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Report Motta + Paolo Benvegnù – 25 Luglio 2017 – Villa Ada




Report live Diodato + Le Luci della Centrale Elettrica – Ex Dogana 2017




#Villa Ada incontra il mondo anche questa estate

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Anche questa stagione estiva 2017, Villa Ada incontra il mondo e la musica dell’estate romana.

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La ventiquattresima edizione di “Villa Ada Roma incontra il mondo – Villaggi possibili” è pronta. Dopo il successo dei Suicidal Tendencies del 3 luglio e la magica performance di Ani DiFranco che ha stregato il pubblico martedì scorso, il Festival torna ad animare le serate della Capitale fino al 14 agosto con la direzione artistica dell’Arci di Roma, che per oltre 20 anni si è impegnata a trasformare l’isola del laghetto di Villa Ada nel simbolo della cultura e dell’intrattenimento estivo romano. Per quarantuno giorni, sette giorni su sette, dal pomeriggio fino a tarda notte, il cuore verde di Roma batterà a ritmo di concerti, performance, dibattiti e degustazioni, con attività che spaziano dai campus estivi ai workshop. Senza dimenticare D’ADA Park, l’area ad accesso libero e gratuito con musica live, mostre e reading. Novità assoluta di quest’anno la proposta di numerosi spettacoli teatrali attraverso un’armonica unione tra teatro sperimentale, azioni performative, critica e impegno sociale. Un cartellone musicale selezionato con cura e attenzione, ma soprattutto un programma variegato e multidisciplinare che vuole mettere al centro la parola cultura, accessibile a tutti e con una convinta adesione alle logiche del no profit, è la spinta propulsiva di questa edizione. Da cui parte la scelta del tema “Villaggi possibili”, un concetto ibrido tra la società aperta di Karl Popper e il villaggio globale di Marshall McLuhan. Il villaggio esiste in virtù della cooperazione fra le persone che lo popolano, grazie alla loro interazione e socialità. Questo vuole essere “Roma Incontra il Mondo”: un punto di incontro e riferimento tra i cittadini del mondo e le loro culture, una manifestazione la cui forza si evidenzia prima di tutto nella coralità, nelle pratiche di inclusione, sostenibilità ambientale e  approfondimento. I più apprezzati nomi della scena musicale italiana e internazionale arricchiscono la line up di quest’anno, che si arricchirà di nomi in via di conferma. Il 6 luglio arriva la leggendaria band Sun Ra Arkestra. Fondata negli anni ’50 da una delle figure più discusse ed eclettiche del jazz moderno – Sun Ra – arriva a Villa Ada diretta magistralmente dal suo storico braccio destro: Marshall Allen (1924) che si unì all’Arkestra nel 1958. Il 7 luglio è la volta de La Batteria e l’8 “This is rap”, la storia del rap italiano in una sera, una data indimenticabile che vedrà sullo stesso palco: Good Old Boys, Colle Der Fomento, Kaos One & Dj Craim, Lucci Brokenspeakers, Dj Ceffo BrokenSpeakers, Egreen, DJ P-Kut, Aliendee The Humanoid Beatbox Musician, DJ Stile, Baro. Il 10 luglio torna in Italia una delle band Post Rock più amate nel nostro paese, gli irlandesi God Is An Astronaut, senza ombra di dubbio una delle migliori realtà europee nel loro genere. Il 12 è la volta di One Dimensional Man: terminato il tour di promozione dell’ultimo album del Teatro degli Orrori, Pierpaolo Capovilla e Franz Valente insieme a Carlo Veneziano hanno ridato vita a questo progetto nato nel 1996. Sul palco di Villa Ada suoneranno nuove canzoni non ancora registrate su disco insieme ai brani che ripercorrono le tappe artistiche più significative della storia della band. Nella stessa sera sul palco un’icona assoluta della musica underground, l’ex Cccp Giorgio Canali  che, con i Rossofuoco,  presenta l’ultimo album Perle per porciGiovedì 13 luglio ci sono i Baustelle con il loro settimo – acclamatissimo – album in studio, L’amore e la violenza. Il 14 luglio spetta a Femi Kuti scaldare la notte romana, tra i più autorevoli ambasciatori della cultura africana. Figlio maggiore del rivoluzionario musicista, attivista e pioniere dell’afrobeat Fela Kuti, i suoi dischi raccontano una storia fatta di passione, fuoco ed energia. Il 15 luglio è la data del festival Thalassa W/ Futuro antico; il 16 c’è Ky-mani Marley; il 17 luglio è la volta dei Matmos, il sorprendente duo elettronico formato a San Francisco a metà degli anni ‘90 da M.C. Schmidt e Drew Daniel con all’attivo collaborazioni con Bjork, Terry Riley, gli Wire. Il loro è stato sin dall’inizio un coerente e progressivo studio sonoro sull’uso di suoni organici, una vera e propria ‘musique concrète’ in versione pop, unita a matrici ritmiche radicate nel pop elettronico.

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Il 18 arriva il talento creativo di Bugo, con il suo stile diretto e originale. Tra i cantautori più interessanti del panorama italiano, con l’album Nessuna scala da salire ha esordito al primo posto della classifica ufficiale Fimi di vendita dei vinili. Nella stessa sera il concerto di Artù, cantautore romano fuori dagli schemi: ironico, pungente e mai banale. Il 20 luglio sale sul palco il giovane rapper – classe 1991 – di scuola romana Mezzosangue e il 21 dall’Inghilterra atterra a Roma l’elettronica del duo di Manchester Demdike Stare e Blanck Mass con il suo ultimo album “World Eater”, di casa Sacred Bones. Il 24 è in calendario una grande icona della scena reggae mondiale, Luciano Messenjah mentre il 25 è la volta di Paolo Benvegnù e  Motta. Artista della parola suonata, uno dei migliori autori in circolazione, Benvegnù dopo lo scioglimento degli Scisma ha proseguito con successo una carriera artistica solista costellata di importanti collaborazioni, aggiungendovi anche quella di produttore artistico. A marzo è uscito “H3+”, album che conclude il suo profondo viaggio in tre dischi all’interno dell’anima. Dopo il sold out – oltre 3.000 i paganti – del concerto di fine tour all’Alcatraz di Milano e la partecipazione al Concerto del Primo Maggio di San Giovanni, Motta, cantautore Targa Tenco 2016, è pronto a conquistare nuovamente Roma. Il 26 sarà la volta dei Wire, la leggendaria band inglese che dal punk di stampo atipico ha saputo evolvere per prima nella new wave, festeggia 40 anni di carriera presentando al pubblico romano l’ultimo album Silver/Lead’ uscito il 31 marzo scorso. Il 28 luglio Radio Rock, la storica radio romana punto di riferimento per gli amanti del rock nazionale e internazionale, festeggia il suo 33esimo anno di attività. Non mancano poi gruppi oggetto di una venerazione cittadina viscerale: l’Orchestraccia è sul palco il 30 luglioA dare il via ad agosto ci pensano i Fast Animals And Slow Kids con la loro musica fatta di esperienze, appunti, ricordi e sensazioni, nella stessa serata Edda ovvero è la storia del rock in Italia. A lungo cantante dei Ritmo Tribale, storico gruppo milanese nato sul finire degli anni ’80, è tornato sulle scene da solista nel 2009 dopo un lungo e travagliato periodo di ritiro. A febbraio è uscito “Graziosa Utopia”, il suo ultimo album: un disco maturo e denso, dalle mille suggestioni, provocazioni e armonie, che gli è valso una candidatura come miglior album al premio Tenco 2017.

A seguire il 2 agosto The Heliocentrics, il collettivo britannico che sviluppa e rivitalizza il concetto di cosmic jazz presenta l’ultimo capolavoro A World Of Masks uscito lo scorso 26 maggio. Si prosegue il 3 con Nada, la musa della musica indipendente italiana, che presenterà L’amore devi seguirlo, il suo ultimo album uscito a gennaio, e il 4  con la Dark Polo Gang, il fenomeno trap del momento che colleziona milioni di visualizzazioni su Youtube e ha pubblicato il 23 giugno l’attesissimo TWINS, anticipato dalla hit “Caramelle”. E ancora, il 5 gli Otto Ohm, per un concertone che celebrerà il ventannale della band, e il 9 i due mostri sacri della techno Von Oswald e Atkins.

L’apertura del cartellone teatrale – caratterizzata da contenuti politici ed etici uniti alla piena fruibilità per un pubblico di tutte le età – è affidata all’estro di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Presentano gli ultimi due successi in esclusiva romana con una doppia data: Fratto-X il 19 luglio seguito il 27 luglio dall’acclamato Anelante, l’uomo che esiste nel suo struggimento. Il 23 luglio, l’attualità a servizio del messaggio artistico con Marco Travaglio in scena con il suo ultimo successo SLURP Lecchini, cortigiani & penne alla bava al servizio dei potenti che ci hannorovinati, il recital teatrale, tutto da ridere per non piangere, con l’aiuto dell’attrice Giorgia Salari e la regia di Valerio Binasco.

Chiude il mese, il 31 luglio, L’improvvisatore, da dove nascono i comici di e con Paolo Rossi e con Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari. Il nuovo spettacolo del mattatore milanese gioca sul confine tra un’autobiografia teatrale non autorizzata e un quasi manuale sulla professione del comico. Il 7 agosto calca le scene Sabina Guzzanti con la versione estiva del suo ultimo lavoro, COME NE VENIMMO FUORI, proiezioni dal futuro. Un monologo satirico esilarante nato da approfondite ricerche sul sistema economico post-capitalista o neoliberista su cui l’autrice sta lavorando già da qualche anno.

 

3 Luglio SUICIDAL TENDENCIES 4 Luglio ANI DIFRANCO 6 Luglio SUN RA ARKESTRA 7 Luglio LA BATTERIA 8 Luglio THIS IS RAP 10 Luglio GOD IS AN ASTRONAUT 12 Luglio ONE DIMENSIONAL MAN + GIORGIO CANALI & ROSSOFUOCO 13 Luglio BAUSTELLE 14 Luglio FEMI KUTI 15 Luglio THALASSA FEST 16 Luglio KY-MANI MARLEY 17 luglio MATMOS 18 Luglio BUGO + ARTÙ 19 Luglio REZZA/MASTRELLA  20 Luglio MEZZOSANGUE 21 Luglio BLANCK MASS E DEMDIKE STARE 23 Luglio MARCO TRAVAGLIO 24 luglio LUCIANO MESSENJAH 25 Luglio MOTTA + PAOLO BENVEGNÙ 26 Luglio WIRE 27 Luglio REZZA/MASTRELLA 28 Luglio FESTA RADIO ROCK 30 Luglio ORCHESTRACCIA 31 Luglio PAOLO ROSSI 1 Agosto FAST ANIMALS AND SLOW KIDS + EDDA 2 Agosto THE HELIOCENTRICS  3 Agosto NADA 4 Agosto DARK POLO GANG 5 Agosto OTTO OHM 7 Agosto SABINA GUZZANTI 9 Agosto VON OSWALD E ATKINS.. E tanti altri in via di conferma.




#rinogaetanoday: Aida, la democrazia e chi ce l’ha

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In una Roma ancora in lutto per l’uscita di campo del Capitano e per la recentissima perdita dell’attore Thomas Milian, si celebra un’altra ricorrenza cara ai romani. La morte di Rino Gaetano – avvenuta il 2 giugno 1981, a seguito di un incidente stradale nelle vie di Montesacro – coincide quest’anno con il quarantennale dall’uscita del terzo EP del cantautore calabrese, Aida. Roma alza i cori e le grida al cielo: “Olè! olè olè olè,Rino, Rino” durante le cinque ore di concerto del Rino Gaetano Day, il raduno nazionale organizzato dalla Rino Gaetano Tribute band e dall’Associazione culturale “Rino Gaetano”.

La Rino Gaetano Band e Dino Giarrusso, presentatore della serata

La Rino Gaetano Band e Dino Giarrusso, presentatore della serata

Ad aprire il concerto il gruppo romano La Scelta. Ad accompagnare la band ufficiale, la Rino Gaetano Band, come ospiti e per la prima volta sul palco di Piazza Sempione, i Sei Ottavi, fiancheggiati da Artù e da David William Caruso – voce de I Vinile. Per i non udenti, presenti anche due interpreti del linguaggio LIS  ad interpretare i testi più amati. Ospiti d’onore il “Barone”, proprietario del bar frequentato da Rino Gaetano e citato in “Tu, forse non essenzialmente tu”: “e vado dal Barone ma non gioco a dama/ e bevo birra chiara in lattina”. Sul palco anche Andrea Rivera, con la sua saga di giochi linguistici, Enrico Gregori, critico musicale e amico del cantautore, autore di diversi libri musicali.

I Sei Ottavi

I Sei Ottavi

A presentare il concerto, Dino Giarrusso, giornalista e inviato de Le Iene. Evento gratuito per tutti, pubblico e artisti, staff e organizzatori. Unico obiettivo: diffondere una musica ancora attuale, condivisa e cantata da un pubblico di ogni età, che racconta l’Italia del passato e del presente.

 

I Sei Ottavi

I Sei Ottavi e la Rino Gaetano Band

Video e articolo: Elisa Longo

Foto: Luca Allegrezza




Fiorella Mannoia torna da “Combattente”

Autobiografico, personale e coraggioso. Sono questi gli aggettivi sintesi dell’ultimo disco di Fiorella Mannoia. Si chiama “Combattente”, esce domani 4 novembre e arriva a quattro anni da “Sud” (l’ultimo suo disco di inediti), dopo il doppio platino “Fiorella” (i duetti per i quarant’anni di carriera) e “A te”, il disco tributo a Lucio Dalla. «È il disco che mi rappresenta. Ma non solo io l’unica combattente», dice. «Racchiude l’idea della lotta per il raggiungimento di qualcosa, del sacrificio. È il dare un senso alla propria vita per arrivare a un fine. Un disco che ha un filo conduttore: storie di donne che combattono tutte per le stesse cose. Dalla ricerca di affermazione a quella della propria identità». Perché chi “non lotta per qualcosa ha già comunque perso”, recita un verso del testo che dà titolo all’album. «È una esortazione. Canzone inaspettata in cui mi ci sono ritrovata totalmente». Undici i brani inediti, alcuni a quattro mani. Ivano Fossati compone le musiche e Fiorella Mannoia firma il testo di “La terra da lontano”, ultimo brano, «giusta conclusione di quello che siamo. Sono felice e di certo, dieci anni fa, non avrei pensato a una collaborazione con Ivano» (collaborazione nata già nel 2012 in “Se solo mi guardasse”). Oltre a Fossati, Giuliano Sangiorgi firma “L’ultimo Babbo Natale” in cui “parole perdute” acquistano «l’importanza che devono avere». Nel disco, anche “Perfetti Sconosciuti”, il brano scritto con Cesare Chiodo e Bungaro, Nastro D’Argento 2016 per la “Migliore Canzone Originale” nell’omonimo film diretto da Paolo Genovese, nonché il suo debutto come autrice e interprete di colonne sonore. Un amore per il cinema che continua con “7 minuti”, film di Michele Placido (da domani 3 novembre) in cui la Mannoia sarà una delle protagoniste. Amore che si vede anche nell’esigenza di raccontare le canzoni per immagini e storie. «Ascoltando le canzoni mi sono immaginata dei flash di vita di qualcuno», scrive nelle note di regia Consuelo Catucci che ha diretto “Combattenti”, episodi girati a Roma (a Corviale) in un palazzo di nove piani e lungo un km, «che racchiude storie ordinarie e straordinarie di resistenza. Ne percepivo, nel racconto dei brani, i cambiamenti, i dolori, gli errori, gli ostacoli e soprattutto la volontà di non farsi mai abbattere. Da nulla». Nel video del singolo omonimo (che è la prima parte del progetto) la protagonista affronta il tema della disabilità attraverso lo sport e che, nonostante la sua difficoltà, ce la fa. «Fiorella si è prestata ad ospitare queste storie, vivendole in modo defilato e rinunciando, cosa difficile per un clip musicale, completamente al playback». E se a Sanremo ci pensa («Chi lo sa. Forse»), ai giovani dei talent («un percorso al contrario, un punto di partenza e non di arrivo», commenta) dice: «Non fate i capricci. Lottate e non arrendetevi. Noi per arrivare a questi risultati abbiamo combattuto, siamo caduti e ci siamo rialzati tante volte. Mi metto nei panni dei giovani cantanti di oggi. Sanno che se perdono una fermata, non ce ne sarà un’altra. Quelli della mia generazione di fermate ne abbiamo avute tante, ma c’era sempre chi ci faceva risalire».

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Francesco Di Bella, in ‘Nuova Gianturco’ tutte le periferie di Napoli

“Dinto ‘o scuro addo’ llate si perdono, lla sicur’ me puo’ truva’.” Con Francesco Di Bella non si sbaglia mai, lo si trova sempre dove gli altri si perdono, ovvero dinto ‘o scuro. A distanza di vent’anni dal suo esordio con i 24 Grana, l’ex leader della band napoletana, ritorna da solista con un album di inediti, Nuova Gianturco (La canzonetta, 2016), con la produzione artistica di Daniele Sinigallia. Dieci tracce tra cui la cover di Brigante se more, capolavoro dei Musica Nova, che porta la firma di Eugenio Bennato e il compianto Carlo D’Angiò, qui rivisitata insieme a Dario Sansone dei Foja e Gnut. “Oltre all’omaggio a due grandi autori volevo sancire, nel disco, questo bel rapporto che si è creato sul palco con Dario e Gnut, basato sulla passione per il folk e il folk rock e questo pezzo mi sembrava adatto, un territorio comune”.

Anticipato dal singolo, Tre nummarielle, il disco mette al centro la periferia “Ca te spezz ‘o core, chin ‘e malincunia dove l’amore non basta”. “La periferia per me – continua Di Bella – è un non luogo dove tutto manca e a disposizione si ha solo immaginazione e forza di volontà e proprio per questo tutto ciò che avviene di bello è ancora più bello”.

Un album intimo e delicato, che racconta i sogni, le delusioni e le speranze di chi vive ai margini dell’impero. Un disco di presenze e di fantasmi, che dall’oscurità escono per raccontare la propria storia. E Di Bella non fa altro che prestare la propria voce a queste ombre diventando ora Aziz, per cantare il dramma degli immigrati insieme ai 99 Posse, ora Gina per raccontare la storia di una donna in fuga dal male dell’anima. E ancora la mancanza di lavoro, il sogno di ‘Na bella vita e la speranza di un Progetto insieme a Neffa, tra i brani più belli del disco e infine a chiudere la dolcissima Guardate fore. Di Bella si riconferma uno dei più originali cantautori italiani, sempre vero, mai banale perché sa che “le cose false non servono.”

A vent’anni dall’esordio con i 24 Grana, Nuova Gianturco è il primo disco di inediti da solista. Quanto ti manca il creare insieme alla band e cosa invece ti piace del lavorare da solo?
Creare è sempre bello, soprattutto avere la possibilità negli anni di migliorare le proprie tecniche compositive. Mi sento fortunato a fare dischi da vent’anni perché ho imparato tanto. Comporre con la band può costituire un limite ma anche un modo per superare i propri limiti, sono entrambe esperienze molto importanti.

Ancora una volta parli dell’emarginazione e cioè di chi vive nell’oscurità materiale, mentale e spesso mediatica. Perché ti affascina questo mondo?
Non saprei, credo che sia un modo per rendermi utile, per mettere la mia passione a disposizione anche di qualcun altro. Il mio obiettivo è sempre stato quello di descrivere le cose più nell’ombra, personaggi, sentimenti, situazioni e di andare contro l’ipocrita innocenza di tanta musica italiana.

Hai impiegato tantissimo per scrivere questo album, com’è nato?
È nato dall’idea che le periferie possono rinascere grazie agli artisti che ne raccontano la vitalità, l’umanità e la voglia di riscatto. Raccontare in positivo un luogo serve a restituire fiducia alla gente che vi abita. Volevo sottolineare l’importanza delle associazioni che operano dal basso e che cercano di ricucire un tessuto sociale lacerato criminalità, indigenza e conflitti interrazziali. Volevo raccontare col sorriso di quanto può essere bella e difficile la vita dove l’amore non basta.

Il disco inevitabilmente riflette i cambiamenti che ci sono stati nella tua vita tra cui due figli. Quanto hanno cambiato la tua vita e di conseguenza influenzato la tua creatività?
I figli cambiano tutto e ti fanno capire tante cose, non c’è da fare altro che assecondare questi cambiamenti e cercare di goderseli. A contatto con il loro mondo la creatività riceve sicuramente un’influenza positiva, bisogna incanalarla nei binari giusti.

Uno dei brani più belli del disco è Progetto dove come ospite compare Neffa, un artista non vicino al tuo mood. Com’è nata questa collaborazione?
Scrivendo il pezzo, sull’isola di Cefalonia ho pensato a lui e alla sua voce distaccata e nostalgica, mi sembrava perfetto. Amo molte sue canzoni, mi è sempre piaciuto e ho sempre apprezzato il suo stile, anche lui viene dai centri sociali e le situazioni di movimento e questa cosa, secondo me, nella sua voce ancora traspare. Inoltre credo che sia un bravissimo autore e produttore e lavorare insieme mi è piaciuto tanto.

Le periferie sono spesso, anche mentali, vere e proprie gabbie in cui si è relegati. Come ci si libera?
Credo che cercare di attivare e dare fiducia ad associazioni e reti di associazioni “dal basso” sia l’unico modo per uscire dall’oscurità. Come è successo a Gianturco con Officina oppure Scampia col Gridas e il Mammuth. Io auspico il sorgere di una nuova periferia più consapevole e indipendente.

In Blues napoletano canti: “Ossaje me piace assaje l’addore ‘e ‘sta città”. Napoli ancora ti ispira, anche se ormai vivi a Salerno con la tua famiglia. Oggi che rapporto hai con Napoli?
In realtà non mi sento emigrato, perché abito a pochi km e ci passo ogni settimana. Mi sento napoletano al cento per cento, coinvolto nel girone infernale della città, per questo ho scritto blues napoletano. L’unica cosa che non posso più fare è scegliere l’amministrazione (mi dice sorridendo).

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La rabbia dei rapper di strada contro il degrado delle periferie

La voce dei rapper di strada denuncia, alza la voce, per urlare il degrado, lo spaccio, le periferie dimenticate. Sono i rapper milanesi dei muretti, quelli che non sono celebri e ricchi come Fedez o J-Ax, ma che sanno guardare e ascoltare. Maria Sorbi su Il Giornale li ha rintracciati e descrive nel modo che segue il loro mondo “Anni fa, quando J-Ax e Fedez non avevano ancora fatto il «salto», il ritrovo dei rapper milanesi era il Muretto di San Babila.

Oggi lì «ci sono solo i truzzi», dicono nelle crew, e Fedez vive in un attico a City Life. Ma loro, i rapper di strada, non hanno smesso di denunciare in rima. I muretti attorno a cui si trovano sono quelli scrostati delle periferie, da Baggio a Niguarda, quartiere da cui proviene Mondo Marcio. La rabbia è sempre la stessa.

Dopo un periodo di silenzio durato qualche anno, il rap milanese torna a fare la sua parte. E punta il dito contro. Contro la doppia velocità a cui va la città, contro il business della droga, contro le periferie dimenticate. E nei testi ingloba anche qualche novità: affronta il tema dell’immigrazione e usa lo spagnolo contaminato dei latinos e della pandillas. A volte con testi che funzionano, altre volte con scivolate un po’ troppo ingenue che scimmiottano in malo modo i rapper americani. L’urlo che si alza dai palazzoni tutti uguali dei quartieri del degrado si rinnova ma resta pungente e non risparmia nessuno, media compresi, accusandoli di parlare delle periferie solo ed esclusivamente per risse, spaccio e violenze.

Los Markinos scrive «Come a Quarto» e descrive Quarto Oggiaro parlando di «pochi ladri, tanti spacciatori, madri al cimitero con i fiori, collaboratori che fanno i nomi». Una sorta di Scampia milanese di cui però non vuole sentir parlar male. Da via dei Cinquecento Josh Mck reppa «Corvetto è»: «Corvetto è periferia, la vita marcia s’avvia, niente alta borghesia. La povertà, amici al campo, vu cumprà, municipale, finanza, è un tatuaggio permanente». Il rapper scrive anche un testo («La casa è un diritto») per denunciare i tempi d’attesa per avere una casa popolare, le madri costrette a cercare un rifugio per i propri figli e a inventarsi una dimora con le occupazioni abusive. Assieme a un’altra autrice, Sista ira, scrive anche «Milano bianca» per denunciare il giro di cocaina che uccide i giovani.

Razza a parte, quartiere Bonola, si definiscono i «Tony Montana di Milano», prendendo a prestito l’immagine di Al Pacino in Scarface. «Bonola è un quartiere di sta c…. di città, non puoi scegliere fra, non puoi scegliere tra, è così che va». Nel video ci sono le piazze deserte, graffiti di denuncia dei writers sui muri, i palazzi, i motorini truccati. Ritmo reggae e atteggiamento studiato al millimetro per la Bn crew, che scrive «Welcome to Baggio». Tema del testo: il fumo. «Lo respiriamo tutti, tanto da cambiare il clima di questa città in rovina» denunciano. La crew di Milano Ovest dà invece il benvenuto «nella Milano West, fra traffici illeciti. Da Bonora a Bovisa fuoco alla divisa, dai palazzoni in piazzetta, la gente scappa in fretta». Più giovani, i rapper di Squarto Gang, scrivono, dai banchi dell’istituto Cardano a Lampugnano, «Vita scolastica» raccontando la loro storia si studenti tutt’altro che modello, che subiscono il richiamo della strada e della periferia. Milano Esotica se la prende con «i vecchi in borghese sulle panchine» e annuncia: «Fratello, ci trovi al Tg5, hanno arrestato la Squarto a bordo della M5». La crew Gioventù bruciata dedica un pezzo a San Vittore e a chi entra ed esce dal carcere. E poi c’è Dargen D’Amico, più elaborato, più famoso, fondatore di un’etichetta indipendente. Definisce ironicamente il suo genere «emo rap» poiché tratta anche di tematiche intimiste. Anche lui parla della città. «Amo Milano perchè quando sorge il sole non se ne accorge nessuno, perché è un giardino degli emirati e siamo tutti immigrati, perché è la capitale morale del commercio immorale». D’Amico se la prende con il Giardino verticale e il quartiere di porta Nuova ceduto a un fondo del Quatar. Ed è proprio lì che abita un altro rapper: il brasiliano Lorenzo Carvalho, famoso anche per aver ospitato Fabrizio Corona durante la sua fuga all’estero da latitante. Un altro che, partito dalle periferie, è finito a vivere nei grattacieli. Ma l’anima più infuocata resta quella del ghetto, dove ancora graffia la voglia di denunciare.”

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Quando la musica va nelle periferie: Labaro Rock Festival

Al parco Marta Russo di Roma.
Labaro Rock Festival è una manifestazione che promuove la musica emergente e indipendente nell’ambito della riqualifica delle periferie. Il festival è giunto alla quattordicesima edizione ed è organizzato dall’associazione ONLUS Occupiamoci di… Dal 1 al 4 settembre tre artisti si avvicenderanno sul palco a partire dalle 21 nel parco Marta Russo di Roma. L’ingresso è gratuito. Nelle passate edizioni del festival si sono esibiti gruppi e musicisti come Il Muro del Canto, Giorgio Canali, Gang, Roberto Angelini, Valentina Lupi, Rosso Malpelo, Andrea Ra, Wogiagia, E42, Babalot, Mary in June, Giancane, Riccardo Sinigallia.

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I rappers di Corviale si sfidano

giovedì 19 maggio , ore 16.30
I rappers di Corviale si sfidano in un contest. Il rap nasce come parte di un movimento culturale più grande chiamato “hip hop” nato negli Stai Uniti d’America verso la fine degli anni sessanta e diventato parte di spicco della cultura contemporanea.




Esce il terzo disco dei ragazzi di Tor Pignattara

“Stop! In the name of love” è il nuovo album della Piccola Orchestra di Tor Pignattara composta da giovani talenti fra i 13 e i 18 anni: “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali”.
Un nuovo album con due tracce inedite: è la nuova avventura della Piccola Orchestra di Tor Pignattara, il gruppo di giovani talenti dai 13 ai 18 anni composto interamente da ragazzi e ragazze, figli di stranieri, che vivono nel nostro paese. Abitano tutti a Roma e ad unirli è l’amore per la musica e la voglia di suonare insieme: sotto la direzione artistica di Pino Pecorelli hanno presentato pochi giorni fa il loro nuovo disco: “Stop! In the name of love” .

Otto tracce per raccontare al meglio un sentimento universale: l’amore che in tutte le sue forme, come la musica, riscalda e unisce. Quello corrisposto e quello abbandonato, per un amico o per la terra natìa. E l’amore per il colore della propria pelle: quello che supera qualunque barriera culturale, politica e sociale. “Stop! In the name of love” si rivela, da subito, un album dalle atmosfere calde: ci sono i classici della Motown e i brani tradizionali di diverse parti del mondo, per finire con due tracce inedite. L’album si può ascoltare online (vai sul sito della Piccola Orchestra).

La Piccola Orchestra è un progetto musicale unico in Italia, che mette insieme ragazzi che vivono nel nostro Paese ma sono figli di stranieri. Piccoli musicisti dai tratti europei, asiatici, indiani o nordafricani, ma in fondo tutti romani di Roma. “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali” , dicono mentre, con occhi grandi e appassionati, raccontano il loro terzo album. Un lavoro che “ ci è costato impegno e fatica” . Ma dimostra anche “ quanto siamo cresciuti sia musicalmente che come gruppo. All’inizio fare musica insieme era un esperimento. Adesso ci sentiamo davvero un’orchestra” . Ognuno un cuore e uno strumento per fare un solo battito. Immagine evocata in copertina, nel loro ultimo lavoro che prende il nome da un classico delle Supremes.

“Stop! In the name of love” include generi diversi. Lingue diverse. Ritmi, suoni e colori dal mondo attraversando sonorità vicine e lontane. Da “El emigrante latino”, tradizionale del Sud America, si cambia atmosfera con “Is it because I’m black?” di Syl Johnson. Poi un salto nel mondo arabo con “Bekotb Ismak ya habibi”, passando per l’America Latina con “Ytal vez”. Immancabile l’omaggio alla canzone italiana con “Come stai” di Domenico Modugno. Ma il cuore dell’album è composto da due brani inediti, al centro del disco: “Treska”, un allegro ska strumentale, e “Le grande homme” , dalle atmosfere rarefatte. Un mix di musica, cultura, incontro e creatività: i pilastri di un progetto artistico-sociale, innovativo e ambizioso, ideato nel 2012 da Domenico Coduto per Musica e altre cose. E realizzato grazie al prezioso contributo della Fondazione Nando Peretti, Fondazione Alta Mane Italia, Open Society Foundations e S IAE. Un vero e proprio laboratorio musicale pensato per i ragazzi italiani e immigrati di seconda generazione, con il cuore dappertutto e le radici a Tor Pignattara, una delle zone più multietniche della Capitale. Un progetto e un album, potremo dire, figli dell’amore.

“Lo stesso amore che abbiamo deciso di raccontare in musica, in tutte le sue forme”, spiega Pino Pecorelli, direttore artistico della Piccola Orchestra. Un’orchestra composta da “ragazzi nati dall’incontro tra donne e uomini di culture molto diverse che si amano, decidono di vivere insieme e di mettere al mondo figli che portano sul viso i segni più rappresentativi e belli dell’immigrazione. Quelli del meticciato, di nuove razze che si formano e sono destinate a costituire la spina dorsale dell’Italia nei prossimi anni”.

La Piccola Orchestra di Tor Pignattara, nata nel 2012, ha prodotto tre dischi e un videoclip. Si è esibita al MAXXI d i Roma per la presenza del Ministro dell’Integrazione, al TedxRoma, al festival Arezzo Wave e al MACRO di Roma. Ha ricevuto il Premio Simpatia consegnato in Campidoglio ed il premio Cultura Contro le Mafie al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza. Ideatore e produttore: Domenico Coduto. Direttore artistico: Pino Pecorelli. Coordinamento socio-educativo: Daniele Cortese.

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