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L’#innovazione che vorrei nei comuni dal 2014 in poi

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smart-city

I comuni italiani sono migliaia di enti pubblici territoriali che erogano il maggior numero di servizi essenziali alla collettività. Nei comuni c’è un fabbisogno di innovazione in vari ambiti, per la gestione efficiente della mobilità, dell’ambiente, dell’energia, della cultura, del settore sociale e scolastico, delle aree verdi, dei servizi all’utenza in generale.
L’innovazione nel 2014 dovrebbe permettere almeno:
l’ottimizzazione delle procedure operative interne agli uffici,
l’erogazione di migliori e nuovi servizi all’utenza,
la partecipazione e collaborazione dei cittadini alle scelte di governo locale.
Le amministrazioni comunali conoscono i problemi locali, ma spesso non riescono a individuare le soluzioni più idonee ad uscire dalle criticità, a volte chiedono e pagano nel mercato beni e servizi che poi non risolvono definitivamente i problemi. C’è una difficoltà ad individuare lo specifico fabbisogno di innovazione! Quali tipologie di innovazioni adottare nella Pubblica Amministrazione per superare le criticità, soddisfare i bisogni dei cittadini e migliorare la qualità della vita degli individui?
Un mix armonioso e intelligente di:
Innovazione Sociale (human-culture),
Innovazione di Processo (management),
Innovazione Tecnologica (tech).

[L’innovazione sociale]
è il tipo di innovazione più complessa e difficile da innestare dentro la Pubblica Amministrazione, in quanto deriva da processi non codificati (nè legiferati) e da approcci culturali squisitamente spontanei dei dipendenti e dirigenti, che, anche in caso di assenza di un forte supporto politico (all’innovazione), si propongono come attori di iniziative e progetti nuovi, sperimentali, casuali si ma orientati a funzioni tipiche di una città cosiddetta “intelligente”. L’innovazione sociale fuori dalle stanze degli enti pubblici è facile da individuare e monitorare, basta prestare attenzione alle realtà ormai diffuse dei coworking, dei fablab, dei barcamp, dei guerrilla gardening, degli hackathon, dei crowdsourcing, delle startup che animano i territori. L’ideale sarebbe mettere in diretta comunicazione e collaborazione queste realtà esterne direttamente con i dipendenti e dirigenti della Pubblica Amministrazione. Questa “contaminazione” culturale può portare ad uno svecchiamento delle politiche e metriche gestionali degli enti pubblici a cominciare dalla gestione degli spazi pubblici esterni, degli spazi verdi, o di quelli dismessi e abbandonati. I soggetti e le associazioni private attive nel campo dell’animazione territoriale possono essere di grande aiuto alla Pubblica Amministrazione che spesso non riesce a valorizzare tanti immobili e spazi non utilizzati. Queste contaminazioni culturali e di metodo dovrebbero avvenire con una frequenza temporale costante (es. mensile), diventare nuova consuetudine.
L’innovazione sociale dentro la P.A. si può agevolare attraverso l’utilizzo di format aggregativi quali le GOVJAM ad esempio, utilizzate da qualche anno e con risultati positivi in varie città del mondo. Dipendenti pubblici e soggetti privati a vario titolo ed esperienza si incontrano per 48 ore ed insieme, attraverso l’uso di tecniche di gioco e strumenti multimediali, costruiscono, disegnano progetti utili alla collettività e li caricano istantaneamente su idonei portali web rendendoli pubblici. Un format che da ai dipendenti pubblici e ai soggetti della Società civile ruoli operativi precisi. L’innovazione sociale dentro la P.A. sopperisce alle leggi vigenti che spesso non riescono ad innovare efficacemente i modelli e processi gestionali interni in quanto sono disposizioni imposte e quindi viste come scomode o difficili da attuare. L’innovazione sociale fuori dalla P.A. è libera da schemi e quadri legislativi di riferimento, per questo si diffonde con velocità portando vantaggi nella vita quotidiana di tutti.
L’innovazione sociale dentro la P.A. per realizzarsi si deve alimentare di dipendenti e dirigenti intraprendenti e creativi (ci sono, tranquilli!), con idee nuove, sperimentali, capaci di fare rete dentro la stessa P.A. in maniera trasversale, orizzontale (uso di servizi cloud), in controtendenza alle tradizionali modalità organizzative per compartimenti stagni (la UO, il Servizio, l’Ufficio, il Settore, l’Area). E’ quello che sta succedendo nelle città più intelligenti e lo si legge chiaramente nel Vademecum delle smart cities italiane dell’ANCI (pag. 14): “…organizzazioni costruite in funzione delle policy e dei progetti più rilevanti, piuttosto che (come spesso accade ora) solo in funzione della produzione diretta dei servizi”. E ancora a pag. 17: “Lavorare nell’amministrazione: dalla conoscenza verticale all’integrazione orizzontale. Molte delle città che hanno avviato il percorso di programmazione (smart city, n.d.A.) sono partite dal confronto tra i settori interni dell’amministrazione stessa. Superare la verticalizzazione interna dell’amministrazione è una delle prime sfide delle città in trasformazione.”
L’innovazione sociale dentro la P.A. ha bisogno di utilizzare strumenti di cloud per la condivisione e gestione di dati/informazioni/progetti/attività; senza cloud si resta isolati e fuori dalle logiche operative e collaborative di rete. Capita sovente che più dipendenti, anche appartenenti a diversi enti pubblici, condividono documenti di lavoro su piattaforme online gratuite di cloud di terze parti, ma lo fanno perchè sentono l’esigenza operativa quotidiana di usarli, perchè sono consapevoli dei benefici che ne derivano, quelli sono in qualche modo innovatori che usano strumenti di lavoro spesso non forniti dalle rispettive amministrazioni!
L’innovazione sociale dentro la P.A. deve permettere (data input) e deve gestire (data management) la partecipazione dei soggetti attivi della Società alle scelte di governo del territorio: “core” della democrazia partecipativa. L’innovazione sociale dentro la P.A. serve contemporaneamente a migliorare la qualità interna della P.A. ed a migliorare i rapporti che la P.A. intrattiene con la Società.
L’innovazione sociale nella P.A. è l’uso quotidiano dei social network da parte di ogni singolo ufficio per migliorare la qualità e quantità della comunicazione pubblica con la collettività. Oggi Linkedin facilita la costruzione di partenariati trasnazionali per progetti da presentare a seguito delle call europee.
L’innovazione sociale nella P.A. è pensare alla produzione e rilascio dei dati in formato aperto (open data) nel momento preciso in cui si avvia una qualsiasi attività lavorativa negli uffici che prevede l’uso di dati e informazioni, a partire da quelli già in possesso dell’ente: questo serve non soltanto a raggiungere gli obiettivi imposti per legge di “amministrazione trasparente” (d.lgs. 33/2013), ma anche per dare l’opportunità alla società più creativa di generare applicazioni e servizi innovativi utili a tutti derivanti dall’uso e riuso degli open data.

[L’innovazione di processo]
è necessaria per:
permettere il miglioramento (o ridisegno) delle procedure operative esistenti dentro una Pubblica Amministrazione,
permettere l’ottimizzazione dei flussi di lavoro e dei tempi,
consentire una più efficace interazione e comunicazione tra i dipendenti pubblici,
permettere l’adozione di applicativi gestionali nuovi, più efficaci e user friendly,
permettere ai dipendenti di usare le videoconferenze su piattaforme online gratuite evitando tanti inutili spostamenti fisici o invio di lettere per piccoli chiarimenti e conseguenti rimpalli di competenze con perdite enormi di tempo,
stabilire degli indicatori di performance dei servizi pubblici erogati dagli uffici, (indicatori da rendere online), al fine di dare alla Società e alla stessa P.A. un metro di valutazione realmente oggettivo dell’efficacia del metodo e procedura utilizzata dagli uffici, abilitando in tal maniera la Collettività ad effettuare attività di ranking online in grado di fornire indicazioni alla P.A. per eventuali aggiustamenti.
abilitare i dipendenti all’uso dei servizi cloud per la condivisione/gestione documentale (collaborazione),
permettere a tutti i dipendenti della P.A. la consultazione (data visualisation) delle banche dati georeferenziati, mantenendo solo a chi ne ha il ruolo l’immissione dei dati (data entry),
permettere l’interscambio completo delle banche dati tra i diversi uffici eliminando definitivamente l’invio di carta per richieste dati all’interno dello stesso ente (osceno nel 2014), ecc.
generare la pubblicazione di set di dati in formato aperto (open data), quale procedura automatica abilitata dagli applicativi usati ogni giorno dai dipendenti nello svolgimento delle proprie mansioni,
abbandonare possibilmente per sempre (senza che nessuno si offenda) il vecchio e sudicio fax.
Alla base dell’innovazione di processo si pone l’inevitabile attività di ridisegno dell’architettura interna dei servizi e degli uffici (vecchia di svariati decenni), ovviamente dopo avere condotto un’accurata radiografia/ricognizione delle competenze e ruoli di ogni singola Unità Organizzativa (= la cellula organizzativa di lavoro più piccola dentro la P.A.). Per ridisegnare l’architettura interna dei servizi e degli uffici è necessario che l’intero ente pubblico con le sue figure apicali si metta in discussione, senza mantenere assetti preesistenti consolidati spesso non più in funzione dell’efficacia ed efficienza della governance urbana!
Questo è il punto di partenza per l’innovazione di processo, che può essere generata solo attraverso
una conversione culturale della classe politica, della dirigenza tecnica/amministrativa e dei dipendenti, (c’è anche innovazione sociale in questo punto),
una forte motivazione delle figure apicali delle amministrazioni pubbliche ed il pieno supporto della classe politica che governa l’istituzione (quindi: sindaco + tutti gli assessori + tutti i dirigenti = tutti compatti).
L’innovazione di processo è innovare il modo in cui si lavora, il modo in cui fanno le cose quotidiane dentro gli uffici, innovare le interrelazioni tra gli uffici interni, innovare le relazioni di lavoro tra ufficio e cittadini. Per disegnare i nuovi assetti di un ente pubblico locale, al fine di assicurare una maggiore efficienza/efficacia nel governo del territorio, inevitabilmente bisogna fare riferimento alle 40 professioni ICT dello schema europeo E-competence Framework 3.0, in modo tale che tutto il processo di reingegnerizzazione dell’ente orientato all’uso intelligente dell’ICT sia effettuato da personale dotato di competenze professionali specifiche. Quindi partire dalla redazione e approvazione di un dettagliato Piano ICT comunale, ampiamente condiviso, nel quale stabilire almeno:
competenze ICT da individuare in ogni ufficio assicurando una rete interna con modalità operative omogenee,
obiettivi da raggiungere con i rispettivi tempi e responsabilità,
tecnologie digitali da utilizzare per ottimizzare il lavoro quotidiano,
procedure operative omogenee da seguire nei diversi uffici per ogni servizio da erogare all’utenza,
modalità di monitoriaggio e scelta di indicatori semplici per valutare nel tempo le prestazioni dei vari uffici dell’ente,
modalità operative di partecipazione online dei cittadini all’azione di governo,
modalità di comunicazione online dei vari uffici (amministrazione trasparente, social network vari,…),
ecc.
Nell’era caratterizzata da un uso massiccio di strumenti ICT, i dipendenti di una PA identificati come maggiori esperti “informatici” nelle varie aree devono poter collaborare in rete quotidianamente al fine di implementare costantemente le funzionalità della piattaforma digitale utilizzata, assicurando sempre l’omogeneità, la semplicità e la standardizzazione delle procedure operative in maniera tale che l’avvicendamento periodico di operatori non comporti ritardi nell’erogazione dei servizi all’utenza. Fare in modo che gli applicativi gestionali vengano disegnati e sviluppati con un unica architettura gestionale per tutti i servizi web della stessa PA e avendo in mente che gli utilizzatori finali sono i cittadini, per la maggior parte senza particolari conoscenze informatiche. Evitare al cittadino servizi web che prevedono operazioni quali: scarica il file, stampalo, firmalo, scansionalo, ricaricalo online e quindi invialo, optando per procedure più semplici analoghe a quelle utilizzate nel campo dell’e-commerce (acquisto biglietti aerei, oggetti, ecc.). Un Piano ICT comunale deve stabilire con chiarezza questo e tanto altro ancora.
L’innovazione di processo deve portare all’abbandono delle procedure che comportano ancora l’uso della carta (oppure l’orrenda abitudine di stampare le email), la duplicazione di procedure/attività solo per mantenere gattopardiane abitudini consolidate nel tempo. Richiede l’uso intelligente di applicativi gestionali online (e non sul pc), e open source, in grado di permettere la gestione totale dei flussi di dati/informazioni insieme alla relativa pubblicazione periodica nel portale web istituzionale (raggiungendo gli obbiettivi di “amministrazione trasparente”).
L’entrata in vigore di nuovi obblighi normativi può comportare difficoltà ad un ente non attrezzato con processi gestionali innovativi: lo spettro delle sanzioni per l’inadempienza porta a lavorare comunque, ma perdendo l’efficienza operativa. Viene in mente il Decreto 33/2013 Trasparenza che impone la pubblicazione delle informazioni sulle attività di un ente pubblico, obiettivo estremamente positivo, ma che per la sua completa attuazione comporta il ridisegno degli applicativi gestionali dell’ente se si vogliono evitare duplicazioni di attività e tempi. Mi spiego meglio: è o non è insensato redigere ordinanze, deliberazioni, determinazioni, bandi, capitolati, ecc. attraverso l’uso di editor di testo di terze parti e successivamente impiegare ulteriore tempo per reimmettere le stesse informazioni degli atti citati, con altri software diversi dai primi, su un portale web per ottemperare agli obblighi del D. Lgs.33/2013 Trasparenza ?! Si può fare il lavoro una volta sola andando a soddisfare 2 esigenze diverse se la P.A. fa prima innovazione di processo.

[L’innovazione tecnologica]
permette ed abilita gli individui a co-gestire informazioni e dati e processi partecipativi in maniera tale che la Società ne possa beneficiare in vari campi e nella maniera più totale/completa/ottimale possibile. L’innovazione tecnologica è un fattore fortemente abilitante, che fornisce gli strumenti idonei per fare le cose al meglio, farle in maniera partecipata nell’era dell’Open Government, quindi attraverso flussi di dati/informazioni bidirezionali (dalla e alla Pubblica Amministrazione).
Questa tipologia di innovazione si rivolge sia a chi produce software/hardware che alla vasta platea di utenti dal dipendente pubblico all’associazione, all’impresa, al cittadino. Molte città del mondo già impegnate a realizzare progetti concreti per diventare luoghi intelligenti, cioè luoghi che migliorano la qualità della vita di tutti, hanno sperimentato con successo l’uso delle piattaforme digitali abilitanti, che permettono ai dipendenti di una P.A. e ai cittadini/imprese/associazioni di una Società:
la generazione e condivisione di un flusso bidirezionale di informazioni/dati utili sia alla P.A. che alla Società. A tal riguardo ci viene ancora in aiuto il Vademecum delle città intelligenti (a pag 18) “I data analytics hub: i dati IN comune. Ancora in poche città è possibile osservare all’opera un vero e proprio sistema cittadino che integra in un singolo centro di data analytics i dati provenienti da un grande numero di agenzie su fenomeni centrali come il controllo del traffico, delle emergenze e le infrastrutture dei servizi, insieme anche ai dati generati dai cittadini o dalle imprese”;
la generazione di servizi nuovi online che fino a poco tempo fa la Società non fruiva, si pensi ad esempio alle applicazioni su dispositivi in mobilità o servizi web georeferenziati che possono essere realizzati non solo dalla P.A. ma anche dalla comunità degli sviluppatori e civic hackers che dispongono dei dati pubblici in formato aperto;
la generazione di un senso di fiducia nuovo da parte della Società nei confronti della P.A. che governa i territori;
la gestione ottimale delle procedure di lavoro interna della P.A. con riduzione dei tempi operativi, azzeramento delle duplicazioni, permettendo la dematerializzazione;
la generazione di proposte e progetti da parte della Società (Associazioni, Cittadini, …) che la P.A. può recepire e co-gestire insieme al proponente sulle stesse piattaforme digitali abilitanti (in puro spirito Open Government);
la generazione automatica di set di dati aperti come processo di output delle funzioni operative svolte quotidianamente dai dipendenti, fattore che permette agli sviluppatori di realizzare applicazioni dai contenuti dinamici, aggiornati tempestivamente.
L’innovazione tecnologica, se pianificata, progettata e ingegnerizzata da un ente pubblico sia attraverso la consultazione capillare di tutti gli uffici interni che dei vari soggetti della Società civile (Associazioni categoria, Ordini professionali, ecc), ingloba al tempo stesso l’innovazione di processo.
Le piattaforme digitali abilitanti (dashboard, pannelli di controllo) stanno diventando gli ecosistemi di gestione intelligente del territorio, gli attrezzi per effettuare anche le analisi predittive degli amministratori pubblici, abbracciano ambiti quali: energy management, sicurezza urbana, mobilità, logistica urbana, spazi pubblici, aree verdi, aree sportive, servizi sociali e scolastici, cultura, biblioteche digitali, protezione civile, ecc. Funzionano solo con l’immissione giornaliera di dati e informazioni per poi essere organizzate/elaborate/aggregate/…e rilasciate sotto forma di servizio web utile alla PA e alla collettività.
Vengono chiamati anche Cruscotti Smart City per indicare un pannello di controllo di informazioni, dati, analisi, processi, scenari,… (il caso di Torino nel Vademecum delle città intelligenti, pag. 179).
Le piattaforme digitali devono permettere l’erogazione di servizi cloud per la memorizzazione, gestione e condivisione di una mole notevole di dati/informazioni che un qualsiasi cittadino/associazione, dietro procedura di autenticazione, intende mettere a disposizione della P.A.
L’innovazione tecnologica HW/SW è fondamentale per attuare concretamente l’agenda digitale, per omogeneizzare le “procedure” digitali necessarie alla fruizione di uno stesso servizio pubblico nei comuni del territorio nazionale, che già al nascere sono “procedure diverse” da città a città.
L’innovazione tecnologica nella P.A. deve servire per fare in modo che tutti gli uffici abbiano velocità elevata di connessione alla rete, evitando disservizi causati da tempi lunghi di latenza, e dando priorità alle soluzioni tecniche che minimizzano impatti ambientali e spesa.
L’innovazione tecnologica è essenziale per generare cambiamenti positivi e tempestivi nella Società, la nuova metodologia degli appalti pre commerciali (PCP – Pre Commercial Procurement) potrebbe supportare tantissimo la P.A. italiana nel migliorare le proprie performance nel governo del territorio. E’ auspicabile un ricorso a tale procedura, che consente un ideale incontro tra la P.A. dei servizi e il mondo della ricerca tecnologica (al riguardo il PCP è contemplato dal Programma europeo Horizon2020 [1] – [2] – [3]). Che le nuove programmazioni finanziarie pubbliche nazionali e regionali 2014-2020 (con la Strategia Regionale dell’Innovazione) diano ampio spazio alla metodologia degli appalti pre commerciali per soddisfare meglio i fabbisogni di innovazione tecnologica dei numerosi Comuni. E mentre noi leggiamo una Università slovacca ha persino costruito una piattaforma digitale per la gestione ottimale e smart delle diverse procedure prevista dal PCP.

— Conclusioni non innovative —
L’innovazione è un processo umano che deriva da un attitudine culturale: idee che camminano nella testa delle persone e si trasformano dopo in comportamenti anche senza una legge statale che lo imponga.
Le 3 tipologie di innovazioni elencate devono essere pensate e fuse insieme e non tenute separate da una linea di confine tecnico/amministrativo come spesso avviene nelle funzioni di alcune #PA.
Le innovazioni tutte avvengono realmente quando il numero di soggetti della P.A. e della Società Civile coinvolti nel ridisegno del funzionamento dei servizi pubblici (reingegnerizzazione ICT), è il maggiore possibile = esiste una diretta proporzionalità.
L’innovazione è un processo politico: se i politici che governano il territorio lanciano gli input di azione attraverso piani definiti senza “burocraticizzare” ogni singola iniziativa, l’innovazione sarà oleata ed agevolata per generare mutamenti positivi e rapidi nella Società.
Dai processi di innovazione nessun individuo della Società è escluso: tutti hanno una conoscenza utile, ma devono essere disposti a condividerla facilmente e quotidianamente nella rete = la foresta pluviale è un ecosistema ricco di vita e rigoglioso proprio perchè fatto di tante specie diverse che coesitono (“the Rainforest”, V.Hwang & G.Horowitt, 2012).
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Enjoy your innovation

Ciro Spataro (da innovatoripa.it)

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