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Le banche del tempo compiono vent’anni e hanno un futuro

Avete mai pensato di poter depositare il vostro tempo in banca? E di staccare un assegno pagando in ore? All’interno di una Banca del Tempo questo è possibile. Le Banche del Tempo sono istituti di credito dove si contabilizzano crediti e debiti usando come unità di misura l’ora. Sono nate nel 1995 a Sant’Arcangelo di Romagna (RN) dall’intuizione di un sindaco donna e di alcune amministratrici, con lo scopo di valorizzare il tempo di lavoro delle donne ancora oggi ignorato dal mercato (persino escluso dalle voci che compongono il PIL). Così è nata l’idea di una Banca dove due ore impiegate a riparare una tapparella rotta valessero quanto due ore spese a preparare una torta.

«Servono a risolvere piccoli problemi del quotidiano», dice Marialuisa Petrucci, presidente dell’Associazione Nazionale delle Banche del Tempo, «ad esempio ho bisogno di qualcuno che mi accompagni in macchina per un servizio, qualcuno che mi faccia un orlo o qualcuno che mi insegni a fare una torta. È un modo di condividere i propri saperi e le proprie passioni con altre persone. L’originalità della Banca del Tempo sta in due valori fondamentali: quello della reciprocità e quindi dello scambio paritario, e quello del dono di sé agli altri».

Nate in tempi di crisi

Le prime esperienze europee di Banche del Tempo sono sorte in un clima di crisi economica dove ci si aggregava per sostenersi a vicenda: in Inghilterra nascono durante il Governo della Tatcher e in Francia con un gruppo di mamme che mantengono aperto un asilo alternando i turni a vicenda. In Italia, invece, è la profonda crisi sociale a prevalere sui fattori economici, in particolar modo dal 2008 ad oggi: il sentirsi espulsi dalla società, il vivere un egocentrismo esasperato, il bisogno di ricostruire relazioni.

«In una società in cui il tempo schiaccia qualsiasi tipo di valore della persona – continua Petrucci – noi recuperiamo e mettiamo al centro la dimensione del tempo, una dimensione comune a tutti. Il tempo elimina le differenze sociali, culturali, di genere. Nella Banca del Tempo siamo tutti uguali come persone, dallo scienziato che tiene una conferenza alla mamma che prepara una torta. In questo caso il tempo supera il denaro in quanto valore intrinseco della persona».

Attualmente le Banche del Tempo in Italia sono circa 500 con 25.000 correntisti iscritti all’Associazione nazionale (dati 2014 de l’Associazione Nazionale delle Banche del Tempo) che depositano e prelevano “ore” attraverso i diversi sportelli. Teresa è una di loro e dal 2011, nella Banca del Tempo Longhena di Roma, scambia le sue lezioni di inglese con delle visite guidate. «Mi piaceva l’idea che non circolasse denaro e che ognuno mettesse a disposizione ciò che sapeva fare. Avendo studiato un po’ di lingue, insegno il francese ai bambini il sabato e l’inglese alle signore il mercoledì. In cambio vado a visitare musei o altre visite itineranti organizzate da un altro correntista».

Il valore della reciprocità

Per diventare correntisti di queste Banche, occorre recarsi presso lo sportello del proprio quartiere e sostenere un breve colloquio conoscitivo con l’operatore. Quest’ultimo compila una scheda personalizzata con l’attività che sono disposto a svolgere e con quella che richiedo in cambio. Terminata la procedura il correntista riceve il tesserino di iscrizione e il libretto degli assegni che può utilizzare (e successivamente depositare) ogni qual volta richiederà una prestazione. Lo scambio avviene sempre attraverso l’operatore di sportello che mette in comunicazione chi da e chi riceve.

Le Banche del Tempo fanno parte della grande famiglia del volontariato, anche se non rappresentano una forma di volontariato: in questo sistema chi dà deve ricevere e chi riceve deve dare. «Per i correntisti il principio non è il volontariato» ci dice Lucia Salvemini, direttrice della Banca del Tempo Longhena, «Siamo davanti a un altro tipo di economia. Noi teniamo il conto delle ore delle persone che danno e che ricevono e cerchiamo che il conteggio vada sempre in pari». Eppure capita spesso che le stesse Banche creino una vera e propria rete solidale con le altre realtà sociali e culturali del territorio come le scuole, le biblioteche, le palestre, i centri giovanili, i centri anziani ecc. «Una della caratteristiche più interessanti della nostra Banca è che dialoghiamo anche con altre esperienze sociali del territorio: abbiamo stretto rapporti con una scuola qui vicino, abbiamo riorganizzato la biblioteca organizzando le letture per i bambini e ci sono nostri correntisti che restituiscono le loro ore in queste altre strutture».

La sfida: i giovani

Sono molteplici le sfide che oggi le Banche del Tempo vogliono intraprendere, tra cui un maggior coinvolgimento di giovani correntisti. «I valori che trasmette una Banca del Tempo sono evidentemente educativi – spiega Marialuisa Petrucci – ecco perché siamo partiti con alcuni progetti direttamente all’interno delle scuole e delle università. Lo scambio generazionale è uno dei nostri punti forza: io giovane che conosco le nuove tecnologie e so navigare su internet posso insegnarlo a chi è più grande e si trova in difficoltà».

Avranno un futuro queste Banche? «Le Banche del Tempo hanno un futuro perché lo hanno costruito su radici e valori antichi dell’uomo: quello della solidarietà, dall’aiuto e di percepire l’altro come una persona».

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