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Sport nelle periferie: anche così si combatte l’emarginazione sociale

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Lo sport è uno strumento fondamentale per combattere uno dei mali che rende invisibili alcuni cittadini come se avessero un destino già scritto

Sono nata, cresciuta e vivo ancora oggi in periferia, una di quelle che spesso è avvertita nell’immaginario collettivo come una zona grigia della quale ricordarsi solo per i fatti di cronaca. Non scegliamo la parte del mondo in cui nascere. Non ci sono meriti e non ci sono colpe.

Le periferie vengono spesso percepite come luoghi pallidi, anonimi e, spesso, come territori dove la criminalità e l’ignoranza la fanno da padroni, quasi si respirassero nell’aria. Io, in periferia, ho imparato prima di tutto l’umanità: ho visto persone dividere il poco che avevano con chi non aveva nulla affinché tutti potessero andare avanti, ho conosciuto il senso vero e profondo della comunità, quella dove nessuno volta la testa davanti alle difficoltà dell’altro, ma mette in campo le proprie energie e risorse per dare una mano, ho imparato ad ascoltare ed ho ricevuto ascolto.

Ho conosciuto ragazzi e ragazze che si sono persi per strada convinti di non avere alternative, coetanei che hanno abbandonato gli studi troppo presto, con un titolo di licenzia media in tasca, sicuri che le scuole superiori fossero per “altri”, schiacciati forse dai pregiudizi che si sentivano cuciti addosso.

Le periferie non saranno luoghi ameni, ma sono spazi importanti delle nostre città, sono quartieri come gli altri, spesso, solo con una densità abitativa più alta e maggiori urgenze dal punto di vista sociale. Anche in periferia i bambini diventano adulti, , giocano, ridono, invecchiano. Esattamente come in tutti gli altri spazi della città. Per questo le periferie devono essere luoghi accoglienti, belli, con spazi vivibili per tutti e, in questo senso, è importantissima l’iniziativa che sta portando avanti Renzo Piano per concepire e realizzare una nuova idea di periferia che si fondi sull’inclusione e la bellezza e che sappia accorciare le distanze.

Le nostre periferie non sono solo degrado ma anche territori di riscatto e liberazione che, in tante occasioni, possono passare attraverso lo sport. Penso alla palestra di Gianni Maddaloni a Scampia o il Campo dei Miracoli a Corviale. Queste sono realtà importanti, perché sono spazi in cui si sta tutti insieme rispettando le regole per poter ottenere un obiettivo comune. Lo sport parla una lingua internazionale, che tutti possono comprendere, a prescindere dal grado di istruzione. Per questo è fondamentale il forte investimento fatto dal governo che ha scommesso sul rilancio delle periferie anche attraverso lo sport. Da un lato, infatti, vengono investiti 100 milioni di euro per gli impianti sportivi, importanti risorse che consentiranno interventi mirati di riqualificazione urbana attraverso spazi utili a tutta la collettività; perché i luoghi del movimento devono essere al servizio dei cittadini e non solo dei grandi campioni. Queste strutture, però, non dovranno essere cattedrali nel deserto, utili solo per una fotografia al momento del taglio del nastro, ma dovranno essere spazi vivi dove le associazioni e i cittadini possano incontrarsi per stare insieme, divertirsi, diventare comunità. Solo dal divertimento nasce la vera passione per lo sport e, perché no, anche qualche campione magari in discipline per ora ancora poco conosciute.

Dall’altro lato la novità che emerge dal Bilancio dello Stato è lo stanziamento di altri 1,5 milioni di euro in tre anni per la lotta all’emarginazione sociale attraverso lo sport. Cos’è l’emarginazione sociale? È uno dei mali peggiori della nostra società, ciò che rende alcuni cittadini invisibili e che rischia di relegarli ai margini, come se ci fosse un destino già scritto. Ecco noi dobbiamo lottare contro questo destino e fornire a tutti gli strumenti per compiere il proprio percorso e trovare la propria strada, a partire dal rispetto delle regole. E lo sport per questo è uno strumento bellissimo.

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