scritto e pervaso di  lagnose lamentazioni che , oltre ad essere noiose, ne annullano il potenziale erotico ( un discorso simile, peraltro, si può fare per De Sade). Polanski ha sculacciato e frustato sullo schermo i sederi di Francoise Dorleac (“Cul de sac”), di Sharon Tate (“Per favore non mordermi sul collo”) e di Sydne Rome (“Che? “) ; ora prova a mettersi d’all’altra parte;  tecnicamente il risultato è ineccepibile ma la dolente ed irridente anima polanskiana si intravede appena.

altre letture: http://www.psychiatryonline.it/node/4665

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