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Quando la periferia si impone

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Ma che bella sorpresa! Dalle classifiche pubblicate da www.eudoscopio.it, il portale della Fondazione Agnelli, risulta che alcuni dei licei migliori di Roma si trovano in periferia: l’Immanuel Kant a Tor Pignattara, l’Aristofane al Tufello o il Vito Volterra di Ciampino, per fare alcuni esempi. E nonostante tutto scopri, improvvisamente, che esiste anche quella periferia che ridà speranza.

Da un po’ di tempo è tornata di moda, al centro dei discorsi e dell’attenzione. Merito soprattutto di Papa Francesco, diciamoci la verità, che non perde occasione di citarla in ogni luogo e in ogni occasione. Che sia del mondo, dell’esistenza o dell’anima Bergoglio ha messo la periferia al centro del dibattito pubblico, non solo italiano, ovviamente. Chi si candida alle prossime elezioni la cita e la evoca. Chi oggi affronta da vicino la lotta al terrorismo la studia e la analizza. Chi ci abita la ama e la odia. Luoghi “di sofferenza, di sangue versato e di cecità che desidera vedere”, dice spesso il papa venuto proprio “dalla fine del mondo”, ma anche di voglia di riscatto e di emancipazione.

Piena di contraddizioni, spesso dimenticata, una periferia, quella moderna, che si fa sempre più grande, che di fatto ingloba i centri storici delle grandi aree urbane. Periferie diverse l’una dall’altra. Da quelle post-belliche degli anni ’50 e quelle del boom economico, quelle dure degli anni ’70, fino ad arrivare a quelle dei nostri giorni, dispersive e dominate dai grandi centri commerciali, che si fanno essi stessi “centro” delle moderne periferie. Leggere di quei licei che si giocano le prime posizioni dell’eccellenza con scuole di quartieri più “blasonati” ridà fiducia. Merito certamente dei dirigenti scolastici, degli insegnanti, ma anche degli studenti e dei genitori che con il loro lavoro spesso duro, ma silenzioso riescono a compiere questi miracoli. E allora da dove ripartire in una città come Roma se non da qui? Dal tentativo, dice Renzo Piano, di “far guizzare qualche scintilla nella testa dei giovani”. E che potrebbero ridare anche ‘alla cecità la speranza di tornare a vedere’

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